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giovedì 13 gennaio 2022

I film dell'isolamento - parte 1

11:40

 Alla fine è successo, e data la situazione è un miracolo sia successo solo ora: mi sono presa il Covid.


Sto abbastanza bene, ho i sintomi di un'influenza un po' più rognosa della norma, ma sono ovviamente confinata in casa. Sì, nella settimana di uscita di Scream. La sto comunque prendendo bene.

(Lo so che le cose vanno messe in prospettiva e tutto quanto, e infatti se mi posso permettere di rosicare perché stasera non posso essere al cinema è perché sto bene e ho preso questa cosa in una forma leggera, ma per favore vi vaccinate? Grazie.)


Presente quindi tutti i buoni propositi da anno nuovo? Mi ero detta che avrei fatto il veganuary, che avrei ripreso ad allenarmi, che avrei studiato un po' e guardato tutti i noir possibili. Rimandato tutto. Così imparo a continuare questa follia collettiva dei buoni propositi per l'anno nuovo.


selfie


Ora, la situazione è questa: quando sono a casa di riposo dal lavoro e non ho impegni riesco a vedere anche 3/4 film al giorno. Il mal di testa che mi si mangia mi ha forzato finora a fermarmi a due, a volte manco quelli. In più, niente Kindle, ho avuto gli occhi un po' stanchi che ho sottoposto a più schermi di quanti fossero pronti a fare. Quindi, qualche visione l'ho fatta, ma meno di quante avrei voluto.
Parliamone insieme.


Kandisha

Ho cominciato con l'ultimo film che mi mancava della coppia Baustillo - Maury, perché era bello comodo su Shudder. 
Aisha Kandisha è una creatura del folklore marocchino, dalle sembianze femminili ma con piedi caprini, che se evocata aiuta le donne a liberarsi di uomini indesiderati. Lo so che così sembra una favola, invece è davvero un film dell'orrore. Viene evocata da Amélie, una giovane che ha a che fare con un ex violento, ma purtroppo evocare un jinn ha spesso conseguenze indesiderate.
Sono ormai catturatissima dal fascino del folklore del mondo arabo, troppo spesso ignorato dal cinema occidentale. Kandisha ha un'aspetto magnifico se amate l'estetica arabeggiante, con occhi truccatissimi e vestiti gloriosi, e noi stessi, insieme ad Amélie, ne sentiamo il bisogno. L'ex fidanzato era un violento, incapace di tollerare la rottura, stupratore. Ed era giovanissimo. Un ritratto spaventoso di come la cultura dello stupro parta presto, di come sia parte del modo in cui le ragazze sono viste già così presto. 
In più, i due registi scelgono di ritrarre non i borghesi di Parigi, come abbiamo visto spesso fare a loro e ai loro colleghi della New French Extremity, ma ragazze di periferia, che si fanno le cannette insieme e si nascondono a fare i graffiti, con i tratti mediterranei e le famiglie straniere. Sono la classica famiglia di amici che si crea nei quartieri periferici, quando la famiglia ufficiale manca o è piena di caos. In più, sono sinceramente tra i più teneri e simpatici adolescenti che ho visto sullo schermo ultimamente. Si prendono in giro, si prendono le patatine al bar, si vogliono bene. 
Ovviamente non mi ha sorpreso nemmeno un po', ma Kandisha è un bellissimo film, con la messa in scena di classe che ormai contraddistingue i suoi due registi e un focus sulle leggende marocchine che spero di avere modo e tempo di approfondire. E se, a questo proposito, aveste film o documentari a riguardo da consigliarmi, ho qualche giorno ancora da sfruttare.


Lake Mungo

Ho notato che è arrivato su Shudder pure lui, che ricordavo come uno dei miei found footage preferiti ma che non rivedevo da qualche anno, e ne ho approfittato. Non è stata una buona idea, perché Lake Mungo fa paura, e io per qualche giorno l'isolamento me lo sono fatta da sola, in una camera da letto in cui ancora non abbiamo installato un'illuminazione degna di questo nome.
Parla di Alice, una sedicenne che muore annegata in un lago durante una vacanza di famiglia, e di tutte le cose anomale che accadono alla sua famiglia dopo la sua scomparsa.
La storia è molto dolorosa, e lo è in un modo intimo e delicato, perché racconta di lutto senza mai utilizzare i consueti modi della disperazione. La famiglia di Alice viene intervistata e conserva un'ammirabile compostezza, che non è certo l'unico o il migliore modo di gestire un lutto, ma che permette che il film non cada mai in facilonerie drammatiche. Fa molta paura perché parla di fantasmi, reali o creati da menti bisognose che siano, e lo fa con grande efficacia e ottime scene di paura classica.
È anche una storia di segreti, di lati di noi che non siamo pronti a mostrare agli altri, di cosa rende una persona quello che è, se conti di più il ricordo che si ha di qualcuno o la ricostruzione di una realtà passata.
E poi va beh, c'è quella scena del cellulare. E io solo con la luce della abat jour. 


Kill List

Mi dispiace se sarò Shudder-maniaca, in questo post, ma per una volta che potevo guardare solo horror mi sono incollata alla piattaforma per giorni di fila. Insomma, con l'inizio dell'anno nuovo Shudder ha aggiunto la categoria folk-horror e ovviamente Kill List era lì che mi aspettava.
Parla di due ex soldato riconvertiti a sicari che accettanno un nuovo incarico, che si rivela essere molto più complicato dei precedenti. Jay e Gal sono due persone molto diverse, e soprattutto che si sono costruiti vite molto diverse. Jay è vincolato in un matrimonio complesso, che risente della complessità della vita "comune", in cui i soldi, quando mancano, diventano motore di frustrazioni, dolore, urla. Gal è più leggero, ha la sua nuova fidanzata sex bomb fiammante da esibire come trofeo nelle cene con gli amici e pochi pensieri per la testa. 
La prima metà del film è soffocante. Jay e Shel, la moglie, si vogliono evidentemente ancora bene ma l'affetto ha ben poco a che vedere con il pane che devi portare sulla tavola per dare da mangiare a tuo figlio. Laddove Jay si lascia trascinare da traumi passati, Shel è più concreta, e infatti è lei a spingere il marito (anche con una giusta dose di botte), a riprendere l'attività. Qua c'è da pagare le bollette, avanti, su il culo dal divano.
Posto che di folk horror si tratta, si andrà a parare in una certa direzione, che pur essendo sempre divertente e interessante da vedere, secondo me è leggermente meno interessante della prima parte, molto appassionata. Però va beh, mica vengo davvero qua a criticare Ben Wheatley, dai.


32 Malasana Street

Sono un po' combattuta su questo.
Parla di una famiglia che a metà degli anni 70 si trasferisce da una fattoria in un villaggio in un appartamento nel cuore di Madrid, perché a tutti i suoi membri vengano date nuove opportunità. Ci sono mamma Candela, papà Manolo, e i tre figli: Amparo, Pepe e Rafael. Il nuovo appartamento, però, riserverà loro una triste accoglienza, a partire dalla misteriosa sparizione del piccolo Rafael.
Dunque, questo è un film strepitosamente bello, se l'estetica della periferia spagnola degli anni 70 vi piace. A me piace tanto, e quindi gli abiti, l'arredo, le acconciature, l'architettura, la luce, li ho trovati magnifici.
Di fatto è un racconto molto canonico di case infestate, piuttosto senza infamia e senza lode. Quello che io vorrei su questo film è uno scambio di opinioni con le persone che appartengono alla comunità trans. Non entrerò nei dettagli oltre per evitare spoiler su un film che è piuttosto recente, però penso che il suo finale si presti ad una chiacchierata che sono sicura di non avere le competenze corrette per fare.


Silent Night Deadly Night

Trovato questo classicone su Tubi quasi per caso, rivederlo oggi mi ha aperto diverse riflessioni che anni fa avevo ignorato.

Il piccolo Billy assiste al brutale omicidio dei suoi genitori da parte di un uomo vestito da Babbo Natale e la cosa gli causerà una naturale fobia verso tutto ciò che è natalizio. Fobia che verrà naturalmente curata a suon di sculacciate dalla madre superiora dell'orfanotrofio in cui è finito, e che lo farà esplodere in una follia omicida una volta assunto in un negozio di giocattoli.
In Silent Night Deadly Night abbiamo: malattie mentali non curate ma anzi peggiorate, il problema dei bambini abbandonati a se stessi in istituti religiosi vecchi e bigotti, la frustrazione sessuale, l'omicidio canonico dello slasher che stavolta diventa ancora più esplicitamente punitivo. 
Billy è, e resta per sempre, prima di tutto vittima: di quello che gli è successo, del suo trauma, delle suore che lo hanno sottomesso, dell'ignoranza che gli è stata imposta, soprattutto riguardo alla naturalezza della sessualità, delle persone che per tutto il film non hanno cercato di fare altro che sopraffarlo, fermarlo, inchiodarlo, dell'incapacità di chi lo circondava di occuparsi dell'enormità di quello che gli era successo.
È un film cattivo, in cui nessuno ne esce vincitore, in cui il "problema Billy" non solo non viene risolto ma trascina altri problemi a valanga, in un ritratto tristemente molto fedele, per quanto pur sempre inserito in un film dell'orrore, di quello che accade quando non ci si prende cura degli ultimi. Non è mai, mai, mai, il problema di un singolo, ma di una società intera, e quando impareremo a muoverci di conseguenza sarà sempre troppo tardi.


Heathers

Problemi della società, dicevamo?
Heathers è una spietata horror comedy, in cui Veronica, la protagonista, si ritrova per la prima volta, attraverso la sua nuova relazione con JD, a guardare dall'esterno l'orrore che sono le sue amiche, le Heathers, le ragazze più popolari della scuola. 
È complesso, oggi, parlare di questo film, che è profondamente radicato nel suo tempo e che si porta appresso inevitabilmente cose che oggi faremmo diverse. Eppure, scavalcate le battute grassofobiche e l'omofobia imbarazzante, una volta arrivati al finale del film la sostanza non lo allontana troppo da noi. 
E ci arriva nell'89, 10 anni prima di Columbine. JD è un personaggio tragico, Veronica il filo conduttore che non potrebbe ricucire mondi lontani neppure con tutto l'impegno del mondo, gli adulti i consueti inconsistenti che hanno perso il contatto con la complessità di essere giovani. 
Un film iconico, divertente, che trova l'equilibrio giusto per essere sia leggero e scanzonato che serio e potente quando serve.
E Winona Ryder non si è mai più vestita bene così.


Poi è successo l'inevitabile: si è preso il Covid pure il mio compagno. Ho dovuto quindi mollare i miei giorni di solo orrore per riaprirmi al vero segreto di una relazione lunga come la nostra: il CoMpRoMeSsO. E quindi, le visioni di ieri.


Eternals

È arrivato su Disney+ ieri, e lo abbiamo recuperato subito visto che ce lo eravamo persi al cinema. 
Ora, io non l'ho trovato brutto. So che è stato piuttosto detestato dalla comunità degli appassionati, io mi discosto dall'odio. Però ecco, è noiosello. Dura come ormai ogni roba della Marvel più di due ore, ha un milione di personaggi che per forza di cose non riesce ad approfondire in alcun modo (sì, nonostante la durata), ed è un peccato perché di qualcuno di loro avrei voluto vedere molto di più, e ho trovato poco appassionante la vicenda, che chiunque abbia mai visto anche un solo paio di episodi di Doctor Who ha già incontrato. L'alieno che arriva sulla terra e se ne innamora perché in fondo gli umani fanno anche cose buone è un concetto che ormai conosciamo, e nonostante io non cerchi l'originalità ad ogni costo mi piace notare quando a narrazioni ormai conosciute si dia un twist nuovo. Qui non è così.
La sola cosa che ho detestato è stato il finale, una faciloneria romantichella che mi sarei volentieri risparmiata. Ma allora ridatemi le battaglie dei finali MCU, che durano come una pausa pranzo ma almeno sono più oneste.


Encanto

Io non amo l'animazione, ma da quando abbiamo Disney+ inevitabilmente ne guardo un pochino di più. Encanto parla di una famiglia che in seguito ad un tragico evento ha ricevuto un miracolo, e da allora ogni membro della famiglia ha un dono, una sorta di superpotere, grazie al quale la famiglia ha aiutato e supportato tutto il proprio villaggio. Solo la piccola Mirabel non ha ricevuto un dono, ma sarà proprio lei a dover aiutare la famiglia quando il miracolo si rivelerà in pericolo.

Ora, non fraintendetemi, è molto carino. Colori e disegni magnifici, le canzoni molto molto belline (ma sono di Lin Manuel Miranda, non mi aspettavo nulla di diverso), alcuni personaggi davvero divertenti e Mirabel, se lo guardate in lingua originale, è Stephanie Beatriz, che è Rosa di Brooklyn99, quindi fa molto ridere.

Però, tanto quanto non mi aveva emozionato Coco, temo che nemmeno questo, nella sua narrazione della famiglia felice e ricongiunta, tocchi la mia sensibilità. Sono sicura che sia splendido per i bambini, perché alcuni momenti sono davvero deliziosi, e che il rapporto nonna - nipotina sappia toccare in chi le ha corde molto dolci, però c'è qualcosa in questo ritratto familiare che non fa per me. 
Forse sono solo inacidita.



Infine, la sola serie tv che sono riuscita a vedere, la prima stagione della serie MTV di Scream.
Avrei tantissimo voluto vederla prima di So cosa hai fatto, però, e forse l'avrei apprezzata ancora di più.
In questo caso siamo in una piccola cittadina che vive nel ricordo di un vecchio evento traumatico: il serial killer Brandon James, ossessionato dal suo amore per la giovane Daisy, ha ucciso chiunque si fosse messo tra di loro, finendo ucciso dalla polizia. 
Anni dopo, la cittadina è di nuovo scossa da una serie di omicidi, e Emma e i suoi amici sono nel mirino del killer, e dovranno salvarsi da soli.

Lungi da me dire che non sia carina, anzi. Me la sono mangiata in due giorni proprio perché io ai giovani adolescenti cazzoni mi affeziono in un secondo. Questi, nello specifico, son proprio pagliaccissimi e pure tutti con una discreta lista di piccoli/medio crimini alle spalle per i quali non verrebbero mai puniti in ogni caso perché sono gli splendenti figli della società bene, ovviamente. Però sono davvero degli adorabili idioti (con l'eccezione di quelli che riprendono le proprie fidanzate inconsapevoli mentre fanno sesso, naturalmente), con dei trascorsi da rimettere in discussione, con le proprie vite da tenere in equilibrio, con se stessi ancora da scoprire.
Bisogna proteggere Bi-Curios&Virgin ad ogni costo, sono troppo preziosi per questo mondo.



Insomma, poteva andarmi meglio (potevo essere al cinema a vedere Scream, per esempio), ma poteva andarmi pure peggio.
E poi sto bene (quasi, non vi consiglio la combo covid+cervicale), e la cosa importante è quella.

mercoledì 1 dicembre 2021

Due horror ambientati in collegi femminili

18:14
Quando facevo arrabbiare la mamma (cosa che accadeva di rado, devo ammettere, sono la coscienziosa sorella maggiore) la cosa che mi ripeteva più spesso era Guarda che ti mando in collegio.
Se non fosse che poi, per motivi che non dipendevano dalla sua volontà, in collegio ci sono finita davvero, per un anno e mezzo, e da allora la minaccia è scomparsa nel nulla. Dopo la mia esperienza questo fascino verso questo genere di ambienti mi è rimasto, come se rivivere dall'esterno esperienze del passato mi aiutasse a metterle meglio a fuoco. Ora, nel collegio in cui sono stata io non è morto nessuno, che io sappia, non c'erano fantasmi, e nemmeno preti pedofili, però c'era Suor Colomba, nome di battesimo Jolanda, che è stata la persona che mi ha inflitto quel lieve trauma che per me è stata la prima visione de L'Esorcista. 
Sono stati lei e mio padre a lasciarmi questa ossessione per l'orrore, ma ho come la sensazione che per lei sia stato involontario. Temo anche che la Colly oggi non sarebbe poi troppo fiera di me, se sapesse che persona sono diventata. Meglio non pensarci. 

Negli ultimi giorni, insomma, mi sono vista due film ambientati in collegi femminili, e ho pensato di parlarne un po', perché in modi diversi sono state due visioni che hanno lasciato il segno.


il mio collegio non era proprio proprio così, ecco



Darlin'




Ma vi ricordate quando è uscito The Woman, nel 2011? Alla fine del film eravamo così incazzate ma così empowered che avremmo distrutto il mondo a mani nude. Il problema era che lo avevamo visto troppo in poche. Ecco, la Woman stessa del titolo, Pollyanna McIntosh, non aveva ancora finito di massacrare i maschi, e ha deciso che il terzo film della sua saga se lo sarebbe fatta per conto suo. Qui McIntosh recita, scrive e dirige. 
Questa volta il focus è su Darlin', la ragazzetta che già conosciamo dal film precedente. La cosa non vi faccia allontanare dal film se non avete visto i primi due, è una pellicola perfettamente autonoma, e i richiami al film precedente sono comunque ben comprensibili. Io non ho ancora visto Offspring, il primo, per esempio.
Insomma, Darlin'. La donna che è con lei (la Woman, appunto, di McIntosh) la accompagna in ospedale per motivi che all'inizio non ci sono chiari. Lo staff si trova di fronte un caso mai visto prima: la ragazza è in uno stato animalesco, sporca, non verbale, molto aggressiva. Le premure di un infermiere, Tony, la renderanno lentamente più gestibile, al punto che si decide di affidarla alle cure di un orfanotrofio a gestione religiosa. 
Il vescovo prende Darlin' come una sorta di missione personale, il cui punto sia dimostrare i miracoli di cui la sua struttura, grazie alla fede e all'amore dell'altissimo, è capace. La donna, però, non smette di cercarla.

Io mi aspettavo qualcosa di molto forte, crudo, doloroso. Non fraintendetemi, lo è, in parte, per motivi di cui parleremo in zona spoiler. Eppure questo è proprio un film girato da una donna, e mi perdonerete se questa ultimamente è la mia ossessione. Il femminismo è diventato la mia lente per leggere il mondo e il cinema viene di conseguenza. Dico che si nota la mano femminile perché in mezzo a storie molto intime e strazianti (è pur sempre un orfanotrofio), il film è una potentissima storia di rivalsa, che ha saputo trovare un equilibrio perfetto tra momenti molto duri e altri che pur mantenendo l'importanza dei temi sono sinceramente divertenti. La donna incontra un gruppo di gentili signorine, matte come dei cavalli imbizzarriti (detto nella miglior accezione possibile), pronte a darle la loro sorellanza nonostante questa sia così lontana da loro. Questa strampalata famiglia di donne dimenticate dalla società perbene, che vivono ai bordi della strada, è dolcissima e potente. La conoscono da 3 minuti, lei non ha rivolto loro una mezza parola se non i suoi grugniti, e loro non l'hanno solo accolta, ma l'hanno resa una di loro, e hanno sposato la sua battaglia. Sul finale del film, vederle entrare tutte insieme, spettinate, scomposte e armate, in chiesa, è un momento da applausi a scena aperta. Sono delle matte totali, e le si ama da ammattirsi con loro. 
Nello stesso momento, anche Darlin' impara cosa significhi creare dei legami con delle sorelle, e lo fa nel modo adatto alla sua età, che è un modo più viscerale. Basta ascoltare la stessa musica insieme, ballare sulla stessa canzone senza chiedersi dove una abbia preso le sigarette e dove l'altra abbia lasciato la sottana, basta stringersi la mano per un po', e il legame è già bello che formato.

Da qui in poi spoiler.

In mezzo a queste storie di affetto femminile, McIntosh ci piazza lì come una bomba la pedofilia tutta clericale. Il vescovo è un miserabile verme che abusa delle anime fragili di cui dovrebbe prendersi cura e fa la sola fine possibile: viene impalato sul suo sacrissimo altare. Io di scene goduriose al cinema ne ho viste tante, ma ben poche così. E si gode così tanto non solo perché la pedofilia è uno di quei reati così prepotentemente contronatura che biologicamente ci ispira le peggiori vendette, ma per il modo in cui viene raccontata. L'uomo in aria di santità non solo molesta le ragazzine, ma le ricatta, se le tiene vicine, le manipola con la loro stessa fede. E le aggredisce psicologicamente, come naturalmente finisce a fare con la nostra protagonista quando scopre che è incinta. Darlin' è distrutta da questa gravidanza, è un ritratto estremo della paura che si prova davanti al più immenso dei cambiamenti. Per lei il bambino è il diavolo in persona, che sta dentro la sua pancia pronto a distruggerla. Finalmente capace di parlare, implora di essere liberata, e quando nessuno la ascolta prova a pensarci da sé, convinta anche dalla reazione del vescovo di avere qualcosa di profondamente sbagliato addosso, e di esserselo procurata da sola. 
Darlin' ha sofferto per due vite intere, ma nel momento di dolore più intenso è in grado di prendere la sua creatura e affidarla all'unica persona, a parte Tony, che si sia mai presa cura di lei, la donna. 
Non solo un finale perfetto, ma un film potente, bellissimo, indimenticabile. 


Seance





Questo, di collegio, è una scuola prestigiosissima per giovani bitch viziate e promettenti che giocano ad evocare fantasmi e finiscono malissimo. La Edelvine è una scuola di quelle per cui l'apparenza è tutto, ma in cui le persone iniziano a morire in modi che non fanno proprio benissimo alla pubblicità. Ed è anche infestata, perché non vorrai mica farti mancare la presenza soprannaturale.
Camille è la nuova arrivata. Come ci si aspetta in questi casi, le mean girls della scuola cercano di farle capire subito chi comanda, ma Camille non è disposta a sottostare ai piccoli giochi di potere dell'Accademia. Entra nella loro cerchia, in qualche modo, ed è molto interessata alla storia di Kerrie, la ragazza recentemente morta suicida di cui lei ha preso il posto. 

Non fatevi ingannare dal mio tono ironico: Seance è bellissimo. 
Quella che parte come una storia di dinamiche studentesche, gruppetti e simpatie, diventa presto una storia misteriosa e accattivante, che in più momenti mi ha ricordato (sì, lo sto per dire davvero eh!) l'indimenticato Picnic ad Hanging Rock. Non solo per la forte componente estetica che contraddistingue, seppur in modi diversi, i due lavori, ma per l'aria di minaccia imminente che si respira lungo tutta la pellicola. 
Le promesse della Edelvine sono delle malefiche stronze a cui si vuole un gran bene, perché sono coraggiose e atroci, attrici nate, lontane dai vincoli del mondo esterno (per tutto il film c'è una sola telefonata ai parenti) e allo stesso tempo chiuse in una delle più sigillate delle micro società. Sono brutali e allo stesso tempo solidali l'una con l'altra, si detestano e si vogliono un gran bene. E nel frattempo, cadono come mosche. 
La storia inverte rotta sul finale in un modo che forse avevamo visto arrivare ma che non per questo è meno succoso. Seance è una storia d'amore e vendetta, di fantasmi nel senso di presenze soprannaturali ma anche nel senso di vicende del passato che non vogliamo lasciar andare. 
Una gran bella visione, inaspettata e per questo ancora più gradita.




Al momento in cui scrivo Darlin' si trova su Prime, con l'iscrizione al canale di Midnight Factory, mentre Seance non c'è sulle piattaforme italiane. Però vale la pena della ricerca tra i torrenti, se posso permettermi. Oppure è su Shudder.



Forse alla Colly farei vedere entrambi. Si arrabbierebbe un sacco, temo.

sabato 16 ottobre 2021

Redrumia31, settimana 2

11:53
Questa cosa che ottobre sia già a metà non la sto prendendo proprio benissimo se devo essere sincera, e soprattutto non sto vivendo bene che siamo a ottobre e faccia il freddo dei primi di dicembre.
Siccome questo però è un blog di cinema e non di previsioni del meteo, ricapitoliamo le visioni della settimana. 





La casa in fondo al lago

Con poca rabbia e poca frustrazione sono costretta ad ammettere che questo film me lo ero persa in sala. E porco cane se questo era un film che andava visto proprio lì. Un'ora e mezza di apnea, di terrore incondizionato, di angoscia, tutta vissuta sott'acqua. Dai suoi registi non mi aspettavo nulla di meno, figuriamoci, però è davvero sconvolgente e si basa su un'idea tanto semplice quanto assolutamente intrigante: una casa infestata sul fondo di un lago. Una di quelle cose folli in cui mi lancerei senza nemmeno pensarci. Ma come una casa infestata in fondo al lago, ma che razza di figata senza senso è? Mi dispiace non poter dare una recensione di quelle da basco in testa e sigaretta in bocca ma a me queste cose fanno perdere il senno, è un'idea bellissima. 
E il film fa una paura che ancora di più mi fa soffrire il fatto di non averla subita al cinema.

Superhost

Una delle novità di Shudder, è la storia di due travel vlogger che stanno organizzando l'ennesimo viaggio da registrare. Stanno perdendo follower e visualizzazioni, e di conseguenza il loro guadagno, e sperano con questa opportunità di tornare a recuperare il loro smalto. La loro host è una di quelle persone eccessive e socialmente inadeguate (come la capisco) che potrebbero sfruttare per recuperare il loro successo. Ovviamente, le cose non si metteranno a loro favore.
Personalmente l'ho trovato carino, ben realizzate le scene che alternano vita reale e vlog, anche se non sono impazzita per il suo finale. Vado un momento in zona spoiler: Rebecca è davanti allo schermo del pc e osserva l'ultimo video caricato dalla coppia, la richiesta di aiuto. Di fianco compaiono decine di commenti indignati che scambiano il video per uno dei clickbait che la coppia già in passato aveva usato. Non capisco se vuole essere una sorta di critica verso il sistema-web, se vuole essere un perculo, uno dei classici "NoN è La ViTA VeRa" o qualcosa del genere, o se sperava di essere solo un finale un po' cattivello. L'ho trovato solo un po' poco efficace.
Nel complesso però è carino, c'è una comparsata di Santa Barbara Crampton, una bella rappresentazione anche grafica della vita sul web e una villain efficace.

Non aprite quella porta

Il classico della settimana.
Questa martellata sui denti tra poco compie 50 anni e ci fosse una visione in cui perde un briciolo della potenza sporchissima che ha. La prima volta che compare sullo schermo Leatherface è una di quelle scene che anche se hai tatuate nelle retine ti lascia senza fiato sul divano. Come si possa realizzare un film del genere è per me il vero Mistero della Fede, quella incondizionata che provo nei confronti di certi registi che sono il Messia di questo piccolo posto sul web.


Chi è sepolto in quella casa?

Sempre su Shudder sta anche questa comedy grottesca e divertente, che parla di uno scrittore con un milione e mezzo di traumi alle spalle: il Vietnam, l'unico figlio scomparso nel nulla, un divorzio e in ultimo una zia suicida. Giuro che non sembra ma è una comedy davvero. Si trasferisce nella casa della zia per ultimare un romanzo che gli sta causando qualche problema col suo editore e la casa finisce per essere infestata. 
Senza alcuna pretesa è un film che intrattiene parecchio, buffo, ma che non tralascia la possibilità di trattare anche temi ben più seri.

Us - Noi

Per la live di questa settimana mi sono rivista il film di Jordan Peele. Tutte le opinioni mie, e della mia ospite Federica, le trovate qui:





Horror Noire

Per preparare la live mi sono rivista anche questo gioiello di un documentario, che ripercorre la storia del cinema dell'orrore americano da un punto di vista afro americano. Si intervistano critici, attori, registi, che attraversano tutta la storia del genere con il filtro della propria storia e della propria rappresentazione. C'è un sacco da imparare, un modo nuovo per me di guardare al cinema e un sacco di persone note che è sempre una delizia sentir parlare. Per chi fosse interessato ad approfondire, poi, il documentario è tratto da un saggio con lo stesso titolo, che spazia ancora di più. Bellissimo davvero.




Questa settimana sono stata brava e breve, per i miei standard. Non abituatevi troppo a questa sintesi, che la prossima settimana esce Halloween Kills e sono pronta al trattato sociologico.


venerdì 8 ottobre 2021

Redrumia31: settimana 1

10:39

 Ieri è stato il mio compleanno, giornata che di solito vivo con la serenità del gattino che attraversa la strada e vede sopraggiungere due fari gialli. Per rischiarare la cupezza della giornata io chiedo un solo regalo alla persona che ha aperto un mutuo con me: per un mese intero voglio scegliere io i film. Perché convivere è bellissimo, è l'inizio di una famiglia, il solidificarsi di una relazione, il mangiare insieme la pizza sul divano quando non si ha voglia di cucinare, ma è anche il dover scendere a compromessi sulle visioni da fare. Lo scorso anno questo sconsiderato ha accettato di farmi questo regalo (trovate qui i post a riguardo) e ora ogni ottobre della sua vita sarà contrassegnato da 31 giorni di solo orrore.


Una volta alla settimana verrò qui a raccontarvi a quali torture l'ho sottoposto.




Escape Room


Non è la prima volta che mi succede e ancora mi sorprendo di quanto idiota io riesca ad essere senza manco impegnarmici troppo. Ho sbagliato film. In questi giorni è uscito al cinema Escape Room 2 e io bella come il sole ho messo su quello che credevo essere il primo film. Era lì su Prime, comodo., parlava di giovani amici in una situazione di pericolo..

Ebbene, amici, di Escape Room ce ne sono due. Volevo vedere quello del 2019, mi sono guardata quello del 2017. Abbiate pietà di voi stessi: risparmiatevelo. Io sono la persona più di bocca buona dell'universo, mi piace tutto, amo i teen horror anche più demenziali, sono sempre contenta. Però ogni tanto tocca anche a me ammettere che qualcosa non funziona, e porco cane questo film è proprio bruttarello, poverino. Non funzionano gli attori, non funzionano le scene di morte e soprattutto non funziona la scrittura. 

Capita, ma è un peccato.


L'invasione degli Ultracorpi


Il classico della settimana, nulla da aggiungere. 


Titane


Andare al cinema a vedere un body horror vincitore a Cannes era un'esperienza che non ero certa avrei mai fatto nella mia vita. E invece la Francia ha deciso di lasciare spazio ai mostri, e io sono entrata in sala con alcune tra le aspettative più alte degli ultimi anni. Non ne è stata delusa nessuna.

Ducournau dirige un film che ha un perfetto equilibrio tra godurioso divertimento e lacerante dolore, che mette in scena due personaggi così intensi, così potenti che me li porterò dentro per sempre. Un film romantico, che parla d'amore in un modo così viscerale, e che lo fa con poche parole e tantissimi sguardi, tantissimi balli, tantissimo corpo. Ci si tocca, in Titane, per tutto il tempo. Il corpo è protagonista: balla, viene nascosto, viene modificato, rotto, sistemato, aiutato. C'è un corpo che invecchia e tradisce, uno che esplode per uscire e tradisce ugualmente. C'è un gioco costante con i ruoli di genere, ci sono i maschilissimi pompieri, grandi grossi e virili, e ci sono le donne succinte che ballano sulle auto. C'è una delle migliori rappresentazioni della gravidanza che ho visto sullo schermo in tempi recenti. Il corpo della madre che cambia, e fa cose sconosciute, e non si contiene, e secerne sostanze nuove, e la rende vulnerabile e fortissima al tempo stesso. 

Può sorprendere, che Titane abbia vinto un premio così profumato, poi lo si guarda e non poteva che andare così. Lunga vita alle donne dell'orrore.


Altered - Paura dallo spazio profondo


Questo è interessante. Un piccolo film di alieni che non conoscevo e ho trovato su Prime per caso e che si è rivelato una visione particolarissima.

Un gruppo di amici è sopravvissuto ad un'esperienza traumatica che li porta, 15 anni dopo, a cercare ancora vendetta. Uno di loro è morto durante un rapimento alieno e ogni notte alcuni di loro continuano a cercare una traccia di quello che è accaduto.


Altered è davvero un piccolo film anomalo, che usa gli alieni per parlare di elaborazione del lutto e del trauma, di come ognuno cerchi di sopravvivere con il bagaglio che si porta sulle spalle e di come rivangare quello che è stato non sia mai davvero una buona idea. Lo fa parlando di 4 amici molto diversi tra loro, che ormai sembrano legati solo da quello che è capitato loro. Si vogliono bene, ma sono troppo diversi, e vogliono cose diverse dalla vendetta che cercano. Sono arrabbiati, tristi, compromessi. Si ritrovano in una casa isolata con un alieno che non ha alcuna intenzione di farsi ammazzare, e il loro non essere più in sintonia complica la situazione. Mi piace che non si perda in spiegoni o in dialoghi forzati, qua c'è un alieno da fare fuori e ci sono intestini da cavare, forza e coraggio.  

Bel finale.


Truth or dare


Questo proprio mi fa rabbia perché aveva tutte le caratteristiche per rientrare nei miei gusti e invece è scritto male e mi fa solo incazzare.

La storia è quella di un gruppo di amici che va in Messico per lo Spring Break, finisce a giocare a obbligo o verità con uno sconosciuto e finisce invischiata in una maledizione legata al gioco. Poteva essere o no divertentissimo? Poteva, cavolo. Tardo adolescenti ubriachi e morti malissimo? Ci sto, dove devo firmare?

Invece no, mi devono far restare male. Le regole del gioco (e della maledizione di conseguenza) vengono modificate un po' a sentimento e questo è il grosso del problema. Scrittura debole? Mi dispiace, ma volendo la accetto. Prendere proprio in giro lo spettatore con modifiche strutturali in corso d'opera però no, raga, dai. Me lo volete dare per favore un teen horror stupidone ma dignitoso? Posso avere adolescenti infilzati sulle stecche da biliardo senza restarci male poco dopo? Ma cosa deve fare una ragazza per essere contenta? Io vado a rivedere So cosa hai fatto, lui sì che si merita il nostro tempo.


VHS 94


L'ultimo capitolo della saga antologica di Bloody Disgusting è arrivato in questi giorni su Shudder e, nonostante io non sia una fan di prim'ordine degli antologici, questo mi è piaciuto. Belli i corti (Hail Raatma su tutti), bello l'episodio cornice. Non si toccano i picchi di paura atroce che per qualche motivo avevo toccato con l'episodio Safe Heaven del secondo capitolo della saga, però è di grandissimo intrattenimento. 


The Shallows


Su Netflix sta quello che riassumerei come "il film di squali con Blake Lively".

Io l'ho trovato bellone e non me lo aspettavo. Estetica da videoclip, con i suoi colori belli saturi e il look da hit estiva, storia ormai arcinota ma che evidentemente da un punto di vista narrativo continua a funzionare, The Shallows è un film onestissimo, breve, con un ritmo perfetto e sorretto completamente dalla sua protagonista. Certo, in un giorno complicato come il mio compleanno, in cui il mio rapporto malsano con il mio aspetto emerge ancora più prepotentemente forse scegliere un film in cui c'è Blake Lively in costume per un'ora e venticinque forse non è stata un'idea brillante, ecco. Però il film è bello.


Ieri però, per consolarmi dall'angoscia del compleanno, mi è arrivato un Funkino del Fauno di del Toro, e adesso sta lì sulla mia libreria a dirmi che sono la principessa di un regno perduto, non posso essere più triste.



martedì 10 agosto 2021

Notte Horror 2021: Re-Animator

23:00

 Passano gli anni nella blogosfera, qualcuno smette, qualcuno si prende una pausa, qualcuno passa ad altre piattaforme, qualcuno rimane. Una cosa, però, è incrollabile, una certezza granitica che ci ricorda che una sola cosa unisce e unirà per sempre gli animi dei cavalieri jedi che popolano l'internet: la Notte Horror. 

È arrivato il mio turno anche quest'anno, e come al solito in fondo al post troverete il bannerone con le altre partecipazioni. Io quest'anno mi sono buttata su Stuart Gordon, personaggio che su questo blog abbiamo sempre trattato troppo poco, ma che mi sembrava giusto omaggiare dato che lo scorso anno ci ha salutati.




Quest'anno più Lovecraftiana del solito, pare, perché la storia del film è tratta dal racconto del Nostro. Herbert West è un talentuoso studente di medicina che sta lavorando su modi per riportare in vita i defunti. Quando arriva alla Miskatonic University prende una stanza nella casa di un collega del college, Dan. Quando Dan e Megan, la sua fidanzata, scoprono di cosa si occupa Herbert, le cose non si mettono bene.


Quest'anno mi sono sottoposta a visioni (non fraintendetemi, amatissime) seriose, impegnative, piene di messaggi sociali, lente. Ormai è chiaro che quello è il cinema che preferisco. Però uno Stuart Gordon me lo meritavo. Re-Animator è un film che rientra con tutte le scarpe nel luogo comune (felicissimo) sul cinema degli anni '80. Sporco, pieno di frattaglie, scene ripugnanti, occhi spappolati, viscere mangiucchiate, morti viventi, donne nude. 


Il film si apre con un primo tentativo di Herbert di far fruttare le sue ricerche: il suo primo professore è mancato e lui può riportarlo in vita. Non funziona benissimo, per usare un eufemismo, e il nostro viene spedito nella mitologica università creata da HP. Ci mettiamo molto poco ad inquadrare che tipo sia West, splendidamente interpretato da Jeffrey Combs: una persona sicuramente brillante, ma altrettanto arrogante, così sicuro di sé da rendersi insostenibile. Ignora qualsiasi norma base di comportamento civile, si pone così al di sopra di chiunque altro da essere persino poco furbo e finisce per inimicarsi quello che sarà il suo professore. Si prende spazi nel mondo che non sono ancora suoi, impone la sua presenza anche laddove non è desiderata, si arroga il diritto di comprare le persone con il denaro per avere quello che gli serve. Di lui non sappiamo altro: non ha una vita al di fuori di quella da ricercatore, non ha amici, non ha relazioni: la sua vita è completamente spesa per il suo obiettivo. 

Tale e tanta è la sua motivazione da riuscire a coinvolgere anche Dan, il suo nuovo coinquilino. Dan, al contrario, è una persona molto equilibrata: studente brillante, con relazioni sane, una vita che vada oltre la scuola ma che ha comunque chiari i suoi obiettivi. Ed è proprio sul suo essere, in effetti, un ottimo studente che fa leva Herbert per attirare il suo interesse. Dan non è uno scienziato pazzo, ma l'enormità delle scoperte del suo nuovo collega non può che intrigarlo. E così la scienza finisce per divorare anche lui e la sua lucidità. Per tutto il film Barbara Crampton (la regina delle scream queens? la regina.), che interpreta Megan, sta col ditino alzato cercando di mettere in evidenza giusto quelle due problematicità che si sollevano quando le persone non hanno guardato né letto Pet Sematary, ma loro niente, inesorabili. Il film almeno la Crampton l'ha lanciata nell'unico olimpo che conta, quello dell'orrore, però in questo film la sua Megan è sottoposta ad ogni genere di cattiveria: non viene presa sul serio, viene sottovalutata, è oggetto di attenzioni indesiderate, viene violentata, muore piuttosto male. Niente di nuovo all'orizzonte, insomma. Ma se non altro lei è l'unica che ha sentito la puzza di qualcosa di marcio provenire da Herbert immediatamente.


Poi, insomma, accade l'inevitabile: la situazione sfugge di mano. Se già con la rianimazione del gatto un po' di sangue lo avevamo visto, il film scivola verso l'atteso finale: il mare di sangue. Ci si arriva con un ritmo perfetto, in un film rapido ed entusiasmante, che sa non scivolare nell'eccesso e che sapeva esattamente che cosa il suo pubblico voleva. E che è stato così gentile da servirglielo su un piatto d'argento. 


Più di 35 anni dopo, Re-Animator si fa ancora volere così bene. Gordon ha preso del materiale di partenza che sta nella storia, per poi farci tutto quello che gli pareva. Siamo lontani dal modo in cui Carpenter ha omaggiato il Maestro una decina di anni dopo, per intenti e modalità, e va bene così. La serie B ce la meritiamo. 




venerdì 23 luglio 2021

La trilogia di Fear Street

11:57

 Con il neonato progetto Twitch faccio un pochino di fatica a vedere quanti film vorrei, perché sono solo all'inizio, devo organizzarmi e imparare a gestire le cose nuove. Quindi quando è uscito il primo capitolo di Fear Street, su Netflix, me lo stavo per far scappare. Sia sempre lodato Erre, che invece ha voluto vederlo, perché, e lo dico subito così non siete costretti a leggere tutta la pappardella che temo finirà per essere questo post, quella di Fear Street è la saga migliore degli ultimi anni.


Adesso elaboro con calma.



La saga è composta di tre film, ambientati in tre anni differenti: 1994, 1978, 1666. Ripercorre, partendo dal più recente e andando indietro nel tempo, la storia di Sarah Fier, una donna accusata di stregoneria che dopo la sua morte è entrata nella leggenda, diventando parte del folklore della cittadina di Shadyside. A Shadyside le cose da allora non vanno molto bene: i cittadini hanno vite complesse e piene di problemi, e ogni tanto qualcuno impazzisce e commette delle stragi. Dare la colpa all'influenza di Sarah è fin troppo facile. Deena e i suoi amici sono solo gli ultimi ad essere toccati dalla maledizione della strega, e non hanno nessuna intenzione di lasciarla vincere.


Si parte in questo viaggio a Shadyside nel 1994. Laddove gli anni scorsi sono stati per il mondo dell'intrattenimento un viaggio nella malinconia degli anni '80, ultimamente abbiamo scelto di tornare al decennio successivo, e finalmente l'ondata nostalgica tocca anche me, che nel '90 ci sono nata. Il primo film non è solo una bella passeggiata nel viale dei ricordi, però. Il primo film prende Scream e fa, 30 anni dopo, la stessa cosa: riprende in mano le carte di un genere intero e le rimescola, dà loro nuova luce, partendo proprio dal film che queste stesse carte le aveva rivoluzionate nel '96. Non si tratta solo di un omaggio ad un film tanto amato, ma è anche questo. Di Scream c'è tutta la struttura - persino elementi come la telefonata all'attrice più famosa che muore subito dopo o il personaggio esperto che spiega agli altri come vanno le cose - ma soprattutto c'è la voglia di dare nuova sostanza, di rinvigorire qualcosa che nel mio cuore so non morirà mai, lo slasher. Il primo film attualizza, pur ambientando 30 anni fa, elementi che sono una costante e li approfondisce, li arricchisce di nuovi spunti e li rende fruibilissimi anche a chi di slasher non ne abbia mai visto uno prima. 

C'è sì l'assassino mascherato che uccide i giovani, ma viene arricchito dall'elemento della maledizione, la sua responsabilità viene "sollevata". Chi sta sotto la maschera perde completamente di importanza, il killer non è più al centro dell'attenzione. Allo stesso modo, la final girl è rivoluzionata: non c'è la candida ragazzina virginale che sopravvive tirando fuori doti che non sapeva di avere, ma c'è una giovane donna fortissima e determinata, che la vita ha preparato da sempre a questo momento. Ha genitori assenti e la responsabilità di un fratello minore, vive in grandi ristrettezze e ha il cuore spezzato. Soffre ma non si piange mai addosso, anzi: è incazzata nera. E il suo essere così indomabile la rende la sola persona in grado di esplorare per davvero la storia di Sarah Fier. L'ho già detto nella IgTv dedicata ai film ma lo ripeto qui: che gran nome questa strega.


Esplorare la storia significa dover andare indietro nel tempo, e infatti il secondo film ci accompagna nel '78, anno in cui si è tenuta un'altra delle tristemente note stragi di Shadyside. Questa volta siamo in Venerdì 13. Siamo nel campo estivo, con animatori adolescenti irresponsabili e un killer che li spaventa. Di nuovo, ci sono tutti gli elementi che conosciamo e amiamo, ma con un twist in più. Questa volta abbiamo un approfondimento dei personaggi notevole, che potevamo scordarci quando il centro della storia erano Jason e il suo fascino. Qui abbiamo relazioni che vengono raccontate, abbiamo personaggi che si prendono il tempo di parlare e confrontarsi, abbiamo il loro passato che incombe su di loro e li rende quello che sono, abbiamo la maledizione della cittadina che ha su ognuno di loro un'influenza diversa. Anche qui il killer è irrilevante, se non nella persona della strega. Chi compia effettivamente i delitti conta poco, se non nell'aspetto della relazione con gli altri personaggi. (Difficile dire qualcosa senza fare spoiler!) 

Anche questa volta vengono scardinati i pilastri della terra scrivendo una final girl tostissima, irrispettosa, dispettosa, vivace, ribelle. Vittima di bullismo furioso ma che non vi soccombe mai, realista, ben piazzata con i piedi al suolo e sempre attenta a quello che la circonda, la meravigliosa Ziggy è un personaggio indimenticabile. La vita l'ha messa alla prova continuamente, ma lei è sempre stata attenta al prossimo (Nurse Lane su tutti, per chi ha visto i film), di cuore genuino ma non ingenuo. Un personaggio che spezza i cuori. 

Ziggy sarà quella che aiuterà Deena a fare un passo in più verso Sarah, in questo percorso tutto al femminile in cui ognuna delle protagoniste è di grande potenza.


Sarah la conosciamo effettivamente solo nel terzo capitolo. Prima è una leggenda, l'uomo nero delle storie dei bambini di Shadyside. Il terzo film fa l'inevitabile: le rende giustizia. Ci allontaniamo dallo slasher per diventare un film storico, in cui i volti delle nostre protagoniste diventano quelli dei personaggi delle leggende che stanno ricostruendo (gran scelta). 

Non farò in alcun modo spoiler sul terzo film perché sarebbero spoiler sulla saga intera, ma la riabilitazione del personaggio di Sarah è non solo perfettamente coerente con tutto quello che è successo prima, ma in modo autonomo anche una grande storia, dolorosa, reale e molto forte.


La degna conclusione di una saga splendida, che chiude tutto quello che era stato aperto in modo esemplare. L'ultimo film è un tassello fondamentale, che mette tutto in una luce nuova. Le storie delle tre donne protagoniste sono forti e di grande impatto, ma non dimenticano mai di essere inserite in teen horror, che le rende quindi anche di grande intrattenimento. L'elemento gore c'è e fa sempre piacere, ci sono gli omicidi creativi, c'è la (presa in giro della) demonizzazione del sesso, c'è l'amicizia, l'amore, l'assenza degli adulti e ovviamente una fortissima componente queer, che non è un elemento narrativo (non ci sono coming out, non se ne dibatte mai se non con un personaggio marginale) se non nell'ultima parte della saga, che diventa un horror ma anche un dramma lesbico in costume. 


Non è facile salutare i personaggi di Fear Street, a cui si vuole così bene. Il teen horror, da qui, ha una faccia nuova e non vedo l'ora di vedere tutti i modi in cui la saga di Leigh Janiak influenzerà quello che deve ancora venire. Sarà un viaggio divertentissimo e sanguinolento.


domenica 13 giugno 2021

Hell House LLC, la trilogia

13:32

 Un tempo su questo blog si pubblicavano tre post a settimana. A SETTIMANA. Ora se faccio la brava riesco a pubblicarne più di uno al mese. Finalmente, però, il processo di acquisto casa e trasloco più lungo del mondo sta giungendo al termine, Internet ha fatto la sua comparsa nella nuova casa Redrumia ed è ora che io ricominci a prendere in mano i miei progetti.

Il blog lo riprendiamo parlando di una trilogia che si è presa il mio cuore diventando immediatamente una delle mie preferite, quella di Hell House. Era completamente scappata ai miei (seppure miopi) radar, e Shudder invece continuava a propormela, con questo titolo così banalotto e una locandina così dimenticabile. Che cosa mi sarei persa se non lo avessi ascoltato...


L'Abaddon Hotel, che non brilla per lusso e che sarebbe stroncato da rece con una stellina su Tripadvisor


Una cosa non me la dimenticherò mai nonostante le lunghe pause tra un post e l'altro: come si fanno le premesse con i fatti miei. In questo caso, userò la premessa per ricordare ai lettori quanto io ami il found footage e il mockumentary. È proprio una passione adolescenziale la mia, che mi fa giudicare tutti i film della categoria in un modo assolutamente irrazionale. Laddove ovviamente riconosca che alcuni film abbiano meriti oggettivi ben più spiccati rispetto ad altri, io voglio bene a tutti. Riconosco persino la faciloneria dei meccanismi che mi portano ad amarli così tanto. Mi bastano due scrittine su sfondo nero, finte foto tratte dai social e finti servizi del tg e io volo nello spazio. Hell House è una trilogia di mockumentary, come potevo arrivarci oggettiva? E infatti. La a do ro.


POSSIBILI UN POCHINO DI SPOILER, NIENTE DI ECCESSIVO.



Halloween 2009. Un gruppo di amici che gestisce delle haunted houses sceglie di organizzarne una all'interno di un hotel abbandonato, l'Abaddon. La scelta ricade proprio su quell'hotel, lontano dalla vita cittadina nella quale sono soliti lavorare, perché l'Abaddon ha nel proprio passato una storia tragica che ha contribuito a dargli la fama di hotel infestato. Quale luogo migliore per la loro attività?

La notte dell'inaugurazione, però, avviene qualcosa e quindici persone perdono la vita in circostanze misteriose. Una crew di giornalisti decide, qualche anno più tardi, di ripercorrere le tappe che hanno portato a quella tragica notte con un documentario. 


Il primo film della saga è semplicemente brillante. Un mockumentary come non ne vedevo da un po', divertente, intelligente e sinceramente spaventoso. Si basa su un concetto che col senno di poi è incredibile nessuno abbia mai sfruttato prima: un horror ambientato in una haunted house (quelle attrazioni da fiera con i percorsi spaventosi, per intenderci) ambientata all'interno di un hotel infestato? Ma sarà geniale. Vorrei averci pensato io. Seguiamo la crew degli organizzatori fin dal loro primo giorno all'interno dell'hotel, vediamo l'attrazione prendere forma, ci ambientiamo nell'Abaddon. Iniziamo a conoscere spazi che nei successivi film ci saranno familiari e che sono così efficaci in questo primo episodio che quasi non ci si crede. L'hotel è claustrofobico, gli spazi scuri e angusti già in partenza. In più, lo scopo principale dei ragazzi che lo affittano è proprio di mettere in evidenza questo aspetto così losco e ovviamente di arricchirlo con "oggetti di scena", luci e rumori. Fare paura è proprio il suo scopo e so solo io quanto con me abbia funzionato. Ha personaggi così veri, umani, teneri, che vederli soccombere sotto l'enormità di quello che sta succedendo loro è un vero dispiacere.

Certo, il punto del film è proprio questo: non si ha davvero idea di cosa sia successo loro. Al film non interessa darci descrizioni dettagliate di quello che è accaduto nello scantinato dell'hotel in cui le persone sono morte, non è importante. Anzi, indubbiamente una rappresentazione più chiara degli eventi li avrebbe resi meno spaventosi. Questo è un film che ci mostra in prima persona cosa succede quando hai il sospetto che le cose stiano sfuggendo al tuo controllo, quanto la paura e la suggestione siano deleterie per la mente delle persone e cosa succede ad un gruppo molto unito quando le cose si mettono male. Gli equilibri si sfaldano, le relazioni si logorano, la fiducia salta completamente. 

E nel mentre, noi spettatori, che siamo ormai così coinvolti dalla situazione, ce la facciamo sotto tanto quanto loro. L'Abaddon funziona divinamente. Apparizioni, movimenti inaspettati di cose che non sono pensate per muoversi, rumori, luci che saltano. Si usano elementi, movimenti, effetti, ben noti all'interno del genere, ma sono sempre posizionati nel momento e nel modo migliore per far sì che, pur essendo ormai conosciuti, funzionino sempre. Esempio? In scena ci sono tre personaggi e la luce è accesa. La luce si spegne, si riaccende e i personaggi sono diventati quattro. Lo sappiamo, lo vediamo arrivare, pensiamo di essere sempre pronti. E invece saltiamo comunque dal divano. Ed è sempre, sempre, divertentissimo. 





Hell House si conclude con un finale tipico da creepypasta dei forum dell'internet, eppure a me ha convinto anche quello, ero tanto investita nelle sorti dei poveri ragazzi che me la sono fatta sotto pure con quella conclusione lì. 

La trilogia, poi, ha la sfacciataggine (soprattutto nel suo secondo episodio) di ripetere all'infinito gli stessi schemi, spesso proprio le stesse scene. Ce ne importa? Personalmente nemmeno un po'. Questo hotel esercita su di me un tale fascino che persino il suo secondo episodio, che oggi credo sia il più debole, mi è piaciuto tanto. L'Abaddon è il Micheal Myers degli ambienti: è cattivo punto e basta, e se ci entri puoi pure stare tranquillo che non ne esci. Qualunque cosa si muova lì dentro è crudele e orrenda e si prende con particolare gusto il personaggio di turno (ce n'è uno in ogni episodio, chiaramente) che la prende meno sul serio. 

Ha il grande merito, questa saga, di non aver voluto sfruttare l'immensa magione vittoriana, il lusso decadente di un grande albergo cittadino. L'Abaddon è un piccolo e malconcio motel di paese, che nessuno considera particolarmente rilevante, che ha chiuso per colpa di un precedente proprietario discutibile. Io vivo in un piccolo paese della campagna cremonese e mi vengono in mente nel giro di 15 km almeno due strutture così. Non ha fascino di per sé, non è architettonicamente interessante, non è manco di classe. Eppure, ha tutto il male del mondo dentro e vederlo scatenarsi così è ancora più eccitante, anche in un film di minor interesse come il secondo. 


Hell House II, però, fa l'inevitabile per condurre ad un terzo episodio: apre la strada alle spiegazioni. Si parla di porte dell'inferno, chiaramente. Che stanno dove? Sotto l'Abaddon, dove altro? Insomma, succede che sono state aperte e qualcuno deve pur chiuderle. Arriva il terzo episodio, per questo.


Il pregio di Hell House III: Lake of fire è quello di cercare di dare almeno un piccolo twist nuovo alla storia del nostro hotel del cuore. L'Abaddon è pronto per essere abbattuto quando un ricco e stravagante imprenditore decide di comprarlo e usarlo come sede per un suo spettacolo teatrale, Insomnia, basato sul Faust. 

Siamo pur sempre nel territorio del mockumentary, quindi anche questa volta una crew televisiva segue la fase di preparazione dello spettacolo. Gli eventi non sono più quindi strettamente legati a quanto successo nei primi due episodi, eppure si sceglie di usare scene dai film precedenti per fare una cosa ben migliore: ricordarci che l'Abaddon non è un luogo sicuro, neppure per chi lo sottovaluta. E questo fa sì che noi partiamo con la visione del terzo film già allarmati: lo sappiamo per certo che le cose non si metteranno bene per i nostri protagonisti, eppure il regista ha scelto comunque di mostrarcelo, ricordandoci brevi episodi della storia di Hell House e di tutte le persone che hanno girato intorno alla tragedia della sua inaugurazione e a tutto quello che è successo dopo. Il clima di ennesimo disastro imminente è costante, e il film ci tiene che noi non ci distraiamo mai. A volte persino in modo eccessivo? Ve lo concedo. Però per quanto mi riguarda funziona, perché il clima è opprimente per tutto il film. 

Non so se è la conclusione che avrei voluto, ma forse parlo così solo perché io, di giovani sconsiderati che entrano nell'hotel infestato, ne avrei voluti ancora. E vedere l'Abaddon bruciare così è proprio un peccato. 


Parliamo di grande cinema autoriale? Ma chiaro che no. Parliamo però di film molto genuini, che riflettono in un modo fresco e leggero sui media e la loro etica (senza ammazzare tartarughe nel mentre, scusate), sull'ambizione accecante - ridimensionata al fatto che non stiamo parlando di squali di Wall Street chiaramente, sulle relazioni messe in difficoltà e soprattutto sui fantasmi.

Tanti, tantissimi fantasmi. Ovunque.

Mi sono divertita un mondo.

venerdì 4 dicembre 2020

I 200 di Rue Morgue: The Mothman Prophecies

11:37

 Rue Morgue è una di quelle mitologiche riviste di cinema che non hanno mai visto la luce nelle edicole italiane. Internet, però, è una fonte illimitata di sapere e quindi anche i numeri di Rue Morgue sono lì che aspettano di essere letti mentre vi fate asciugare lo smalto, come la sottoscritta. Nel 2012 se ne sono usciti con un numero speciale, con 200 horror meno noti ma che vale la pena vedere. Poiché la sottoscritta ne ha visti un numero vergognosamente basso, eccomi qua a recuperare col capo cosparso di cenere.

Se foste interessati a vedere l'elenco di tutti i film che Rue Morgue ha selezionato, me ne sono fatta una lista su Letterboxd, la trovate al mio profilo, che sta qui di fianco. 


Ho iniziato con l'uomo falena per una ragione ben specifica, anzi due: è su Prime e quindi non ho dovuto smanettare per cercarlo (è diventata più dura la vita dei frequentatori di torrenti da quando ci sono mille servizi di streaming legale) e soprattutto perché dopo avere ascoltato la storia del Mothman in Bouquet of Madness (uno dei miei podcast preferiti, ne parlano all'episodio 13) mi ci sono appassionata.




Richard Gere è John, un giornalista del Washington Post. Ha una vita meravigliosa e un matrimonio felicissimo con Mary. Si trova proprio in auto con lei quando qualcosa la spaventa e le fa perdere il controllo dell'auto. In seguito all'incidente i medici le diagnosticheranno un gravissimo tumore che lascerà John vedovo nel giro di pochi giorni. Il pensiero della cosa che ha spaventato Mary, e che lui non ha visto, però, lo tortura, e due anni dopo, in circostanze del tutto separate, vi rientrerà in contatto. 


Ora, io sono la più scettica del pianeta e non credo a niente però insomma a me sto uomo falena piace un sacco ed è forse una delle poche cose al mondo su cui mi faccio delle domande. Io e R ne parliamo spesso perché anche lui è affascinato e devo dire che il film si è rivelato una piacevole sorpresa su cui non avrei scommesso neppure i 2,50€ che ho nel portafoglio in questo momento. 

Mi verrebbe da dire che mi sarebbe piaciuto comunque perché è proprio la storia ad affascinarmi ma ripensandoci non è così: sono super intrigata dal caso del passo Dyatlov ma il film che ne parla (su Prime anche lui) è orrido comunque, quindi forse non sono nemmeno troppo di parte. Solo che il mio scetticismo e Richard Gere mi avevano fatto partire ingiustamente prevenuta.


The Mothman Prophecies parla sì di apparizioni di un gigante con gli occhi rossi proprio prima di eventi disastrosi, però parla anche di elaborazione del lutto e di come ricostruirsi. John ha perso la moglie e ha cercato di ritrovare se stesso buttandosi nel lavoro, ma non si è mai "risolto" fino a che non ha risolto il tarlo che lo torturava. Avrebbe potuto lasciarsi tutto alle spalle e continuare in qualche modo a vivere, ma quella pulce nell'orecchio lì lo avrebbe torturato per tutta la vita. Ci si è ritrovato in mezzo quasi involontariamente ma ha poi scelto di andare fino in fondo, di affrontare una cosa dolorosa e spaventosa.  

Non c'erano finali giusti o sbagliati alla storia di John. Risolvere il caso non avrebbe potuto comunque riportargli la moglie (e quelli morti nel frattempo) e lasciar perdere non lo avrebbe fatto vivere sereno. 

L'ho trovato molto onesto nel suo scegliere di non dare una conclusione netta. Gli eventi accaduti a Point Pleasant sono reali e il film sceglie di ripercorrerli, ma avrebbe potuto non farlo e dare una fine più definitiva alla faccenda. Non lo fa, e con questa scelta prosegue la linea inquietantissima che ha percorso tutto il film. Salvo un paio di momenti di spaventello divertenti, il film è più in generale un manto freddo di inquietudine, una sensazione che a quelli come me piace sempre tantissimo ritrovare al cinema. Vediamo la creatura poco e male, ma vediamo sempre il terrore negli occhi di chi lo ha visto, e tanto basta. Come sempre accade quando si parla di credenze del folklore locale, non è importante che siano reali o meno, è il solo credere che siano possibili a fare paura, e il Mothman non è da meno. In più lui è una figura controversa: avvisa dei disastri o li causa? Ci aiuta o ci ammazza? 
Potrei parlarne per giorni. Ho guardato persino un film con Richard Gere pur di parlare ancora dell'uomo falena.

Perché falena, poi? Perché non gufo, barbagianni, arpia? (quella dell'arpia è ancora la mia teoria, ma Erre me la smonta sempre perché non sono animali notturni. Porto avanti con forza la mia tesi.) So che ha qualcosa a che fare con un nemico di Batman ma la scelta mi lascia perplessa comunque. Perché proprio lì, poi? So che è poi stato visto in tutto il mondo ma perché cominciare proprio lì?

Sono intrigatissima.

E il film è pure stato bellino.

domenica 8 aprile 2018

A quiet place - Un posto tranquillo

14:26
Mi ero un po' stancata (lo dico nel caso non si fosse capito) delle semplici recensioni cinematografiche. Ho in mente post di tipo diverso, sempre sul cinema.
Ieri sera, però, sono stata al cinema a vedere A quiet place.
Sciagura a voi se lo cercate in streaming.


In un futuro vicinissimo, la società è stata distrutta dall'arrivo di creature mostruose. Queste creature sono cieche ma dotate di un udito finissimo, e si prendono chiunque produca il minimo suono.
In questo scenario vivono mamma Emily Blunt, papà John Krasinski e tre figli.

La figlia maggiore è sorda. Il primo merito del film è proprio il trattare la disabilità con la naturalezza che ci vuole. Non è messa lì per includere le diversità, non è trattata con commiserazione. Piuttosto, è facile intuire come proprio la famiglia con un sordo sia sopravvissuta fino a quel punto: conoscono tutti il linguaggio dei segni, con quello comunicano e restano zitti.
La sordità scatena anche la dinamica del pericolo: difficile non produrre un suono se tu i suoni non li senti. La ragazzina è in costante pericolo, pur essendo sveglia. Da qui, però, nasce anche la sottotrama della figlia adolescente che si sente poco amata e poco considerata perché fraintende i tentativi di tutela del padre.
Se parliamo del padre, poi, ecco che spunta il problema di due genitori che si trovano a dover proteggere dei figli da una condizione estrema, tra enormi difficoltà e tentativi di riportare almeno qualche stralcio di normalità in una situazione che normale non lo sarà mai più.
Insieme al padre ci sta la madre, ritratta nel momento, quello della gravidanza e del travaglio, di maggiore fragilità, costretta a sfoderare una forza inumana e un coraggio quasi divino per proteggere la cosina piccina che sta nella sua pancia e che di mostri e brutture non ne sa niente.
E che piange.

Mille temi diversi, mille aspetti di un mondo in rovina raccontati attraverso la storia di una famiglia normale, costretta dalle circostanza all'anormalità e ad un eroismo mai esercitato prima. Il film di Krasinski è pieno di cose di cui parlare, e lui non ne trascura una. Niente che sia solo accennato o buttato lì con noncuranza.
Il tutto in un film che conterà un centinaio di parole al massimo.
La tensione del silenzio non l'avevo mai provata prima. Ogni passo più rumoroso, ogni respiro più pesante, ogni movimento azzardato, mi hanno fatta sobbalzare sulla poltroncina del cinema.
La sala era nel silenzio più totale, così silenziosa non l'avevo mai trovata. Si tagliava l'aria con il coltello. Non era solo preoccupazione sincera per una famiglia a cui ci si affeziona al minuto due, ma la più grande tensione degli ultimi mesi.

Cose così si vedono in sala, non solo per contribuire al successo di un film frutto del lavoro di centinaia di persone, ma perché l'esperienza di una sala intera soggiogata ad un film e in cui non vola una mosca è impareggiabile.
Non mi ricapita mai più.

mercoledì 29 novembre 2017

Prendiluna, Stefano Benni

17:25
Nella mia personale concezione di paradiso c'è un angolino dedicato a David Foster Wallace. Un posticino vicino a lui è riservato a Stefano Benni (che lo raggiungerà tra tanti, tanti, tantissimi anni). Li immagino vicini, a parlare in un linguaggio tutto loro fatto di neologismi e frasi arzigogolate e parole desuete che comprenderebbero solo loro, e che userebbero con lo scopo ben preciso di prenderci tutti, sonoramente, per il culo.


Prendiluna è il nome di un'ex insegnante, che riceve in visita il fantasma del suo defunto gatto. Il fantasma le suggerisce di trovare locazione presso dieci Giusti ai suoi Diecimici (scritto così). Se la sua missione dovesse fallire, avverrebbe l'Apocalisse.

Non sto mica scherzando, la trama è davvero questa, e se avete mai letto un Benni nella vostra vita lo sapete bene quanto sono seria, e soprattutto quanto lo sia lui.
Prendiluna è breve, duecento pagine scritte in corpo ventimila, e se avete tempo ve lo leggete in un pomeriggio. Eppure, è pieno zeppo.
Mi viene un esempio scemo: è come se in pizzeria prendeste una pizza baby (cosa non prevista dalla legge nella Repubblica di Redrumia) però la prendeste superfarcita, tipo una capricciosa. Piccola è piccola, ma sazia tantissimo. È una fanfara, una banda di paese che suona senza timore di svegliare i vecchi che fanno la pennica, un concerto tenuto da quelle persone che suonano strumenti non convenzionali come le seggiole e i bidoni della spazzatura.
Io, problematica con la comicità come sono, l'ho centellinato. Eppure, per tutti i quattro giorni che mi sono serviti a leggerlo, mi sono sentita come se fossi sollevata da terra di qualche centimetro. Umore alle stelle, testa tra le nuvole, mici da salvare.
La cautela, se siete come me, ci vuole, però. Benni non dà tregua alcuna, ogni pagina, ogni riga, ogni scena, hanno un momento che va immortalato, una parola inventata, una trovata brillante, un gioco di parole. Rimbomba nella testa e riempie i pensieri. Si ride, come sempre, a voce alta, anche di fronte a scherzi caciaroni e battutacce a sfondo sessuale.
Benni è così, prendere o lasciare.
Io prendo, per tutta la vita.



Un democratico Post Scriptum
Il primo che nei commenti nomina l'amicizia tra Benni e quel fascista lì di cui in Redrumia non parliamo viene bannato dal blog ma soprattutto dal mio cuore. Vi ricordo che la Repubblica di Redrumia è un luogo di pace e fraternità in cui affrontiamo le cose brutte nel modo più maturo possibile: ignorandole.

sabato 4 novembre 2017

A Monster Calls - Sette minuti dopo la mezzanotte

17:31
La vita dell'influencer la desideriamo un po' tutti. Guadagnare, e bene, con un lavoro allìapparenza semplicissimo e appassionante, la fama sul web...
Gli influencer, però, sono tali quando spostano gli acquisti, quando inducono qualcuno, con la fiducia, a provare o meno uno o più prodotti.
Io, oggi, desidero più di ogni altra cosa essere influencer, perché se dopo questo post avrò convinto una e una sola persona a vedere questo incanto, allora saprò di avere fatto qualcosa di buono con questo posticino sperduto nel web.



La mamma di Conor sta morendo. Il cancro la sta consumando e lui lo sa, anche se maschera il tutto con una forza insospettabile. Una notte, però, sette minuti dopo la mezzanotte, un mostro gli fa visita. È un grosso albero, che promette al ragazzino di raccontargli tre storie, al termine delle quali vorrà sentire la sua, di storia. La storia dell'incubo che lo tormenta tutte le notti.

Non starò nemmeno qui a dirvi quanto sia tremendo il cancro al cinema. Ci vuole una maestria leggendaria per non scendere nel braccialettirossismo. Bayona non solo ce l'ha, ma rende insostenibile qualsiasi cosa al suo confronto. Non sarà nemmeno necessario sottolineare quanto il bambino solo e bullizzato sia ormai un luogo comune.
Però, però, però.
Però diciamolo che ogni volta che sembra entrare in gioco la mente dei bambini allroa scatta la magia. Ricordiamo anche come l'incanto del Cinema stia anche nello stravolgere i sentimenti in maniera inaspettata. Sottolineiamo soprattutto che spesso e volentieri gli autori bravissimi ma bravissimi davvero sanno usare le materie complicate per parlare delle nostre anime e dei nostri cuori e mentre ci fanno piangere allora ci fanno anche tanto pensare e, tra un singhiozzo e l'altro, ci fanno uscire migliori dalla visione.

Questa specie di enorme, spaventoso Groot, arriva nella vita di Conor nel suo momento più fragile, quando la sua vita viene stravolta. A sua volta, invece di collaborare a farlo stare meglio, lo tortura, lo mette spalle al muro per fargli affrontare la più dura delle realtà. Lo spinge ad azioni incontrollate, lo punisce. Non è certo l'amico immaginario dei sogni.
Alla fine, però, lo aiuta a perdonarsi. E non esiste cosa più importante.
Un bambino, ancora incapace di comprendere come sia complessa e profonda la mente degli uomini, come l'amore si manifesti in modi che spesso non ci piacciono e che sono difficili da accettare, viene accompagnato dal mostro in un viaggio per perdonarsi e lasciarsi andare all'umanità del dolore, anche se è insostenibile.
Per noi, invece, è magico, e commovente, e indimenticabile, e tutta un'altra lunga serie di aggettivi che in ogni caso non gli renderebbero un briciolo solo di giustizia.

lunedì 11 settembre 2017

Vampires! - I ripescati

13:47
Abbiamo concluso la prima parte della rassegna, quella dedicata a Dracula. Prima di proseguire con tutti gli altri succhiasangue, però, mi pareva giusto dare una ripassata a quei film che sono già stati recensiti sul blog e che hanno voglia di tornare ad essere chiacchierati.



ONLY LOVERS LEFT ALIVE - Jim Jarmush



Ai tempi della visione mi aveva folgorato. Lento, tormentato, con una colonna sonora da peli rizzati sul collo, Only lovers left alive è uno dei miei film preferiti, perché sono ancora l'emo maledetta che ero a 15 anni.
I vampiri del film di Jarmush (che dopo Paterson si è confermato una delle mie persone preferite al mondo) sono artisti, amanti dell'arte e del bello, e si procurano il sangue in modo tutto sommato etico. Adam, però, il vampiro di Hiddleston, non riesce a convivere serenamente con la sua condizione, valuta il suicidio, e richiama a sè Eve, una Swinton allarmata. La coppia Swinton - Hiddleston è una di quelle che non si scordano, lei perfetta ovunque la metti e lui di una bellezza di quelle che mi cavano il fiato, in questo film soprattutto.
Intorno a loro, un mondo in cui gli umani sono ormai tutti contaminati e dal sangue imbevibile, una parente pericolosamente vivace e Christopher Marlowe. Sì, quel Marlowe lì. È tutto strepitoso.
Quindi, ascoltate me: se il fatto che Only lovers sia un film splendido non vi convince a vederlo (e dovrebbe, è davvero un incanto, in cui il tormento della condizione di vampiro viene assaporato in ogni doloroso istante), lasciate che con una immagine vi convinca di quanto sia il film di cui avete senz'altro bisogno:

Non ringraziatemi.

LASCIAMI ENTRARE - Tomas Alfredson



Altro giro, altro preferito.
Let the right one in, visto la prima volta quasi per caso, mi ha scavato una buca nel cuore e lì è rimasto da allora. Devo essere particolarmente sensibile ai vampiri colmi di senso di colpa, altrimenti non si spiega.
In questo caso la vampira è Eli, una ragazzina che vive in Svezia con suo padre e che fa amicizia con Oskar, un vicino di casa della sua età. Suo padre la aiuta a procurarsi di che sopravvivere, ma la condizione in cui vivono li sta mettendo a dura prova entrambi. Oltretutto, gli omicidi che lui commette per nutrire lei non passano inosservati, e la faccenda di complica.
Non che Oskar sia messo meglio, comunque. Tormentato dai bulli a scuola, sogna di ucciderli per avere vendetta. Ecco che allora, nel glaciale clima nordico, il calore arriva solo dalla nascita di qusto rapporto, così profondo e genuino da annebbiare il resto.
Eli è una vampira piuttosto convenzionale, non tollera la luce, può volare e ovviamente non entra nelle stanze se non è invitata a farlo. Quando Oskar la sfida e lei soffre terribilmente io ho sofferto con lei. Il coinvolgimento è totale, l'affetto tra i ragazzini è tale che anche noi ne restiamo coinvolti in un modo che prosegue dopo la fine della visione, quando si riaccendono le luci e si torna alla normalità.
Purtroppo non ho letto il romanzo da cui è tratto nè ho visto il remake americano, ma vorrei davvero che in mezzo a vampiri mostruosi, ad assetati assassini senza scrupoli, trovaste il tempo per calmare le acque con questo gioiello.
Il cuore ne uscirà appagato.

30 GIORNI DI BUIO - David Slade



La mia reazione a caldo sul film di Slade era stata non dico entusiasta ma quasi soddisfatta.
I 30 giorni di buio del titolo sono quelli che colpiscono il Circolo Polare e che vengono intelligentemente sfruttate dai vampiri per andare a fare le scorte per l'inverno. La cittadina colpita è Barrow, in Alaska. I cittadini sono quasi tutti andati via, e i pochi che restano (tra cui lo sceriffo Josh Hartnett e sua moglie Melissa George) devono sopravvivere all'attacco dei succhiasangue.
Dimenticate la finezza dei vampiri dei due film sopra: qua le creature sono macchine da guerra, mostri assetati di sangue e con nessun rimasuglio di umanità. Tra le due tipologie, quindi, quella che mi piace di meno.
La soddisfazione iniziale è andata lentamente scemando nel corso del tempo, facendo finire il film nel Dimenticatoio dei Film Mediocri. C'è dell'azione, dei vampiri sanguinari che magari a qualcuno possono soddisfare, ma col tempo mi ha lasciato molto poco.
Adatto magari ad una serata cazzona con pizza e birra, che vengono sempre completate come si deve dalle botte da orbi. C'è però poco altro.

CRONOS - Guillermo Del Toro




Il primo incontro di Sua Maestà GDT con i vampiri ha prodotto un film particolarissimo. Non che la cosa sia sorprendente, ma come di consueto Del Toro ha deciso che a lui i vampiri comuni non interessavano granchè e quindi ne ha creati di nuovi. Ciò che porta alla necessità di assumere sangue, in Cronos, è un antico dispositivo in grado di dare a chi lo utilizzi la vita eterna. Siccome i regali non si fanno mai per niente, però, ecco che le lievi cointroindicazioni del dispositivo emergono: vita eterna ok, ma da vampiri. Jesus, un antiquario che ha trovato il dispositivo per caso, ne fa uso e ne trae istantaneo beneficio. Dispositivi di questo genere, però, restano al sicuro per molto poco tempo, e infatti Jesus viene presto cercato da qualcuno di interessato alla vita eterna.
Qui del vampiro canonico manca tutto, se non la sete di sangue e l'intolleranza alla luce. Questi elementi che ci sono, però, ci vengono raccontati in scene indimenticabili, buttati lì come un accenno e invece tatuati nella mente.
GDT fa così, senza gridare si impone al mondo con questo primo film, finendo inevitabilmente, come merita un talento sfacciato come il suo, nel panorama dei Grandi.
E il tutto con una blatta d'oro che ti rende immortale.
A voi l'onore di riuscire a replicare.

THE HAMILTONS - The Butcher Brothers



Se dopo avere visto 30 giorni di buio ancora non avete sonno e vi va ancora qualcosa di sanguinario, ecco che i Butcher Brothers vi servono The Hamiltons. 
Gruppo di fratelli alquanto bislacchi si rivela ancora più bislacco di quanto già non ci sembrasse ad una prima visione. Quasi quasi il fatto che siano vampiri è il meno.
Indifferenza totale verso questo film, che dopo la visione è finito inesorabile nell'oblio.

A GIRL WALKS HOME ALONE AT NIGHT - Ana Lily Amirpour



Ho aperto la carrellata di film già presenti nel catalogo gentilmente offerto dalla casa con due incanti. In modo diverso, il film di Jarmush e quello svedese mi avevano sciolta, volando alti alti nell'Olimpo delle Belle Visioni. Non ci finiscono tutti i bei film, badate bene, solo quelli belli belli in modo assurdo.
Accanto a loro sta questo piccolino qui, un film iraniano in bianco e nero, che è passato quasi inosservato tranne che agli occhi attenti dei grandi appassionati.
È stata una visione inaspettata, quasi casuale, ma preziosissima. La Amirpour è delicata ma decisa, come la sua vampira, coperta da un enorme chador che assume tutt'altro significato.
Indimenticabile.

Tutto sommato negli anni scorsi ero caduta sul morbido. Mi sono lanciata quasi sempre in visioni confortanti, che per qualche motivo sapevo mi sarebbero piaciute e sono di rado uscita dalla comfort zone.
Che vita facile.
Poi è arrivato Nosferatu, e la facilità è scappata dalla finestra.

martedì 5 settembre 2017

George Romero Day - Il giorno degli zombi

15:41
C'era una volta George Romero.
C'era, e oggi non c'è più. Ci ha salutati a luglio. Lui e la sua deliziosa faccetta andavano commemorati, e quando con gli altri blogger ci si è organizzati per questa giornata non mi sono tirata indietro.
Pausa ai vampiri, quindi, per oggi.
C'è un Maestro da omaggiare.



Il giorno degli zombi narra di un mondo completamente in rovina. Non abbiamo assistito all'apocalisse z, ne vediamo solo le conseguenze. Gli zombie sono ormai padroni del mondo e i pochi umani superstiti vivono sottoterra. Conosciamo gli abitanti di una base militare, in cui un gruppo di scienziati, con l'aiuto di alcuni militari, sta lavorando sulla possibile soluzione al problema dei ritornanti.


Per questa recensione commemorativa avrei potuto scegliere La notte dei morti viventi. Sarebbe stato facilissimo perché sarebbe stato niente più che un altarino di parole ad uno dei miei film preferiti di sempre. La cattiveria del finale de La notte, però, è stata presa, dilatata un po', aggiustata qua e là, e messa ne Il giorno degli zombi. 
Davvero, se è una brutta giornata, se non vi sentite benissimo, se avete perso la fiducia, guardate altro per l'amor di dio che non voglio avervi sulla coscienza.  Perché il terzo film del ciclo degli zombi è di un pessimismo estremo. Non pensate che vi siano segnali di miglioramento, di speranza, di happy ending. Non c'è NIENTE, NIENTE di positivo in questo film maledetto. Non un momento di respiro, di leggerezza (e quelli che ci sono, brevissimi, sono di un'amarezza spaventosa), mai uno spiraglio di luce. Il mondo è perduto e noi con lui.

I due grandi mondi ritratti nel film ne escono annientati. La scienza, che diventa ossessione, non guarda più in faccia nessuno, si fa beffe di qualsiasi etica e punta dritta all'obiettivo, regalandoci con il personaggio di Bub una delle scene più strazianti mai viste in un film sui ritornanti. Se però è chiaro che gli uomini di scienza ci vengono comunque presentati come 'i buoni' (ammesso che simile scemenza esista), per i militari davvero non c'è pietà. Sono barbari, sporchi, malvagi, egoisti fascistelli con un chiaro microcefalo, un po' troppa patata in testa per il contesto in cui sono e ben poco rispetto per il prossimo. Avesse potuto avrebbe diretto il film con ACAB scritto in fronte col sangue finto.

Estremo, di un gore notevolissimo che non lascia indifferenti, con un inizio storico e una posizione precisissima e nessuna paura di urlarla al mondo, Il giorno degli zombi mi pareva il modo migliore per salutare George Romero.

Negli ultimi 50 anni abbiamo avuto un film sugli zombi di Romero indicativamente (molto indicativamente) ogni 10 anni. Ha visto la società cambiare, non sempre in meglio, e, con lo sguardo acuto dei più intelligenti tra noi, l'ha criticata violentemente, con secchiate di sangue e viscere allo scoperto. Vederli oggi è interessante non solo perché sono film eccezionali, ma perché conosciamo la storia avendola vista da occhi esterni, quelli del futuro.
Avere la possibilità di guardare il marcio di oggi attraverso i suoi occhi sarebbe impareggiabile.
Un privilegio di cui siamo stati privati.
C'è una sola fortuna, in tutto ciò.
Gli uomini non cambiano mai.






I miei amici che insieme a me oggi ricordano quello che GR ci ha lasciato:

Delicatamente Perfido - La notte dei morti viventi

White Russian - La terra dei morti viventi

Non c'è paragone - La città verrà distrutta all'alba

Combinazione casuale - Martin

Una mela al gusto pesce - Bruiser

Pietro Saba World - Monkey Shines - Esperimento nel terrore

The Obsidian Mirror - George of the dead

Bollalmanacco - La metà oscura

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