Negli scorsi due anni ogni volta in cui su questo blog è comparso un post di bilanci si è aperto con qualcosa che somigliava a "ha fatto tutto schifo ma ho visto film carini". Non solo: spesso e volentieri mi sono accorta che sia nelle storie su instagram che nelle live su twitch ho fatto riferimento a eventi spiacevoli che mi hanno impedito di proseguire nella mia creazione di contenuti con la costanza che ambisco ad avere, senza mai spiegarne le ragioni. Ho saltato live all'ultimo secondo, le ho interrotte in corso d'opera, a volte le ho fatte comunque ma con la testa sulle nuvole. Forse riuscire finalmente a scrivere che cosa mi sta succedendo mi può aiutare a mettere in ordine i pensieri. Non c'è veramente bisogno di farlo, è solo voglia. In questo posto di web in cui mi sento a casa vorrei raccontare quanto a volte anche solo restare in vita è difficile. Sono arrivata fino a qui, e arriverò anche oltre, come fanno tutte le persone che non hanno scelta. Quest'anno, quindi, niente post dei preferiti. Li sto facendo su Twitch e se vi va li trovate sul canale Youtube. Qui sarà più un bilancio delle cose meno preferite.
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lucine speranzose o un vago riferimento al finale di The Invitation? |
L'otto marzo 2023 ho scoperto di essere incinta. Era una gravidanza desiderata, e per me scoprirlo proprio nella giornata internazionale della donna era stato un evento ancora più significativo. Ho perso il primo bambino venti giorno dopo. Perdere una gravidanza in modo naturale, senza intervento medico, è stata l'esperienza più fisicamente dolorosa della mia vita, a cui penso con angoscia. Da allora a oggi ho avuto altri due aborti spontanei, per entrambi i quali ho avuto bisogno di trattamenti medici. Oggi questo fa molto pensare: se fossi nata in qualche parte degli Stati Uniti questi ultimi due aborti mi avrebbero portato a problemi gravissimi, se non addirittura alla morte. Io ero già l'ombra di me stessa, parte convenzionalissima di una società e di una famiglia in cui sono al sicuro e considerata accettabile, ma sarei morta comunque per tutti coloro che non credono che l'accesso all'aborto sia prima di tutto una questione di salute, e solo dopo un diritto fondamentale. In Italia per poter accedere agli ambulatori per la poliabortività attraverso il Sistema Sanitario Nazionale servono almeno tre aborti. Se ne perdi uno "solo", o due, questo non è sufficiente a garantirti un accesso a misure di controllo e verifica. Devi sottoporti alla brutalità di vederti sottratto per l'ennesima volta un sogno, chiedere al tuo corpo di subire cambiamenti violenti e dolorosi, alla tua mente di sopravvivere, ancora una volta. Sono sopravvissuta, sì, e il mio percorso non è certo finito qui. In più, è un argomento per cui non ho le parole: non c'è niente da dire. Soffro, e basta. Avessi il linguaggio appropriato per parlarne lo farei, parlerei con le amiche, mi confronterei con chi ha vissuto le stesse cose, ma non ce l'ho. Per questo ogni coppia che ha problemi di poliabortività e infertilità è sola anche se non lo è: non c'è niente che sollevi il peso, neppure le più straordinarie delle amicizie. Ci siamo io e mio marito, contro un mostro gigante che non sappiamo se andrà mai via o se diventerà il nostro Babadook. E mio marito, è un gigante, più gigante di ogni Babadook possibile. Gli devo la vita.
Ad agosto 2023 le condizioni di salute di mio padre si sono aggravate. Dopo un breve ricovero ci hanno comunicato che avrebbe avuto ancora qualche mese, e non si sono sbagliati: è morto a gennaio. Ho trascorso quattro giorni con lui in hospice, giorni a cui ripenso come se li avessi trascorsi in un'altra dimensione, e l'ho salutato un sabato pomeriggio. È passato quasi un anno, e non sono sicura di avere fatto passi avanti nella gestione di questa mancanza: non ne ho avuto il tempo. Subito dopo la sua morte, infatti, un altro membro della mia famiglia più immediata si è ammalato. Non specificherò la parentela che mi lega a questa persona, per non parlare di fatti altrui online, ma è una persona a me molto vicina. La morte di mio papà ha causato un gravissimo esacerbare di sintomi psichiatrici che questa persona già presentava, che hanno portato a una nuova diagnosi. Da allora sono diventata una sorta di caregiver part time. Dico part time perché non viviamo insieme, ma la mia vita è sprofondata nell'abisso. Sia chiaro: il primo a soffrire è sempre e comunque il malato, ma convivere da esterni con la malattia psichiatrica significa convivere con la paura costante. Ogni messaggio, ogni chiamata, ogni campanello suonato possono essere sinonimi di qualcosa di molto grave, e vivere con una paura così paralizzante è brutale. Cambia radicalmente lo sguardo che si ha sulle cose, ogni istante della giornata può passare da buono a tragico nel giro di un secondo. Non c'è pace nel programmare un futuro perché prima di tutto si spegne la speranza di un futuro normale. Poiché la normalità non esiste forse è meglio dire che si spegne la speranza di un futuro come quello che si sognava prima dell'ingresso della malattia nella vita. Un altro lutto di cui non parla nessuno. Quest'anno non ho solo perso mio papà, ho perso tutta la mia vita come la conoscevo. Ho lasciato il mio lavoro perché far convivere questo aspetto con un lavoro su turni la cui programmazione avveniva settimana per settimana era diventato impossibile. In Italia per i caregiver non è previsto compenso. Esiste l'indennità di accompagnamento, per la quale però non abbiamo i requisiti. In Italia non esiste neppure, o almeno non in Lombardia, dove vivo io, la possibilità di affiancare i familiari del malato con un percorso psicologico. Se non te lo puoi permettere fai senza, e non c'è solitudine più angosciante di questa. Fare il caregiver ti spegne, soprattutto se legato a certe malattie: diventi invisibile soprattutto per il malato stesso, non esiste gratitudine, diventa impossibile ricordare di essere la priorità per la propria vita. Ci si dimentica quello che si era prima della malattia, quello che desideravamo, quello che speravamo per il futuro. Dopo mesi come quelli che ho trascorso si finisce per desiderare solo una cosa: pace. Da bambina e da adolescente mi piaceva dirmi che avrei tanto voluto essere felice, che avrei lavorato tanto per la mia felicità. Oggi voglio solo la calma, che è diversa dall'assenza di problemi: è solo la fiducia che si riusciranno in un modo o nell'altro a risolvere tutti.
In questi mesi ho continuato, seppur con le interruzioni di cui sopra, a condividere cose online: foto di vacanze, recensioni, canzoni, libri. Ho riso tanto e non ho paura di ammettere che continuare ad avere deadline autoimposte mi ha letteralmente salvato la vita. Guardo un sacco di film così io e i miei amici in live ne parliamo e ridiamo e io per due ore mi sento ancora me stessa. Leggo Il Signore degli Anelli con mio marito e mi lascio trasportare in un mondo dove sento di respirare almeno per un po'. Continuo a giocare a D&D con gli amici, a vederli ogni weekend, a parlare di frivolezze e a mettermi il rossetto scuro e una riga di eyeliner spessa un dito, ma non sarò mai più quella di prima. Niente come quest'anno mi ha mostrato la parzialità del web: non sono falsa quando condivido frammenti di felicità, ma quello sono - frammenti.
Continuerò a parlare di cinema sul web come ho sempre fatto, continuerò a combattere col coltello tra i denti per quei due giorni di vacanza in cui io e Riccardo ci sdraiamo sotto una cascata e ci sentiamo per un po' freschi come le gocce d'acqua che ci bagnano il viso, continuerò a fingere che vada tutto bene finché ci andrà davvero. Sono stata molto fortunata, in questo mare di merda: ho avuto un marito prezioso, una situazione economica che mi ha permesso di licenziarmi, una passione che mi ha tenuto in piedi, amiche che dopo un solo messaggio sono accorse, di persona, con regalini, con pensieri. Sono immensi privilegi che non darò mai per scontati. Se intorno a voi qualcuno sta soffrendo, fate quella cosa su cui siete insicuri: mandate un messaggio, un fiore, portate un caffè: non è niente, ed è tutto.
Il mio 2025 porterà con sé almeno tre cose bellissime e giganti - lavorative - che un tempo mi avrebbero fatto scoppiare il cuore di gioia. In questo momento fatico un po' con le emozioni positive, ma almeno mi sento motivata: il mondo non ha smesso di girare, e io giro ancora un po' con lui. Arriveranno libri, cose magnifiche con Nuovi Incubi, progetti, speranze. Una fiammellina nel buio.
Un felice periodo delle feste a tutti, che scorra come l'acqua fresca delle cascate, come il primo sorso di Pepsi quando si ha molta sete.
non ci conosciamo, ma ti seguo sempre con piacere. ti scrivo solo per mandarti un abbraccio.
RispondiEliminasei tanto gentile e ti ringrazio!
EliminaTi sono vicino, non sapevo e non so che dire, ma sempre ti sosterrò.
RispondiEliminati sono molto grata!
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