Sex Education - stagione 3
L'abbiamo aspettata tanto, e come accade sempre in questi casi, me la sono bruciata troppo in fretta.
Signori, parliamo della terza stagione di Sex Education.
La serie parla di un gruppo di adolescenti alle prese con la scoperta della propria sessualità e della vita adulta. In questa stagione li vediamo affrontare alcune novità, una su tutte una nuova preside a scuola, Hope, rigida, bigotta e che introduce una serie di nuove regole volte a rovinare la vita dei nostri giovani preferiti.
La serie si conferma, proprio come l'avremmo previsto, il prodotto delizioso e fresco che era stato per le prime due stagioni, in grado di toccare temi giganti, di estrema attualità, in grado di mettere il focus nei punti giusti, con il dialogo giusto e i personaggi giusti.
Ora, pare scontato dover fare una premessa. In un mondo ideale i disabili non sono solo disabili, le persone della comunità LGBTQ+ non sono solo tali, le persone nere non sono solo la pelle, la diversità è una caratteristica del mondo punto e basta. Lo so io, lo sapete voi, lo sanno bene gli autori della serie. Però siamo in un mondo in cui Barbara Palombelli può dire in tv che è giusto chiedersi se le donne ammazzate avessero esasperato i loro compagni, capite bene che una serie tv come questa non è solo importante, è fondamentale.
Rappresentazione
Parliamo di questo, quindi, per primo.
Sex Ed è una serie che parla di tutti, a tutti, per tutti. Ci sono sono persone di ogni orientamento, identità, abilità, origini. E non per tutti la loro "diversità" fa parte della storyline. Per qualcuno sì, perché una serie che parla di adolescenti non può lasciare fuori l'elemento della scoperta di sé, ma non è mai la sola cosa che accade. Isaac, il personaggio con una disabilità, è un personaggio facilmente detestabile, arrogante, irrispettoso, che odiamo anche perché siamo dei 15enni che vorrebbero Otis e Maeve insieme. Poi è anche una persona che per muoversi ha bisogno della sedia a rotelle, ma il come e il perché gli sia necessaria non sono rilevanti, e pertanto (se non mi sbaglio) non escono mai nel discorso. Cal, il personaggio non binary, non ha una storia di scoperta di sè, arriva ed è già a posto con sé. Certo, col tempo avrà bisogno di realizzare che il suo percorso con la propria persona non è ancora finito, e questo impedirà lo sviluppo di certe relazioni, ma è corretto anche questo, perché parliamo di un* diciassettenne. Non sarebbe complet* nemmeno se fosse una persona cis. Cal è doppiamente interessante perché non è attivist*, non alza la voce per la sua comunità, non si mette nemmeno in gioco, non vuole nemmeno litigare un pochino. Non c'è bisogno che ogni singola persona appartenente ad una comunità lo sia, e Cal non vuole. Vuole divertirsi, farsi tante canne, fare le gare di corsa, godersela. Accetta di mettersi in gioco un po' di più solo quando la situazione si aggrava al punto da compromettere il suo benessere, ma quello non è più attivismo, è sopravvivenza.
Viv, la head girl della scuola, è nera. Il suo essere nera è assolutamente rilevante nella sua vicenda, quindi viene trattato di conseguenza. La sua storia in particolare è molto bella perché a noi spettatori grandicelli è chiaro che il suo ruolo ruffiano e che appare detestabile sia invece solo il frutto di una grande necessità: Viv è una persona che deve combattere più degli altri per avere accesso ad un'istruzione di un certo livello, e deve scendere a compromessi. Lo sa, lo ammette, e le persone in torno a lei devono accettarlo, anche se a volte è difficile.
Violenza
Nella scorsa stagione la tenerissima Aimee è stata vittima di una molestia. La serie, che è intelligente, non se ne è dimenticata, e il tema ritorna, perché la violenza si porta appresso delle conseguenze che durano nel tempo. Aimee, nota in tutta la scuola per la sua passione per il sesso, non riesce più a farsi toccare dal suo ragazzo.
Quello che le è successo è stato così d'impatto da cambiare profondamente la sua persona, al punto che, come le dice chiaramente Jean durante una sessione della terapia a cui Aimee accetta di sottoporsi, potrebbe non tornare mai più quella di un tempo. Posto che nel cambiamento non c'è nulla di negativo, quello che attraversa Aimee è particolarmente interessante da vedere perché passa in primo luogo dalla conoscenza di sé. Se prima la sua sessualità era libera e spensierata, ora quello che le importa è di conoscersi, amarsi, riconoscersi come individuo anche senza la componente sessuale che prima la caratterizzava. Conoscere il suo corpo di donna, le sue caratteristiche, e le sue diversità la arricchisce, la rende più matura, e anche se questo non cancellerà mai quello che le è successo di sicuro le aprirà molte porte. Non vedo l'ora di vederla nella prossima stagione, le voglio bene come se fosse una sorellina minore e mangerei volentieri uno dei suoi cupcake con le vulve.
Genitori e vita adulta
Jean in questa stagione è strepitosa. Parliamo di una donna di 48 anni che resta involontariamente incinta e che deve portarsi a casa le conseguenze di una gravidanza inaspettata. Una su tutte la violenza ostetrica: in una scena agghiacciante le viene ripetuto, evidenziato, sottolineato fino allo sfinimento che forse una gravidanza a quell'età ce la potevamo anche risparmiare. Quando osa alzare la voce per protestare viene fatta passare per una Karen qualunque che vuole parlare con il tuo manager. Per fortuna il suo è un personaggio fortissimo, pieno di determinazione e consapevolezza (perché lei sì, quel percorso che Aimee sta ancora facendo l'ha già fatto), che si mette in costante discussione.
Adoro che sia rappresentata finalmente una donna che non ha alcuna voglia di una famiglia tradizionale. Ama suo figlio, è una madre presente e anche spesso opprimente, ma non ha bisogno di un uomo con cui condividere la routine. Sta bene sola, con i suoi spazi e i suoi tempi, non ama la condivisione, non accetta i compromessi. L'ipotesi della famiglia tradizionale la spaventa, non la attrae. E finalmente.
Ma soprattutto, è di Ruby che vorrei parlare. Ruby, la Regina George della serie, in questa stagione è me da piccola e quindi me la porto nel cuore con tutto l'istinto di protezione di cui sono capace. Sfrontata, arrogante, ha costruito un'immagine di sè a protezione di quell'aspetto della propria vita che non può cambiare: la famiglia. Arriva da un contesto che la fa vergognare, e mostrare quello per lei è la forma massima di esposizione. Quando la più grande fragilità che hai arriva dall'ambiente che dovrebbe essere quello di forza, tu lo proteggi nei modi che puoi, spesso creandoti un'immagine che non ti rappresenti, proprio per tenere tutto lontano da lì. Perché tu sei e vuoi essere altro. La mia, di immagine, è crollata crescendo, ma Ruby è più tosta di me. L'ho adorata in questa stagione, lei e il suo strampalato papà.
Altrettanto interessante è il racconto che si fa del rapporto di Maeve con i soldi. Non sono una bella cosa, ne girano molto pochi, ma non si può chiedere aiuto. Anzi, lo si considera offensivo. Questa serie andrebbe mostrata nelle scuole proprio perché insegna come trattare il diverso anche quando il diverso è la bellissima brillante Maeve. Non si dà aiuto non richiesto, non si interviene per altri, non ci si intromette: le persone povere hanno una loro dignità, una capacità decisionale, una testa propria. Grazie dell'aiuto, ci pensiamo da soli. Anche perché quello che la serie fa è mostrare quante palate in faccia si prendano da chi l'aiuto lo deve, ovvero la società, qui nella figura della preside. Lo dice con autorevolezza, Maeve, si impone, si arrabbia, si incaponisce, e accetta aiuto solo quando è pronta ad aprirsi ad esso, non prima e non dopo. Questo è sacrosanto e non se ne parla mai abbastanza: l'aiuto non richiesto è carità, e quella non fa bene a nessuno.
Io voglio a Sex Education un bene grande, perché non è inclusiva, si include solo se si pensa di avere l'autorità di "introdurre" qualcuno in un mondo che si percepisce come proprio: Sex Ed è di tutt*, per tutt*.