Aspettando Nuovi Incubi: The Last Broadcast
Mari.
14:41
Se la scorsa settimana ho deviato occupandomi di found footage nell'ambito televisivo, oggi ritorniamo a discutere del rapporto tra documentario e realtà, parlando di un film uscito l'anno prima di The Blair Witch Project e che, nonostante sia meno famoso, ha anticipato in modo sorprendente riflessioni sul genere che oggi diamo per scontate. Si chiama The Last Broadcast ed è diretto da Stefan Avalos e Lance Weiler.
Una crew composta da quattro persone è partita per un lavoro in mezzo alla natura: cercano infatti notizie sul celebre "Jersey Devil", una creatura nella cui esistenza nessuno crede davvero. A fare ritorno, però, è solo uno dei quattro, Jim. È coperto di sangue e il suo atteggiamento è un po' particolare. Questo basta: la polizia vuole un colpevole per le morti degli altri tre e Jim pare perfetto. Morirà in carcere con una condanna per omicidio. Il documentarista David Leigh, però, non è convinto che la spiegazione sia così semplice e decide di girare a sua volta un documentario per verificare come siano davvero andate le cose.
Una crew composta da quattro persone è partita per un lavoro in mezzo alla natura: cercano infatti notizie sul celebre "Jersey Devil", una creatura nella cui esistenza nessuno crede davvero. A fare ritorno, però, è solo uno dei quattro, Jim. È coperto di sangue e il suo atteggiamento è un po' particolare. Questo basta: la polizia vuole un colpevole per le morti degli altri tre e Jim pare perfetto. Morirà in carcere con una condanna per omicidio. Il documentarista David Leigh, però, non è convinto che la spiegazione sia così semplice e decide di girare a sua volta un documentario per verificare come siano davvero andate le cose.
Quali sono le riflessioni sorprendenti che dicevo poco sopra e che rendono il film speciale e molto in anticipo sui tempi? Principalmente due: la creazione artificiale del mostro - e la sua autoconsapevolezza - e l'uso della strumentazione come parte attiva della narrazione.
Partiamo dal mostruoso.
Il documentario si apre con Leigh che ci racconta della tragica occasione in cui sono morte tre persone, di una delle quali non si sono mai trovati i resti. Ce lo dice prima a parole, poi mostrandoci velocemente il modo in cui la notizia è stata riportata dai media più autorevoli come quotidiani o telegiornali.
Questo non è un caso: nell'80, con la fondazione di CNN nascono i canali dedicati solo alle notizie. Lo chiamano il "24-hour news cycle", e contiene già nella sua premessa una fallacia: non ci saranno mai abbastanza notizie per riempire l'eternità promessa dalle 24 ore. Si tappano quindi i naturali buchi con notizie meno importanti, spesso grottesche e quantomeno originali, con buona pace della sopracitata autorevolezza. Il declino che oggi riconosciamo ben diffuso in tutto il giornalismo occidentale ha inizio da qui, dal desiderio di portarlo all'estremo a discapito di approfondimento e legittimità delle informazioni. Diciotto anni dopo, quando è uscito il film, il giornalismo aveva ormai assunto i toni sensazionalistici a cui oggi siamo abituati. Ecco che quindi serviva un film pronto a raccontarci i danni di questo trend: la stampa aveva già deciso che Jim fosse il colpevole e la polizia non ha indagato più dello stretto necessario. Come è stato possibile, come si è potuto accettare? Jim era la vittima perfetta di un sistema superficiale e frettoloso: era strambo e solo, due qualità imperdonabili nella iperperformativa America. Puntato un approssimativo dito contro di lui, la stampa ha fatto il resto, contribuendo a costruire il ritratto del mostro perfetto. Jim era orfano, autoproclamato sensitivo, così isolato che i soli a ricordarsi di lui erano la sua proprietaria di casa e il suo psicologo infantile, amante del demoniaco computer e appassionato di magia. Una ricetta che, ben combinata da chi ha distribuito le informazioni, è esplosiva. The Last Broadcast riflette su come è facile, nell'epoca delle notizie sempre disponibili, creare un Jim, prima dell'emissione di sentenze e di giudizi. Ci dice che i più deboli sono facilissimi da incastrare. basta alterare la realtà quanto basta per adattarla a un modello che ci serve per veicolare il messaggio in cui crediamo. Siamo nel decennio del processo mediatico a Monica Lewinsky, del resto. Il cinema ci ha mostrato come si fa, ma i risultati li aveva già mostrati la realtà.
E parlando di realtà alterata, passiamo alla strumentazione.
Durante la sua indagine Leigh entra in possesso del girato dei ragazzi defunti. Realizza presto che la polizia, per riuscire a incastrare Jim, non ha fatto uso di tutto il materiale disponibile, e assume una collaboratrice perché possa aiutarlo a lavorare con i video, che sono spesso danneggiati e hanno bisogno di una mano esperta. Shelly, la collaboratrice, mette mano letteralmente ai filmati: li taglia e cuce per mettere insieme gli stessi momenti ripresi da macchine diverse, li appoggia sul pavimento coperti di post-it per ricordare orari, luoghi e operatori. Nel found footage - per motivi evidenti - la riflessione sull'uso dell'attrezzatura nella diegesi è ricorrente, ma è molto interessante qui perché è su due livelli: The Last Broadcast è un finto documentario che parla di un finto documentario. Per distinguerli chiamerò primario il lavoro dei ragazzi uccisi e secondario quello di Leigh. Abbiamo quindi il materiale relativo al documentario primario che non solo compare in scena e viene manomesso da chi si occupa del secondario, ma è anche fondamentale per la risoluzione del caso che sta al centro proprio di quest'ultimo. Nel documentario primario vediamo spesso in scena dell'attrezzatura - microfoni, computer, luci - ma quasi mai la macchina da presa, a parte brevissimi istanti necessari solo a chiarire l'esistenza di altro girato, ma si vede nel secondario, in un momento specifico di cui parleremo andando in spoiler più avanti. Del primario è però proprio l'attrezzatura a risolvere il caso e a scagionare Jim: sulla pellicola si vede l'orario, provando che nel momento in cui lo si credeva impegnato a uccidere qualcuno Jim stava facendo altro. Questo ci serve nel film perché quello che ci stanno dicendo i due registi è che la pellicola riprende sempre e solo la realtà, e che è il modo in cui questa viene manomessa che conduce all'alterazione. È l'editing a modificare il modo in cui alla realtà abbiamo accesso, e pertanto sono le intenzioni di chi sta girando il secondario, tanto quanto sono state le intenzioni di chi si è occupato di diffondere le notizie a creare un ritratto mostruoso di un uomo innocente. Questo ovviamente si riaggancia al discorso sulla non neutralità del documentarista che abbiamo iniziato con Il cameraman e il maggiordomo.
Nel prossimo paragrafo ci saranno spoiler.
È solo nel finale che vediamo a lungo e in modo più chiaro la presenza di una macchina da presa. Il film si stacca dal formato del found footage e ci mostra Leigh, che abbiamo scoperto essere il vero assassino, mentre si riprende. Negli ultimi istanti del film si è abbandonato il mockumentary per mostrarci, senza il filtro del documentarista secondario, che Leigh sta uccidendo anche Shelly, la sua collaboratrice colpevole di aver appena scoperto la sua colpevolezza. Infine, lo vediamo continuare a girare, inquadrando se stesso e cercando a lungo le parole giuste per portare a compimento la sua opera. Parlavo prima dell'autoconsapevolezza del mostro: parlavo di Leigh, ovviamente, che ha costruito un documentario intero con la missione di scoprire la verità che lui stesso era il solo a conoscere già. Poiché, mi ripeto, il documentario è sempre filtrato, lo è ovviamente anche questo secondario, guidato dalle indicazioni di un assassino che ci vuole mostrare il modo in cui l'ha fatta franca e ha mandato a morire in carcere un uomo innocente. Lo ha fatto in modo scaltro e intelligente, raccontandoci di come tutto il sistema delle informazioni benefici economicamente dalle tragedie personali, e quindi di come lui stesso, girando il secondario, conti di fare lo stesso. Non solo sa di essere un mostro, sa che lo sono tutti quelli che della sua mostruosità ne beneficeranno e sa che non sarà l'ultimo, il broadcast che dà il titolo al film.
Fine spoiler.
Se tutto questo non fosse sufficiente a rendere The Last Broadcast un film sorprendente, va anche ricordato che ha avuto un budget di 900 dollari, una distribuzione ridicola e immediatamente dopo è stato seppellito dall'uscita di uno dei film più importanti della storia del cinema. Ha un look cheap che contribuisce a dare autenticità e, se posso, pure un aumento della paurella e a quasi 30 anni dalla sua uscita rimane una riflessione lucida e attenta su quanto i diversi, gli ultimi e i soli possano in un istante diventare vittime di un sistema che non li accetta.
La solita leggerezza scanzonata del cinema dell'orrore.