lunedì 3 ottobre 2016

Non solo horror: Una tomba per le lucciole

Oggi sono incazzata. Di quell'incazzatura che ti prende quando ti svegli alle 6 e alle 6 e 10 già vorresti finire in galera per omicidio. Quantomeno in galera non devi avere a che fare con chi ti fa girare così tanto i cosiddetti.
Così, qualcosa mi suggerisce che una giornata di merda ce l'abbiate avuta grossomodo tutti, quindi capirete lo stato d'animo che mi ha portata a sedermi sul divano, coperta con un plaid, tisana ai frutti rossi piena di miele (perché, come se i nervi scoperti non fossero sufficienti, ho pure il raffreddore da quelli che sembrano venticinque anni), gatti di fianco, e film di quelli capaci di farti piangere anche le lacrime che non hai.
E quando sto così solo il Ghibli mi può salvare.


Il film si apre con un giovane, Seita, che parla del giorno della sua morte. Dalla scena seguente ripercorriamo la sua vita, quella di un giovane orfano che deve occuparsi della sorellina Setsuko durante la Seconda Guerra Mondiale.

Io i film sulla Seconda Guerra Mondiale li odio, in linea di massima. Trovo sia impossibile fare qualcosa sul tema e che non sia un polpettone melò di quelli che non avendo altro puntano sulla disperazione. Sì, odio anche Schindler's list e La vita è bella. Mi urtano e basta.


Poi, però, è successo lo Studio Ghibli.
Come una specie di Attila al contrario, anziché distruggere al proprio passaggio, i film Ghibli hanno il potere quasi surreale di creare. Luce, emozione, parole. Il Ghibli stimola la creatività di chi si lascia trasportare dalla magia, e questo sempre, in ogni film, anche in quelli meno riusciti come Marnie. 
(Che poi, sia chiaro, con loro quando parlo di 'meno riusciti' intendo che sono comunque film incantevoli, qui si passa da 'capolavoro' a 'comunque film molto bello')
Per quanto nessuno dei film sia una semplice poesiola colorata per bambini, Una tomba per le lucciole riesce nell'impossibile. Far crollare me, detestatrice di film sulla guerra, in una pozza di disperazione come poche altre volte mi era successo. Ho pianto per ogni genere di film, nella mia vita, Interstellar mi aveva ridotto ad un pozzo singhiozzante. A volte ho frignato ascoltando Unconditionally di Katy Perry, e la canzone nemmeno mi piace. Qui, dove mi aspettavo di cadere in pianti a dirotto, non sono riuscita a versare nemmeno una lacrima.
Ho guardato il deperire di due esistenze, e non sono riuscita a piangere. La loro morte ci era chiara dal primo fotogramma, non è stato un subdolo colpo di scena. Eppure li abbiamo visti vivere, li abbiamo visti combattere per sopravvivere. E quanto questo sia stato difficile ci è mostrato senza alcuna censura: morti, botte, bombe, umana crudeltà. Non siamo certo di fronte ad un altro Totoro. Sapevo che mi avrebbe distrutta, e ci ho provato a non affezionarmi, a non empatizzare, perché ero stata avvertita. Ad un certo punto, però, Setsuko si toglie il cappuccio che la mamma le metteva, e svela una testa circondata da un caschetto nero come la pece, tagliato corto, con la frangetta densa. Che ci crediate o no, il taglio di capelli storico della Mari bambina.


In questo quadro di disperazione (che però non cade mai nel 'State piangendo, pubblico? Non ci siamo riusciti? Rincariamo la dose'), la guerra sta sullo sfondo. Presente, ogni tanto rimbalzata all'attenzione di chi guarda con un suono o un accenno, tanto per ricordarci perché siamo qui, in una grotta. Ma non è la protagonista, è solo la scusa per prendere i nostri cuori e farne qualcosa di diverso da quello che erano solo un'ora e mezza prima. Il mio, al momento, sta in un angolo, a leccarsi ferite autoinferte. Ha appena visto un film in cui apparentemente niente accade, ma in cui accade tutto.


Le immagini, cosa ve lo dico a fare, sono poesia. Non mi capaciterò mai di come possiate preferire l'animazione occidentale ad una cosa del genere. E la musica, con la solita dolcezza infinita, sembra non capire che stiamo vivendo il più grande dei dolori, e ci accompagna verso il lutto con una tenerezza che non fa altro che infliggerci sofferenza in più.


Sì, fiera delle banalità: la morte dei bambini è qualcosa a cui si fatica a credere, qualcosa che per nostra stessa natura non possiamo accettare. Il Ghibli ce la serve su un piatto dorato, facendoci ancora più male. E sì, sto continuando a premere sul pedale della sofferenza, perché oggi il Cinema mi ha ferito ancora una volta. Continuo a perdonarlo, come un'amante tradita che torna dal fedifrago. Fino a che esisteranno film del genere, io sarò qua a parlarne.

7 commenti:

  1. Non ho ancora trovato il "coraggio" di guardarlo, perché sospetto che devasterà anche me a livello emotivo. Ma arriverà il momento giusto anche per questo... con lo Studio Ghibli, hai ragione, non si sbaglia mai! :)

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    1. Anche io ho aspettato il momento giusto a lungo, poi ho dovuto cedere perché la curiosità mi stava massacrando!

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  2. A parte l'incazzatura, ogni tanto però fa anche bene, io adoro lo studio Ghibli e i suoi memorabili film, ne devo ancora recuperare tanti, soprattutto i più recenti, compreso questo ma so già che mi piacerà e che probabilmente mi lascerà angosciato ma estasiato come sempre accade con questi capolavori ;)

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    1. Anche a me mancano giusto gli ultimi. E Il castello di Cagliostro, ma solo per antipatia verso Lupin!:)
      Garantisco che ti lascerà proprio così.

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  3. Forse perchè l'ho visto a scatola chiusa senza sapere a cosa andavo incontro, forse perchè preferisco quando lo studio Ghibli ha a che fare la magia e la fantasia, ma l'ho sofferto parecchio.
    Ne hai scritto così bene però che mi vien voglia di rivalutarlo, il rivederlo, invece, è un'altra storia...

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    1. Grazie, Lisa! Onestamente è stata una sofferenza anche per me, ma in un senso buono:)

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  4. Forse perchè l'ho visto a scatola chiusa senza sapere a cosa andavo incontro, forse perchè preferisco quando lo studio Ghibli ha a che fare la magia e la fantasia, ma l'ho sofferto parecchio.
    Ne hai scritto così bene però che mi vien voglia di rivalutarlo, il rivederlo, invece, è un'altra storia...

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