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venerdì 25 febbraio 2022

Il cinema muto: Dreyer e la Scandinavia

16:34
Temo che già dal prossimo decennio gli Stati Uniti diventeranno il centro di questa rubrica. Non nutro per loro una stima degna di nota, come mi avrete spesso sentito dire, ma è innegabile che siano il centro della cultura contemporanea, e che non si possa prescindere dalla loro influenza su tutto il mondo occidentale.
Prima del famigerato 1931, però, anno in cui l'orrore per definizione nasce, possiamo permetterci di girare un pochino anche per altre regioni del mondo che temo finiremo per ignorare nei mesi a venire.
Se questa faccenda poi funziona e vi piace, finiti i decenni (intorno a giugno 2023, se resto nei tempi), possiamo valutare di iniziare un viaggio nel cinema internazionale.
Per ora, però, dedichiamoci ad una parte d'Europa che passa spesso in secondo piano rispetto alle nostre nazioni vicine, e spostiamoci a Nord, in Scandinavia. 


Come al solito, ho creato una piccola playlist su Youtube con tutti i film principali, la trovate a questo link.





Streghe del Nord

Ogni volta che il cinema scandinavo ha 5 minuti da riempire, brucia una strega.

Così sembra avere detto Elizabeth Dylis Powell, storica critica cinematografica del Sunday Times, parlando de Il settimo sigillo.

Dylis Powell non aveva torto. Di streghe temo che ne abbia bruciate un bel po' tutta l'Europa, ma l'entusiasmo con cui la cosa è stata messa in scena nelle fredde terre del nord è insuperato.

Certo non è un caso. Lo è mai? La Scandinavia è stata una delle ultime regioni a convertirsi al cristianesimo, e aveva una cultura pagana potentissima. Uno dei principi fondanti della SaNtIsSiMa religione cristiana è il perdono, concetto interessante da cercare di inculcare in una cultura, quella pagana del nord, in cui il valore principale era la sana vendetta. Non stupisce quindi che, una volta inculcati i valori della nuova religione, esistesse un grande timore che rispuntassero quelli appena abbandonati.

E come li rappresentiamo, questi vecchi e crudeli valori, se non con le donne?

Ecco allora che ci cacciano dueoredue di documentario muto sulla stregoneria, che mescola finzione e intenti documentaristici, e diventa una delle più famose produzioni dell'epoca: La stregoneria attraverso i secoli è un lavoro gigantesco del 1922, che trovate nella playlist linkata su, di Benjamin Christensen (Lucia, se mi leggi: prometti che non faremo mai una stagione di Nuovi Incubi su svedesi e vicini di casa perché mi rifiuto di dire i loro nomi. Christensen ancora ancora, il resto è un incubo).

Chi l'avrebbe mai detto che in un film del genere avrei ritrovato il nostro amico di vecchia data, Pazuzu. Si ripercorrono, in quattro segmenti separati, momenti diversi della storia della stregoneria: dall'antica Mesopotamia, al Medioevo. Le streghe che racconta Christensen sono donne deviate dal diavolo in persona (in anima? in spirito? come si dice?), tradite da chi le accusa, forzate a confessioni estorte con la violenza. Sono già vittime. 

Specifico già perché l'ultimo processo per stregoneria in Occidente sembra essere quello di Helen Duncan, ventidue anni dopo l'uscita del film.


Lo stesso Dreyer che sta nel titolo del post, un signore di cui potreste avere già sentito parlare, ha lavorato parecchio sulle streghe. 

Qualche anno prima della sua ben più nota Giovanna d'Arco, Carl Theodor Dreyer, danese, classe 1889, si fa notare con un film che si chiama Pagine dal libro di Satana. Sta sempre nella playlist e lo ammetto, questo è pesante come il piombo, una visione che, come dirlo dolcemente? richiede molto allo spettatore, ecco. Anche questo è a episodi, anche lui ripercorre epoche e momenti storici diversi, dei quali il secondo è proprio il periodo dell'Inquisizione. Tornerà anche negli anni '40 a parlare di donne bruciate sul rogo dalla fragilità maschile, ma è ovviamente della sua pulzella d'Orléans che dobbiamo parlare.

Mi rendo conto che parlare di film dal tale livello di fama è quasi ridicolo, soprattutto perché è dalla sua uscita (94 anni fa) che si parla dell'incanto di questo film, ma io voglio fermarmici lo stesso perché lo amo e penso ne valga sempre la pena. Per lo spettatore medio di oggi, categoria nella quale rientro con tutte le scarpe, questo è un film con tutte le carte in regola per essere definito respingente. È muto, ovviamente, e in alcune versioni che si trovano in giro lasciato anche senza accompagnamento musicale. È ridotto all'osso, non ci sono scenografie, spesso ci sono lunghissimi momenti di una lunghezza quasi esasperante in cui primissimi piani su sfondo bianco si alternano alle didascalie. Parla di temi religiosi che per qualcuno, di nuovo, me compresa, rientrano nell'ambito della fantascienza.

Eppure c'è un momento in cui il film riesce a scavalcare le difficoltà, ad entrare sotto la pelle, e da quel momento è disperazione cieca: Giovanna è prigioniera di miserabili pronti a tutto pur di estorcerle realtà che esistono solo nella loro testa. È una contadina, non ha nulla, non sa nulla, ma soprattutto non sa leggere. Il momento in cui è costretta ad ammetterlo è devastante, è il momento della vittoria dell'oppressore, è il momento in cui capiamo che la tortura che lei subirà più avanti è gratuita. La sua posizione di netta inferiorità è la sua rovina fin dal primo istante, non c'è un solo secondo in cui si possa sperare che per lei la triste faccenda finisca bene, a prescindere dalla fama che la precede tra gli spettatori. Il film è interamente nelle mani della prova recitativa di una donna che ha fatto davvero qualcosa che ha del miracoloso. Come sempre, in me non troverete mai tecnicismi che non mi appartengono, è solo di emozione che mi piace parlare, e se la visione di questo film non vi lascia dilaniati, siete senza anima ed è il momento di vedere qualcuno che vi aiuti. Il Dio cattolico è stato per milioni di persone come Giovanna il faro, la guida, il lato buono del mondo, e che qualcuno abbia per decenni interi deciso di strapparlo ai più fragili mi angoscia. Prima si nutrono le anime con qualcosa di creato ad hoc per funzionare e poi li si minaccia di portarlo loro via, nella più classica delle dinamiche di sopraffazione che la chiesa indossa così bene da quando esiste. 

La smetto, eh, è solo che La passione di Giovanna d'Arco è un film che fa così male che per liberarmene dovevo parlarne un po'. 


Non solo streghe ma comunque restiamo nella religiosità


Come abbiamo visto parlando dei film citati su, anche gli scandinavi hanno avuto la loro bella passione per il nostro ormai compare Satana. Possiamo dircelo: Satana piaceva più di Dio. Ce lo sentiamo vicino perché abbiamo bisogno di attribuire a qualcuno di esterno la nostra voglia di evadere, di sbagliare. Dobbiamo sentirci dire che non è colpa nostra, che siamo stati tentati, nella trovata più paracula della chiesa di cui sopra. 

Satana lo vediamo percorrere la terra mietendo vittime, bussare alle finestre delle donne per allontanarle dai mariti, calpestare le terre calpestate dal figlio di dio spargendo falsità. Insomma, la Scandinavia si allinea al resto d'Europa, mettendo il principe dei demoni spesso protagonista.


In uno dei film più famosi, però, è un altro il tema spirituale che affrontiamo. Parlo de Il carretto fantasma e della vita dopo la morte, ovviamente. Se non ci fosse stata Giovanna, questo sarebbe stato il mio preferito. È del 1921, di un regista di cui non so nemmeno come scrivere il cognome sulla tastiera e quindi per correttezza lo copincollo: Victor Sjöström.

 Una leggenda vuole che l'ultima persona a morire allo scoccare della mezzanotte di Capodanno debba acquisire un compito: guidare per un anno il carretto della morte, e girare per il mondo raccogliendo le anime dei defunti. David è il defunto dell'anno in corso, e la persone che lo ha preceduto nel ruolo gli spiega che cosa, nella sua vita, lo abbia condotto a fare quella fine miserabile. Sì, è un Canto di Natale ancora più crudele, infarcito del moralismo che solo una storia del genere può portare con sé, ma che lo è perlomeno con scopi nobili. È tratto da un romanzo omonimo, scritto da Selma Lagerlof (che scopro essere la prima donna ad avere vinto il Nobel per la letteratura) su commissione: visto il preoccupante dilagare della tubercolosi, all'autrice venne chiesto di scrivere un testo che aiutasse a prevenirne la diffusione. A lei però di scrivere un saggio non andava, e quindi via di romanzone in cui il protagonista vive un'esistenza piena di errori e scelte sconsiderate, che lo portano non solo ad ammalarsi ma anche a rovinare le vite di tutti quelli che lo circondano. Più morale di così si muore, e David, infatti, muore.

Solo dopo avere preso a picconate la porta del bagno, però, che Kubrick quell'ispirazione lì doveva pur prenderla da qualcuno.

Nella playlist di questa settimana trovate anche un film successivo dello stesso regista, La prova del fuoco, che però la Vostra non ha avuto tempo di vedere. Mi sono sopravvalutata per questa missione della storia del cinema? Questo è proprio fuori da ogni dubbio.


Quel film lì famoso di Dreyer che ancora non abbiamo nominato


Questa è la prima volta che in questa rubrica bariamo, ma se di Dreyer parliamo temo che noi non si possa saltare quel film del '31 che tecnicamente spetterebbe al decennio successivo. Bariamo due volte, perché non solo è del decennio dopo ma è pure una produzione mezza francese che non dovrebbe stare in un post sulla Scandinavia. Anzi, bariamo tre: non è nemmeno muto. Ma tant'è, a noi cippiace l'anarchia.

Vampyr è recentemente tornato in sala, e indovinate chi se lo è perso? Proprio io. Proprio io. Per nostra fortuna sta nella solita playlist. 

Qui mi permetto di fare la cinefila dell'internet che ripensa con nostalgia ai bei tempi andati e dice che l'horror è morto, ma non posso che chiedermi: oggi, con il modo che abbiamo di disporre della luce e dei suoni, è ancora possibile fare un film sinistro come questo? Non è muto, ma è indubbiamente molto più silenzioso di tutto quello a cui siamo abituati. Il modo in cui le cose che succedono in questa storia entrano nella schiena dello spettatore e fanno accapponare i peletti della nuca è quasi inedito, a chi come me sia ancora lontano dal conoscere bene questo periodo del cinema. Ci si avvicina convinti che l'avanzamento tecnologico ci abbia abituato a tutto, e invece è proprio quello a cui non siamo più abituati a lasciarci atterriti sul divano. 

La storia è goticheggiante e il film sovverte quelli che oggi consideriamo cliché del genere prima ancora che questi fossero del tutto formati: è ambientato quasi tutto alla luce del sole, gli attacchi del vampiro sono appena intravisti...e poi c'è la vampira donna, che solo più avanti impareremo a riconoscere come elemento ricorrente, nonostante la Carmilla.



La Scandinavia delle origini non aveva nulla da invidiare al resto del mondo. Il suo cinema era angosciante, pieno di sorprese, critico verso la storia, la religione e la società, ma anche molto emozionante, e io di questo non finisco mai di sorprendermi.



Le fonti di questo post:

(I link segnalati con un * sono link affiliati Amazon. Se i testi vi ispirano e li acquistate tramite questi link prendo una piccola percentuale, ma all'acquirente non costa nulla! Grazie se lo farete. Fine spazio pubblicitario.)

Rondolino G., Tomasi D., Manuale di storia del cinema, UTET Università, 2014

Tetro M., Azzara S., Chiavini R., Di Marino S., Guida al cinema horror. Dalle origini del genere agli anni Settanta, Odoya, 2021

Questo articolo su multiglom.com

Questo articolo di cinemascandinavia.com

The story of film, documentario disponibile su Raiplay

sabato 19 febbraio 2022

Il cinema muto: la situazione italiana

17:45

 Se siete su questo blog è molto probabile che prima o poi nel corso della vostra vita vi siate ritrovati a googlare qualcosa del tipo: horror italiano, cinema italiano dell'orrore, italian horror.

E Google, convinto di stare facendo per bene il suo lavoro, vi ricondurrà ad articoli, saggi, post, che parlano di due cose: il giallo all'italiana e Dario Argento. È altrettanto possibile che vi si dica che il primo film horror italiano è I vampiri, di Riccardo Freda.

Questo, di post, esiste perché non sono più disposta ad accettare una così spudorata mancanza di rispetto verso il mio uomo Dante, autore della più sconvolgente opera dell'orrore del suo tempo, e di tanti tempi dopo il suo. E pure verso tutte le altre truculente opere classiche che abbiamo adattato per il cinema.


Andiamo con ordine e vediamo insieme come nasce il cinema dell'orrore italiano.





Costume&Società


Siamo tutti sul pezzo su quello che è successo in Francia quando il cinema è nato. In Italia ci siamo mossi subito per adeguarci ai tempi. Con cosa cominciamo? Qualche documentario, perché non sia mai che passiamo per i fratelli scemi dei mangiabaguette. Qua abbiamo la cultura da diffondere. 

Quello che però è davvero stato interessante per me è stato scoprire che il cinema in Italia è nato come fenomeno itinerante, al pari di fiere e spettacoli circensi. Oggi passiamo da un estremo all'altro, basta guardare cosa c'è in sala questa settimana: o i Me contro Te (contro i quali non ho assolutamente nulla anzi sono felice che portino i bimbi in sala) o uno smaronamento (sarà anche bellissimo, ma concedetemi la perdita di pazienza) che parla di? Mafia, esatto. 

Una volta, invece, all'inizio di questo viaggio lunghissimo, il cinema era la più popolare delle attrazioni, e con popolare non intendo famosa ma proprio del popolo. Amatissimo nelle zone rurali, dove concedeva svago alla faticosa vita di lavoro,  diventa di tale successo da portare anche qui da noi alla nascita di sale di proiezione fisse. E ok, ne siamo tutti felici, ma pur sempre italiani, e da una cosa bella ne abbiamo fatto un po' di casini, che vado ora ad elencarvi in ordine rigorosamente casuale:

  • abbiamo intuito che sarebbe presto diventato un'industria, quel cinemello qui, e ne abbiamo affidati i finanziamenti ad una classe aristocratica, parassitaria, completamente scollegata dalla realtà e incapace di comprendere il mezzo. Il risultato? Si fanno soldi, ma resta sempre un'industria precaria. 
  • ci siamo spaventati perché siamo i più buoni dell'universo e questo nuovo mezzo poteva mettere a dura prova la nostra nota incorruttibilità. La morale era a rischio! Già nel 1913 arrivano le prime leggi ufficiali, ma la Lega per la moralità nasce nel 1902 (non gli hanno manco dato il tempo di emettere i primi vagiti, a sto neonato mezzo, e già gli tranciavano le gambe). Naturalmente ogni mezzo per controllare i contenuti è di natura politica e non morale, ma questo lo sappiamo oggi. 
  • abbiamo permesso che l'influenza vaticana arrivasse anche qui, e per questo i film religiosi non si contano. 
  • abbiamo coinvolto i letterati, perché in fondo abbiamo continuato a considerare il cinema un'arte troppo bassa per i nostri scopi educativi, e abbiamo cercato fin dall'inizio di darle un tono più elevato. Siamo pur sempre la patria dell'opera perdio, comportiamoci come si deve.
Ma è qui che mi casca l'asino. Gli asini, noi. Perché se la letteratura vogliamo tirare in ballo allora dobbiamo usare quella nostrana, e la letteratura nostrana e quella classica sono il paradiso dell'amante dell'orrido. Certo, questo ha fatto sì che la cosa in cui siamo stati l'eccellenza fossero i kolossal, i film storici, ma in questa rubrica non possiamo scordarci che la letteratura classica, pure lei come Méliès, è cosa nostra. E che pure se la chiesa ha cercato in tutti i modi di farci essere un popolo a modino, è pur sempre la stessa che ha creato il diavolo, e non è che adesso può romperci le palle se lo usiamo. 
Insomma, l'ho detto la volta scorsa ma lo ripeterò in ogni occasione possibile: la gente vuole la paura da sempre, e anche se abbiamo tutto contro un modo per farci sentire lo abbiamo sempre avuto.


Sì, ok, ma i film?
(la playlist di questo post sta qua)


Come dicevo più su: è Dante che ha mosso il sole e le altre stelle. Ci ha presi e portati letteralmente nell'indicibile, l'inferno.
Pensare di adattare l'immensità del suo lavoro è quantomeno ambizioso, eppure ci siamo lanciati subito senza paura in quest'operazione, perché va bene che è tutto spaventoso ma è pur sempre del sommo poeta che parliamo e quindi era accettabile anche per la società bene. 
Ne è risultata un'opera gigantesca, uscita nel 1911, che vista oggi è magica. I dannati volavano, Cerbero aveva le sue consuete tre teste, Ugolino ne stringeva una in mano, Minosse. Ci sono quasi tutti, e non sono solo facilmente identificabili perché ce li siamo tutti studiati a scuola, ma anche perché, pur nel silenzio imposto, la loro vicenda o almeno la loro situazione nell'aldilà è rappresentata in modo cristallino. Per Paolo e Francesca c'è un flashback, e io me lo sono riguardata tre volte perché non ci potevo credere. 

Ovviamente il tema satanico sarà uno dei più prolifici, era scontato che sarebbe stato così ma non sarò mai io a lamentarmene. Se quello che era importante fare era prendere spunto dalla letteratura e dalle cose moralmente ineccepibili, cosa c'è di meglio della Bibbia stessa? Se nel tempo del kolossal dobbiamo restare, però, allora anche la narrazione dell'inferno deve esserlo, quindi come l'adattamento dantesco anche il Satana, il dramma dell'umanità è un polpettone ad episodi, imponente e maestoso. Ma va bene così, io amo anche questo. 
O meglio, lo amerei se lo avessi visto, perché qui si apre un'annosa questione: la reperibilità. No, non quella che il vostro capo dovrebbe pagarvi e invece ignora, quella dei film.


Parliamo di prodotti che hanno più di cento anni, c'è da parte mia tutta la comprensione del mondo. Tantissime cose sono andate perdute per sempre (inserire qui suono del mio cuore che si spezza), tante sono state recuperate e tenute insieme con lo scotch e le dita incrociate, alcune sono in ottimo stato. Se però trovare opere straniere del periodo è immediato perché si trova tutto sul tubo rosso davvero con il minimo sforzo, lo stesso non si può dire per le poche cose italiane. Nel testo Horror Italiano di Simone Venturini, si citano decine di film che non ho avuto modo di trovare da nessuna parte. E io faccio pena in tante cose, ma anni di orrore mi hanno insegnato a cercare i film sul web per benino. 
Si trovano cose nelle cineteche, magari solo copie d'archivio che le rovini se le incroci con lo sguardo, magari dimenticate in magazzini impolverati, magari solo perse per sempre. Perché cazzo siamo così o caciaroni o elitari con la cultura è un mistero che non so da che parte iniziare a svelare. La playlist che vi ho messo in alto, quindi, è molto poverella, ma ci sono cose bellissime.
C'è Maciste all'inferno, e sto.


Fonte interessante ma dall'interfaccia decisamente poco user friendly è il sito della Cineteca di Milano, che si trova qui.



Lyda Borelli, aka la prima delle Scream Queens



Dico davvero, possiamo prescindere dallo stereotipo dell'italiano sciupafemmine se poi il divismo lo creiamo noi? In America arriva, ma la patria quale altro poteva essere? 
In questo periodo erano due le italiane che regalavano sogni agli spettatori: Francesca Bertini e Lyda Borelli. Con tutto l'affetto possibile per Bertini, la nostra donna è Borelli. 
Borelli non ha una carriera lunghissima, ha fatto meno di quindici film, ma sono due in particolare quelli che la rendono one of us. 
C'è Malombra, una roba impressionante. Film del 1917, di Carmine Gallone, racconta della povera Marina, orfana che si trasferisce da un vecchio parente. La sventurata chiede una stanza vista lago, ché si sa che l'acqua pulisce tutte le ferite, ma nella stanza trova una lettera: la prima moglie dello zio è morta in circostanze misteriose e la faccenda inizia ad ossessionarla, e sempre più forte è il suo desiderio di vendetta. Io lo so che col cinema muto sono una principiante e che forse devo solo adattarmi all'idea di guardare cose in cui non sento le situazione spiegate anche attraverso i dialoghi, ma per me il modo in cui questo film riesce ad essere torbido, malsano e ossessivo è magnetico. Nella playlist per fortuna lo trovate, è una sorta di precursore del gotico. Lo sguardo prima sconsolato poi ossessionato di Borelli è indimenticabile. 
E poi, naturalmente, la sua Rapsodia satanica. Film sempre del '17, di Nino Oxilia, è un Faust al femminile. Ci insegna due cose: che le donne da quel momento nel cinema italiano saranno sinonimo di male, e che l'idea che la cosa principale della vita di una donna sia l'amore ha una lunghissima tradizione. La contessa Alba d'Oltrevita stringe un patto col diavolo perché l'idea di invecchiare proprio non le piace e lui le dice "Bazza, ma non ti innamori più." 
Lei accetta perché pelle senza rughe > uomini e la cosa finisce in tragedia.

I film hanno una cosa in comune, ed è proprio il personaggio di Borelli: la donna è cattiva, dicevamo, e in quanto tale porta alla perdizione degli uomini che avevano il solo difetto di desiderarla troppo. Le sue protagoniste hanno un'obiettivo e niente da perdere nell'inseguirlo. Marina vuole vendetta per la sua anima perduta, la contessa vuole eterna giovinezza, e se per ottenere quello che desiderano devono sacrificare la purezza della propria anima sono pronte a farlo senza nemmeno dubitare un secondo. Perché siamo creature demoniache e lo rivendichiamo fin dagli anni Dieci del Novecento.


Lyda Borelli ha contribuito a creare un fenomeno che negli anni diventerà rappresentativo degli anni d'oro del cinema, un Olimpo fatto di divinità terrene che spostavano l'industria a loro piacimento. E noi oggi la omaggiamo, anche se solo con un piccolo post su un piccolissimo blog, perché delle donne del cinema ce ne siamo sempre dimenticati troppo spesso.




Insomma, non è che Google abbia torto: una vera e propria tradizione dell'orrore davvero non la vediamo che solo dopo quei famosi Vampiri del '57. 
L'orrore, però, lo vedremo praticamente in ogni post di questi primi due mesi, non nasce mai da un momento preciso ma piuttosto da un insieme di piccoli elementi che unendosi e crescendo insieme hanno dato forma a quel linguaggio che oggi ci è così familiare. 
I primi passi italiani sono stati pomposi, imponenti, diabolici. Però acculturatissimi, perché non si dica che non siamo i più intelligenti di tutti.





Le fonti di questo post:


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Rondolino G., Tomasi D., Manuale di storia del cinema, UTET Università, 2014

Tetro M., Azzara S., Chiavini R., Di Marino S., Guida al cinema horror. Dalle origini del genere agli anni Settanta, Odoya, 2021

Venturini, Simone, Horror Italiano, Donzelli Editore, 2014

Brunetta, Gian Piero, Il cinema muto italiano: Da "La presa di Roma" a "Sole". 1905 - 1929, Editori Laterza, 2014








venerdì 11 febbraio 2022

Il cinema muto: George Méliés

12:56

 Come arriviamo a Méliés, ma in breve


L'umanità ama e sfrutta la paura da quando esiste, è ora che i benpensanti se ne facciano una ragione. Vi dice niente Medusa, con i serpenti al posto dei capelli? Il benedetto Minotauro? Donne che trasformavano uomini in porci? Non fatemi nemmeno iniziare sul contributo assolutamente fondamentale che paradossalmente ci arriva dal peggiore degli incubi della vita reale: la religione cattolica. La Bibbia è un contenitore storico e impagabile di ispirazioni costanti. Per arrivare poi allo sconvolgente folklore medievale o alla letteratura gotica e romantica. E poi lo citiamo? Citiamolo dai, il Grand Guignol parigino che serve anche a ricordarci che la New Extremity non poteva essere altro che French. Ad un certo punto ci siamo persino messi a fotografare i morti, che oggi non mi pare una cosa proprio lucidissima, ma insomma. Ah, e poi sì, quella notte a Ginevra che ha cambiato l'immaginario del mondo.

Avere paura ci piace da sempre, e vi prometto che questa serie di post non sarà mai un'analisi psicanalitica del perché amiamo così tanto cose che ci suscitino questo tipo di reazioni. Al momento mi basta sapere che è così, e godere di questa storicità ogni giorno. 

Non è neppure un caso che il cinema sia nato in un'epoca che nel mondo occidentale coincide proprio con un interesse sempre maggiore per lo spiritismo, per l'assottigliarsi del confine tra il mondo dei vivi e quello dei defunti. Insomma, se tutto quel glorioso avanzamento tecnologico lo dovevamo sfruttare per qualcosa, almeno che fosse qualcosa di soprannaturale. 

La nascita del cinema, quindi, ci arriva come una combo magica: strumenti meccanici e tecnologici sempre più raffinati in mano ad una fetta della popolazione che giocava già abitualmente con il movimento e la superstizione popolare.


Tale reverendo Thomas Mitchell, incalzato sull'incedere di questo nuovo sguardo aperto e curioso sul meraviglioso, pare avere detto: "There is no other human sentiment so prolific of evil consequences to mankind as the love of the marvelous." Se il povero Thomas avesse saputo cosa avrebbe avuto la storia del meraviglioso in serbo per noi, non credo si sarebbe limitato a parlare di evil consequences. Noi, però, queste benedette brutte conseguenze ce le stiamo godendo tutte, ed è meraviglioso per davvero.


È pur vero, però, che la definizione proprio da vocabolario di film dell'orrore non la incontriamo fino alla comparsa sulla Terra di quel piccolo miracolo che risponde al nome di Dracula, ma a quel punto siamo già negli anni '30. Dal 1895 al 1931 non sono solo successe una marea di cose al cinema in generale, ma ci sono stati diversi fattori che, messi insieme a tanti piccoli elementi che di volta in volta vedremo, hanno portato alla creazione di un linguaggio intero che oggi chiamiamo cinema dell'orrore. 

Certo, uno scheletrino molto tenero in un microfilm lo avevano già messo i Lumière, talmente carino che è gioioso già dal titolo, e che fa dei ballettini perdendo pezzi. È questo cosino qui, un amore:




Senza voler togliere nulla ai due ragazzi francesi, è un altro il nome che dobbiamo invocare ogni giorno nelle nostre preghiere: quello di George Méliès.

Perché iniziare da lui e non, che so, dagli spudorati americani, dai ben più simpatici ma altrettanto poco umili inglesi, dagli epici italiani? Cronologicamente siamo lì. È solo perché sono una sempliciotta, e mi dovete credere: Méliès mi sta simpatico da morire.


Una umile biografia






George nasce con il grano. La sua famiglia era proprietaria di una fabbrica di scarpe, si sarebbe potuto fare la sua vita serena da giovane ereditiero francese e anche se con ogni probabilità oggi nessuno si sarebbe ricordato di lui, magari non sarebbe morto quasi in miseria. 

Nel 1884 la famiglia lo spedisce a Londra per tenerlo lontano da una storia d'amore indesiderata (ma anche per imparare la liiiingua, dai, basta pensar male di questa povera famiglia) e figuriamoci se si aspettavano che questo gli tornasse mago. A Londra ha conosciuto Maskelyne, famoso mago dell'epoca discendente da una famiglia intera di illusionisti, e da lui ha imparato i primi trucchi. Non solo gli è tornato mago, ma pure sposato, perché non è che se mi allontani da una mi allontani da tutte, porta pazienza. Il padre, di conseguenza, non gli dà una lira e lui torna a lavorare in fabbrica.


Certo, questo gli fa comodo, gli ha regalato una grande manualità, e la combo con i trucchi di magia imparati è presto fatta: si compra il teatro Robert-Houdini e se lo gestisce per anni, affinando le sue tecniche e le mille possibilità del mondo dell'illusione. George, però, non è solo un simpatizzante di tecniche innovative, è anche nato per raccontare storie, e già con il suo teatro lo dimostra: non si limita a creare numeri di illusionismo che già da soli gli avrebbero dato giusta gloria. Mette in piedi vere e propri sketch di magia, scenette intere con anche una decina di persone per volta sul palco. Lo so che il suo immenso contributo è anche dovuto alle straordinarie innovazioni che creava con le mani, alle illusioni e ai primi rudimentali tecnicismi, ma è al suo immaginario che sono più affezionata.


Nella notte fatata a cui i romantici attribuiscono la nascita del cinema, il 28 dicembre del 1895, George c'era. Assiste allo spettacolo che i Lumière hanno messo in piedi per il pubblico e, finita la presentazione, ha fatto la cosa che qualsiasi persona piena di soldi avrebbe fatto al posto suo. Si avvicina alla famiglia Lumière e vuole comprarsi tutto. E sì, me lo immagino come un bauscia con il libretto degli assegni in mano che vuole comprare tutta la baracca. 

Loro dicono di no perché il loro strumento doveva servire al mondo della medicina e non a rappresentazioni pubbliche (dissero, durante una rappresentazione pubblica) e allora lui, che non l'ha presa bene, torna in Inghilterra e si fa fare il suo, tiè.


Da allora Méliés impazzisce, gli prende qualcosa nella testa e comincia a fare le cose mattissime che me lo rendono così simpatico. Lo so che parliamo di straordinarie scoperte tecniche che hanno reso il cinema quella cosa che conosciamo oggi ma amo pensarle come le mattate di un folle genio. Si fa uno studio per i fatti suoi, lo riempie di botole, aggeggi, buchi, trappole, inganni. Lo fa tutto per benino con le vetrate così sfrutta la luce come gli pare a lui. Ci si chiude dentro con una preistorica macchina da presa che, anche quella, si è costruito da solo, pesante come il piombo, che chiamava macinacaffè perché faceva un casino infernale, e ha fatto qualcosa come 500 (cinquecento) (cinquecento) film. Gira con sta macchina per la città e immagino che o la portasse con un transpallet o avesse due braccia molto potenti, la macchina gli si inceppa e lui invece di bestemmiare come avremmo fatto noi comuni mortali ci trova una figata dentro e in poche parole con uno sbaglio crea un inizio di montaggio.

Per non dilungarmi all'infinito: prima un successo fuori dal buonsenso, con tanto di ammeregani che si piratavano le sue cose (questa cosa di fare loro cose straniere evidentemente ha una lunga tradizione), una casa di cinematografica fondata - la Star-Film - in declino che lo ha fatto arrabbiare proprio un casino e gli ha fatto bruciare quasi tutto (quasi, per fortuna nostra e dei posteri), un negozio di dolci o giocattoli con la moglie per mantenersi e una riscoperta tardiva, che ha fatto sì che anche oggi, nel 2022, un microblog di cinema del web italiano abbia deciso di partire nella propria scoperta del cinema proprio da lui. 

Una vita che è valsa come mille.


Il suo cinema

questo link trovate una trentina dei film più famosi




Ci sono giganti probabilità che io mi sbagli, ma ho la sensazione che oggi il grande pubblico associ il nostro ormai amico George principalmente al cinema di fantascienza. Lungi da me voler andare contro una verità così universalmente riconosciuta, perché il suo contributo è assolutamente fuori discussione. Lo potete vedere da voi, nella playlist ci sono anche alcune delle sue cose fantascientifiche.

Però io devo portare acqua al mio mulino infestato, e mi dispiace amici del sci-fi, ma George è roba nostra.

Una delle sue prime cose è un corticino che dura poco più di tre minuti, e lo so che lo conoscono anche i sassi ma non possiamo non citarlo. Siamo nel 1896, un anno dopo quella serata in cui quegli sbruffoni dei Lumière hanno indignato fratm, e lui fa una cosa che si chiama Le manoir du diable. Ci torniamo, sulla sua piccola ossessione per il demonio. In questo momento George ha ancora a disposizione tempi limitati, si potevano fare cose molto brevi, e lui decide di metterci tutto: c'è il diavolo, i pipistrelli, i fantasmi, le streghe...è una goduria.

Nel corso delle sue infinite creazioni, tutti gli elementi che aveva già messo in questo film tornano, ma non sono i soli. Con la scusa di sfruttare tutte le sue tecniche da illusionista e di poterle finalmente mischiare con una tecnologia finalmente all'altezza dei suoi pensieri, Méliès gioca spessissimo con il corpo umano, che spesso è il suo: gonfia e sgonfia teste, le fa esplodere, se le stacca e riattacca. Butta i corpi nei calderoni mefistofelici e brucia vive le persone, prende le eleganti signorine e le trasforma in scheletri. Questo, amici miei, è proprio un regista dell'orrore. 


Su questa cosa ci torneremo anche negli altri post, ma è importante ricordare che parliamo di cinema muto, che non potendo approfondire quello che mostra con il dialogo ha bisogno di contare sulle conoscenze pregresse di chi si approccia. Qui non parliamo dei soliti due fratelli che mostravano la quotidianità e le scene di vita reale: qui siamo dalle parti del fantastico e, se si hanno pochi minuti a disposizione, serve che la gente già sappia, per esempio, chi era Faust. Eppure, guardare oggi un film come il suo Faust aux enfers è forse un'esperienza ancora più ricca di quanto non fosse allora, perché oggi, per fare solo un esempio, lo sappiamo quanto lavoro deve essergli costato creare scenografie così pompose. Ogni momento di questo breve racconto è pieno di cose, dettagli, il suo inferno è barocco, suggestivo, affascinante. Così distante da quello a cui siamo abituati eppure così pieno di quello che è ancora oggi il nostro immaginario. L'abbiamo solo migliorato graficamente, ampliato forse, ma con la testa siamo ancora lì, ai calderoni, alle fiamme, ai dannati. 




Satana, Mefistofele, il signor demonio, sono una presenza preponderante. Con le sue corna molli, la sua calzamaglia, il suo mantello, il diavolo di Méliès, sinceramente, è indimenticabile. È folle, presuntuoso, si prende costantemente gioco delle sue vittime, balla loro intorno, le sfinisce. E per quanto, come nel Faust di cui sopra, spesso il vero momento di tensione sia legato all'apparizione di un mostro, è sempre quel diavolo a rubare la scena. Lo vediamo danzare, buttare giovani donzelle indifese nel fuoco, spaventare povera gente che voleva solo andare a letto, ingigantirsi fino a diventare enorme, disturbare i preti. È spesso comico, questo cornuto infestatore, con le sue gambette che sballonzolano qua e là e le sue faccette provocatorie. È francamente adorabile.

Lo vediamo spesso vincitore ma altrettanto spesso incrociamo una figura salvifica che libera i nostri poveri umani torturati: c'è una statua che prende vita e lo ridimensiona, c'è il prete che si fa coraggio e lo scaccia, non prima di avergli anche dato un po' di botte, ci sono apparizioni benevole che aiutano. Il diavolo esiste ma non è invincibile, e sembra voglia ricordarcelo spesso. 


Quindi sento di poter dire nel modo iperbolico che contraddistingue questo blog che GM ha anticipato: la fantascienza, i film di esorcismo, il body horror, tutto quello splendido filone di film sulle streghe, i monster movie e pure le horror comedy.

Con il tempo e le sempre maggiori possibilità che gli si andavano offrendo, il suo cinema diventa sempre più lungo (ma parliamo sempre di cose che non superano i trenta minuti), e se prima ci si concentrava su impatto emotivo e sorpresa, con il tempo inizia a costruire narrazioni sempre più complesse, piene di personaggi e situazioni avventurose, qualche volta anche uscendo dal suo studio e spostandosi all'aperto. I suoi lavori più famosi, quelli fantascientifici, sono lavori ben più complessi dei brevi corti che vi sto citando qui.


Il mio preferito, però, quello che del Nostro mi ha fatto innamorare, è Barbe Bleu. È anche nella playlist che vi ho linkato su, ma è così bello che voglio metterlo anche qua: 




La storia è ovviamente quella della fiaba di Perrault, e la vediamo qui adattata in un film di dieci minuti. Mi piace tutto, di questi dieci minuti, ma c'è un momento in particolare che mi ha rapita, ed è naturalmente il momento in cui la Sposa entra nella stanza proibita, con un diavolo tentatore che le gattona alle spalle, incitandola ad entrare e festeggiando il suo successo con delle capriole. La Sposa entra, e la stanza è buia. Nella penombra si vedono i magnifici abiti delle vecchie spose, inquietanti come veli di spettri. Ancora non l'abbiamo visto, che dentro agli abiti ci stanno le donne appese. Le stanno dietro, mentre lei si muove per un po' alla cieca, e sono sinistre, spaventosissime. L'immagine è di un bello che si fa fatica a credere. La Sposa apre le tende e i vestiti si rivelano essere donne impiccate, ed è un'immagine fortissima. Ed è del 1901. Dopo poco, le stesse spose, questa volta davvero in forma di spettri, infesteranno la stanza da letto della Sposa, in un'altra scena che seppur non potente come la prima, è per me magnifica.


È impossibile cercare di riassumere in un post la vita e il lavoro di qualcuno che ha preso una forma d'arte nuova e ha iniziato a giocarci come gli pareva, senza paura del nuovo, ma anzi con il deliberato intento di continuare a sorprendere. Mi piacciono le storie delle menti brillanti, e mi piace troppo l'immagine che mi sono creata nella mia testa di George Méliès, quella di un folle tutto impolverato e pieno di schegge nelle dita, chiuso in uno studio in campagna magari pure a farsi un male cane, a giocare con luci, tende, botole, giganteschi pezzi di cartone che prendono vita e diventano le rocce dell'Inferno. 


Sono una sognatrice, ma non troppo sprovveduta. Il cinema è fin dalle sue origini un'industria, una potente macchina di soldi che non è nata da un giorno con l'altro ma con il lento crescere di nuove possibilità tecniche, ma lasciatemi divertire così, immaginandolo con le mani sporche di pittura e una carriola con dentro una macchina da presa tenuta insieme con la passione. 

Mi piace anche pensare che sia la stessa mia, la vostra, la nostra. 




Le fonti di questo post:


(I link segnalati con un * sono link affiliati Amazon. Se i testi vi ispirano e li acquistate tramite questi link prendo una piccola percentuale, ma all'acquirente non costa nulla! Grazie se lo farete. Fine spazio pubblicitario.)

Il sito del George Méliès Project

Questo documentario su Youtube

AA.VV., Il libro dei film, Gribaudo, 2020 

Rondolino G., Tomasi D., Manuale di storia del cinema, UTET Università, 2014

Tetro M., Azzara S., Chiavini R., Di Marino S., Guida al cinema horror. Dalle origini del genere agli anni Settanta, Odoya, 2021

Phillips, Kendall R., A place of darkness. The rhetoric of horror in early american cinema, University of Texas Press, 2018

Benshoff, Harry M., A companion to the horror film, Wiley-Blackwell, 2014

Gifford, Denis, A pictorial history of horror, Book sales, 1973

mercoledì 9 febbraio 2022

La storia del cinema dell'orrore, un'introduzione

12:43

 Penso che anche i sassi abbiano vagamente intuito che io di questa cosa che mi piace il cinema dell'orrore vorrei farne una specie di lavoro. Un secondo lavoro, un lavoretto, una minuscola occupazione. 

Le novità dell'ultimo anno, twitch e il podcast (che però, lo ricordo sempre, non è stata un'idea mia ma di Lucia, ed è giusto che i meriti vadano a chi di dovere), ne sono la prova più concreta. 


mi dispiace temo userò foto di Parigi per sempre


Quello di cui non avete prova concreta e che quindi vado a raccontarvi è questo: soffro di una spietata e autolesionista forma di sindrome dell'impostore, che ammetto di combattere discretamente perché alle fine le cose le faccio lo stesso, ma che me le fa fare con una vocina costante nella testa che mi fa dire che tanto non so un cazzo e sono una clamorosa frode. 

Il modo che conosco fin da quando sono piccina per convivere con questa cosa è uno solo: leggere, studiare, informarmi più che posso. Allo stesso tempo però sono una vergognosa procrastinatrice, e il blog è proprio nato tanti anni fa per aiutarmi a fare le cose al meglio che posso. Non c'è sempre riuscito, ma io e il mio bloggettino del resto stiamo crescendo insieme, e anche lui ha fatto quello che ha potuto.

È anche vero che l'accesso che ho oggi a saggi, testi, connessione internet e film non ce l'avevo fino a qualche tempo fa, e oggi voglio essere riconoscente per questo privilegio e sfruttarlo per migliorarmi come posso. 


Insomma, questa intro per presentare anche qua in modo ufficiale il progetto di quest'anno: studiare la storia del cinema dell'orrore in modo serio ed ordinato, non nel caos che ho orgogliosamente portato avanti finora. Partiamo dall'inizio e procediamo per decenni, due mesi per decennio. Se riesco a tenere il ritmo che mi sono imposta arriviamo a circa metà dell'anno prossimo. Il piano è che dopo questa prima carrellata ne facciamo anche una seconda, però per aree geografiche, con lo scopo di uscire dalla mia occidentalissima comfort zone. Oppure un mega focus tutto sull'Italia? Non lo so, ho sempre più idee che tempo per realizzarle, ci penseremo a tempo debito.

Questo programma si tradurrà in post tematici qui sul blog, che saranno sia generici che focus più specifici sulle personalità più rilevanti, e tutti i post finiranno archiviati in una pagina dedicata solo a loro che troverete nell'header. Non determinerò in anticipo né quanti post dedicare ad ogni decennio - troppe variabili - né la frequenza con cui usciranno, perché faccio un lavoro infelice che non mi permette di fare piani a lungo termine (capito perché me ne voglio creare un altro?), ma come sempre sarà tutto opportunamente condiviso su ogni spazio del web.

L'ho specificato un milione di volte su ogni social possibile ma ci tengo a farlo anche qua: lo scopo non è nella maniera più assoluta quello di insegnare qualcosa, figuriamoci, ma solo ed esclusivamente di condividere il mio percorso di "studio", dargli un senso e un ordine, e soprattutto parlare insieme di quanto cavolo sono sempre stati belli i cinemelli dell'orrore.


Eviterò il post "accademico" sulla nascita del cinema, i Lumière e compagnia danzante, perché ok che voglio studiare per bene però vi risparmierò il supplizio di vedere me che vi racconto di treni che escono dalla stazione e di Thomas Edison, e in più di gente come Griffith su questo blog non parliamo. Partiamo venerdì (o sabato? dipende dal lavoro) con Méliès e poi fino a fine marzo ci dedichiamo al cinema muto. Alla fine di ogni mese facciamo una live su twitch per parlare insieme di come sta andando. Sarà divertente, spero. 

Parlare di questo periodo ha anche un grande lusso: è tutto di pubblico dominio e quindi è tutto sul tubo rosso. Per ogni post cercherò di fare una playlist con i film di cui chiacchieriamo, così sono belli ordinati anche loro, almeno fino a quando sarà possibile.


Ci sono tanti modi, se vorrete, di supportare questo progetto ma anche tutti gli altri, presenti e futuri, e si riassumono più o meno in tutti i disegnetti colorati che avete alla vostra destra se state leggendo questo post: iscriversi al canale twitch, ascoltare il podcast, seguire le live in differita su youtube, condividere se qualcosa vi piace, votare, spammare. Vi ringrazierò sempre e metterò una buona parola per voi con il nostro signore Cthulhu.


Grazie se vorrete fare questo viaggetto con me!

giovedì 13 gennaio 2022

I film dell'isolamento - parte 1

11:40

 Alla fine è successo, e data la situazione è un miracolo sia successo solo ora: mi sono presa il Covid.


Sto abbastanza bene, ho i sintomi di un'influenza un po' più rognosa della norma, ma sono ovviamente confinata in casa. Sì, nella settimana di uscita di Scream. La sto comunque prendendo bene.

(Lo so che le cose vanno messe in prospettiva e tutto quanto, e infatti se mi posso permettere di rosicare perché stasera non posso essere al cinema è perché sto bene e ho preso questa cosa in una forma leggera, ma per favore vi vaccinate? Grazie.)


Presente quindi tutti i buoni propositi da anno nuovo? Mi ero detta che avrei fatto il veganuary, che avrei ripreso ad allenarmi, che avrei studiato un po' e guardato tutti i noir possibili. Rimandato tutto. Così imparo a continuare questa follia collettiva dei buoni propositi per l'anno nuovo.


selfie


Ora, la situazione è questa: quando sono a casa di riposo dal lavoro e non ho impegni riesco a vedere anche 3/4 film al giorno. Il mal di testa che mi si mangia mi ha forzato finora a fermarmi a due, a volte manco quelli. In più, niente Kindle, ho avuto gli occhi un po' stanchi che ho sottoposto a più schermi di quanti fossero pronti a fare. Quindi, qualche visione l'ho fatta, ma meno di quante avrei voluto.
Parliamone insieme.


Kandisha

Ho cominciato con l'ultimo film che mi mancava della coppia Baustillo - Maury, perché era bello comodo su Shudder. 
Aisha Kandisha è una creatura del folklore marocchino, dalle sembianze femminili ma con piedi caprini, che se evocata aiuta le donne a liberarsi di uomini indesiderati. Lo so che così sembra una favola, invece è davvero un film dell'orrore. Viene evocata da Amélie, una giovane che ha a che fare con un ex violento, ma purtroppo evocare un jinn ha spesso conseguenze indesiderate.
Sono ormai catturatissima dal fascino del folklore del mondo arabo, troppo spesso ignorato dal cinema occidentale. Kandisha ha un'aspetto magnifico se amate l'estetica arabeggiante, con occhi truccatissimi e vestiti gloriosi, e noi stessi, insieme ad Amélie, ne sentiamo il bisogno. L'ex fidanzato era un violento, incapace di tollerare la rottura, stupratore. Ed era giovanissimo. Un ritratto spaventoso di come la cultura dello stupro parta presto, di come sia parte del modo in cui le ragazze sono viste già così presto. 
In più, i due registi scelgono di ritrarre non i borghesi di Parigi, come abbiamo visto spesso fare a loro e ai loro colleghi della New French Extremity, ma ragazze di periferia, che si fanno le cannette insieme e si nascondono a fare i graffiti, con i tratti mediterranei e le famiglie straniere. Sono la classica famiglia di amici che si crea nei quartieri periferici, quando la famiglia ufficiale manca o è piena di caos. In più, sono sinceramente tra i più teneri e simpatici adolescenti che ho visto sullo schermo ultimamente. Si prendono in giro, si prendono le patatine al bar, si vogliono bene. 
Ovviamente non mi ha sorpreso nemmeno un po', ma Kandisha è un bellissimo film, con la messa in scena di classe che ormai contraddistingue i suoi due registi e un focus sulle leggende marocchine che spero di avere modo e tempo di approfondire. E se, a questo proposito, aveste film o documentari a riguardo da consigliarmi, ho qualche giorno ancora da sfruttare.


Lake Mungo

Ho notato che è arrivato su Shudder pure lui, che ricordavo come uno dei miei found footage preferiti ma che non rivedevo da qualche anno, e ne ho approfittato. Non è stata una buona idea, perché Lake Mungo fa paura, e io per qualche giorno l'isolamento me lo sono fatta da sola, in una camera da letto in cui ancora non abbiamo installato un'illuminazione degna di questo nome.
Parla di Alice, una sedicenne che muore annegata in un lago durante una vacanza di famiglia, e di tutte le cose anomale che accadono alla sua famiglia dopo la sua scomparsa.
La storia è molto dolorosa, e lo è in un modo intimo e delicato, perché racconta di lutto senza mai utilizzare i consueti modi della disperazione. La famiglia di Alice viene intervistata e conserva un'ammirabile compostezza, che non è certo l'unico o il migliore modo di gestire un lutto, ma che permette che il film non cada mai in facilonerie drammatiche. Fa molta paura perché parla di fantasmi, reali o creati da menti bisognose che siano, e lo fa con grande efficacia e ottime scene di paura classica.
È anche una storia di segreti, di lati di noi che non siamo pronti a mostrare agli altri, di cosa rende una persona quello che è, se conti di più il ricordo che si ha di qualcuno o la ricostruzione di una realtà passata.
E poi va beh, c'è quella scena del cellulare. E io solo con la luce della abat jour. 


Kill List

Mi dispiace se sarò Shudder-maniaca, in questo post, ma per una volta che potevo guardare solo horror mi sono incollata alla piattaforma per giorni di fila. Insomma, con l'inizio dell'anno nuovo Shudder ha aggiunto la categoria folk-horror e ovviamente Kill List era lì che mi aspettava.
Parla di due ex soldato riconvertiti a sicari che accettanno un nuovo incarico, che si rivela essere molto più complicato dei precedenti. Jay e Gal sono due persone molto diverse, e soprattutto che si sono costruiti vite molto diverse. Jay è vincolato in un matrimonio complesso, che risente della complessità della vita "comune", in cui i soldi, quando mancano, diventano motore di frustrazioni, dolore, urla. Gal è più leggero, ha la sua nuova fidanzata sex bomb fiammante da esibire come trofeo nelle cene con gli amici e pochi pensieri per la testa. 
La prima metà del film è soffocante. Jay e Shel, la moglie, si vogliono evidentemente ancora bene ma l'affetto ha ben poco a che vedere con il pane che devi portare sulla tavola per dare da mangiare a tuo figlio. Laddove Jay si lascia trascinare da traumi passati, Shel è più concreta, e infatti è lei a spingere il marito (anche con una giusta dose di botte), a riprendere l'attività. Qua c'è da pagare le bollette, avanti, su il culo dal divano.
Posto che di folk horror si tratta, si andrà a parare in una certa direzione, che pur essendo sempre divertente e interessante da vedere, secondo me è leggermente meno interessante della prima parte, molto appassionata. Però va beh, mica vengo davvero qua a criticare Ben Wheatley, dai.


32 Malasana Street

Sono un po' combattuta su questo.
Parla di una famiglia che a metà degli anni 70 si trasferisce da una fattoria in un villaggio in un appartamento nel cuore di Madrid, perché a tutti i suoi membri vengano date nuove opportunità. Ci sono mamma Candela, papà Manolo, e i tre figli: Amparo, Pepe e Rafael. Il nuovo appartamento, però, riserverà loro una triste accoglienza, a partire dalla misteriosa sparizione del piccolo Rafael.
Dunque, questo è un film strepitosamente bello, se l'estetica della periferia spagnola degli anni 70 vi piace. A me piace tanto, e quindi gli abiti, l'arredo, le acconciature, l'architettura, la luce, li ho trovati magnifici.
Di fatto è un racconto molto canonico di case infestate, piuttosto senza infamia e senza lode. Quello che io vorrei su questo film è uno scambio di opinioni con le persone che appartengono alla comunità trans. Non entrerò nei dettagli oltre per evitare spoiler su un film che è piuttosto recente, però penso che il suo finale si presti ad una chiacchierata che sono sicura di non avere le competenze corrette per fare.


Silent Night Deadly Night

Trovato questo classicone su Tubi quasi per caso, rivederlo oggi mi ha aperto diverse riflessioni che anni fa avevo ignorato.

Il piccolo Billy assiste al brutale omicidio dei suoi genitori da parte di un uomo vestito da Babbo Natale e la cosa gli causerà una naturale fobia verso tutto ciò che è natalizio. Fobia che verrà naturalmente curata a suon di sculacciate dalla madre superiora dell'orfanotrofio in cui è finito, e che lo farà esplodere in una follia omicida una volta assunto in un negozio di giocattoli.
In Silent Night Deadly Night abbiamo: malattie mentali non curate ma anzi peggiorate, il problema dei bambini abbandonati a se stessi in istituti religiosi vecchi e bigotti, la frustrazione sessuale, l'omicidio canonico dello slasher che stavolta diventa ancora più esplicitamente punitivo. 
Billy è, e resta per sempre, prima di tutto vittima: di quello che gli è successo, del suo trauma, delle suore che lo hanno sottomesso, dell'ignoranza che gli è stata imposta, soprattutto riguardo alla naturalezza della sessualità, delle persone che per tutto il film non hanno cercato di fare altro che sopraffarlo, fermarlo, inchiodarlo, dell'incapacità di chi lo circondava di occuparsi dell'enormità di quello che gli era successo.
È un film cattivo, in cui nessuno ne esce vincitore, in cui il "problema Billy" non solo non viene risolto ma trascina altri problemi a valanga, in un ritratto tristemente molto fedele, per quanto pur sempre inserito in un film dell'orrore, di quello che accade quando non ci si prende cura degli ultimi. Non è mai, mai, mai, il problema di un singolo, ma di una società intera, e quando impareremo a muoverci di conseguenza sarà sempre troppo tardi.


Heathers

Problemi della società, dicevamo?
Heathers è una spietata horror comedy, in cui Veronica, la protagonista, si ritrova per la prima volta, attraverso la sua nuova relazione con JD, a guardare dall'esterno l'orrore che sono le sue amiche, le Heathers, le ragazze più popolari della scuola. 
È complesso, oggi, parlare di questo film, che è profondamente radicato nel suo tempo e che si porta appresso inevitabilmente cose che oggi faremmo diverse. Eppure, scavalcate le battute grassofobiche e l'omofobia imbarazzante, una volta arrivati al finale del film la sostanza non lo allontana troppo da noi. 
E ci arriva nell'89, 10 anni prima di Columbine. JD è un personaggio tragico, Veronica il filo conduttore che non potrebbe ricucire mondi lontani neppure con tutto l'impegno del mondo, gli adulti i consueti inconsistenti che hanno perso il contatto con la complessità di essere giovani. 
Un film iconico, divertente, che trova l'equilibrio giusto per essere sia leggero e scanzonato che serio e potente quando serve.
E Winona Ryder non si è mai più vestita bene così.


Poi è successo l'inevitabile: si è preso il Covid pure il mio compagno. Ho dovuto quindi mollare i miei giorni di solo orrore per riaprirmi al vero segreto di una relazione lunga come la nostra: il CoMpRoMeSsO. E quindi, le visioni di ieri.


Eternals

È arrivato su Disney+ ieri, e lo abbiamo recuperato subito visto che ce lo eravamo persi al cinema. 
Ora, io non l'ho trovato brutto. So che è stato piuttosto detestato dalla comunità degli appassionati, io mi discosto dall'odio. Però ecco, è noiosello. Dura come ormai ogni roba della Marvel più di due ore, ha un milione di personaggi che per forza di cose non riesce ad approfondire in alcun modo (sì, nonostante la durata), ed è un peccato perché di qualcuno di loro avrei voluto vedere molto di più, e ho trovato poco appassionante la vicenda, che chiunque abbia mai visto anche un solo paio di episodi di Doctor Who ha già incontrato. L'alieno che arriva sulla terra e se ne innamora perché in fondo gli umani fanno anche cose buone è un concetto che ormai conosciamo, e nonostante io non cerchi l'originalità ad ogni costo mi piace notare quando a narrazioni ormai conosciute si dia un twist nuovo. Qui non è così.
La sola cosa che ho detestato è stato il finale, una faciloneria romantichella che mi sarei volentieri risparmiata. Ma allora ridatemi le battaglie dei finali MCU, che durano come una pausa pranzo ma almeno sono più oneste.


Encanto

Io non amo l'animazione, ma da quando abbiamo Disney+ inevitabilmente ne guardo un pochino di più. Encanto parla di una famiglia che in seguito ad un tragico evento ha ricevuto un miracolo, e da allora ogni membro della famiglia ha un dono, una sorta di superpotere, grazie al quale la famiglia ha aiutato e supportato tutto il proprio villaggio. Solo la piccola Mirabel non ha ricevuto un dono, ma sarà proprio lei a dover aiutare la famiglia quando il miracolo si rivelerà in pericolo.

Ora, non fraintendetemi, è molto carino. Colori e disegni magnifici, le canzoni molto molto belline (ma sono di Lin Manuel Miranda, non mi aspettavo nulla di diverso), alcuni personaggi davvero divertenti e Mirabel, se lo guardate in lingua originale, è Stephanie Beatriz, che è Rosa di Brooklyn99, quindi fa molto ridere.

Però, tanto quanto non mi aveva emozionato Coco, temo che nemmeno questo, nella sua narrazione della famiglia felice e ricongiunta, tocchi la mia sensibilità. Sono sicura che sia splendido per i bambini, perché alcuni momenti sono davvero deliziosi, e che il rapporto nonna - nipotina sappia toccare in chi le ha corde molto dolci, però c'è qualcosa in questo ritratto familiare che non fa per me. 
Forse sono solo inacidita.



Infine, la sola serie tv che sono riuscita a vedere, la prima stagione della serie MTV di Scream.
Avrei tantissimo voluto vederla prima di So cosa hai fatto, però, e forse l'avrei apprezzata ancora di più.
In questo caso siamo in una piccola cittadina che vive nel ricordo di un vecchio evento traumatico: il serial killer Brandon James, ossessionato dal suo amore per la giovane Daisy, ha ucciso chiunque si fosse messo tra di loro, finendo ucciso dalla polizia. 
Anni dopo, la cittadina è di nuovo scossa da una serie di omicidi, e Emma e i suoi amici sono nel mirino del killer, e dovranno salvarsi da soli.

Lungi da me dire che non sia carina, anzi. Me la sono mangiata in due giorni proprio perché io ai giovani adolescenti cazzoni mi affeziono in un secondo. Questi, nello specifico, son proprio pagliaccissimi e pure tutti con una discreta lista di piccoli/medio crimini alle spalle per i quali non verrebbero mai puniti in ogni caso perché sono gli splendenti figli della società bene, ovviamente. Però sono davvero degli adorabili idioti (con l'eccezione di quelli che riprendono le proprie fidanzate inconsapevoli mentre fanno sesso, naturalmente), con dei trascorsi da rimettere in discussione, con le proprie vite da tenere in equilibrio, con se stessi ancora da scoprire.
Bisogna proteggere Bi-Curios&Virgin ad ogni costo, sono troppo preziosi per questo mondo.



Insomma, poteva andarmi meglio (potevo essere al cinema a vedere Scream, per esempio), ma poteva andarmi pure peggio.
E poi sto bene (quasi, non vi consiglio la combo covid+cervicale), e la cosa importante è quella.

mercoledì 1 dicembre 2021

Due horror ambientati in collegi femminili

18:14
Quando facevo arrabbiare la mamma (cosa che accadeva di rado, devo ammettere, sono la coscienziosa sorella maggiore) la cosa che mi ripeteva più spesso era Guarda che ti mando in collegio.
Se non fosse che poi, per motivi che non dipendevano dalla sua volontà, in collegio ci sono finita davvero, per un anno e mezzo, e da allora la minaccia è scomparsa nel nulla. Dopo la mia esperienza questo fascino verso questo genere di ambienti mi è rimasto, come se rivivere dall'esterno esperienze del passato mi aiutasse a metterle meglio a fuoco. Ora, nel collegio in cui sono stata io non è morto nessuno, che io sappia, non c'erano fantasmi, e nemmeno preti pedofili, però c'era Suor Colomba, nome di battesimo Jolanda, che è stata la persona che mi ha inflitto quel lieve trauma che per me è stata la prima visione de L'Esorcista. 
Sono stati lei e mio padre a lasciarmi questa ossessione per l'orrore, ma ho come la sensazione che per lei sia stato involontario. Temo anche che la Colly oggi non sarebbe poi troppo fiera di me, se sapesse che persona sono diventata. Meglio non pensarci. 

Negli ultimi giorni, insomma, mi sono vista due film ambientati in collegi femminili, e ho pensato di parlarne un po', perché in modi diversi sono state due visioni che hanno lasciato il segno.


il mio collegio non era proprio proprio così, ecco



Darlin'




Ma vi ricordate quando è uscito The Woman, nel 2011? Alla fine del film eravamo così incazzate ma così empowered che avremmo distrutto il mondo a mani nude. Il problema era che lo avevamo visto troppo in poche. Ecco, la Woman stessa del titolo, Pollyanna McIntosh, non aveva ancora finito di massacrare i maschi, e ha deciso che il terzo film della sua saga se lo sarebbe fatta per conto suo. Qui McIntosh recita, scrive e dirige. 
Questa volta il focus è su Darlin', la ragazzetta che già conosciamo dal film precedente. La cosa non vi faccia allontanare dal film se non avete visto i primi due, è una pellicola perfettamente autonoma, e i richiami al film precedente sono comunque ben comprensibili. Io non ho ancora visto Offspring, il primo, per esempio.
Insomma, Darlin'. La donna che è con lei (la Woman, appunto, di McIntosh) la accompagna in ospedale per motivi che all'inizio non ci sono chiari. Lo staff si trova di fronte un caso mai visto prima: la ragazza è in uno stato animalesco, sporca, non verbale, molto aggressiva. Le premure di un infermiere, Tony, la renderanno lentamente più gestibile, al punto che si decide di affidarla alle cure di un orfanotrofio a gestione religiosa. 
Il vescovo prende Darlin' come una sorta di missione personale, il cui punto sia dimostrare i miracoli di cui la sua struttura, grazie alla fede e all'amore dell'altissimo, è capace. La donna, però, non smette di cercarla.

Io mi aspettavo qualcosa di molto forte, crudo, doloroso. Non fraintendetemi, lo è, in parte, per motivi di cui parleremo in zona spoiler. Eppure questo è proprio un film girato da una donna, e mi perdonerete se questa ultimamente è la mia ossessione. Il femminismo è diventato la mia lente per leggere il mondo e il cinema viene di conseguenza. Dico che si nota la mano femminile perché in mezzo a storie molto intime e strazianti (è pur sempre un orfanotrofio), il film è una potentissima storia di rivalsa, che ha saputo trovare un equilibrio perfetto tra momenti molto duri e altri che pur mantenendo l'importanza dei temi sono sinceramente divertenti. La donna incontra un gruppo di gentili signorine, matte come dei cavalli imbizzarriti (detto nella miglior accezione possibile), pronte a darle la loro sorellanza nonostante questa sia così lontana da loro. Questa strampalata famiglia di donne dimenticate dalla società perbene, che vivono ai bordi della strada, è dolcissima e potente. La conoscono da 3 minuti, lei non ha rivolto loro una mezza parola se non i suoi grugniti, e loro non l'hanno solo accolta, ma l'hanno resa una di loro, e hanno sposato la sua battaglia. Sul finale del film, vederle entrare tutte insieme, spettinate, scomposte e armate, in chiesa, è un momento da applausi a scena aperta. Sono delle matte totali, e le si ama da ammattirsi con loro. 
Nello stesso momento, anche Darlin' impara cosa significhi creare dei legami con delle sorelle, e lo fa nel modo adatto alla sua età, che è un modo più viscerale. Basta ascoltare la stessa musica insieme, ballare sulla stessa canzone senza chiedersi dove una abbia preso le sigarette e dove l'altra abbia lasciato la sottana, basta stringersi la mano per un po', e il legame è già bello che formato.

Da qui in poi spoiler.

In mezzo a queste storie di affetto femminile, McIntosh ci piazza lì come una bomba la pedofilia tutta clericale. Il vescovo è un miserabile verme che abusa delle anime fragili di cui dovrebbe prendersi cura e fa la sola fine possibile: viene impalato sul suo sacrissimo altare. Io di scene goduriose al cinema ne ho viste tante, ma ben poche così. E si gode così tanto non solo perché la pedofilia è uno di quei reati così prepotentemente contronatura che biologicamente ci ispira le peggiori vendette, ma per il modo in cui viene raccontata. L'uomo in aria di santità non solo molesta le ragazzine, ma le ricatta, se le tiene vicine, le manipola con la loro stessa fede. E le aggredisce psicologicamente, come naturalmente finisce a fare con la nostra protagonista quando scopre che è incinta. Darlin' è distrutta da questa gravidanza, è un ritratto estremo della paura che si prova davanti al più immenso dei cambiamenti. Per lei il bambino è il diavolo in persona, che sta dentro la sua pancia pronto a distruggerla. Finalmente capace di parlare, implora di essere liberata, e quando nessuno la ascolta prova a pensarci da sé, convinta anche dalla reazione del vescovo di avere qualcosa di profondamente sbagliato addosso, e di esserselo procurata da sola. 
Darlin' ha sofferto per due vite intere, ma nel momento di dolore più intenso è in grado di prendere la sua creatura e affidarla all'unica persona, a parte Tony, che si sia mai presa cura di lei, la donna. 
Non solo un finale perfetto, ma un film potente, bellissimo, indimenticabile. 


Seance





Questo, di collegio, è una scuola prestigiosissima per giovani bitch viziate e promettenti che giocano ad evocare fantasmi e finiscono malissimo. La Edelvine è una scuola di quelle per cui l'apparenza è tutto, ma in cui le persone iniziano a morire in modi che non fanno proprio benissimo alla pubblicità. Ed è anche infestata, perché non vorrai mica farti mancare la presenza soprannaturale.
Camille è la nuova arrivata. Come ci si aspetta in questi casi, le mean girls della scuola cercano di farle capire subito chi comanda, ma Camille non è disposta a sottostare ai piccoli giochi di potere dell'Accademia. Entra nella loro cerchia, in qualche modo, ed è molto interessata alla storia di Kerrie, la ragazza recentemente morta suicida di cui lei ha preso il posto. 

Non fatevi ingannare dal mio tono ironico: Seance è bellissimo. 
Quella che parte come una storia di dinamiche studentesche, gruppetti e simpatie, diventa presto una storia misteriosa e accattivante, che in più momenti mi ha ricordato (sì, lo sto per dire davvero eh!) l'indimenticato Picnic ad Hanging Rock. Non solo per la forte componente estetica che contraddistingue, seppur in modi diversi, i due lavori, ma per l'aria di minaccia imminente che si respira lungo tutta la pellicola. 
Le promesse della Edelvine sono delle malefiche stronze a cui si vuole un gran bene, perché sono coraggiose e atroci, attrici nate, lontane dai vincoli del mondo esterno (per tutto il film c'è una sola telefonata ai parenti) e allo stesso tempo chiuse in una delle più sigillate delle micro società. Sono brutali e allo stesso tempo solidali l'una con l'altra, si detestano e si vogliono un gran bene. E nel frattempo, cadono come mosche. 
La storia inverte rotta sul finale in un modo che forse avevamo visto arrivare ma che non per questo è meno succoso. Seance è una storia d'amore e vendetta, di fantasmi nel senso di presenze soprannaturali ma anche nel senso di vicende del passato che non vogliamo lasciar andare. 
Una gran bella visione, inaspettata e per questo ancora più gradita.




Al momento in cui scrivo Darlin' si trova su Prime, con l'iscrizione al canale di Midnight Factory, mentre Seance non c'è sulle piattaforme italiane. Però vale la pena della ricerca tra i torrenti, se posso permettermi. Oppure è su Shudder.



Forse alla Colly farei vedere entrambi. Si arrabbierebbe un sacco, temo.

venerdì 12 novembre 2021

Shook

14:35
Alla veneranda età di 31 anni ho capito che i cinemini dell'orrore mi piacciono praticamente tutti. Se sono bruttarelli mi accontento che mi regalino un po' di divertimento, se sono belli meglio ancora, se sono capolavori piango di gioia, ma indicativamente mi godo quasi ogni visione che faccio. È l'intero senso della neonata rubrica Avvocato d'ufficio su Twitch.
Ci sono solo due possibilità che fan sì che io scelga di sedermi, tirare fuori la mia tastierina rosa nuova fiammante e volutamente scriva un post negativo: il film mi deve avere presa per i fondelli o mi deve aver fatta incazzare.
Mettetevi comodi, Shook sta nella seconda categoria.




 In una città agitata dalla presenza di un assassino di cani, Mia, amatissima beauty guru, sceglie di aiutare la sorella e farle da dog sitter per un po'. La famiglia di Mia è stata colpita dalla malattia della madre, a cui la sorella Nicole ha fatto da care giver, e ora la ragazza sente di doversi sdebitare, perché per la malattia della madre è stata assente. Durante la prima notte a casa di Nicole, però, Mia comincia ad essere tormentata al telefono da qualcuno che ha intenzione di prendersi gioco di lei, e le vite dei suoi amici sono in pericolo.

Io la sto adorando la piega social che il cinema dell'orrore sta prendendo. Ho un debole per i film screenlife, che stanno dimostrando di sapersi giocare spesso molto bene la carta della tecnologia, e in ogni caso il cinema non poteva continuare oltre ad ignorare che il mondo della comunicazione è cambiato, che esistono nuove professioni, che i social hanno modificato l'aspetto del mondo. Non è certamente un cambiamento a cui sono ostile, anzi, mi sta divertendo molto vedere come questi nuovi mezzi sono ritratti al cinema. 
Ho adorato Slaxx, per esempio, che parla sì di jeans assassini ma anche di marketing (e influencer marketing), di novità che non devono trapelare sui social, di instagram stories, ho trovato molto carino Superhost, i cui protagonisti sono due travel blogger che recensiscono vari Airbnb, mi divertono molto anche i due ben più famosi Unfriended. Quindi, quando qualcosa mi piace e arriva un guastafeste a rovinarmela, io mi arrabbio.

Temo che il post sarà pieno di spoiler, ma non credo sia particolarmente rilevante in un caso come questo. Avviso per correttezza.

All'alba del 2022 sono un pochino stanca di alcune cose. 
Partiamo dalla cosa più seria. Sono secoli che ci dicono che dobbiamo essere curate, belle, sistemate, a postino. Secoli che quando usciamo struccate ci chiedono se siamo malate, secoli che ci dicono che se non ci depiliamo non siamo igieniche, che se non abbiamo i capelli a posto siamo disordinate. Ad un certo punto, alcune donne hanno capito che internet poteva essere un modo per monetizzarla, questa cosa qui. Sono nate le beauty guru, persone che in giro per il mondo consigliano proprio quelle cose che la società vuole che usiamo. Solo che le beauty guru suddette sono diventate potenti. Hanno iniziato a smuovere una quantità di denaro spaventosa, a spostare il mercato a loro piacimento. Andate a vedere persone come NikkieTutorials, Jeffree Star, Zoella. Smuovono i milioni. 
Eh, allora così no. Allora ecco che le donne che parlano di smalti e mascara e piastre per capelli sono frivole, superficiali, finte. 
Non sarà mica che vi rode il culo a vederci, ogni volta, riappropriarci di quello che pensavate di averci attribuito voi?
Ecco, vi chiederete cosa c'entra questo col film. C'entra perché per tutta la pellicola Mia è trattata come una povera scema. Una povera scema che pensa solo ai capelli (che non è una carriera di grande successo, no, è solo roba frivola) mentre la povera Nicole si sacrificava a casa con la mamma malata (e poi torniamo anche su questo). Lei e le sue amiche sono ritratte con lo snobismo di chi ancora si ostina a pensare "Ma trovatevi un lavoro vero". Parlano solo di followers, si invidiano, sono stupidelle.
Però quella rappresentazione qui ha stancato. Anche basta indignarsi per le chiareferragni sulle copertine dei giornali. Basta parlare di persone disposte a tutto pur di avere like, dai. Smettetela di fare i boomer, perdio.

Mia è una persona amatissima sul web, la più amata del suo gruppo di amici. La cosa naturalmente non poteva passare liscia, giusto? Perché non sia mai che facciamo un bel film sulla sorellanza, su amiche felici per il successo delle altre, no. Quindi ovviamente i suoi amici pensano di farle un bel prank che finisca sui social (ricordate? tutto per i like). Solo che qui arriviamo alla seconda parte che mi ha fatto incazzare. La persona al telefono ha in ostaggio gli amici propone a Mia un gioco: se rispondi correttamente a tre domande, loro sono salvi. Le domande riguardano nozioni di primo soccorso e informazioni personali sulla morte della madre. Domande a cui Mia non sapeva rispondere in modo pronto e immediato, perché della madre se ne è sempre occupata Nicole. E io questa moraletta del cazzo al cinema non la voglio vedere. Quello del caregiver è un ruolo serio, fondamentale, e il tema della malattia e dei familiari morenti è un argomento tragico e profondo, che tassativamente non posso tollerare di veder liquidato con "sorella che resta buona, sorella che se ne va cattiva". 
Questo concetto, mi perdonerete il LaRochellismo, anche molto italiano che se non ti sacrifichi per la famiglia ti meriti tutta una serie di brutte cose è così viscido, e superato, e disgustoso, che mi ha fatto imbufalire. Sei una brava ragazza solo se molli tutta la tua vita per restare vicino alla mamma malata, se no sei una stronza superficiale che pensa solo ai follower su instagram. Fare il caregiver è una cosa devastante, e ci sono persone che non hanno scelta. E se non hanno scelta è sempre, sempre, colpa di un welfare insufficiente e di uno stato assente e nessuno al mondo mi farà mai cambiare idea su questa cosa. Quando qualcuno però ce l'ha non è cattivo se sceglie di investire prima di tutto sulla propria vita. 
Quando ho sentito quali domande il telefonatore stesse facendo a Mia avrei voluto interrompere la visione. 
Poi non l'ho fatto, principalmente perché dovevo finire di stirare e mi serviva compagnia, e la fine mi ha fatto ancora di più girare le palle. Come era ovvio fin dall'inizio, sia il prank degli amici che l'attacco vero e proprio sono stati orchestrati da Nicole stessa, incazzata come un'aquila con la sorella di successo e frustrata per la propria vita. Ribadisco quanto detto sopra, perché di loro si parla sempre troppo poco: le persone che accudiscono i familiari malati gestiscono situazioni molto complesse, e questa narrazione è superficiale, deleteria, frustrante.

Mi fate un favore? Vi guardate Relic che parla dello stesso tema in maniera ben più elegante ed efficace? Sta su Prime. Grazie. 

venerdì 29 ottobre 2021

Halloween 2021, i consigli di casa Redrumia

18:04

Quando sei una di quelle persone che guarda horror tutto l'anno indiscriminatamente, Halloween è occasione per sconfinate emozioni. Un pochino siamo entusiasti di vedere finalmente che la nostra Cosa Preferita Al Mondo protagonista del mondo e del marketing mirato, un pochino rosichiamo perché vogliono tutti giocare con il nostro giocattolino, un pochino ce la tiriamo perché vengono a chiederci consigli su cosa vedere. 

E anche se non ce li chiedesse nessuno, noi ve li daremmo comunque, perché in fondo è pur sempre la festa più importante dell'anno e questa è la nostra versione del cantare il Carol of the bells in piazza bevendo il vin brulè.

Quindi, eccomi qui con i miei, in ordine rigorosamente casuale ma almeno divisi per le piattaforme a cui la Vostra da i suoi (pochi) soldi.




NETFLIX


Il catalogo Netflix dell'orrore è francamente dimenticabile, e se non fosse per il legame tra la piattaforma e l'uomo della mia vita Mike TiAmoPerSempre Flanagan sarei tentata di cancellare l'abbonamento. 

Non è tutto da buttare, però. Non manca qualche Grande Classico, come il Suspiria di Argento, Non aprite quella porta, buona parte (forse tutta?) la saga di Chucky, Lo Squalo...a me per Halloween piace anche rivedere i famosonioni quindi qui ho un po' tra cui scegliere. 


Dando per scontato che abbiate visto le nuove uscite più chiacchierate dell'anno di loro produzione (A classic horror story e la trilogia di Fear Street), ecco le cose che consiglio io:

  • His House. Credo sia ancora il mio film dell'anno (tra le mie visioni, non tra le uscite), anche se la battaglia con Titane è durissima. Una storia di fantasmi, di immigrazione, di tragedie personali e universali, e, per essere sincera, il film che mi ha fatto più paura degli ultimi anni. Scritto con il giusto equilibrio tra la delicatezza e la durezza dei temi trattati, è un film magnifico.
  • The Host. Un meraviglioso, e dolorosissimo monster movie. La prova provata, in caso ce ne servisse una, che Bong Joon-ho può fare con il cinema tutto quello che gli pare e qualsiasi cosa farà sarà una poetica ma lucidissima analisi di quello che sono le persone e i legami familiari. Lo so che sono molto ripetitiva, ma ormai ho capito che sono queste le storie che mi attraggono.
  • The Neon Demon. Così tanto chiacchierato alla sua uscita e così presto finito nel dimenticatoio, non fatevi imbrogliare dalla velocità con cui l'internet oggi passa da un film all'altro. The Neon Demon è BELLISSIMO. Così abbagliantemente bello che vi ritroverete a cercare la sua immagine negli altri film che vedrete. 
Netflix ha dalla sua parte il fatto di avere nel catalogo cose molto molto note, che era inutile segnalare come mie scelte ma che ha senso almeno citare: Il caso Enfield (non fidatevi delle persone a cui non è piaciuto Il caso Enfield, non vogliono il vostro bene), le cose più anni 90 a cui vi viene da pensare, Urban Legend e Final Destination, quella commovente delizia che è The Final Girls.


PRIME

Prime invece si difende bene. Ha però due difetti che mi sento di sollevare in virtù della vena polemica che mi accompagna da sempre. In primo luogo questa cosa di inserire delle cose a pagamento mica la mando giù. Cioè lo capisco pure, ha un senso, ma puoi non inserirmeli nell'interfaccia insieme agli altri? L'app e l'accesso da browser di Prime non sono esattamente user friendly, e ogni volta li devi separare maualmente, puntualmente DOPO avere visto che c'è a pagamento PROPRIO quel film che volevi vedere tu. Però senti Prime, così anche no.
Seconda polemica: le cose solo in italiano sono una forma di violenza a cui non ritengo corretto dover essere sottoposta. Ma perché? Che schifo ti faceva la scelta? Non la mando giù. 
Nonostante questo, tre titoli da consigliare li troviamo comunque.

  • Autopsy. Fidatevi di una "recensione" breve ma sincera: questo da una paura della miseria.
  • La notte ha divorato il mondo. Questo è uno zombie movie interessante, perché ripercorrendo elementi noti del genere ne introduce un paio di nuovi parecchio interessanti: parla di solitudine, e della ricerca di un'umanità anche laddove se ne sia persa traccia, e parla anche di come si possa preservare la propria salute mentale in situazioni di emergenza. Il protagonista è un musicista e, rinchiuso in casa dopo l'apocalisse z cosa fa? Suona. Cerca modi di mantenere la propria identità. Mi è piaciuto.
  • Patto di sangue. Un divertentissimo e cattivello slasher del 2009, con alcune protagoniste che sono state simbolo dei primi anni 00 e un delizioso cameo di Carrie Fisher.
Anche Prime ha tutta la sua bella serie di classici e classici moderni, come 28 giorni dopo, Halloween, Drag me to hell...ma soprattutto c'è Martyrs, che fossi in voi riguarderei perché presto arriva l'episodio di Nuovi Incubi a tema.


DISNEY+


Una volta sarebbe suonato strano proporre contenuti adatti ad Halloween su una piattaforma Disney, ma siccome nel frattempo si sono acquistati tutto quello che il mercato aveva da vendere, eccoci qua a elencare cose da vedere la sera del 31.

  • The Rocky Horror Picture Show. Lo so, non è la più originale delle scelte, ma non importa. Non è davvero Halloween senza si lui, dai. Almeno come sottofondo musicale mentre cucinate. Ci vuole.
  • Jennifer's body, aka il film più rivalutato degli ultimi 20 anni. Se ancora non siete diventati team Jennifer, è il momento, e sta lì su D+ bello comodo.
  • Il cigno nero. Anni fa in un post avevo detto che questo è un film dell'orrore e almeno in 5 mi avevano scritto per dirmi che non era vero. Io siccome non sono una persona che porta rancore ve lo ripropongo, così che possiate rivederlo per venirmi a dire, dopo, che avevo ragione io.

E poi va beh, tutti i classici per famiglie ci sono, da Hocus Pocus a The Nightmare Before Christmas, conoscete la faccenda.


CHILI


Ho recentemente scoperto che anche Chili ha la sua sezione di film gratuiti da guardare con la pubblicità. Finalmente! 
Da lui segnalerei:

  • Shutter, l'originale asiatico. Uno dei film che mi ha sconvolto dal terrore più di tutti nella mia vita. Alla fine ero atterrita. Diciamo che è un'esperienza.
  • The Woman, che se non ve lo ricordate è quel film che vi lancia una mattonella in faccia e se ne sbatte le palle se vi siete fatti male.
  • The Gerber Syndrome. Found footage a tema zombie tutto italiano che non rivedo da anni ma che ricordo con grande piacere.
C'è anche una vasta selezione di Argento, e diversi dei film a tema squaloni giganteschi e indegni che insomma non sono roba da prendere sul serio ma per l'Halloween alcoolico sono la cosa ideale. Ci sono anche la saga di Puppet Master e Cannibal Holocaust, che lo so che è un film che amano anche i sassi ma io con lui sono arrabbiata e non lo consiglio a nessuno.


RAIPLAY


Mi dimentico troppo spesso, quando devo scegliere che film vedere, della presenza di Raiplay, che invece poverina è una piattaforma che non va sottovalutata. È pure gratis.

  • Demoni 1 e 2. Davvero, sono qui, che vi aspettano. Lo so che li volete rivedere.
  • The ward. Io distinguo le persone in due categorie: quelle a cui questo film piace e quelle a cui invece no. Vi lascio immaginare a quale delle due appartengo io.
  • La cosa da un altro mondo. Lo vedete che non me lo dovete sottovalutare, Raiplay?

Ci sono anche qui diversi Argento e parte della saga di Saw se fa per voi.


Personalmente credo mi butterò in una maratonina di tutti quei film Netflix usciti questo mese e che ancora non ho avuto tempo di recuperare. 



Buon Halloween a tutti!

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