martedì 4 dicembre 2018

Parlarne tra amici, Sally Rooney

16:21
Ormai avrete notato che cerco di scrivere sempre meno recensioni singole e mi dedico a post più strutturati, che funzionano molto meno ma che personalmente preferisco.
Soprattutto, non scrivo quasi più a caldo, ma a me il romanzo del momento ha fatto piuttosto pena quindi post polemico e via, post come se fossimo nel 2012.


La storia è quella di Frances, 21enne piena di sè e di opinioni, e della sua migliore amica/ex ragazza Bobbi. Le due studiano al college e si danno alla poesia, partecipando a serate di spoken words. In una di queste conoscono Nick e Melissa, una coppia più grande e sposata.

Ho una rabbia contro sto coso.
Partendo dal presupposto che io mi metto sempre nella posizione di pensare che il problema sono io e che potrei davvero non avere capito nulla, è davvero questo quello che vuole l'editoria oggi? Romanzi così? Che si spacciano come voci di una generazione e invece sono solo supercazzole?
Perché basta saperlo, uno se oggi vuole pubblicare caccia in piedi una storiella finta provocatoria (fintissima provocatoria), usa la tecnologia perché signora mia oggi i ragazzi parlano solo con quei telefoni lì e si sono persi i rapporti e bam, caso editoriale dell'anno.

Ogni personaggio di questo romanzo è un detestabile coglione. Perdonerete il francese che diventa la mia lingua madre quando sono inviperita.
Frances ha sì l'ingenuità dei primissimi vent'anni (che io ho passato da 5 minuti, me li ricordo), ha sì l'incertezza di chi si sta ancora costruendo, ma quanto se la sente calda?!
Lei e il suo sguardo di infinita superiorità rispetto agli altri, lei e il suo snobismo, il suo comunismo e il suo grande rispetto per i lavori umili, che però è solo enorme ipocrisia, perché lei non vorrebbe mai lavorare, lei è troppo creativa e poetica per lavorare, e ci fa due palle così su quanto lei piaccia al suo capo proprio perché non interessata al posto fisso, per poi farci intenerire con lei che salta i pasti perché è povera in canna e ha solo pane e acqua e il frigo vuoto e il suo amante mosso a compassione le compra la carne.
Io credo che personaggi così spregevoli solo Franzen li abbia mai scritti.
Bobbi, la sua migliore amica, una supercazzolona di quelle provinciali, che si riempie la bocca di discorsi filosofici che sono assurdi e davvero irrealistici dei quali non esisteva un senso nel romanzo e che davvero hanno fatto solo che pena.
Esempio per farvi ridere un po':


La coppia Nick e Melissa, poi, straordinaria. Una coppia di persone senza un briciolo di amor proprio, fondata su tradimenti e mancanze di rispetto ma che, pensa un po', si ama ancora, e resta insieme in nome di questo supposto amore che non vediamo mai, ci viene solo detto a parole.
Ridicolo.

E infine, come se non fosse sufficiente tutto ciò, il romanzo è tanto young perché i suoi personaggi parlano anche attraverso la tecnologia, Vera Nemica delle nostre relazioni.
Come comunicano?
Su Whatsapp? Su Telegram? Messenger?
No.
Per email.
Sipario.

lunedì 3 dicembre 2018

Preferiti della Redrumia: Novembre 2018

17:20
Io, che sono nota (?!) come la blogger più incostante della blogosfera, mi stavo scordando che il mese è finito e che devo fare il post delle cose belle del mese di novembre.
Rimediamo subito.


La cosa più lampante del periodo è che mi sono avvicinata al minimalismo.
Mai e poi mai mi ridurrò ad essere una di quelle persone che possiedono 20 oggetti in tutto e dormono per terra, non sono proprio il tipo. Ma sto passando un periodo di austerity imposta, e imparare a rivalutare il desiderio che ho di comprare compulsivamente è importante e mi aiuta a non farmi pesare troppo il periodo di ristrettezze. Ho conosciuto i Minimalists, Joshua Fields Millburn e Ryan Nicodemus, attraverso il loro podcast. Non fatevi spaventare dal numero di episodi e dalla durata, prendeteli con calma e selezionate magari solo i temi che vi riguardano più da vicino. A me hanno aiutato molto, li trovo molto moderati ma convinti del loro stile di vita, è interessantissimo starli a sentire anche nel caso in cui si decida di non seguire le loro orme ma, come nel mio caso, imparare ad avere un rapporto più sano con gli oggetti e con le spese.
Dall'altro lato, invece, sconsiglio il loro documentario, che sta su Netflix e si chiama Minimalism.
Mi ha dato una sensazione di estremismo che invece in loro non incontro sentendoli parlare nel podcast. Peccato.

Restando in tema di visioni, per me è stato il mese di A Star is Born.
Sì, sono in ritardo.
Sì, ho pianto come un vitello.
Per tutta la visione nella mia testa sottolineavo le cose che non mi piacevano: mi è sembrato che la narrazione dell'amore fosse superficiale, con qualche scena romanticissima tanto per farci sognare un po', e che si vedesse poco e con scene abbozzate qua e là la salita al successo di Allie. Storcevo il naso e nel frattempo le emozioni crescevano, fino a che alla fine ho pianto anche le lacrime che non avevo.

Vorrei anche parlare di serie tv, ma sono a metà di tutto: ho iniziato The Good Place e l'ho trovato carinissimo e leggero. Ho iniziato anche The Exorcist, mi sta piacendo tanto ma ne parliamo quando ho finito la seconda stagione. Ultimo ma non per importanza, il mid season finale di This Is Us.
Non so cosa dire, sto incazzata come un'aquila. Due stagioni e mezza a parlarci di Jack e del buco nero della sua vita, della sua tragedia, del suo senso di colpa. Il tutto per mandare discorsi importanti in vacca con sto finale che mi ha solo inacidita.
La stagione in generale mi piace eh, ma vorrei più Toby e Katy, vorrei più Becca e Jack, ma forse si sono esaurite le cose da dire. Peccato.

Con grande dispiacere non ho letto niente. Mi sono data un po' al fumetto supereroistico (ho dato una chance agli X-Men) ma ho mollato la presa per evidente stupidità (mia, non dei fumetti) e alla fine ho letto solo New York di Will Eisner, che è magnifico.
Un racconto di una città attraverso storie più o meno brevi, che scalda il cuore e profuma di familiarità. Una meraviglia.

Dicembre si prospetta complicato, da molti punti di vista e non solo per il mio rapporto complicato col Natale.
Chissà, forse ci riprovo con gli X-Men...

giovedì 29 novembre 2018

Horrornomicon: I maghi del terrore

16:41
Non è solo un film del '63, I maghi del terrore.
Oggi sarà anche il modo in cui chiameremo due dei più importanti personaggi della storia dell'orrore tutto: Roger Corman ed Edgar Allan Poe.
Oggi parleremo solo del loro incontro, non dei due nella loro interezza, perché sto scrivendo un post e non un libro intero.


I due si conoscono quando Roger è un pischelletto di 12-13 anni ed Edgar era morto da qualcosa come un centinaio d'anni. L'insegnante aveva assegnato alla classe di Corman La caduta della casa di Usher e niente, lui innamorato. Si prende un bel voto nel compito e si fa regalare le altre storie per Natale, e inizia così una storia d'amore culminata in 7 film omaggio che di storia d'amore ne hanno fatta nascere un'altra: quella tra Corman e Vincent Price.


Succede questo: Corman incontra l'American International Pictures quando gli cede un suo soggetto: The Fast and The Furious. Collaborano fin dagli anni '50, ma è dagli anni '60 che creano il mito. A Corman viene in mente di cambiare un po' l'organizzazione classica dell'azienda. Niente più horror in bianco e nero spacciati a due a due e fatti con cinque lire.
Di lire ne chiede dieci, si parla pur sempre di progetti low cost, vuole poter usare i colori e chiede un po' più di tempo, perché lui vuole fare un film tratto da La caduta della casa degli Usher e vuole farlo per benino.
Nel 1960, allora, esce House of Usher, in italiano I vivi e i morti. La storia è quella drammatica dei fratelli Madeline e Roderick Usher, e della maledizione che colpisce la loro famiglia.
Non inizia così solo un felice ciclo di omaggio ad uno dei Grandi, ma anche una collaborazione che ha ormai del mitologico: quella tra Corman, Vincent Price e Richard Matheson.
I vivi e i morti, infatti, non è scritto da uno qualunque. Richard Matheson si è occupato di diverse delle sceneggiature di quello che poi diventerà il Ciclo Poe, e non è un'informazione superficiale data tanto per riempire la colonnina tecnica della pagina Wikipedia. Matheson ha scritto più parole di quante siano immaginabili. Ha sceneggiato film per il cinema e la tv (Duel è roba sua), scritto episodi di serie tv e romanzi che hanno fatto la storia. Banalmente, uno su tutti: Io sono leggenda. Non è solo uno che l'orrore l'ha masticato per tutta la sua vita. Gli spuntava letteralmente sulle dita, e nessun altro forse avrebbe potuto fare con i film di Corman quello che ha fatto lui.

aveva la faccia di chi al bar ordina l'orzo e invece aveva l'orrore nel sangue
I racconti di Edgar Allan Poe sono corti, spesso cortissimi. Hanno di frequente un'unica ambientazione, pochissimi personaggi e uno svolgimento veloce. Si leggono come ciliegie per questo, uno dopo l'altro fino a che non si schiatta di angoscia.  
Serviva quindi qualcuno in grado di assorbire tutto ciò che Poe aveva da raccontare nelle sue storie e di allargarlo, adattarlo, trasformarlo un po', in modo che racconti brevissimi potessero diventare un film intero.
In realtà poi questo primo lavoro è il più fedele, vuoi per linearità del racconto e per semplicità dell'adattamento, la storia tra i due maghi del terrore si apre con un film che è tra i miei preferiti del ciclo: un gotico perfetto, in cui l'ambientazione isolata e cupa, la follia e l'amore disperato si mescolano e portano alla luce per la prima volta alcune delle ossessioni di Poe e, di conseguenza, di Corman: la perdita della donna amata, la follia, la sepoltura da vivi. 
E lo fanno con il mio Vincent Price preferito di sempre, un Roderick Usher rosso come il sangue e biondo come un cherubino, matto come un cavallo ma con un fascino di quelli che non ti scordi più.

Ancora più interessante è la faccenda Il pozzo e il pendolo, dell'anno dopo, secondo me. Il racconto di Poe è magnifico e claustrofobico, ma, come dicevo, brevissimo. Le poche paginette sono state allora trattate come il terzo atto di una storia ben più approfondita, che Matheson ha scritto talmente bene che avrebbe potuto spacciarla per un racconto inedito di Poe e gli avrei creduto senza problema alcuno. Ai temi già noti della sepoltura prematura e della perdita dell'amata (ormai a Price il ruolo dell'innamorato straziato sarà uscito naturalissimo, lo avrà fatto anche al supermercato per avere qualche sconto immagino), si uniscono quello, solo accennato, dell'Inquisizione, quello dell'adulterio e quello dell'omicidio. Si scava a fondo nel marcio della mente umana e si tira fuori il peggio.

Da lì in avanti, fino al '65, i film in totale saranno 7, considerati 8 per la faccenda The Haunted Palace, ispirato ad un racconto di Lovecraft ma chiamato come una poesia di Poe perché ormai era sinonimo di successo.
La vera caratteristica del ciclo è che pur mantenendo le ovvie caratteristiche comuni, nessuno dei film annoia o somiglia troppo al precedente.
E prima la trasposizione fedele, poi l'adattamento molto distante, poi il film senza Price (Sepolto vivo, che secondo me l'assenza nemmeno la soffre troppo, a me piace moltissimo), poi l'antologico (I racconti del terrore, dove finalmente troviamo l'adattamento del Poe più famoso, Il gatto nero), e infine i due girati in Inghilterra. Una ventata di freschezza rinnova ogni visione, spezzando il ciclo a metà con quella robina adorabile di I maghi del terrore. 
Sono riusciti a fare una commedia di una delle poesie più cupe mai scritte. E fa ridere. E badate che se lo dico io è vero, ché ho un carattere di merda e non rido mai. Una reunion di grandissimi nomi (Peter Lorre, Boris Karloff e Price, che ve lo dico a fare), che divertono senza mai mancare davvero di rispetto a chi tutto voleva tranne che far ridere.

In fondo io sono certa che il vero segreto di adattamenti, remake, prequel, sequel, rifacimenti di ogni sorta sia solo questo, la passione vera per quello che si sta andando a manomettere. E se andrà male, pazienza, almeno ci sarà un sacco di amore, e quello traspare sempre.
A Corman è andata bene.
Non ha sbagliato un colpo.

giovedì 15 novembre 2018

Gift Guide 2018: Libri per bambini

19:22
Siamo tutti d'accordo che regalando Rodari e Piumini si fa bella figura, vero?
Così come Harry Potter, il maestro Lodi, Pinocchio, Roald Dahl, eccetera eccetera ecceterissima.
Però il mondo dei libri per bambini e ragazzi è magnifico e sconfinato e sarebbe davvero un peccato non esplorarlo tutto.
Chi ha già letto almeno un paio di post della Redrumia non sarà sorpreso da nessuno dei titoli, ma quando l'amore chiama...


Intanto mi pare giusto sottolineare che il primo libro per bambini che dovreste regalare a tutti quanti è il mio, che sta qui di fianco e che mi dimentico sempre di pubblicizzare un po' di più. Ci ho messo i bambini che scappano di casa, gli animali parlanti, gli dèi e il campeggio. Mi pare ci siano tutte le cose che contano, ecco.

Per l'amor di Asgard a parte, però, iniziamo con la carrellata.
Occhio ai portafogli, perché io mi avvicino ai 30 ma li voglio tutti quanti e quelli che non voglio è solo perché li ho già e non li ho comprati da bambina.

Se volete restare sulle cose a tema natalizio ma siete stanchi delle Piccole donne c'è un solo autore da cercare, Raymond Briggs. Anche se è tutto adorabilmente innevato e magico e quindi tra le sue cose c'è giusto l'imbarazzo della scelta, quest anno è uscita l'edizione speciale per i 40 anni di The Snowman, che trovate qui. Sì, è in inglese, ma se il nanino ricevitore del regalo ama i disegnoni al massimo glielo traducete voi leggendolo.


Se volete crescere delle piccole suffragette o anche solo se credete che sia giusto dare modelli femminili importanti ai maschietti, la collana Piccole donne grandi sogni di Maria Isabel Sanchez Vegara è adorabile. Le protagoniste sono donne di tutti i generi, da Rosa Parks ad Audrey Hepburn, da Agatha Christie a Anna Frank. Una sorta di Storie della buonanotte per bambine ribelli in volumi singoli che non si propone di crescere gioventù ribelle (perché poi, perché?) ma di ricordare che la straordinarietà sta proprio nell'ordinario. E che da qualche parte ce l'abbiamo tutti.
Senza fare le ribelli.



Cattivi come noi è una bomba per i bambini che si sono stufati di Cappuccetto Rosso. Stavolta parliamo dei cattivi, guardiamoli per bene e apprezziamo anche loro. Più cattivo lui di Suicide Squad, è interattivo e bello grande, simpaticissimo.
Lo trovate qui.



Mettiamo che siete una mamma e un papà appassionati di fumetti. L'anno scorso ci avete provato a regalare la Paperdinastia al nano, ma non ha funzionato. Quest anno osate: Bone!
Ok, è gigante. Un tomone immenso, i bimbini vengono a noia. Lo capisco, ma la meraviglia vale il rischio. La storia di Bone è un viaggio, un'avventura mozzafiato che conduce il lettore attraverso i mondi, l'amicizia e l'amore, e lo fa con personaggi adorabili e cattivi stupidissimi. Vorrei lo regalaste ai bimbi non solo per iniziarli al fantasy, ma perché è di una simpatia disarmante. Fa riderone.
Continuo a comprendere le perplessità date dalla mole, ma riesco tantissimo ad immaginare i piccini che aspettano con ansia il momento in cui ogni sera col papà ritornano nel mondo magico. Poi da grandi se lo rileggono e lo rigodono come fosse la prima volta.
Che bomba Bone.
Sta qua.

ignorate pure le mie parole, ma lo vedete quel personaggino tondino lì davanti? è lui Bone! Come si fa a non volerlo?



E la zia cinefila, che gli regala al nipotino che guarda sempre e solo Casper?Questo!
Ora, io non credo che vada a scovare nelle chicche indipendenti del cinema indonesiano, no. Credo che sia però un modo carinissimo per condividere una passione, per far vedere ai bambini anche cose che magari non avrebbero considerato altrimenti e parlarne insieme. Ogni scheda ha un illustrazione, una descrizione e in fondo ha una schedina per votare il film e dare un'opinione. Lo trovo carino in modo inaspettato, e poi c'è la scheda di Lo chiamavano Trinità e per me tanto basta.



Iniziate presto i vostri eredi alla persona di Davide Morosinotto.
Io l'ho scoperto per caso in biblioteca, ma ha scritto un sacco e per nostra grande fortuna continua a farlo. Scrive avventure appassionanti e bellissime per giovanotti in cerca di guai, e sono una più bella dell'altra. Se capitate bene (come nel caso di La sfolgorante luce di due stelle rosse) resterete estasiati anche dall'edizione. Prendetene uno a caso e andrà comunque bene, perché sono tutti gioiellini piacevolissimi.

Infine, due consigli banalissimi ma che non passeranno maimaimai di moda per quei disastrosi ragazzini delle medie. Genitori, avete tutta la mia comprensione e anche un abbraccio virtuale.
Di Neil Gaiman praticamente tutto, anche le prefazioni ai libri degli altri. Potendo sceglierne solo uno, però, niente è bello come Il figlio del cimitero. 
Infine, Bartimeus. Tutta la tetralogia, in blocco, in modo che non se ne stacchi per tutte le vacanze e si dimentichi le mille espressioni che deve fare di matematica. La prof magari si incazzerà, ma lui o lei con occhi angelici potranno dire che hanno passato le vacanze a leggere e alla fine tutto è bene quel che finisce bene.

Anche le nostre finanze, ma quello è un altro discorso.

domenica 11 novembre 2018

Thornhill, Pat Smy

11:26
Trovato nella sezione ragazzi della bibliotechina del mio paese, Thornhill mi ha catturata dal primo istante, per la sua mole, la sua forma compatta e il suo nero onnipresente.


Il racconto è quello di due bambine, Ella e Mary, delle loro due vite parallele e del momento in cui queste due vite si incrociano.

La particolarità del tomone è prima di tutto la struttura. Non è un fumetto vero e proprio ma un romanzo illustrato nel vero senso del termine, in cui pagine di narrazione in forma di diario si alternano a pagine di sole illustrazioni.

La storia parla di bullismo feroce, orfanotrofi, adulti incompetenti e superficiali, cattiverie atroci e solitudine lacerante. Lo fa con dovizia di particolari, senza lasciare granchè all'immaginazione. Mary è vittima di un mondo cattivo che non sa integrare il diverso, e per questo ha smesso di parlare. Cerca rifugio in bamboline che crea da sè, che diventano le sue uniche amiche. Il ritorno nell'orfanotrofio di Thornhill della sua bulla, però, la fa ripiombare in uno stato di disperazione dal quale nessuno sembra davvero interessato a farla uscire.

La considerazione che mi ha fatto fare Thornhill, che comunque consiglio per intensità, fascino e particolarità della struttura, è: come classifichiamo qualcosa per bambini? 
Come si decide se qualcosa è adatto o meno?
Perché è chiaro che conoscendo il singolo esemplare di cucciolo d'uomo si può stabilire quanto e se sia pronto per letture più impegnative o se invece sia meglio coccolarlo ancora un po' con storie più gioiose, ma come si fa una classificazione generale?
Se da un lato mi viene da pensare che i bambini siano pronti a tutto, dall'altro mi viene da pensare che un po' di protezione sia non per forza dovuta ma naturale. Ce l'abbiamo scritta da qualche parte in quello che siamo in quanto animali, la tutela dei più piccoli. Giusto due minuti fa stavo guardando su Instagram un video di una leonessa incattivita come la morte con due leoni che si avvicinavano ai cuccioli, mi sa che fa proprio parte della natura.
Ora, lungi da me voler passare messaggi pedagogici o educativi per i quali non ho la competenza, ma mi interessa sapere cosa fareste voi. Non perché io abbia bambini a cui passarlo, ma perché io alla biblioteca l'ho già riportato, e lui sarà tornato nella piccola zona fumetti insieme al mio amato Lupo Alberto e a Mafalda. E sta lì, in attesa che qualche bambino se lo porti a casa e speri di trovarci un'avventura inquietante e cupa.
Che per carità, per esserci c'è, ed è anche interessantissima.
Mi chiedo solo, con sincera curiosità e nessuna vena polemica, quanto siamo pronti a raccontargliela.

domenica 4 novembre 2018

Gift Guide 2018: Poster!

18:19
Io mi rendo conto che Halloween è passato da meno di una settimana.
So anche che alla prima canzone natalizia con così largo in anticipo qualcuno potrebbe valutare di entrare in un luogo colmo di gente per commettere una strage. 
Ma il mio compito, come ogni anno da che la Redrumia esiste, è cercare di semplificarvi il periodo più stressante dell'anno con una serie infinita di consigli per i regali per tutte le persone che vi circondano, così che non dobbiate pensarci da soli e possiate invece concentrarvi sui regali per voi stessi, che sappiamo tutti essere quelli più graditi. 
Un post alla settimana da qui a Natale, cominciando con i poster!


1) Una copertina del New Yorker.
Il New Yorker è la rivista migliore per fare gli intellettualoidi con la borsa di tela (che ti regalano loro quando ti abboni, a posto). Oltre a questo, però, ha delle copertine magnifiche, ogni settimana create ad hoc da artisti magnifici.
Alcune delle mie preferite:


 

Il web ha capito che da questa cosa ci si poteva fare dei soldi, e ha pensato di mettere poster fatti con le copertine ovunque:
su Allposters.it
su Art.com
su questo negozietto Ebay
su questa bellezza di Etsy
Ora non vi resta che scegliere quale, però. Buona fortuna per quello.

2) This is not a love song
Si chiamano come una canzone dei Public Image Limited e sono un progetto magnifico che ho conosciuto a Lucca lo scorso anno e che sempre a Lucca ho cercato anche quest anno.
Il punto è questo: scelgono un film o una canzone e lo affibbiano ad un illustratore. Quello che ne esce è un progetto grafico che prende la forma di un posterino (o posterone, come lo volete voi) in cui l'illustratore interpreta con le sue mani la canzone. Nel caso del film, invece, all'interno di un porta vhs troverete poster della locandina del film ma illustrata e diverse cartoline con scene del film.
Costano nulla, sono bellissime e come regalo sono una gioia.
Io ho Dirty Dancing illustrato da Baronciani e Skinny Love, che già ♡, di Manuele Altieri. C'è solo l'imbarazzo della scelta, e le canzoni in particolare sono un pensiero dolcissimo.



3) Michael Sowa
Sempre su Allposters ci sta lui, quello che nessuno conosceva prima dell'avvento di quella disgrazia di Amélie. Una cosa buona è successa: la notorietà di questo signore e delle sue immagini.
Una ad esempio:


Poeticissime e super evocative, fanno fare un figurone.

4) Il poster di Tre uomini e una gamba
Qui vi linko direttamente il poster singolo e non il negozietto Etsy.
Sta qua.
In generale il negozio è pieno di cose interessantissime e idee molto carine, ma questo è il poster di Tre uomini e una gamba.
E sto.



5) Ekin Büyükşahin
Il nome l'ho copincollato, ma si trova sui social come Ekinakis.
Qui  il link allo shop.
Sono illustrazioni magnifiche, lineari e minimal come piace a me ma con colori eccezionali. Il suo è uno stile che si ama o si odia, quindi raccomando cautela nel regalare queste stampe, ma mi piacciono talmente tanto che non potevo lasciarle fuori.



6) Grafomap
Cheesy? 
Forse.
Bellissime?
Anche.
Le stampe di Grafomap possono essere un bel pensiero se ben piazzate. Mi viene in mente una storia a distanza, una famiglia che adotta, un amico di rientro dall'Erasmus...di certo non il paesello in cui si vive, ecco. Hanno una grafica super minimale e stanno bene ovunque. Carine davvero.


Cremonina mia bella è stupenda anche così
7) Petites Luxures
Li trovate su instagram e sul loro sito.
Si tratta di illustrazioni erotiche composte solo di qualche linea. Sono di una delicatezza rara, a volte più esplicite a volte solo accennate, e io le adoro. 
Non le regalerei alla prozia Maria, chiaramente, ma per il compagno/a le trovo deliziose.



Beati voi se siete riusciti nel frattempo a non riempire le pareti di casa.
Io mi salvo perché ho la carta scaduta e nessuna intenzione di andare in banca a prendere quella nuova.
Povera state of mind.

mercoledì 31 ottobre 2018

Halloween ad Hill House

12:25
Halloween è il Santo Patrono, qui nella Repubblica di Redrumia. 
Ero già pronta con il consueto elenco delle visioni consigliate, ma la slavina Hill House si è abbattuta su di noi oscurando tutto il resto, e quindi Halloween 2018 si passa dentro alla casa infestata più importante di sempre.
Domani, poi, è festa. Stanotte maratona della serie, luci spente, coperta a coprirvi il naso perché avrete una paura dell'accidenti. Domani mattina che è festa rilassati a letto con il libro, una tisana bollente e i pan di stelle e al pomeriggio maratona film. Non serve alzarsi da letto e divano, per le piaghe da decubito vi mando il mio amico farmacista. A posto, vi ho organizzato un paio di giorni. Non ringraziatemi.
Se invece aveste già visto e letto tutto, ci vediamo domani a Lucca, io sarò quella con una sciarpa immensa e comunque blu dal freddo.


No live organism can continue for long to exist sanely under conditions of absolute reality; even larks and katydids are supposed, by some, to dream. Hill House, not sane, stood by itself against its hills, holding darkness within; it had stood so for eighty years and might stand for eighty more. Within, walls continued upright, bricks met neatly, floors were firm, and doors were sensibly shut; silence lay steadily against the wood and stone of Hill House, and whatever walked there, walked alone

Hill House la conosciamo così, con uno degli incipit migliori della letteratura dell'orrore. Siamo nel 1959 e quello che Shirley Jackson ha pubblicato non diventa solo un successo: fa la storia. 
La trama non serve che la racconti: parla di una casa in cui accadono cose maledette, e davvero non serve sapere altro.
L'ambiente che la Jackson crea non ha bisogno di urla e sangue. Si accontenta di regalare un'atmosfera indimenticabile, un gioco terrificante tra paura e disturbi mentali, costruendo con il solo uso di un'abitazione fatiscente un'ambientazione che diventa parte dell'immaginario del lettore che se lo porta dietro per sempre, perché ogni casa infestata del mondo, poi, diventerà oggetto di paragone con Hill House.
E niente è all'altezza.

Se ne è accorto ben presto anche Robert Wise, che non è esattamente quello che chiamerei l'ultimo degli stronzi. Nel 1963 ne trae il primo film, Gli invasati. Riesce a fare la cosa più bella, quasi insperata: mantiene presente la componente del dubbio, così importante nel libro. Non era scontato, perché è ben più facile parlare di fantasmi e basta, ma la Jackson non è così semplice. Ci sono fantasmi reali e fantasmi della mente, del passato, della paura. E quelli lì non li scacci con un medium. Gli invasati è così fedele al romanzo perché non usa effettacci e lascia che sia la nostra mente a fare tutto. Ci lascia terrorizzare e preoccupare per Eleanor, esattamente come pochi anni prima aveva fatto la sua mamma letteraria. 
Negli anni non ha perso un briciolo di fascino.

Nel 1999 succede una barzelletta. Ci sono Owen Wilson, Liam Neeson e Catherine Zeta-Jones che entrano in una casa infestata.
Ci prova, ma non ci prova neanche fortissimo, Jan de Bont, a riportarci nella nostra casa preferita. 
Per farla breve: era meglio se non ci provava.
Noiosissimo, paura nemmeno per errore, prove attoriali scadenti e nemmeno un briciolo di attrattiva per la casa. Eppure pare un soggetto facile, la casa infestata: vecchie mura cadenti ma antiche quindi splendide, è già inquietante così. Non c'è oscurità, non c'è senso di imminente tragedia, non c'è nemmeno una piccola tensioncina qua e là giusto per ricordarci che dovremmo stare guardando un film dell'orrore.
Da inserire nella maratona giusto per quando dovete andare in bagno a fare la cacca e mangiare magari qualcosina dopo.

Quest anno è stata la volta della miracolosa serie Netflix, la cosa principale di cui volevo parlare in questo post. Mettetevi comodi, temo sarà lunga.
The Haunting of Hill House si allontana moltissimo dalla trama del romanzo. Restano intatti i nomi, i personaggi secondari e lei, la Casa. Poco altro, se non qualche frase messa al punto giusto per lasciare di noi solo un mucchietto di lacrime. Lo sapevamo che sarebbe stata magnifica, perché amiamo tutti Flanagan, e la scorsa volta la coppia Flanagan/Netflix ci aveva lasciati sconquassati per benino, ma chi poteva pensare che avremmo assistito ad una delle serie più belle di sempre? 
Questa volta nella casa ci vive una grande famiglia, che vuole rimetterla a nuovo per venderla e cercare di fare un buon affare. Nessuno esce indenne da Hill House, però. Nemmeno noi.
Si tratta di un racconto di sopravvivenza, di dolori atroci, di traumi e di gestione di tutte queste cose. Come una This is us gotica vediamo i protagonisti in due fasi delicatissime della loro vita, in ognuna delle quali è la perdita a segnare il passare del tempo. Continuare ad esistere portandosi appresso un enorme fardello di dolore non può essere privo di conseguenze, e noi queste conseguenze le vediamo tutte, le vediamo trasformare le vite di cinque personaggi che restano nel cuore dal primo momento. Il loro passato li ha portati alle loro scelte, li ha resi quello che sono. Quello che sono sono adulti frantumati che si tengono insieme per sopravvivenza base. Se gli occhialetti del piccolo Luke non bastassero a rapirvi il cuore, aspettate di vedere il grande Luke. Quello lì ti prende e ti fa l'anima a pezzettini, dal primo all'ultimo episodio. Le loro fragilità sono talmente esposte che si vorrebbe sempre proteggerli, allontanarli dalla casa o dal passato, o anche solo abbracciarli. Vederli piccoli è un colpo al cuore, crea con loro quel legame dato dal senso di protezione, e ci lega indissolubilmente alla serie. Sono bellissimi, profondi, reali. Il loro legame è complesso e mai per un istante viene data l'impressione di una ricercata perfezione. Eppure l'amore è presente e palpabile, e non si può fare a meno di sentirsene parte. L'amore non guida solo loro, ma è il filo conduttore di tutta la serie, che ne è permeata e che lo ritrae in tutta la sua candida semplicità. Amore fraterno, amore genitoriale, amore di coppia, di amici, di amanti passeggeri. Ed è tutto così tristemente dolcissimo, in Hill House, che i pianti che porta, perché li porta e anche spesso, sono reali. Non è solo commuoversi per una scena triste ma è riconsiderare il concetto stesso di amore, di legame, è guardare finalmente ai fantasmi come le splendide malinconiche creature di finzione che sono.
Il tutto, con scene sinceramente spaventose, con monologhi di grande impatto, e con un ultimo episodio magnifico da vedere, e rivedere, e rivedere ancora, per tornare a quelle atmosfere lì, che finiscono per mancare così tanto quando smettono di scorrere sullo schermo. 
The Haunting of Hill House è, semplicemente, il racconto di una vita. Le storie non sono forse sempre e solo questo? Ci vogliono persone molto molto brave a trasformare una cosa così comune in un'opera straordinaria, e abbiamo avuto la fortuna che questa volta a narrarcela fosse una persona dal talento grande. Una storia di esistenze in corso e di vite concluse, nella quale nessuna ha più valore dell'altra, nella quale chi c'è e il ricordo di chi non c'è più sono ugualmente presenti e importanti.  
Una serie di una delicatezza rara, che dà un valore nuovo all'orrore, portandolo ad una sfera intima, e umana, forse a livelli ai quali raramente era giunto prima. lì giù, nel cuore pulsante dello spettatore, che sarà sì estasiato da una tecnica sopraffina (sì, l'episodio sei è una bomba e non devo certo dirvelo io), ma che è graziato da un'emotività così raramente esposta in modo così tangibile. Detto semplicemente: non sembra un prodotto di finzione. Di certo finto non è il nostro coinvolgimento.
Non è da maratona goliardica con amici la notte di Halloween. Per una notte intensissima, però, con paura reale (attenzione a quando le sorelle sono in auto da sole, non è uno spoiler ma un avviso. Ci ho quasi perso la vita.), sentimenti fortissimi e scene indimenticabili, è tutto quello di cui avete bisogno.
Tutte le altre case infestate, da oggi in avanti, dovranno fare i conti con tutto questo.
Buona fortuna.



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