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martedì 9 febbraio 2021

I 200 di Rue Morgue: Abby

16:06

Questo blog è stato per quasi un decennio orientato quasi solo alla cultura occidentale. Non solo cinema dell'orrore, ma anche cinema tutto, prodotti seriali, libri. Non solo la mia cultura è particolarmente lacunosa, è anche molto escludente. Non ne vado fiera. 

Quello che mi rendo conto dovrei fare è ampliare il mio sguardo, uscire dalla comfort zone, conoscere e aprirmi a quello a cui finora, più o meno inconsapevolmente, non mi ero ancora aperta. Horror orientali qui si contano sulle dita di una mano, per non parlare di produzioni africane o anche solo afroamericane. È ora di smetterla, o almeno di provarci.

Cominciamo quindi con Abby, horror demoniaco del 1974, che Wikipedia mette in quel controverso insieme che è la Blaxploitation. Nello specifico, questo film ha un regista bianco (lo stesso di Grizzly) ma un cast quasi completamente nero. 



Abby è la storia di una felice neosposina, quella che dà il titolo al film, che poco dopo il traferimento in una nuova casa che la parrocchia ha dato al suo marito pastore, comincia a presentare sintomi inusuali. Il tutto sembra collegarsi a Eshu, il potente demone della religione del popolo Yoruba, che il suocero di Abby rievoca per sbaglio durante una spedizione in Nigeria. 


Saltiamo subito al lato più noto del film: la Warner Bros, offesa che proprio pestava i piedi per terra dal nervoso, gli ha fatto causa e lo ha fatto rimuovere da tutti i luoghi del globo terracqueo. Perché? Perché è uscito nel '74, e l'anno prima un altro cinemino poco noto aveva parlato grossomodo di argomenti simili. Insomma, ad Abby non hanno perdonato di essersi ispirati al più grande film dell'orrore di tutti i tempi e quindi, anche se il film di Girdler stava andando benissimo in sala, arrivederci e grazie. 

Oggi, per fortuna, si trova facilmente su Youtube, in inglese. 


Dico per fortuna perché per quanto mi riguarda Abby è una visione divertentissima, molto fresca (paradossalmente, vista l'età), e di grande intrattenimento. Posto che a quel film là ci si sono ispirati poi quasi tutti, e non è difficile immaginare la ragione, secondo me in questo caso si fanno delle scelte azzeccatissime. Abby non è una ragazzina, è una donna adulta, alle prese con la quotidianità e i problemi di una persona adulta, è già un punto di vista diverso. In più, la possessione non avviene in una famiglia laica, al contrario. Il marito è un pastore e la stessa Abby è una grande credente. La fede, qui, non solo non viene mai messa in discussione ma è un grande collante e il punto di forza e unione della famiglia. Il marito corre per la città a riprendersi la moglie diventata affamata di sesso, e immediatamente si rivolge al padre quando le difficoltà sono ormai oggettive. La madre della povera posseduta è presente fin dalle prime scene, e quello che si crea è un clima familiare molto intimo, nonostante la tragedia che incombe sui protagonisti. 

L'ispirarsi al film di Friedkin è inevitabile: il modo in cui gli esorcismi vengono rappresentati al cinema è ormai quasi sempre identico a se stesso, e personalmente ho smesso di inorridire per la mancanza di una presunta originalità da tempo. 

Di Abby ho amato molto l'ambiente familiare, la rappresentazione dell'intimità, il volersi bene, e solo dopo la parte riguardante quello che ho letto in giro definito come il "disco esorcismo" (che sogno). 

È un film dalla sorte infelice ma breve, che scorre veloce, diverte, sa usare in modo intelligente il concetto di "ispirazione" e sta gratis su Youtube. Serve altro?

lunedì 23 gennaio 2017

At the devil's door

18:05
Continua il mio viaggio per tornare tra le calorose braccia di Friedkin. Ora che Blatty ci ha salutati, poi, è quasi doveroso. Prima o poi leggerò anche il libro, lo prometto.
MA temo che questo giorno sia appena slittato un pochino in avanti perchè, che io sia eternamente maledetta, At the devil's door mi ha fatto una paura di quelle che mi hanno fatto passare la voglia di vedere dei demoniaci ancora per un po'.

Leigh è un'agente immobiliare che, analizzando una nuova casa da vendere, trova una mazzetta di banconote. Quella che noi seguiamo è la storia di quella mazzetta, di come una giovane ne sia entrata in possesso e di come le conseguenze del suo gesto si siano trascinate coinvolgendo non solo lei stessa ma altre donne.

Una diapositiva del momento in cui pensavo sarei morta

Ma a me esattamente chi è che lo fa fare?
Cosa credo di ottenere? Ma se anche tra un mese o due io riguardassi davvero L'Esorcista riceverei un pagamento in gettoni d'oro? Perchè davvero a volte penso di avere grandi problemi di masochismo. Io domani ho davanti qualcosa come quindicimila ore di lavoro, in un bar da sola, e alla sera, COL BUIO, io il suddetto bar lo dovrei anche chiudere. Andare in un magazzino buio e gelido come il Polo, controllare che tutto sia a posto e poi uscire. DA SOLA. AL BUIO.
Potevo vedere La La Land. Invece no, mi sono appena condannata ad una giornata infernale, contrassegnata da allucinazioni uditive che mi faranno voltare di scatto ogni 5 minuti perchè mi sarà sembrto di sentire il ringhio di Satana.
Perchè lo sapete cosa fa tanta, tanta paura in At the devil's door? I rumori. Le apparizioni demoniache di fatto non ci sono mai, ma le conseguenze della presenza del demonio nella stanza sono anticipate da dei ringhi. Se ormai le nostre orecchie sono abituate alle sinistre voci che di solito gli vengono attribuite, questi suoni animaleschi mi hanno annientata sul divano.

Leigh, Hannah e Vera non hanno alcuna colpa se non quella di essere donne profondamente sole. Hannah visceralmente attaccata ad un fidanzatino di passaggio che l'ha gettata tra le braccia del demonio, Leigh e Vera sole al mondo, legate solo l'una all'altra da un rapporto che, come spesso accade tra sorelle, è forte ma complicato. Tutte con le loro fragilità, noto punto di appiglio di quel signore lì con gli zoccoli che non aspetta altro di vederci vacillare. E lui infatti subodora la solitudine e, a turno, se le prende tutte e tre. Prende anche me, evidentemente, perchè il sospetto, la paura, gli occhi sempre voltati dietro le spalle li avrò per un po'. C'è da dire che McCarthy fa quella cosa notevolissima di mostrare il demonio in penombra, in un riflesso allo specchio, negli occhi neri di una bambina, senza mai sbattercelo in faccia. È quella cosa che Stephen King dice in Danse Macabre quando parla di Lovecraft: se il terrore lo tieni dietro la porta fa una paurona malvagia, ma appena la spalanchi e me lo sbatti in faccia io posso anche farlo un saltellino sulla sedia, ma poi inizio già a tranquillizzarmi. Se c'è un mostro di tre metri dietro mi fa certamente spavento, ma sono anche sollevata, perchè poteva esserne alto trenta, di metri. Poi finisce tutto in vacca come La madre, che aveva tutte le potenzialità per farmi stare sveglia la notte e invece fuffa.
Qui il volto del Male si intravede per cinque secondi forse, giusto il tempo di sgommare le mutande, e poi torna a nascondersi. È come se ci stesse pescando: ci attira, poi butta l'esca un secondo tanto per farci abboccare e infine ce la leva da sotto il naso. Ma ormai è fatta.
McCarthy gioca con noi, con la nostra paura atroce, e a quanto pare si diverte molto a farlo, perchè gli riesce bene assai.

Forse questo discorso conta solo se, come me, al solo sentire un vago richiamo satanico scappate con le valigie in Messico, chissà.
Però il film è bello davvero, quello a prescindere, giuro.

lunedì 28 novembre 2016

Il rito

17:54
Ve la ricordate, vero, la missione in cui mi sono masochisticamente lanciata? Si riprende in mano Friedkin con la sua bambinetta posseduta e si riguarda L'esorcista. Ce la posso fare. Se riesco a fare quello riesco anche a perdere quella decina di chili che mi manca per assestarmi, e badate che non so quale delle due sia più difficile.
Fino ad ora i demoniaci che ho guardato mi hanno fatto quasi tutti pietà. Non che questo elimini il fatto che generalmente mi abbiano fatto paura, ma se dovessi dire che sono buoni film tutti quelli che mi hanno spaventata dovrei dire che Paranormal Activity è bello, ed è una cosa che non sono disposta a fare.

 Stavolta proviamo con Il rito, storia in cui un giovane ed avvenente sacerdote (che ha preso i voti per motivi che mi permetto di definire deficienti), in preda ad una crisi di fede, viene spedito dal suo superiore a Roma, dove potrà seguire un corso per esorcisti. Se nemmeno quella strada lo convincerà a restare in seminario, sarà libero di andare. Qua farà la conoscenza di Padre Lucas, un esorcista con molta esperienza che sarà la sua guida nel percorso di ricerca della fede perduta.


Parliamo di una cosa: sono millemila anni che si fanno film. Chiedere costante innovazione è certamente chiedere troppo, lo riconosco senza problemi. Ogni tanto, però, fanno la loro comparsa sulla scena certi film, mi vengono in mente per esempio Quella casa nel bosco oppure It follows che fanno una cosa magica: prendono tutti i tassellini che canonicamente fanno parte del loro sottogenere horror di appartenenza e li scombussolano tutti, scombinandoli fino a creare qualcosa di completamente nuovo ma dai forti richiami tradizionali.
I demoniaci no. Loro sono quasi da ammirare per la rigidità con la quale non si discostano di un centrimetro dalla casa madre, dove con casa madre parlo del film di Friedkin. Provano a farci credere di inserire grande innovazione, e non vorrei dover essere io a infrangere le loro convinzioni ma no, fare un mockumentary non vi esonera dal discorso.
Prete (dove la figura del prete è facilmente sostituibile con qualcuno a caso, ma è da preferirsi l'appartenenza clericale) scettico, con la fede in discussione, che ha bisogno di prove evidenti per convincersi che davvero Dio e l'eterno rivale esistono. Accanto a lui ci deve essere un secondo prete, più saggio, con esperienza da vendere, che deve sempre raccomandare a giovane di prendere sul serio la questione perché non si scherza col demonio. Demonio che possiede a sua volta battute di repertorio, ma che soprattutto deve sempre essere al corrente dei segreti macabri della vita delle persone che non credono in lui, e questo fatto deve essere quello che fa cambiare idea agli scettici.
Come colpo di grazia, in nessun film il diavolo si ferma a possedere un corpo soltanto, ma deve vagare un po' tra i presenti cercando di seminare il panico.
Il rito non ci prova nemmeno a fare eccezione. Si mette comodo nel ruolo che ci aspettiamo ricopra e si porta a casa il solito filmettino con niente che ci stupisca. Anche perché che Anthony Hopkins sia bravo lo sappiamo già e abbiamo film di ben altra levatura a ricordarcelo.


Non è tanto questo che rimprovero a questo film. Mi sta anche bene che tu cerchi di metterti comodo nei panni che qualcun'altro ha cucito per te. Non sei neanche cattivo in questo.
Ma che un demoniaco a me non faccia paura neanche un secondino non lo posso accettare.

Io non ve lo consiglio nemmeno per ischerzo, però magari a voi piace da matti e volete il DVD con la bramosia con cui io desidero la Pepsi in estate, e il link per acquistarlo acciocchè anche io benefici dei vostri opinabili gusti (dai che si scherza), il link a cui trovarlo sta qui:


Il rito

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