venerdì 20 novembre 2015

200esimo post: La storia di Andrea

Qualcuno di voi saprà che scrivo storie per bambini e ragazzi, per cui oggi volevo andare un po' OT e farvi leggere, se lo vorrete, il primo capitolo di un racconto che per me conta come l'aria, ma che no, non si chiamerà 'La storia di Andrea'. Lo voglio regalare al mio blog, che ha avuto la pazienza di sopportare altri 199 post di sproloqui. Spero che pubblicarlo qui sia per me uno stimolo a regalargli molto più impegno. Il cuore no, quello ce l'ha già tutto. Spero anche che vorrete dirmi cosa ne pensate!

EDIT: Non chiedetemi info sul perché sia così malgiusto. Ho provato a risolvere ma Blogger fa quello che gli pare, io alzo le mani.


Andrea Neri aveva deciso che sarebbe scappato di casa. Eccome se l'avrebbe fatto. Fissava con lo sguardo pieno di determinazione la porta dietro cui sua madre – altrimenti nota come L'Arpia – lo aveva appena chiuso, in punizione. La fissava da un sacco di tempo, come se avesse il potere di farla scomparire oppure, cosa che gli avrebbe dato molta più soddisfazione, mandarla in frantumi.
Certo, era la porta della sua cameretta e non quella dell'inferno, ma questo dettaglio era assolutamente irrilevante in confronto al cocente imbarazzo di vedersi mettere in punizione alla bellezza di 12 anni. Come se avesse fatto chissà quale enorme danno, poi. Quel vaso in fondo apparteneva alla povera defunta zia Dina, e non piaceva a nessuno.
Deve leggere, lui! Ha bisogno dei suoi libri, lui! A chi importa se camminando prima o poi darà fuoco alla casa, l'importante sarà che almeno lui abbia i LIBRI!” si sentiva strillare furiosamente la madre, il suono ovattato dal filtro della porta chiusa.
Due settimane di punizione! Due settimane per un vaso! Come se l'avessi fatto apposta. Vuole farmi impazzire, L'Arpia, lo so.” continuava a pensare, camminando istericamente su e giù per la camera. “Devo andarmene di qui.”
Una fuga però non si improvvisa dal nulla e Andrea lo sapeva. Bisogna organizzarsi per bene.
Aveva giusto due settimane libere davanti a sé.

L'Arpia, in realtà, non era così tremenda. Era sicuramente apprensiva, sempre convinta com'era che tutti i mali del mondo si sarebbero incontrati sopra la testa del suo bambino. Ed era severa, quasi sempre. Ciò che agli occhi del suo primogenito la rendeva la creatura terribile che lui descriveva era proprio l'età del figlio in questione.
Andrea infatti stava iniziando a cogliere la vastità del mondo che stava fuori dal suo territorio conosciuto, come se non fosse sempre stato lì ma fosse piuttosto comparso senza preavviso. Ora che lo notava con tanta chiarezza il suo desiderio di conoscenza era diventato incontenibile e ogni limite imposto da L'Arpia appariva ai suoi occhi un crimine contro l'umanità.
Certo, questa apprensione era comprensibile. Erano passati due anni dalla morte di Chiara, ma la mamma ancora non era scesa a patti con l'ingiustizia di vedersi strappata la sua figlia più piccola. Come se l'orrore della prima perdita dovesse necessariamente replicarsi con la prematura dipartita anche di Andrea. Da mamma giusta e tranquilla quale era, quindi, si era trasformata in Arpia.
Il riferimento mitologico non è certo casuale. Andrea andava pazzo per la mitologia, ma pazzo per davvero. Quando era piccolo suo papà (che ancora non aveva nomignoli leggendari, anche se il figlio non escludeva di affibbiargliene uno a breve) gli leggeva una storia ogni sera, e anche ora che i due non vivevano più insieme la mitologia era uno dei loro principali argomenti di conversazione. Avrebbe potuto stare chino sulle pagine di un libro oppure incollato alla tv a guardare documentari sulle sue adorate leggende per ore senza minimamente accorgersi del tempo che scorreva.
In particolare, nutriva una sincera adorazione per gli dei nordici. Non per mancare di rispetto alle dignitosissime divinità greche o romane, dotate anche loro di una discreta dose di fascino, ma gli dei del Nord hanno un'epicità tutta loro. Si sarebbe comprato un cane pur di poterlo chiamare Fenrir. E lui non sopportava gli animali, quindi questo dovrebbe dircela lunga sulla sua passione. Mica come il suo banalissimo nome, scelto in onore dell'attore preferito della mamma.
Avrebbero potuto trascorrere molto velocemente queste due settimane, se solo lui le avesse spese coricato sul divano con un libro sospeso sopra al naso. Ma ormai era questione di principio: non si punisce un dodicenne per un incidente domestico, e che cavolo!
Se la mamma non lo capisce con le buone, devo per forza fare qualcosa.” rifletteva Andrea, in fase di organizzazione del suo piano di fuga, “eppure mi sembrava una donna ragionevole, proprio non riesco a capire.”

Si potrebbe dire senza pericolo di offenderlo che Andrea aveva un aspetto piuttosto buffo, soprattutto in questo momento di scarso controllo. Non appena apriva bocca sorprendeva chiunque grazie alla sua notevole proprietà di linguaggio, che appariva ancora più notevole se si considera che il ragazzino dimostrava al massimo nove anni. A chiunque sottolineasse questa caratteristica veniva riservata la medesima risposta: “Ho alle spalle sei anni di onorato servizio come lettore appassionato. Le parole si imparano.”
Era basso, davvero basso, con la testa leggermente troppo grande e troppo tonda, decorata da un paio di imbarazzanti occhialetti rossi.
Andiamo, nessuno porta gli occhiali rossi alle scuole medie, ma nessuna argomentazione pareva convincere L'Arpia, che non ne voleva sapere di sborsare altri soldi per la sua vista almeno per i prossimi 3 anni.
In questo preciso momento, poi, era fuori di sé per l'umiliante reclusione e si sentiva un po' in colpa per quel vaso. In casa Neri si sentivano troppe assenze, e secondo la mamma gli oggetti erano il modo più immediato per colmarle. Non che Andrea fosse d'accordo, ma pare che i figli non abbiano un gran potere decisionale quando si parla di arredamento.
Insomma, in preda a stati d'animo poco piacevoli il giovane stava seduto sul bordo del letto, con il pigiama ancora sporco della crema di nocciole con cui aveva fatto colazione (e che si era rovesciato addosso perché, ehm, stava leggendo), le guance violacee dalla rabbia e i capelli arancioni arruffati.
Un disastro.
Odino non avrebbe mai permesso ad una futile umana di ridurlo in condizioni che così poco si convengono ad un uomo della sua levatura. Quindi nemmeno Andrea era disposto a lasciare questo trattamento impunito. Una fuga sarebbe stata la soluzione. Mica voleva lasciare sola sua madre per sempre, eh. Il suo intento non era nemmeno spaventarla, non era così crudele. Sperava solo di riuscire a dimostrarle di essere diventato un uomo in grado di badare perfettamente a se stesso, e un uomo adulto non può essere messo in punizione.
Quello che Andrea stava escogitando, quindi, era un piano piuttosto complicato: uscire di nascosto, cercando di portare con sé quanti più soldi possibile, cercare un luogo in cui stabilirsi e infine trovare un lavoro. A questo punto avrebbe contattato sua madre, per mostrarle quale radioso futuro si stava costruendo tutto da solo.
Sembra lineare, così, ma le difficoltà erano notevoli.
Innanzitutto uscire non sarebbe stato così immediato: quando tua mamma è una sarta che lavora in casa, le tue possibilità di libero movimento si riducono drasticamente. Portare soldi con sé era il problema minore, paradossalmente. Quando L'Arpia dimenticava gli occhiali da vista a casa chiedeva a lui di comporre il codice della carta di credito al supermercato, bastava prenderle la carta in un momento di distrazione. L'ostacolo principale era trovare casa e lavoro. Pare che in una società barbara come la nostra, non fosse permesso ad un dodicenne maturo come lui di firmare contratti. Non importano il quoziente intellettivo o il buonsenso, si continua a giudicare le persone dall'anno di nascita, cosa che ad Andrea pareva retrograda e superficiale.

Certo com'era di trovare una soluzione ad ogni problema, non si era reso conto dell'assurdità del piano nel suo complesso, il pensiero che un dodicenne non potrebbe mai vivere indipendentemente dalla sua famiglia non lo aveva nemmeno sfiorato. Stava quindi studiando il piano in ogni minimo dettaglio: il giorno stabilito per la fuga era il 19 luglio. Data scelta accuratamente, dato che il 19 luglio era non solo il suo compleanno, ma era anche un giovedì, il giorno di Thor. Avrebbe decisamente avuto bisogno della protezione del dio del tuono, mica di uno a caso.
Il caso, ma solo il caso, voleva anche che il giovedì fosse anche il giorno in cui L'Arpia andava dal fisioterapista, per quelle sue spalle così intirizzite dal lavoro.
Di fronte a lei Andrea cercava di mettere in gioco tutte le sue migliori capacità recitative, per farle credere che tutto fosse tranquillo e che lui nemmeno fosse più arrabbiato per la punizione, che comunque rimaneva ingiusta. Questa messinscena non gli stava nemmeno costando troppa fatica, da quando Chiara era morta la mamma sembrava sempre vivere su un altro pianeta e si accorgeva dell'umore del figlio solo quando questo era influenzato da qualcosa di molto rumoroso. Un vecchio vaso che si rompe, per esempio.
Questa distrazione non sarebbe nemmeno dispiaciuta ad Andrea, se non fosse che aveva il potere di scomparire per magia quando lui combinava qualcosa. Ogni danno, ogni rumore improvviso, ogni starnuto di troppo venivano prontamente ripresi, ma da tanto tempo ormai non si faceva più caso ai sorrisi.

Il giorno della partenza si stava avvicinando, e Andrea stava rifinendo gli ultimi dettagli. Innanzitutto, grazie ad alcuni tutorial su Youtube aveva imparato a rifarsi il letto, così che L'Arpia potesse tenersi alla larga dalla sua cameretta. Era importante che non notasse il bagaglio che Andrea stava preparando, o lo avrebbe lanciato fuori dalla finestra. Il bagaglio, non il figlio. Il problema della sistemazione era stato momentaneamente accantonato, perché il nostro fuggitivo era giunto alla conclusione che per qualche giorno se la sarebbe potuta benissimo cavare con la vecchia tenda da campeggio che suo padre aveva lasciato in soffitta. Ancora non la sapeva montare, ma era certo che Youtube gli avrebbe fornito un tutorial anche per quello. Sulla scrivania, ben nascosta tra il Dizionario degli animali nordici e le Leggende di Asgard, stava la lista delle cose da mettere nello zaino, che suonava più o meno così:
Carta igienica
Carta di credito
Crackers
Vestiti
Spada di Frodo
Cartina della provincia di Reggio Emilia
Torcia
Panno per pulire gli occhiali
Deodorante
Patatine alla paprika
Beowulf, edizione a fumetti

Quello che lo preoccupava maggiormente era la ricerca di un lavoro. La soluzione che per ora aveva accreditato come migliore era quella che lo vedeva sfruttare la connessione internet di qualche biblioteca per cercare lavoro come consulente esperto di dèi, con specializzazione in tutto ciò che riguarda il Nord, il freddo e i vichinghi. Effettivamente non aveva mai sentito di nessuno che svolgesse questa professione, ma niente gli impediva di essere il primo.
A parte questo particolare, ogni dettaglio era ormai definito e a prova di bomba, L'Arpia non lo avrebbe mai scoperto e tutto sarebbe filato liscio come l'olio.
Voglio proprio vedere se dopo avrà ancora il coraggio di mettere i vasi sul bordo dei mobili e poi dare la colpa a me se si rompono. Mai vista una madre che si lamenta di un figlio che legge! Dovrebbe essere orgogliosa!” si ripeteva come una specie di mantra l'avventuroso Andrea, che aveva bisogno di una pacca di incoraggiamento prima del grande passo.

Perché definire Andrea avventuroso era un po' un azzardo. Non fraintendiamoci, amava moltissimo la natura: gli piaceva leggere a piedi scalzi sull'erba all'ombra di grossi alberi, con i quali ogni tanto conversava fingendo che fossero Barbalbero, sognava di visitare terre sconfinate e lo faceva guardando infiniti documentari sugli animali della Nuova Zelanda. Il problema era che era troppo attaccato alla comodità del suo letto spazioso, e che rinunciare al suo Nintendo DS sarebbe stata la vera sfida di questa fuga. L'Arpia aveva cercato di iscriverlo agli scout, ma la risposta di Andrea era stata:
Posso portare il computer?”
Insomma, le difficoltà di questo viaggio erano molte più di quelle che apparivano ad una prima visione, ma Andrea sembrava abbastanza motivato da poterle affrontare tutte quante.

Certo, sperava che almeno giovedì 15 settembre non piovesse!
E invece, appena spalancate le finestre la mattina del giorno X, a salutarlo trovò certi nuvoloni che pareva di essere in pieno inverno.
Questo non era previsto. Come ho fatto a non pensarci?”
Innervosito e teso per la giornata che lo aspettava, scese a fare colazione sovrappensiero e con aria indispettita. Seduto a tavola, allungò un braccio e rovesciò tutto il succo di frutta sul tavolo e, come di norma, la voce della mamma partì immediatamente con un tono di voce decisamente non adeguato alle otto di mattina:
Ma insomma, sei sveglio o stai dormendo in piedi? Fila a cambiare la tovaglia!”
Sbattendo nervosamente i piedi nelle ciabatte, obbedì, riflettendo su quanto sollievo gli dava il pensiero che quello fosse l'ultimo ordine che avrebbe ricevuto per molto tempo.
La seduta della mamma dal fisioterapista era fissata per le 10, per cui aveva ancora un paio d'ore per finire di riempire lo zaino, rifarsi il letto e riuscire a guardare la nuova puntata del suo telefilm preferito.
Stavano giusto partendo i titoli di coda del telefilm quando L'Arpia chiamò il figlio:
Andrea, io esco! Dopo la terapia mi fermerò a consegnare dei vestiti, farò tardi. Se hai fame hai in forno un trancio di pizza avanzato da ieri, fattelo riscaldare, ma stai attento! Ciao!”
Va bene mamma, ciao!” basico, non lasciava indizi.
Ah, Andrea!”
Dimmi, mà.”
Buon compleanno!”
Ugh. Se ne era dimenticato. Non poteva permettersi di impietosirsi, non oggi, per cui liquidò la conversazione con un sincero ma freddo “Grazie!”.

Se ne stava seduto sull'ultimo gradino delle scale, in attesa di sentire la porta chiudersi e l'auto partire per poi raccogliere le sue cose ed uscire a sua volta.
SBAM. Porta chiusa.
CLICK, CLICK.
Click?
Ha chiuso la porta a chiave? Ma perché ha chiuso la porta a chiave? Mi ha chiuso in casa? E io ora come esco?”
Allarmato, corse giù dalle scale, rischiando un paio di volte di caracollare giù, per controllare se la porta fosse proprio chiusa.
E lo era.
Il panico iniziale si trasformò rapidamente in rabbia verso se stesso: convinto com'era di avere controllato in dettaglio ogni evenienza e ogni particolare del suo viaggio si era completamente dimenticato di guardare le previsioni del tempo e non aveva considerato che, essendo stato messo in castigo, con ogni probabilità sarebbe anche stato chiuso in casa.
Poco male” si ritrovò a pensare “le dimostrerò che non sarà certo un mazzo di chiavi a cambiare i miei programmi!”
Mentre elogiava mentalmente il proprio sangue freddo scese a controllare le finestre del piano terra. Avrebbe potuto tranquillamente sgattaiolare fuori da ognuna, la possibilità di iniziare la vita da campeggiatore con un braccio rotto si poteva escludere. Non era ancora da escludere, invece, il rischio che a rompersi fosse il contenuto dello zaino, molto più importante dell'avere il braccio perfettamente dritto. La soluzione gli giunse dal ricordo di un vecchio cartone animato: posizionato lo zaino in un cestino e legato il suddetto cestino ad una corda, lo avrebbe lentamente calato giù. L'altezza della finestra da terra era sinceramente ridicola, ma non avrebbe mai permesso che la sua copia di Beowulf si macchiasse con l'olio delle patatine, era meglio essere prudenti. Lo avrebbe coperto con un vecchio impermeabile di papà per non farlo bagnare, e infine sarebbe saltato dalla finestra. Per quanto riguarda l'imprevisto meteorologico, invece, c'era poco che Andrea potesse fare. Quello stesso impermeabile lo avrebbe poi indossato lui per proteggersi.
Conclusi tutti i controlli del caso, allacciate per bene le scarpe da trekking, recuperato il trancio di pizza avanzato e calato il cestino dalla finestra, saltò giù.



4 commenti:

  1. Non sapevo ti piacesse scrivere storia per ragazzi. Secondo me te la cavi egregiamente (ma per onestà dico che la mia opinione in questo ambito non vale granché). Spada di Frodo? Intendi Pungolo? Sono proprio curioso di sapere cosa se ne fa.
    P.S; Data la realtà italiana, Andrea ha più possibilità di incontrare un drago per strada e sconfiggerlo colpendolo con i fumetti di Beowulf, che di trovare un lavoro.

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    1. Non lo sapevo nemmeno io, fino a che ho notato che nella mente comparivano solo quelle! Ti ringrazio!
      (Temo di sì, ma lui è un po' ingenuo, forse ancora non lo sa)

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  2. E poi? Voglio sapere come prosegue la storia!
    P.S. ho letto le "origini" del blog, ho fatto bene a darti quel consiglio ... <3

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    1. Per l'e poi temo ci sarà da aspettare ancora un po'. Hai fatto bene, sì, solo che sei venuta a riscattare dopo 'solo' 3 anni di blog!:D

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