mercoledì 11 luglio 2018

#CiaoNetflix: Hannah Gadsby: Nanette

Cose che so sulla stand up comedy: zero.
Cose che so sulle lesbiche, lato dell'omosessualità di cui non si parla mai: zero.
E quindi, su consiglio di Cimdrp (che vi consiglio come sempre di cercare su Youtube se siete interessati al tema della parità), oggi ho guardato Nanette, uno spettacolo di stand up di Hannah Gadsby. (Cose che sapevo su Hannah Gadsby: zero.)
Ed è stato eccezionale.


Ci sono tanti modi per parlare di temi fondamentali come la parità, il patriarcato, l'omofobia.
Hannah ne sceglie uno che spiazza e lascia senza fiato: l'onestà.

Dopo una prima parte in cui prende se stessa, il suo background, le sue origini e fa tutto a pezzi piccoli piccoli ridendone e lanciandone i coriandoli per aria (facendo sinceramente divertire, evitando il cringe furioso che causano a me a volte i comedian), con una sterzata che ha colpito dritta dritta in un mio punto debole (l'autodemolizione) si è cambiata aria.
Addio alle battute sul coming out con la nonna e addio al racconto della chiusura mentale e legale della Tasmania degli anni '90.
Non si scherza più.
Quella che sembrava essere un'oretta di risate tranquille è diventata un ritratto ferocemente sincero sulle donne, sul loro ruolo nella storia dell'arte, sulla loro condizione odierna e sul ruolo ancora più complicato delle donne omosessuali, donne a metà.
Se già le donne contano metà dell'essere umano maschio, le lesbiche ancora la metà.
Un quarto di umano.
Senza paura di essere troppo provocatoria - amanti di Picasso siete avvertiti, non ci va giù leggera - l'elenco di cose che Hannah dice è spaventosamente reale. Il tono della commedia è cambiato, e non c'è proprio niente da ridere.
Sembra spesso trattenere le lacrime, ma proprio come chi non ha tempo per lamentarsi ma ha un messaggio fondamentale da lanciare, non piange mai. Sputa fuori aneddoti dolorosissimi, e verità che tutti conosciamo e sulle quali ci siamo spesso accomodati, per paura di combattere.
Ma lei no, lei non ha paura di parlare di violenza, di malattia mentale, di rapporti fratturati, di maschi privilegiati impauriti da chi questi privilegi sembra volerli far vacillare.
Quando parla traspare chiaro - anche se ha dovuto specificarlo, che la gente è scema e non capisce niente a parte quello che vuole - che il suo non è odio verso gli uomini. La capisco bene, io sono nata nella privilegiata sfera dell'eterosessualità. Ed è proprio perché esistono uomini splendidi, rispettosi e intelligenti che quelli che non lo sono vanno combattuti più forte. Proprio perché storicamente li abbiamo costruiti più potenti, più importanti, perché gli abbiamo concesso di fare di noi quello che credevano, oggi qualcuno va aiutato più di altri a capire cosa è giusto. Da quella società qui ci siamo nati tutti, ma qualcuno fa più fatica a scollarsene.
Spettacoli come quello di Hannah Gadsby vanno proiettati nelle piazze, vanno imparati a memoria, vanno inseriti nei programmi scolastici.
Fanno un male cane, ma sono talmente grandi che il loro tema principale è solo uno dei mille a cui certe frasi possono essere applicate.
In Italia, nel 2018, uno spettacolo così è una ventata d'aria fresca.
E siccome questa ventata d'aria fresca fa un male del demonio, pensate a che schifo di opinione ho dell'Italia del 2018.
Vi lascio così, con una frase di Hannah che mi tatuerei, che vorrei affissa nelle classi al posto del crocifisso, di fianco a Sergione Mattarellone, per ricordarci che possiamo essere migliori di quello che stiamo dimostrando in queste settimane.

The only people who lose their humanity are those who believe they have the right to render another human being powerless.

2 commenti:

  1. Durante il weekend ho letto molto fermento attorno a questo show-episodio di Netflix, e visto che lei mi piaceva già in Please Like Me, gli stand-up comedy da quando ho scoperto Mrs. Maisel, me lo sono appuntata e preparo già i fazzoletti.

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    1. Io adesso sono intenzionata a recuperare tutto il resto!

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