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mercoledì 16 gennaio 2019

The hate you give, Angie Thomas

13:31
Ho iniziato l'anno con il saggio nuovo di Harari, XXI lezioni per il 21esimo secolo, che racconta di spaventosi scenari per il futuro. Ho proseguito con un romanzo che parla delle realtà spaventose di adesso, soprattutto se sei nero e vivi negli Stati Uniti. 
Ha vinto la categoria Best of the best su Goodreads per il 2018, e per me è più che meritato.
So che è già uscito il film, e lo vedrò di sicuro, appena i personaggi avranno smesso di avere nella mia mente la faccia che ho dato loro.


Starr Carter frequenta una prestigiosa scuola privata. Ha amiche, gioca a basket, sta con un adorabile fidanzato che stravede per lei. Però Starr è nera, e non vive nel quartiere in cui vivono i suoi compagni. Dove vive lei droga, scontri, gang e povertà sono all'ordine del giorno. Lei ci prova a tenere un equilibrio tra questi due mondi così lontani, ma quando il suo amico Khalid viene ucciso da un poliziotto diventa tutto più difficile. Soprattutto perché lei è la sola testimone, e deve trovare la forza di parlare.

Si legge in un paio di sedute, The hate you give. Non è lunghissimo e ha una di quelle belle scritture semplici che scorrono come acqua fresca. Non ci prova nemmeno a fare il complicato, perché a complicare la faccenda ci pensa il tema trattato. O meglio, ci pensano i temi trattati, perché in una sola storia c'è racchiuso un mondo intero.
Starr è giovanissima, ma ha la durezza tipica di chi non può nemmeno uscire a giocare per strada per non essere massacrato. Da un criminale o da un difensore della legge. Da bambina i suoi le hanno insegnato come comportarsi in presenza delle forze dell'ordine, e la vita nella sua scuola, frequentata in modo quasi esclusivo da bianchi, le ha insegnato come comportarsi per non essere mai additata come 'quella del ghetto'. Parlare bene, con calma, mai essere scalmanate, o arrabbiate, o tristi. 
Ha una famiglia preziosa come l'oro, che la ama calorosamente. Eppure niente può proteggerla dal mondo, e infatti proprio lei, così lontana dalle dinamiche criminali del quartiere, si ritrova ad essere l'unica testimone di un omicidio brutale e ingiustificato. 
Non solo, perché l'omicidio di Khalil è la punta di un iceberg rivoltante: polizia che copre il collega colpevole, media che travisano la verità e la rivoltano a loro piacimento, amici che non comprendono, amici che non si vuole aiutare a comprendere, genitori che vorrebbero proteggerti e subiscono le conseguenze delle tue scelte. Una ragazzina con la sola colpa di essersi trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato ha ora la responsabilità di far arrestare un omicida. 

Non si parla quindi solo di violenza della polizia verso la gente di colore, che è certamente la cosa più importante. Si parla anche di un'adolescente che deve fare chiarezza su chi sia e cosa voglia, su cosa la caratterizza davvero, sulle sue radici e sul suo futuro. Si parla di saper prendere decisioni forti, di capire che a volte bisogna decidere da che parte stare e accettare che si perderà qualcuno inevitabilmente lungo la strada, si parla di imparare a riconoscere il marcio, che spesso fermenta sotto i nostri occhi quando nemmeno ci accorgiamo della sua gravità, e di imparare anche a convivere con i propri rimpianti, perché quello che ci rende quello che siamo è anche il modo in cui reagiamo. Si cerca di far luce su come in molte realtà la criminalità sia la sola scelta possibile per restare vivi, sulla mancanza di prospettive per una marea di persone, sulla fine della speranza.

E si fa in un solo libro, che andrebbe portato nelle scuole, nelle piazze. 
Io lo porto qui.




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