#novecento italiano: di cosa parliamo quando parliamo di Resistenza?
Eccoci finalmente con il mio primissimissimo articolo. E' un post da archivio, perché in realtà è pronto dall'inizio di febbraio, ma aspettavo di aver pronto tutto per poter cominciare. Quindi, intanto, vi delizierò con questo. E dunque, introdotto dal mio bel faccione in grafica...
Io e la mia amica
Marika, qualche mese fa, abbiamo sapientemente deciso di cominciare a
recuperare i classici imperdibili della letteratura italiana del
Novecento.
Ho scritto una
frase e sono già necessarie delle precisazioni… Il “sapientemente” è giustificato
dal fatto che, entrambe, abbiamo delle lacune in materia paragonabili solo al
Gran Canyon. Ci rendiamo conto che selezionare tutti i libri che, nel corso di
questi anni, si sono guadagnati l’appellativo di “classici” per affrontarli e,
nel frattempo, cercare di mantenere le buone abitudini come mangiare, dormire –
io tanto, lei poco – e avere anche delle relazioni sociali, è quasi impossibile.
Quindi, da brave maniache degli schemi e dei programmi – che mai riusciremo a
rispettare – abbiamo preparato un programmino. Programmino… abbiamo mescolato in un pentolone tutto ciò che ci veniva
in mente, e poi l’abbiamo suddiviso in categorie, per autore, per tema, per
anno… insomma un programma pieno di sub-programmi.
L’esordio
di Calvino, però, non è il primo che abbiamo affrontato. Visto che non siamo
per niente masochiste, abbiamo deciso di cominciare con Menzogna e
Sortilegio della Morante – un libricino niente male che si aggira intorno
alle 700 pagine. Bello, magari qualche punto in più e qualche frase più corta,
ma… Ce l’avremo fatta ad empatizzare con i personaggi come piace a noi?
Ovviamente no. E questo è un forte punto in comune con Il sentiero.
Facciamo
un salto indietro: di cosa parla questo libro? In una frase – e quasi
banalmente – ha come soggetto principale la Resistenza e la lotta partigiana
durante la Seconda Guerra mondiale. Come ho già accennato poco sopra, si tratta
dell’esordio di Italo Calvino, colonna portante soprattutto della seconda parte
del Novecento letterario italiano. Chi di Calvino ha letto anche altro –
vogliamo fare qualche esempio? Il barone rampante, Se una notte
d’inverno un viaggiatore, e tanti altri… - noterà una grossa differenza,
soprattutto nello stile. Per la mia esperienza personale, questa lettura nello
specifico non rientrerà nell’olimpo dei libri “della vita”. Poco male. Parto
dal presupposto che non sono in grado di lasciare andare e troncare la lettura
di testi che non mi convincono e che, in alcuni casi – fortunatamente pochi –
non mi piacciono proprio. Allo stesso tempo, sono convinta che, nella maggior
parte dei casi, ogni universo letterario a cui ci approcciamo riesca ad
arricchirci in qualche modo. Ma parlare di ciò, ci porterebbe ad aprire
un’enorme parentesi, difficile da chiudere…
Cosa
facciamo io e Marika quando leggiamo, in sincro – più o meno – i libri che
scegliamo? Se non ce ne scordiamo – e questa volta era successo – ci troviamo e
ne parliamo. Ultimamente solo virtualmente perché non ci siamo viste per mesi,
complice il simpatico periodo storico che stiamo vivendo. Passiamo circa quindici
minuti a parlare dei fatti nostri, e poi cominciamo a parlare del libro
“ospite” dell’incontro. Dedichiamo una media di dieci minuti, a essere
generosi, ad analizzare elementi prettamente tecnici: l’ambientazione, lo
stile, i personaggi, la trama, etc.… Non abbiamo competenze vere e proprie in
materia, siamo solamente due grandi lettrici che nel tempo libero, o in quel poco
che ne rimane, preferiscono (non dirò rispetto a cosa…) stare in compagnia di
un libro. E poi? Il delirio, per lo meno questa volta. Ne è venuto fuori un
brainstorming incredibile: da me, il termine più appropriato
per definire quello che abbiamo fatto è “misturotto”.
La
cosa che mi ha affascinato di più e da cui siamo partite è lo sguardo di
bambino. Sì, perché l’elemento peculiare di questo romanzo non è tanto l’aver
raccontato della Resistenza, quanto l’averlo fatto attraverso gli occhi di un
bambino. Avete presente il punto in comune con il romanzo della Morante di cui
parlavo prima? Idealmente, un personaggio di questo tipo proietta nella mia
mente l’immagine di qualcosa di candido, innocuo e non corrotto. Il
protagonista di questo romanzo non è decisamente descritto in questo modo e non
è stato in grado di suscitarmi alcunché, men che meno compassione. Forse, non
era nemmeno l’intenzione dell’autore. Nonostante ciò, rimane uno degli
espedienti che più ho apprezzato durante la lettura. Sì, perché dopo la fine
della guerra, tantissimi autori si sono cimentati con il racconto di esperienze
– spesso anche personali – della Resistenza e della lotta partigiana. Quanti,
poi, effettivamente rimangono nella memoria del lettore?
Pin, il protagonista, non è il mio preferito – e s’era capito; ma il suo occhio
di bambino ci fornisce una visione di uno dei più terribili e paurosi momenti
della storia in una maniera completamente diversa e inedita. Come la conosciamo
la Resistenza? Di cosa parlano gli innumerevoli libri presenti sul mercato? Per
me è sempre stato un movimento prettamente intellettuale – visione, come è
ovvio, errata – fatto principalmente di personaggi già noti prima e ancora più
noti dopo. È stato sicuramente questo, ma non solo. La Resistenza è stato il
movimento del civile; un insieme di tante piccole battaglie personali. I
contadini, gli operai, gli abitanti dei paesi non avevano, molto probabilmente,
la minima idea dei grandi ideali intellettuali e filosofici, ma alla Resistenza
ci si sono uniti lo stesso. Perché? Perché era la loro guerra personale, per
un’infinità di motivazioni diverse. La Resistenza, fatta di persone semplici. Non
posso sapere se fosse proprio questo l’obiettivo di Calvino; per me è stato
così: un rendere più reale, più concreto e più umano un movimento così
lontano dal mondo dei giorni nostri.
A proposito dello sguardo innocente di bambino, Marika – che ha decisamente più
memoria di me – ha fatto un pregevolissimo accenno e collegamento con il
romanzo Il buio oltre la siepe, di Harper Lee, mettendone in luce le
analogie ma, soprattutto, le differenze.
Il
brainstorming di cui parlavo prima era composto di tantissimi altri spunti di
riflessione che, più o meno, abbiamo cercato di approfondire. Abbiamo accennato
alla sospensione del giudizio e, soprattutto, di umanità in una circostanza
come la guerra – situazione che modifica profondamente l’animo di una persona.
Chiamato alle armi come essere umano e congedato come automa. Questo ci ha
portate a parlare della guerra in Vietnam e, più in generale della Guerra
Fredda e, poi, della psicanalisi, del disturbo da stress post traumatico.
Spunti allegri e leggeri da affrontare il mercoledì sera dopo una giornata di
lavoro. Nonostante ciò, ne siamo uscite abbastanza soddisfatte.
Quale sarà il nostro prossimo salto nel vuoto?
Spoiler: in realtà il salto nel vuoto l'abbiamo già fatto. Il titolo seguente è stato Le ambizioni sbagliate, di Alberto Moravia. Per me è no, ma lo sapevo già...
Italo Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno |