lunedì 2 dicembre 2019

Gift Guide 2019: Gioielli belli

13:02
Ah, rieccoci.



Mi sono sempre proclamata poco amante del Natale, anche se da quando ho una casa mia ammetterò di starmi rammollendo, ma una cosa è certa: mi piacciono i regali.
Presente quelle persone che dicono che preferiscono farne che riceverne? Mentono.
No, scherzo, magari qualcuno molto più generoso di me c'è, ma quel che è sicuro è che io so sempre esattamente cosa vorrei ricevere, e anche quest anno cercherò di dare consigli sulle cose bellissime che popolano l'internet e non solo, e che starebbero da dio sotto l'albero.
Cominciamo con i gioielli.
Basta Pandora pacchianoni, basta Morellato! Il mondo è pieno di cose da scoprire.


Per chi ha un budget che invidio

Rubinia Gioielli

Non che tutto il resto della collezione di Rubinia sia brutto, ci mancherebbe altro, ma nello specifico hanno una linea, Filodamore, composta di gioielli personalizzabili con frasi, lettere, numeri, che è bellissima, minimal ed essenziale. Rubinia è una gioielleria vera e propria, ha prezzi da gioielleria (che pure non sono eccessivi, l'argento è accessibilissimo per esempio) e ne va tenuto conto. Per regali speciali è meravigliosa.

Lil Milan



Forse la più social delle aziende di gioielli in circolazione, Lil è il luogo in cui temo spenderei ogni soldo se ne avessi. Anche in questo caso si tratta di gioielli dalle linee essenziali, che come avrete capito sono i miei preferiti, e nel suo caso è solo oro, non mi pare di avere visto argento nel sito. I prezzi, di conseguenza, sono altini. Però è un colpo al cuore se non ve la segnalo, e tutto sommato ci sono anellini finissimi sotto i 100 euro, per chi vuole dare una possibilità ad un brand italiano giovane, secondo me sono gioielli bellissimi.


Per chi ha il mio budget

By Lia Jewels



Brand spagnolo, ha una collezione bella ampia per tutti i gusti e soprattutto prezzi decorosissimi. Secondo me è lo step migliore da fare per chi desidera provare qualcosa prima di lanciarsi nella spesa folle dell'oro puro, che è sicuramente un investimento ma che non tutti possono fare in ogni momento. I gioielli di By Lia sono secondo me proprio carini.

Fretsy Creations


Ah, anche questi mi piacciono da morire. Il brand è di una ragazza siciliana, che trovate con lo stesso nome anche su Etsy, e i suoi gioielli in ottone somigliano molto alla linea di Rubinia. I suoi hanno un prezzo ben diverso, e sono secondo me un'idea regalo bellissima, ho in progetto di spendere grandi soldi da lei!


Come ogni anno, sentitevi liberi di linkare (erroneamente, s'intende...) i post della gift guide a chiunque desiderate, e ricordate di fare la faccia sorpresa quando aprite i regali!

venerdì 29 novembre 2019

Horrornomicon: The Roth Inferno

20:10


Io sono peccatrice, e uso questo spazio per redimermi dalle mie colpe.
Quando ho capito che un certo tipo di cinema era la cosa che mi piaceva più di tutte, ho iniziato ad approfondire, a guardarmi meglio intorno. Me la sentivo caldissima. Ma soprattutto, ero di uno snobismo spaventoso, ho riletto di recente certi miei vecchi post da far accapponare la pelle.
Chiedo perdono.
Mi piaceva sentirmi intelligente, e credevo che questo fosse sinonimo solo di piccolo film indipendente girato in bianco e nero sulle coste di una piccola isoletta del Pacifico, oppure meglio ancora solo i grandi autori arcinoti e straordinari. Se solo avessi saputo prima che mi sarei divertita molto di più una volta levata quella patina di arroganza...
E quindi, oggi, Eli Roth.

Eli Roth o Miguel Angel Munoz? Chi può dirlo.

Eli è uno di noi. Se ci sedessimo a parlare una sera in birreria staremmo ad ascoltarlo incantati e poi dovremmo riportarlo a casa in spalla perché non sarebbe in condizioni di guidare, ed è per questo che, nonostante i suoi film siamo brutti per davvero, non per snobismo, io oggi gli voglio bene. Quel bene che si vuole agli amici a cui si darebbe una schicchera sul collo, presente? Quel bene lì.
Mamma come gli piace il cinema dell'orrore. Si diverte un casino, da quando, piccino, ha visto Alien la prima volta. Lo possiamo biasimare? No che non possiamo.
Da allora ha cominciato a giocare con dei corti, andare a scuola per imparare a fare bene quello che voleva fare, e alla fine era il 2002, ed è uscito Cabin Fever. Fa i soldini, si fa notare, poi arriva Tarantino e lo trasforma nella nuova star dell'orrore. Che grandissima botta di culo.
Insomma i due diventano amici e Eli entra a far parte di quella compagnia che comprende anche Rodriguez. Da lì in poi son mazzate, letteralmente.

Ma torniamo a Cabin Fever.
In realtà per capire la poetica (dai, scherzo, non andate via...) del nostro regista ci bastava il suo primo film: lunghi inizi nei quali conoscere i nostri protagonisti, per sfogliarne tutte le qualità e le sfaccettature (sì, sono ironica), per entrare in sintonia con loro e sentirsi parte della goliardica compagnia, cambio radicale di colori che poi conduce alla parte di mattanza, scene di sangue, un po' splatterine ma di questo ne parliamo dopo, un bel po' di sesso, finali che vogliono essere sconvolgenti, sano trash. Sono tutte componenti fisse del lavoro di Roth, tutte quante.
Ci prova con una costanza che alla lunga ti ci fa affezionare.
Insomma, Cabin Fever parla di una compagnia di amici che affitta una casetta in mezzo ai boschi per trascorrerci una vacanza. Un misterioso morbo inizia a prenderseli tutti.
Non so come difenderlo, il povero film. Ha personaggi talmente malconci che pare brutto anche infierire. Sono tremendi. Attori inqualificabili costretti dalla sorte a pronunciare dialoghi ben oltre la soglia del ridicolo, a fare scelte al di là di ogni logica, a morire in modi semicomici. Ti West ci ha provato, a girare il sequel, adesso se glielo nominate si nasconde dietro le piante, povera stella.

Poi però è arrivato Hostel, e la gente è andata in visibilio. Siccome il mondo non è fatto solo di cinefili dagli stomaci di ferro, il film del 2005 si è fatto una fama come film estremo. Pare scontato dire che in effetti di estremo non c'è proprio nulla, non per chi ha visto ben di peggio, ma è anche comprensibile che qualcuno di sconvolto dalla sala ci sia uscito. Il famigerato Saw era uscito l'anno prima, e lo avevano visto anche i morti, ma dal primo film ancora non si poteva capire la piega che la saga avrebbe preso, non aveva la violenza (prima o poi parleremo anche di questo) che è arrivata dopo, quindi Hostel si è preso la fama di iniziatore del torture porn e tutto il baccano che è venuto dopo. Ora, Hostel racchiude tutti gli elementi che ho elencato poco sopra, ed è di un brutto che non ci si crede. Però riesco tranquillamente ad immaginare un gruppo di amici sul divano con la birretta che si sganasciano dal ridere. E preso per quello che è, un giocattolone fracassone con un po' di sangue e un pochino di parti del corpo esposte (sia sessualmente che violentemente) fa passare un'oretta e mezza in un soffio.

Hostel 2 fa un errore che il suo predecessore non faceva: ci crede. Ci crede al punto che in un film adatto proprio per non pensare a niente e divertirsi a buon mercato ci prova a mettere la morale. Questo è inaccettabile. Lascia stare, Eli, accanna. Andava bene così. Questa volta alla consueta trama su turisti in viaggio all'estero che finiscono in mani sbagliate attacca una riflessione su come la violenza sia nascosta in persone insospettabili e sul valore del denaro. L'uomo qualunque che diventa un mostro e la ragazza giovane e innocente ma disposta a tutto. Ora, lungi da me rinnegare una buona morale ogni volta che si può, che dio solo sa in questi tempi bui quanta ce ne serve. Però ho dei limiti anche io.

I film con una morale sembrano essere piaciuti al Nostro, che qualche anno dopo se ne esce con The Green Inferno, un film su un gruppo di attivisti che parte per il Sud America per un'azione di protesta in tutela delle tribù locali. Avessero saputo prima come sarebbero finita avrebbero mandato sotto le ruspe la tribù e anche tutti i loro discendenti.
Ambiziosissimo, sto progetto. In milioni di interviste ha dichiarato il suo amore per i cannibal movies, per il cinema di genere italiano, salvo poi trattare Deodato come un menomato in questa breve intervista. Polemichella a parte, si vede che queste cose le ama davvero, ne prende a piene mani e ne cosparge il suo film, che però risulta essere comunque fiacchissimo. Si spinge un po' più in là con la violenza, ma d'altronde siamo nel 2013 e anche il grande pubblico inizia ad essere più esigente e ad aspettarsela, da Roth soprattutto. Eppure riesce ad ammazzare l'atmosfera con picchi di trash che non devo nemmeno citarvi, li avete già in mente da voi, e un film che avrebbe potuto sì portare di nuovo quella morale che conosciamo sullo schermo finisce per andarsene prestissimo nel dimenticatoio.

E allora ci riprova, a fare qualcosa che lasci il segno, con Knock Knock, home invasion del 2015. Io credo di poter dire con discreta sicurezza che il segno sia stato lasciato solo dalle due ragazze (una delle quali è l'onnipresente Lorenza Izzo, l'ex moglie del regista) nei sogni di chiunque ne fosse interessato, perché, di nuovo, il tentativo di dare profondità e messaggio alla storia finisce perso in un meandro di botte, vendetta e la consueta dose di sesso. Sono cambiati i colori, la sporcizia, gli attori, e di quelli manco tutti, ma la sostanza è quella.

Il problema di tutta la sua cinematografia è principalmente uno: la scrittura. I film hanno un ritmo sbagliato, dialoghi al limite del fantascientifico, logica ignorata e soprattutto un'enorme superficialità. Questo suo essere così approssimativo ha fatto sì che la gente con lui si incazzasse, per gli impietosi ritratti delle nazioni europee, per la descrizione dei ragazzi come di peni deambulanti senza alcuna razionalità in contrapposizione a giovani innamoratissimi, sensibili, e con velleità da scrittori e delle ragazze come di 1. promiscue seduttrici, 2. bionde dal qi 12, 3. sprovvedute incapaci di stare al mondo, degli attivisti come di sognatori senza alcun contatto con la realtà. In qualche modo è riuscito a farsi dare del fascista. Ed è ebreo. Non ne ha presa una, i suoi personaggi sono insalvabili. Non ha nemmeno provato a rappresentare un'umanità intelligente, non c'è il minimo sforzo di andare più a fondo, è come se tutto fosse solo un modo per arrivare alla mattanza. Come o con chi, poco importa.
Se si accetta questo, i suoi film sono giocattoloni divertentissimi e come tali vanno presi. Si toccano picchi di trash per i quali provo grande gratitudine.
Grazie a film nei quali gli aguzzini scivolano sul sangue e si tranciano le gambe, attacchi di diarrea sconvolgono dei prigionieri in punto di morte e si hanno attacchi di panico in seguito all'efferata rapina di un ipod, Roth non si è solo fatto un nome: ha sgomitato nell'industria fino a fare tutto.
Roth produce, scrive, anima, recita, fa le serie tv.
Ha smesso di fare orrore ed è passato ai film per bambini (non gli vengono particolarmente bene manco quelli) o i remake di quelli storici.
Non è strano che il suo nome nonostante tutto sia così rilevante. è onnipresente, ha gli amici giusti e ha dato al cinema quello che voleva al momento giusto: i tendini tranciati.
Un posticino nell'horrornomicon gli spettava, dai, non fosse altro per il fatto che alla sua grandissima faccia di tolla ci siamo affezionati tutti quanti, se non altro per il modo in cui gli si illumina tutta la faccia quando parla dei cinemacci dell'orrore che ci piacciono così tanto.
E ne parla tantissimo, History of Horror lo prova.
Quello sì che è carino.

martedì 19 novembre 2019

The Crown - Stagione 3

10:19
Se mi seguite su Twitter prima di tutto mi dispiace per voi, lì sono logorroica.
In secondo luogo, però, sapete già che The Crown non solo è uno dei miei prodotti Netflix preferiti ma anche che aspettavo questa terza stagione come si aspettava il messia.
Sì, anche solo per lei, la Regina del mio cuore, Olivia Colman.
Ho sempre tentennato di fronte a domande come 'Chi è il tuo attore preferito?', cose del genere. Olivia Colman, però, è la mia attrice preferita, oltre ogni dubbio. L'ho vista per la prima volta prendere a calci e pugni il marito in Broadchurch (guardatela che è una serie breve pazzesca) e da quel momento tra me e lei è stato amore folle. Vederla diventare sempre più popolare e presente è per me fonte di orgoglio personale, le voglio il bene sincero che si vuole a certe celebrity che non hanno paura di mostrarsi umane. (Chi se lo scorda più, il suo discorso agli Oscar?)
Ma torniamo alla serie.


Per chi fosse nuovo da queste parti: The Crown è una serie che ripercorre il regno di Elisabetta II del Regno Unito, un decennio per stagione, a partire dalla morte del padre Giorgio VI. In questa terza stagione siamo tra gli anni 60 e i 70.

Sono nella solita estasi visiva da fine di The Crown. La serie si conferma esteticamente una goduria, tra abiti, trucco, il clima e i suoi colori, la natura, i castelli. Davvero conta come un ottimo motivo per guardarla, è curatissima ed eccezionalmente bella da guardare.
Dal punto di vista narrativo siamo di fronte a dieci puntate autoconclusive, ognuna delle quali racconta episodi specifici della storia della Gran Bretagna oppure si sofferma su un personaggio nel dettaglio. Spesso l'episodio si conclude con le classiche righe di spiegazione da film tratto da una storia vera, che non solo non danno fastidio ma danno anzi un senso di chiusura per quanto possibile, proprio perché, essendo gli episodi in linea di massima slegati tra di loro, si parla di certi fatti storici in un occasione e poi basta, e così si dà loro una giusta conclusione.

Poco importa che dei Windsor interessi o meno: la serie sarebbe magnifica anche se si trattasse di una serie di finzione. Ha una tale profondità nel mostrare (non raccontare, mostrare proprio) le persone e i loro rapporti che ha bisogno di poche parole. Ci sono tanti primi piani messi in mano ad attori (tutti quanti) che sono in grado di comunicare ogni cosa senza parlare, e la serie ne guadagna in eleganza.
Non di solo Colman è fatto il cast: se lei è la più brava di tutte (non dico nella serie, dico nel mondo) è vero anche che è stato fatto un lavoro di casting riuscitissimo. Ad eccezione della Bonham Carter, mi dispiace. Non me ne faccio una ragione che Margaret sia lei, non ha alcun senso, non la mando giù. A me la BC non piace proprio, la trovo sempre uguale a se stessa e che un personaggio tormentato come la sorella della regina sia uguale a Bellatrix Lestrange scusatemi ma non riesco a tollerarlo. A rubarci il fiato, però, è Derek Jacobi, nei panni del malato zio abdicatore, il Duca di Windsor. C'è una scena di un dialogo tra lui ed Elisabetta che è incredibile, lo zio è gravemente malato e Jacobi è di un bravo che non ci si crede.

In questa stagione troviamo anche un Filippo mai così umano e apprezzabile, proprio lui che nelle scorse stagioni si era fatto così detestare. A volte è difficile tenere a mente che quel personaggio lì è il memabilissimo duca di Edimburgo che conosciamo nella vita reale, perché questo Filippo, pur mantenendosi se stesso, è diventato più profondo, meno ossessionato dal suo ruolo di eterno secondo e più presente nella vita della moglie. Mi sono piaciuti tanto personaggio e interprete. Abbiamo anche il faro puntato su Charles, sulla sua vita e il suo ruolo che pian piano inizia a definirsi e acquisire importanza nella famiglia reale, non tanto per i suoi meriti personali, che come di consueto tra i Windsor non hanno alcuna importanza, anzi, ma solo per la figura che rappresenta. Charles è inquieto, frustrato, innamorato. Lui e soprattutto la sorella Anne portano una ventata di freschezza a questa stagione, la voglia di essere e fare niente di più di quello che ci si aspetta da due ragazzi della loro età.
Ma soprattutto, come sempre, il faro è puntato su di lei, Elisabetta, che in questa stagione si lascia andare a qualche momento di emotività in più, pur faticando a tirarli fuori. Si emoziona, piange, si lascia andare a dichiarazioni di affetto più ardite rispetto a quelle a cui ci aveva abituati. E poi ha la faccia della Colman, e prometto di non continuare a fare la fangirl, ma quella lì ha una faccia a cui basta un quarto di movimento per dire tutto, e quando si interpreta un personaggio che non può dire tutto quello che vorrebbe in ogni momento beh, è la scelta migliore che si potesse fare.

E adesso siamo qua, orfani dei Windsor, dei loro casini, dei loro sotterfugi, dei complotti politici e degli sguardi silenziosi. E prima di averne ancora dovremo aspettare che la piattaforma sforni altre 3 stagioni di roba come Tredici prima di avere la nostra meritatissima quarta stagione.
Mettiamoci comodi, sarà un'attesa lunga.


venerdì 15 novembre 2019

Ho scritto un altro libro!

11:31
Ciao!
Mi chiamo Marika, ho 29 anni, faccio il pane per un noto discount e nel tempo libero scrivo libri per bambini.
Poi nel resto del tempo ho un blog in cui parlo di squartamenti e possessioni demoniache, ma giuro, se pure immagino che per qualcuno questa possa essere una delusione, che nessuno dei due finisce nei libri per bambini.
Insomma, due anni fa usciva su Amazon Per l'amor di Asgard, la mia prima storia.
Oggi è uscita Filibustieri!, quella nuova.


Faccio fatica a spiegare i motivi per cui anche questa volta mi sono rifugiata nel ''porto sicuro'' che è Amazon. Non è certo il luogo migliore per le storie per ragazzi, e la volta scorsa ho fatto fatica anche solo a spiegare alle persone della vita reale come accedere alla storia di Andrea, il mio primo protagonista. Eppure, da ingenuotta quale sono, mi piace pensare che se davvero dovesse saltar fuori che questa cosa qua la so fare bene, le mie storie troveranno il modo di farsi notare. Non fingerò nemmeno di snobbarla l'editoria tradizionale, anzi. Per ora affido i miei libri al web, che è il luogo dove passo più tempo, e poi chi vivrà vedrà. Qua mi ci sento bene.

La storia di questa volta è quella di Cesare e Margherita, due gemelli che vogliono scrivere un fumetto sui pirati. Non hanno ispirazione e nessun timore di venire colti da imprevisti. Quelli, però, gli imprevisti, vengono soprattutto quando non li si aspetta. Se va bene si risolvono alla svelta, se le cose vanno per le lunghe, beh...nuova ispirazione per i fumetti.

Si tratta di una storia breve, che spero vi faccia compagnia in un pomeriggio di pioggia, con un bambino o una bambina sul divano insieme a voi. A patto che non soffriate il mal di mare, però.
La novità di questo libro è che ha una sua playlist su spotify, da ascoltare mentre vi immaginate al timone della Lady Vendetta pronti a solcare i mari...
La trovate qui.

Se siete genitori, nonni, zii, cugini o maestri, e vorrete farmi l'immenso dono di regalare la mia nuova storia ad un bambino vicino a voi, lo trovate qui.







sabato 2 novembre 2019

Due parole su Doctor Sleep

11:43
Adattamento da Stephen King, seguito del romanzo di Shining, Mike Flanagan, Ewan McGregor.
Vorrei dire che partivo neutra nei confronti di questo film, ma sarebbe una colossale bugia. 
Volevo fortissimamente che mi piacesse, se fosse stato un fallimento avrei sofferto come per un tradimento, non ero pronta a vedere Flanagan inciampare su una cosa così ambiziosa.
Il trailer però non mi era piaciuto e sono arrivata in sala con il rosario in mano, pregando ogni divinità che andasse tutto bene.
E la colpa, alla fine, è solo mia, che non ci ho creduto. Perché Flanagan è un regista di classe, elegante e dolce e ambizioso senza tirarsela e mi ha rimessa a tacere.
Doctor Sleep è proprio bello, mannaggia a lui.


Danny Torrance è ormai un uomo adulto, che deve convivere con le conseguenze della sua esperienza all'Overlook. Beve, è solo, tira avanti alla giornata. Nel mondo, però, sta accadendo qualcosa e lui non può limitarsi a guardare.

Quanto poteva essere pericoloso portare in sala un seguito di Shining?
Io non posso nemmeno immaginare la pressione. A questo punto Flanagan aveva due possibilità: allontanarsi del tutto dall'estetica del film, ché tanto nel romanzo l'Overlook non c'era più, oppure sistemare qualcosina nella trama per trovare il modo di omaggiare quella cosa immensa uscita dalle mani di Kubrick.
Ha scelto la seconda, e questo può piacere oppure no. Nel trailer a me non era piaciuto, se devo essere sincera. Invece nel film, in cui si arriva all'Overlook solo dopo uno splendido percorso prima, è stato assolutamente perfetto e in fondo non poteva che essere così. 
Se Shining è una storia di dipendenza, Doctor Sleep è una di disintossicazione, un viaggio verso la pulizia interiore, una battaglia per diventare migliori. Non lo fa solo con il personaggio di Dan, uno stupendo McGregor che è sempre più bello e sempre più bravo ogni film che passa, ma soprattutto attraverso il personaggio di Abra. Abra che è giovanissima (e brava!) e deve convivere con qualcosa che la rende potentissima e fragilissima insieme. Il loro viaggio è fatto di paura e pericolo, ed è insieme che riescono ad arrivare dove devono. 

Io lo capisco che si possa gridare al fan service. Fermo restando che io per principio non ci trovo nulla di sbagliato in senso assoluto, quello che fa Flanagan è molto di più che tornare nel nostro albergo preferito. Prima si fa un viaggio fuori dall'hotel, si combattono i cattivi in ogni modo possibile, e poi, quando si capisce che ci vogliono le maniere pesanti si usano le più pesanti di tutti. e vi viene in mente una maniera più pesante dell'Overlook Hotel in un film il cui il protagonista sia Dan Torrance fatemi sapere. Si torna all'Overlook e lì ci sono le persone che nell'hotel c'erano un tempo, in alcune delle più esemplari scelte di casting dei tempi recenti. In certi momenti sarà quasi impossibile distinguere Alex Essoe da Shelley Duvall, anche solo per il gran lavoro sui movimenti che la Essoe deve aver fatto. 
Quindi insomma, si decide che in quel posto là ci si torna. A quel punto non si poteva farlo in altra maniera, lo capirete bene. Non potevamo mica dare all'hotel un aspetto diverso, era roba da rivolta popolare. Quindi ecco lo sconfinato omaggio al più grande film di sempre. Sì, sono chiaramente di parte, l'avete visto l'header di questo blog? Si respira un tale amore per quello che è stato che come si fa a prendersela col fan service? Mica era solo per noi, era pure per Flanagan stesso. Quel ragazzone qui ha un amore per quello che fa e per chi glielo ha insegnato che il suo film è diventato un'ode. E chi le scrive, le odi? I poeti, e questo è quello che Flanagan, film dopo film, sta dimostrando di essere. Ha una sensibilità senza pari, una raffinatezza nella narrazione che strappa i cuori e soprattutto, la cosa che a me fa uscire di testa più di ogni altra, uno straordinario gusto estetico, che fa sì che ogni cosa che tocca diventi un'opera d'arte. Doctor Sleep, come tutto il resto prima di lui in un magnifico crescendo di bellezza, è bel lis si mo. Ogni fotogramma, ogni colore, ogni inquadratura, sono indicativi di un gusto che oggi, per me, nessuno ha quanto lui. 
Per favore, non fatevi limitare dalle stupide etichette di genere. Prometto che se anche i film horror non vi piacciono vi piaceranno i suoi. 

Parental Advisory: nelle prime scene c'è l'attrice che fa la piccola Nellie in Hill House. Vi ho avvisato, ho quasi urlato in sala quando l'ho vista, patatina del mio cuore.
E poi c'è Hugo. piazzato lì a tradimento. Io ve l'ho detto.


mercoledì 30 ottobre 2019

Horrornomicon: Smells like the Nineties

14:24
Il 1990 è l'anno che ha visto nascere la sinceramente vostra. In un eccesso di egomania che non credevo mi appartenesse ho deciso quindi di dedicare l'horrornomicon del mese del mio compleanno al decennio più temuto da tutti gli amanti del genere del mondo: gli odiatissimi anni '90.

diapositiva di miniredrumia all'epoca in cui uscivano gli horror brutti

Per appagare il mio senso di ordine ho deciso che questo post sarà diviso in categorie, quelle nelle quali potremmo racchiudere i film del decennio maledetto.



I CULT GENERAZIONALI

Che non può piovere per sempre se lo sono scritti sul diario tutti i millennials con la smemo, e secondo me se guardiamo nei diari dei giovani dark e delle ragazze di tumblr di oggi ancora lo troviamo, da qualche parte. Ora, io Il Corvo non lo rivedo da anni, e potrebbe anche essere invecchiato malissimo, ma l'aura mitologica che circonda lui e il suo protagonista sono passati alla storia e non sarà certo un'eventuale rivalutazione postuma ad eliminarla. Viviamo felici nel ricordo di quanto lo abbiamo amato, e sarà per sempre un bellissimo film. Insieme a lui, ci sono tanti altri che possiamo includere in un post sull'orrore che hanno segnato anche quelli che l'orrore di solito lo scansano.
Parlo di It? Parlo di It. 
Io non voglio fare paragoni impietosi con quello che ha fatto Muschietti nel 2017 prima e nel 2019 poi, e di certo non possiamo negare che Tim Curry ha traumatizzato una quantità infinita di bambini che si sono trovati a guardarlo nei panni di Pennywise. Quando ero piccola io guardare It era come giocare a "Ce l'hai". Lo guardavi, ti spaventavi, dovevi obbligare qualcun altro a guardarlo, che si spaventava, lo passava a qualcun altro, e così via. Non c'era immunità, però, da quel gioco qui. Il film lo si guardava tutti quanti, e si aveva tutti quanti paura. Poco importa in realtà che sia proprio una robetta mediocre, non ce lo dimentichiamo perché ha fatto paura a tutti, e ha segnato una generazione, e tanto basta, in realtà. Se poi vogliamo un bell'adattamento di quel tesoro inestimabile che è il romanzo allora c'è Andy Muschietti.
Insieme a loro Il sesto senso, Intervista col vampiro, Dracula di Bram Stoker,, Il silenzio degli innocenti, The Blair Witch Project...Sono film dal valore variabile, ma che è indubbio siano stati rappresentativi di una decade. Il film di Shyamalan lo voglio rivedere, perché non ne ho un bel ricordo e mi sento quella scema che in una conversazione non capisce perché tutti ridano. Dei vampiri di Coppola e Neil Jordan abbiamo già parlato, sono iconici per aspetto e magnificenza. Io li amo entrambi, proprio del bene sincero che si vuole a volte ai film e che va oltre il valore oggettivo.
Il BWP è un fenomeno incredibile. Lo posso dire che a me pare il Saw degli anni '90? Buona idea, fenomeno di culto, amato alla follia, straordinario lavoro di marketing. L'alone di mistero che lo circondava lo ha reso enormemente più noto di quanto meritasse per valore oggettivo, anche se a me piace, però  Solo che negli anni '90 ci si accontentava di meno, un fenomeno durava molto di più, tanto è vero che la strega di Blair ha avuto solo due sequel di cui uno a distanza di parecchio, è del 2016 e io non l'ho visto.
Oggi abbiamo bisogno di più stimoli continui, ci dimentichiamo le cose che vediamo alla svelta, per cui arriveremo a Saw 15 e non ci ricorderemo nulla di quello che è successo nei 14 precedenti. Uso la prima persona plurale ma io con la saga dell'Enigmista mi sono fermata al 2. Prima o poi mi metto in pari.
O forse no, e andrà bene così.

I CULT DI NICCHIA

A volte sembra che mi impegni per tirarmela, ma portate pazienza, perché questo è materiale santo.
Gli anni '90, così maltrattati, così odiati, sono quelli che hanno visto nascere Scream. 
E io qua potrei essere in errore, perché non sembrerebbe di nicchia, il film del Nostro Signore e Salvatore Wes Craven. Eppure, io che degli anni '90 sono figlia e quindi queste cose le ho viste dopo, lo vedo che Scream oggi è ricordato male. I sequel e soprattutto le stramaledette parodie gli hanno fatto un pochino di ombra, e se tutti oggi si ricordano di quel Bellaaaaaaaaaa, se lo ricordano davvero, che bomba è la sequenza iniziale di Scream?
Non fa niente, ragazzi, non sono arrabbiata con voi. Siamo alle porte del Natale della Redrumia, Halloween: guardate Scream e fate un favore a me e anche a voi.
Craven, però, gli anni '90 li ha battezzati con La casa nera, che è un film bellissimo e di cui si parla sempre troppo poco al di fuori del mondo del cineblogging. Parla di disparità sociale con la cruda onestà di chi la deve avere conosciuta, e lo fa con un film che non molla un attimo, che parla di follia e crudeltà senza avere paura di niente e che è bello e basta. A volte ci si perde nel cercare i grandi significati reconditi delle cose, il che è sacrosanto, ma ci si dimentica che i film devono anche essere belli. La casa nera è un bel film, con temi importanti che non dimentica di essere di intrattenimento. Che bene gli si vuole, a quel Fool, lì.
Non metterei nei cult popolari nemmeno Allucinazione perversa, il trip micidiale di Adrian Lyne, che nel sottosuolo ha una sua fanbase e che a me piace sempre tanto.
Insieme a lui una delle mie cose preferite al mondo: Dellamorte Dellamore, che potrebbe o non potrebbe essere il film che mi ha fatto venir voglia di parlare di anni 90. Un titolo strepitoso, un film indimenticabile, un fumettone dolceamaro a cui ripenso sempre con affetto sconfinato. Se vi dimenticate di Gnaghi non possiamo essere amici.
Non metterei tra i popolari nemmeno Il seme della follia. Uscisse oggi sarebbe uno di quei film che la gente googla dopo averlo finito, tipo "il seme della follia finale" oppure "spiegazione il seme della follia". Ma che gliene frega a John Carpenter di spiegare a noi, lui dichiara e noi sudditi diciamo di sì e chiediamo anche scusa se non lo diciamo bene. Non potrei mai dire quale sia il superiore tra questo e La cosa, e forse nemmeno serve, perché il Maestro è tale punto e basta, e in una decade in cui le cose straordinarie si contano col contagocce, Il seme della follia sta in cima, salutando tutti dall'alto con anche un pochino di supponenza.
Parentesi sull'amore della mia vita: Guillermo del Toro negli anni 90 ha fatto, insieme a Mimic che è l'unico suo film che non ho mai visto, quella gemma rara di Cronos, un film sui vampiri che è delicatissimo e che rispecchia tutta quella che sarà la poetica dell'uomo che amo e la sua estetica. Da guardare e amare per piangere un po'.

BRILLANTI TEENAGERS

Questa è sempre la mia categoria preferita. Non posso farci niente, mi divertono da matti anche quando sono orrendi.
Non credo ci sia niente di più anni '90 di The Faculty. C'è Josh Hartnett, non riesco ad argomentare meglio di così. Ah, sì, 'spè. Anche Elijah Wood. E poi c'è una forma aliena che prende possesso dei professori di un liceo, io più di così non so cosa dirvi per farvelo guardare.
Ah, sì, una cosa c'è: dirige Robert Rodriguez.
Ma è in generale tutta la categoria che ci mostra nomi che poi diventeranno il simbolo del loro tempo. So cosa hai fatto, per esempio, un adorabile slasher con Jennifer Love Hewitt e Sarah Michelle Gellar (ve lo avevo detto), che a me fa una simpatia rara, oppure Urban Legend, con Jared Leto, Pacey di Dawson's Creek, che non ha un nome proprio ma conserva quello del suo personaggio per indicare quanto sia rappresentativo degli anni '90, e Michael Rosenbaum. Io mentre guardavo Urban Legend ero consapevole di stare guardando qualcosa di brutto. Mi sono comunque divertita? Sì, non faccio nemmeno finta di pensarci. Se non lo avete mai visto è adeguato per Halloween: si scommette su quali saranno le leggende urbane tirate in ballo e si beve. Ammetterò con umiltà che io sarei stata ubriaca persa a metà visione.
Infine, un film che avrebbe dovuto essere in ogni categoria di quelle finora elencate: Giovani Streghe. Io l'ho visto tardi, perché è uscito quando io facevo la prima elementare, ma se io avessi visto questo film al liceo sarei impazzita. Non che non mi sia piaciuto, anzi, ma posso solo immaginare a quale livello di ossessione sarebbe arrivata la Mari teenager. Che bello, Giovani Streghe.

LE COMMEDIACCE

Ah, questi sono i film da mettere ""per sbaglio"" a Natale alla tavolata con i parenti. Quelli che fanno indignare le vecchie zie e divertono il cuginetto.
Peter Jackson è un fuori di melone ed è buona cosa che noi non ce lo si dimentichi mai. Ah, strepitoso eh quello che ha fatto con Il signore degli anelli, proprio niente da dire davvero. Ma dalla fine degli anni 80 fino, appunto, alla Compagnia dell'anello, si è sfogato. Ha dato il meglio di sè. Nello specifico, Bad Taste è dell'87 quindi sto giro lo saltiamo, ma Splatters - Gli schizzacervelli è del 92 e io non riesco a capire come possiate non volerlo vedere già dal titolo. Poi nel 96 ha fatto un'adorabile commedia sui fantasmi che non è bella marcia come piace a noi ma senz'altro divertente, Sospesi nel tempo. E poi c'è Michael J. Fox.
Certo, è degli anni 90 anche la regina di tutte le horror comedy: L'armata delle tenebre. Devo ammettere con la morte nel cuore che non è la mia preferita ma l'iconicità di Ash Williams che viaggia nel tempo è passata alla storia (ahah) e non sarò certo io a lamentarmene.

TIM BURTON

Questo blog è nato nel 2012, ed è iniziato con una serie di post dedicati a quel signore qui, che all'epoca amavo come fosse un padre. Nel tempo i miei gusti sono talmente cambiati che il Tim Burton Special non è mai stato finito (come praticamente tutte le rubriche di questo blog, ehm) e io e lui ci siamo allontanati tantissimo. Sono stati gli anni 90, però, a darmi quei film che me lo avevano fatto amare tanto, partendo proprio nel 1990 con Edward mani di forbice. Mars Attacks!, Ed Wood, Sleepy Hollow, sono di quella decade qua, e anche se oggi io e Burton non siamo più vicini come un tempo, mi piace ricordare che belle cose ha fatto e quanto me lo sia sentito vicino.


Un horrornomicon un po' diverso, questo mese. Nessuna notizia seria ma solo una raccolta di cose belle da vedere, giusto in tempo per la serata di domani.
Buon Halloween a tutti!



lunedì 14 ottobre 2019

Vengo in pace: un post su Joker

09:48
Il domestico cineforum che si svolge sulla mia Yarisina dopo la visione di un film di solito dura il tempo di tornare a casa dal cinema, 30 minuti di discussione se non mi addormento prima e passa la paura.
Di Joker io e Erre abbiamo discusso per tutto il viaggio di rientro, prima di andare a dormire e per le due ore di strada che, il giorno dopo, ci hanno portato verso la meta della nostra gita domenicale.
E secondo me ancora non abbiamo finito.
Oggi, quindi, provo a mettere giù i miei confusi pensieri a riguardo.


DISCLAIMER: RECENSIONE SENZA SCORSESE MA CON SPOILER.

Prima che arrivino i sostenitori armati: in linea di massima il film mi è abbastanza piaciuto ma ho alcune perplessità.

Io arrivavo in sala avendo amato tantissimo il trailer. Le scritte giganti mi fanno questo effetto, sono una ragazza semplisce. A fine film mi sono resa conto che il trailer aveva già detto tutto quello che il film aveva da dire: che ci sarebbe stata una palette strepitosa, che Phoenix sarebbe stato il grandissimo attore che però sapevamo già essere, che Phillips voleva tantissimo che le immagini del suo film ci piacessero. E allora via di lunghi silenzi e immagini bellissime pronte per diventare la copertina su facebook dell'utente medio, primissimi piani di un protagonista al quale è stata data la dura missione di tenere in piedi qualcosa di molto fragile, una ricercata iconicità che ha ben poco di spontaneo.
Mi ha dato l'impressione di essere un film che voleva tantissimo piacere e ci ha provato un pochino troppo forte. 

Il mio primo dubbio arriva prima ancora della visione. 
Dunque, Batman Begins, il primo della trilogia di Nolan, è del 2005. Prima di allora i film sui supereroi erano roba da non considerarsi Vero Cinema Importantissimo. Arriva lui, fa i film cupi e seri e bellissimi e i suoi Batman diventano i film di supereroi che la critica può amare senza avere vergogna. Poi però è arrivato l'MCU, tre anni dopo, e i cinecomic, che pur esistono da molto prima, esplodono e diventano un fenomeno gigantesco, smuovono le masse e fanno i fantastiliardi. Non li possiamo più guardare con snobismo.
Penso, con queste premesse, che il cinecomic con pretese autoriali oggi abbia meno senso, ammesso che l'operazione Nolan ne avesse (ricordatevi che a me Nolan piace, mettete giù quelle torce, lì). L'ho trovata fuori tempo. Qualcuno potrebbe parlare di Logan, che ha un tono diverso dai suoi predecessori, ma io non lo farò perché non sono abbastanza ferrata sul tema cinecomics da perdermi in digressioni troppo profonde. Mi è solo sembrato che fosse più coerente con quello che è venuto prima e comunque collegato al suo mondo, mentre Joker spunta dal nulla ed è un fenomeno a sé, non legato a saghe pre esistenti.

Il film di Phillips si prende la responsabilità di parlare di cose grandi, e quando lo fai hai in mano una fragilità che rende tutto il lavoro più difficile. La mia conclusione è che devi essere molto più bravo di lui per farlo. Arthur Fleck come personaggio dei fumetti nasce (leggo su wiki, ché io vi ricordo non so quasi nulla sui fumetti di supereroi) nel 1940, ed è un matto incontrollato, sadico, psicopatico. Mi sta bene che nel 1940 si parli in questi termini della disabilità mentale, in un medium che non vuole certo essere scientifico. Finora anche il cinema ci aveva mostrato questo, un fuori di melone con un fascino tale da circondarsi di mistero e curiosità, inesplorato, furbo, disturbatissimo. Nel 2019 mi aspetto altro. Mi spiego: il politically correct è un concetto che sposo (ne riparleremo, magari) ma non è il metro che uso per giudicare le cose che leggo o guardo. Non sono io, quindi, che cerco questo nel film di Phillips ma è lui che pone le basi perché io me lo aspetti. Se mi fai una origin story e la fai così concentrata su quanto il personaggio del Joker sia nato per colpa di una società incapace di gestire lui e i suoi problemi, i quali ci sono anche a causa delle persone orrende, lo devi fare più a fondo di così, il tempo lo hai avuto. Invece di bruciare secondi con Arthur che guarda fuori dal finestrino dell'auto della polizia e sorride, approfondisci la questione della sua malattia, ché tanto lo sappiamo già quanto è bravo Phoenix, non continuare a buttarmelo in faccia, lo vedo. Non lasciare tutto il lavoro sporco sulla faccia e il corpo del tuo protagonista, troppo facile così. Wikipedia dice che esiste davvero qualcosa del genere, parliamone. Approfondiamo, facciamo conoscere. Non mi basta un bigliettino passato sul bus con scritto il problema. 
Parlare con questi toni di quello che poi a tutti gli effetti si rivela un criminale efferato non aiuta la causa. Cosa facciamo, ora, con questo Joker? Gli è stata data un'umanità che finora non aveva avuto, e questo non può essere un male, però non possiamo arrivare alla legittimazione dei gesti. Joker è una vittima e questa empatia che inevitabilmente crea (sempre perché Phoenix è tanto bello e tanto bravo, se lo leggo ancora una volta mi cavo gli occhi) distoglie l'attenzione dal caos totale che nel frattempo a Gotham si è generato. Joker è un cattivo, e pur essendo vero che il mondo ha mille sfumature e le persone non sono solo buone o cattive non possiamo e non dobbiamo dimenticare che Arthur non può e non deve essere idolatrato. Non possiamo farne solo una vittima.
Allora non mi bastano gli accenni (anche qui, sempre e solo grandi temi accennati e buttati lì, nessun approfondimento) a Bruce Wayne e a quello che diventerà, mi devi dare di più, e invece sto film si perde talmente tanto nel suo essere bello da dimenticarsi che, spesso, è vuoto. Io peraltro non li ho apprezzati, sti rimandi a Batman, li ho trovati solo buttare altra, l'ennesima, carne al fuoco che non aggiunge e non toglie niente al film. Lo sapevamo già chi sarebbe diventato Arthur Fleck, lo avete messo nel titolo, non mi serviva un ulteriore strizzatina d'occhio. 

Credo che a questo punto sia una semplice questione di gusti: si può amare il Joker misterioso e imprevedibile, di cui non si sa nulla, che resta uno dei villain più affascinanti del mondo oppure preferire l'Arthur umano, creato da un mondo vigliacco e crudele. 
Credo, nonostante le mille paranoie uscite in questo post, di preferire il secondo.
Avrei solo voluto non lo raccontasse Todd Phillips.


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