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martedì 30 luglio 2024

Notte Horror 2024: Frankenhooker

21:00

Questo post contiene spoiler.


 La Notte Horror non la mollerei neppure se chiudessi il blog (cosa che non succederà, anzi, potrei ricominciare a rinvigorirlo proprio nelle prossime settimane) ma quest'anno ha un sapore amaro. È infatti dedicata a Laura, che conoscevamo come Arwen Lynch, che ci ha lasciati da poco. Laura ha avuto una fame di cinema insaziabile, era curiosa e piena di voglia di condividere la stessa passione che ogni estate, da tante estati, ci porta qui a parlare di cinema insieme, come se ci conoscessimo da sempre.

Ciao Laura, grazie di avere fatto rete insieme a noi.


gli altri partecipanti


Sono passati pochi mesi dall'uscita del bellissimo penultimo lavoro di Yorgos Lanthimos, Povere creature!. Lì una giovane donna viene riportata in vita dopo un suicidio, ma nel suo corpo di adulta risiede una mente bambina, che deve ricominciare il suo percorso sulla terra da capo. È un film che sa parlare molto bene del femminile, ma non si può negare sia comunque la storia di tre uomini che dispongono - e abusano - del corpo di una donna nel modo in cui desiderano. Quella che appare come una storia di liberazione finisce per esserlo solo parzialmente, perché ci si è scordati di mettere Bella al centro. 
Trentaquattro anni prima, un regista sicuramente meno raffinato ma altrettanto di sicuro più simpatico, Frank Henenlotter, è riuscito ad affrontare un tema molto simile ma in modo a mio parere più efficace, con una horror comedy gloriosa ed esilarante: Frankenhooker.

Elizabeth è nel pieno della vita. Ha solo 21 anni ma la strada della vita spianata: sta infatti per sposarsi con il suo brillante fidanzato Jeffrey, elettricista con la passione per l'anatomia, e i due sono molto felici insieme. Certo, la mamma è un po' fissata col peso della figlia, ma Elizabeth ce la sta mettendo tutta per tornare in forma, anche con l'aiuto del futuro marito. 
Durante la festa di compleanno del papà, però, un tremendo incidente domestico le toglie la vita. Il fidanzato non si rassegna e decide di riportarla in vita aiutandosi con i corpi delle prostitute che ogni notte popolano i marciapiedi della città.





Il corpo come progetto
L'incidente in cui Elizabeth perde la vita è atroce, seppur raccontato con una grottesca goliardia dal tg che riporta la notizia, e di lei non resta quasi nulla. Jeffrey è riuscito a recuperare solo la testa. Si rende quindi necessaria la ricerca di nuove parti con cui comporla. 
Nel classico di Mary Shelley che così evidentemente il film richiama la ricerca delle parti con cui comporre il corpo della Creatura è data dal fatto di usare dei cadaveri. Cercare tra le tombe, infatti, comporta il rischio di trovare corpi non perfetti, da cui prelevare solo le parti meglio conservate. La ricerca di Jeffrey invece è deliberata: se la fidanzata va rifatta, tanto vale rifarla perfetta.
Non è solo dopo la sua morte che questo accade. Elizabeth infatti racconta a un'amica di essersi sottoposta a un intervento di restingimento dello stomaco, per riuscire a dimagrire, e che a farlo sia stato proprio Jeffrey, forte solo di una basilare conoscenza di anatomia imparata alla facoltà di medicina che ha lasciato qualche tempo prima. Già in vita, quindi, il corpo di Elizabeth era da assestare, ridisegnare perché assomigliasse di più ai desideri di chi la circondava. Mai ai suoi, naturalmente, perché la nostra amava mangiare al punto che proprio i suoi amati prezel salati hanno contribuito a farla tornare in sé in un momento che affronteremo più avanti. 
La decisione di assemblare corpi differenti affinché l'aspetto dell'amata rasentasse la perfezione è quindi il naturale proseguimento di un concetto espresso dal primo istante: le donne devono essere come le vogliono gli altri. Nel momento in cui Elizabeth è mancata la sua volontà è morta con lei, e chi avrebbe dovuto amarla ha deciso di mettere il proprio bisogno al primo posto. Ha quindi misurato con precisione gambe, braccia, seni, affinché fossero i suoi preferiti in mezzo a quelli di tante ragazze.
La ricostruzione di Elizabeth ha richiesto quindi una progettualità innaturale, che dal principio e in modo paradossale l'ha esclusa dall'equazione. 
L'avevamo visto succedere decenni prima, quando Whale per la prima volta ha messo in scena una creatura frustrata, una Sposa che non ha chiesto la vita e non ha certo chiesto quella. Allo stesso modo Elizabeth, ripresa coscienza di sé, non prova la gratitudine sperata dall'aspirante scienziato. Dopo un primo istante di stupore per la riuscita dell'impresa, realizza di essere stata ricomposta in un corpo che di lei, ormai non aveva più niente e che era stato creato su misura per piacere a qualcun altro.
Henenlotter ha il coraggio -  e chi se non lui? - di dare a Elizabeth la vendetta che Bella non ha avuto, facendoci godere di un finale squisitamente queer: dopo la sua inaspettata morte, anche Jeffrey viene resuscitato grazie agli appunti presi durante la realizzazione del suo progetto. Poiché ha progettato solo modi per resuscitare le donne, però, gli è toccata la stessa sorte della fidanzata: un bellissimo corpo femminile, selezionato proprio su misura per lui.





Dove risiede la mente?
Torniamo ai prezel. La madre di Elizabeth la mette in guardia: occhio, che fanno ingrassare. E lei, figliola devota, prova a posarli, ma li trova davvero irresistibili. Tornata in vita con un corpo nuovo, finisce in uno dei bar più frequentati dalle sex worker i cui corpi sono stati presi in prestito. È un momento particolare per lei, perché si è appena risvegliata e la mente non ha ancora fatto chiarezza su cosa le sia accaduto. Sul bancone del bar, però, ci sono i prezel. Prima ancora che il cervello la aiuti a ricordarsi la sua storia, ci pensano la bocca, la memoria della lingua e la salivazione dell'appetito. Non avviene la magia, dopo averli mangiati - il film è migliore di così - ma il suo corpo si muove prima che lo faccia la mente. 
Il film ci racconta come il corpo sia elemento fondamentale dell'identità, che prescinde dal volto e che ha in tutte le sue parti una fetta significativa di quello che siamo. Non a caso quando Elizabeth si sveglia non è in sé: sono le donne defunte per farla vivere che le danno voce. Ecco allora che lei si muove per la strada ripetendo le frasi che le ragazze usavano per attirare clienti, mentre il corpo la conduce in luoghi che loro conoscevano e frequentavano. La mente non riesce a svegliarsi ma il corpo ha la situazione sotto controllo: riesce a sedurre dei clienti - con effetti temo non compresi nel prezzo - a muoversi con dimestichezza in uno spazio che era quello naturale per le vittime di Jeffrey e ricorda la sessualità. 
Non solo: tutte le parti scartate delle vittime riprendono il controllo. Nel caos elettrico che è servito a restaurare Elizabeth dopo un ulteriore incidente anche loro riprendono vita, e non sono contente. Unite nel ricordo di chi in vita le ha sfruttate si scagliano contro di lui per finirlo, senza che servano corpi completi o menti per questo. Il ricordo di quello che hanno vissuto era intessuto nelle parti di loro che nel corso del tempo gli uomini hanno sfruttato, e sono bastate le stesse parti a vendicarle.
Ricordarci che tutto il nostro corpo porta il segno di quello che siamo è fondamentale per imparare a trattarlo con il rispetto e l'amore che ci aspettiamo dagli altri.

Il sex work
Il mondo femminista si divide da sempre sull'argomento della prostituzione. Non è questo il post in cui approfondirò l'argomento, ma di certo il film almeno ne sfiora le complessità. In un breve istante, infatti, sentiamo alla tv una donna discutere della necessità di legalizzare il sex work ai fini di tutelare le professioniste, spesso defunte per l'abuso di sostanze a cui ricorrono per sopravvivere alla vita estrema di strada. Nel film questo momento serve a dare al protagonista l'idea del super crack con cui le uccide, ma è interessante per due ragioni. La prima è la più ovvia: un film così scanzonato riesce a dare più tridimensionalità al problema in esame con una singola scena, peraltro molto breve. La seconda sta proprio nel super crack di Jeffrey: somministrando alle ragazze una sostanza di cui fanno già uso si ripulisce la coscienza, continuando ad attribuire loro la responsabilità della loro condizione. 
Oggi quello del sex work è un mondo diverso e ben più ampio di quanto non fosse nel 1990 ma il film parla in modo inequivocabile di quella parte di lavoratrici che sono sfruttate da un uomo. Zorro, infatti, arriva a reclamare il corpo di Elizabeth perché composto di parti che, a suo dire, gli appartenevano. Private di ogni autonomia, quindi, queste sex worker sono state, nell'ordine: drogate a loro insaputa, smembrate, riutilizzate come pezzi di ricambio e infine reclamate proprio dall'uomo che fino a poco prima vendeva i loro corpi. Il tutto per colpa loro, a detta di Jeffrey, che hanno assunto la sostanza che le ha uccise. 
In un solo momento si distruggono il victim blaming, lo sfruttamento e il senso di proprietà sui corpi altrui. In un film in cui nella scena successiva si maneggiano tette staccate come fossero cuscini da testare. Magnifico.

Non starò a ripetere la mia consueta manfrina su quanto il cinema dell'orrore parli sempre di corpi femminili, ma non posso che gongolare insieme a voi quando lo fa in questo modo: eccessivo, camp, colorato, stravagante e coraggioso. La serie B ci salverà tutti quanti.

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