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martedì 9 marzo 2021

#novecento italiano: di cosa parliamo quando parliamo di Resistenza?

18:29

 


Eccoci finalmente con il mio primissimissimo articolo. E' un post da archivio, perché in realtà è pronto dall'inizio di febbraio, ma aspettavo di aver pronto tutto per poter cominciare. Quindi, intanto, vi delizierò con questo. E dunque, introdotto dal mio bel faccione in grafica...

Io e la mia amica Marika, qualche mese fa, abbiamo sapientemente deciso di cominciare a recuperare i classici imperdibili della letteratura italiana del Novecento. 

Ho scritto una frase e sono già necessarie delle precisazioni… Il “sapientemente” è giustificato dal fatto che, entrambe, abbiamo delle lacune in materia paragonabili solo al Gran Canyon. Ci rendiamo conto che selezionare tutti i libri che, nel corso di questi anni, si sono guadagnati l’appellativo di “classici” per affrontarli e, nel frattempo, cercare di mantenere le buone abitudini come mangiare, dormire – io tanto, lei poco – e avere anche delle relazioni sociali, è quasi impossibile. Quindi, da brave maniache degli schemi e dei programmi – che mai riusciremo a rispettare – abbiamo preparato un programmino. Programmino… abbiamo mescolato in un pentolone tutto ciò che ci veniva in mente, e poi l’abbiamo suddiviso in categorie, per autore, per tema, per anno… insomma un programma pieno di sub-programmi.

L’esordio di Calvino, però, non è il primo che abbiamo affrontato. Visto che non siamo per niente masochiste, abbiamo deciso di cominciare con Menzogna e Sortilegio della Morante – un libricino niente male che si aggira intorno alle 700 pagine. Bello, magari qualche punto in più e qualche frase più corta, ma… Ce l’avremo fatta ad empatizzare con i personaggi come piace a noi? Ovviamente no. E questo è un forte punto in comune con Il sentiero.

Facciamo un salto indietro: di cosa parla questo libro? In una frase – e quasi banalmente – ha come soggetto principale la Resistenza e la lotta partigiana durante la Seconda Guerra mondiale. Come ho già accennato poco sopra, si tratta dell’esordio di Italo Calvino, colonna portante soprattutto della seconda parte del Novecento letterario italiano. Chi di Calvino ha letto anche altro – vogliamo fare qualche esempio? Il barone rampante, Se una notte d’inverno un viaggiatore, e tanti altri… - noterà una grossa differenza, soprattutto nello stile. Per la mia esperienza personale, questa lettura nello specifico non rientrerà nell’olimpo dei libri “della vita”. Poco male. Parto dal presupposto che non sono in grado di lasciare andare e troncare la lettura di testi che non mi convincono e che, in alcuni casi – fortunatamente pochi – non mi piacciono proprio. Allo stesso tempo, sono convinta che, nella maggior parte dei casi, ogni universo letterario a cui ci approcciamo riesca ad arricchirci in qualche modo. Ma parlare di ciò, ci porterebbe ad aprire un’enorme parentesi, difficile da chiudere…

Cosa facciamo io e Marika quando leggiamo, in sincro – più o meno – i libri che scegliamo? Se non ce ne scordiamo – e questa volta era successo – ci troviamo e ne parliamo. Ultimamente solo virtualmente perché non ci siamo viste per mesi, complice il simpatico periodo storico che stiamo vivendo. Passiamo circa quindici minuti a parlare dei fatti nostri, e poi cominciamo a parlare del libro “ospite” dell’incontro. Dedichiamo una media di dieci minuti, a essere generosi, ad analizzare elementi prettamente tecnici: l’ambientazione, lo stile, i personaggi, la trama, etc.… Non abbiamo competenze vere e proprie in materia, siamo solamente due grandi lettrici che nel tempo libero, o in quel poco che ne rimane, preferiscono (non dirò rispetto a cosa…) stare in compagnia di un libro. E poi? Il delirio, per lo meno questa volta. Ne è venuto fuori un brainstorming incredibile: da me, il termine più appropriato per definire quello che abbiamo fatto è “misturotto”.

La cosa che mi ha affascinato di più e da cui siamo partite è lo sguardo di bambino. Sì, perché l’elemento peculiare di questo romanzo non è tanto l’aver raccontato della Resistenza, quanto l’averlo fatto attraverso gli occhi di un bambino. Avete presente il punto in comune con il romanzo della Morante di cui parlavo prima? Idealmente, un personaggio di questo tipo proietta nella mia mente l’immagine di qualcosa di candido, innocuo e non corrotto. Il protagonista di questo romanzo non è decisamente descritto in questo modo e non è stato in grado di suscitarmi alcunché, men che meno compassione. Forse, non era nemmeno l’intenzione dell’autore. Nonostante ciò, rimane uno degli espedienti che più ho apprezzato durante la lettura. Sì, perché dopo la fine della guerra, tantissimi autori si sono cimentati con il racconto di esperienze – spesso anche personali – della Resistenza e della lotta partigiana. Quanti, poi, effettivamente rimangono nella memoria del lettore?  
Pin, il protagonista, non è il mio preferito – e s’era capito; ma il suo occhio di bambino ci fornisce una visione di uno dei più terribili e paurosi momenti della storia in una maniera completamente diversa e inedita. Come la conosciamo la Resistenza? Di cosa parlano gli innumerevoli libri presenti sul mercato? Per me è sempre stato un movimento prettamente intellettuale – visione, come è ovvio, errata – fatto principalmente di personaggi già noti prima e ancora più noti dopo. È stato sicuramente questo, ma non solo. La Resistenza è stato il movimento del civile; un insieme di tante piccole battaglie personali. I contadini, gli operai, gli abitanti dei paesi non avevano, molto probabilmente, la minima idea dei grandi ideali intellettuali e filosofici, ma alla Resistenza ci si sono uniti lo stesso. Perché? Perché era la loro guerra personale, per un’infinità di motivazioni diverse. La Resistenza, fatta di persone semplici. Non posso sapere se fosse proprio questo l’obiettivo di Calvino; per me è stato così: un rendere più reale, più concreto e più umano un movimento così lontano dal mondo dei giorni nostri.
A proposito dello sguardo innocente di bambino, Marika – che ha decisamente più memoria di me – ha fatto un pregevolissimo accenno e collegamento con il romanzo Il buio oltre la siepe, di Harper Lee, mettendone in luce le analogie ma, soprattutto, le differenze. 

Il brainstorming di cui parlavo prima era composto di tantissimi altri spunti di riflessione che, più o meno, abbiamo cercato di approfondire. Abbiamo accennato alla sospensione del giudizio e, soprattutto, di umanità in una circostanza come la guerra – situazione che modifica profondamente l’animo di una persona. Chiamato alle armi come essere umano e congedato come automa. Questo ci ha portate a parlare della guerra in Vietnam e, più in generale della Guerra Fredda e, poi, della psicanalisi, del disturbo da stress post traumatico. Spunti allegri e leggeri da affrontare il mercoledì sera dopo una giornata di lavoro. Nonostante ciò, ne siamo uscite abbastanza soddisfatte.

Quale sarà il nostro prossimo salto nel vuoto?

Spoiler: in realtà il salto nel vuoto l'abbiamo già fatto. Il titolo seguente è stato Le ambizioni sbagliate, di Alberto Moravia. Per me è no, ma lo sapevo già... 

Italo Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno



giovedì 2 febbraio 2017

Non solo cinema: Il barone rampante

16:42
Per secoli mi ripromettevo che avrei letto Calvino. Poi, molto semplicemente, gli preferivo altro. Fino a che, scorrendo la mia libreria digitale per caricare il lettore (qua parliamo del mio lettore e della sua storia appassionante), trovo un Calvino, messo lì, in disparte. E allora che sia finalmente il suo turno.


Il barone rampante è un ragazzino di nome Cosimo, di evidenti nobili origini, che dopo un litigio col padre decide di salire su una pianta per non scenderne mai più. La sua storia ci è raccontata dal fratello minore, Biagio.

Ci sono un po' di anticipazioni, occhio

La prima metà de Il barone rampante l'ho divorata nella prima sessione di lettura. Mi accattivava tutto: nomi dei personaggi, storia, il bizzarrissimo e splendido stile di Calvino mi avevano completamente assorbita. La malefica sorella Battista, ad oggi, è ancora il mio personaggio preferito. La caratterizzazione dei personaggi era stravagante, anche solo i loro nomi erano divertenti. Credo anche che tutto questo dilagante entusiasmo che avevo fossero merito del fatto che fosse il mio primo incontro con Calvino. Non avevo la più pallida idea di che tipo fosse, a parte le ovvietà che si studiacchiano a scuola, quindi sulle prime mi sono lasciata trascinare in giro per la follia che mi stava raccontando.
Poi sono arrivata a metà. E lì mi sono inchiodata.
Finire sto benedetto romanzo, che è tra l'altro brevino, mi è costato una fatica incredibile. Occhi sanguinanti.
Io mi rendo conto che con l'affermazione che segue rischio di giocarmi il diritto di parlare di libri, ma se devo continuare a parlare di pancia, e voglio farlo, devo dirvi come sono andate le cose: mi sono rotta le balle. 
Prima il cane, simpaticissimo, va bene.
Poi il ladrone, bizzarro, prendiamo anche lui.
Avrei voluto ci fermassimo lì. Anzi, ritratto: non lo so cosa avrei voluto, perchè di fatto non è mancato niente. Gli avvenimenti ci sono stati, non è un romanzo statico, c'è stata la critica alla società, che ci piace sempre e non passa mai di moda (sarà che non passa mai di moda perchè noi umani del ciumbia non cambiamo mai? Così, la butto lì), c'è anche stata la storia d'amore con il ritorno della viziatissima Viola. Si è parlato di famiglie, di amori, di questioni paesane, di legalità, il tutto con quello stile che all'inizio mi aveva tanto appassionata.
Da metà in poi, però, vuoi perchè la mia mente non era più sovrastimolata dalla bellissima novità di una scrittura diversa da quelle a cui sono abituata, vuoi perchè lo stare sugli alberi aveva smesso di essere il punto della questione, io alla fine mi sono annoiata.
Sono pronta a scommetterci tutti gli arti insieme che alla fine la colpa sarà mia perchè sarò io che non avrò capito un cdn, non me ne stupirei, quindi prendete questa opinione per quello che è: un sincero discorso di slancio.

Su Calvino torno di sicuro, magari non subito, ma state pur certi che mi terrò lontana dalle piante per un po'.


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