La forma dell'acqua
Mari.
08:59
Mi sono chiesta a lungo se alla fine un post su La forma dell'acqua l'avrei scritto o meno.
Ma tale e tanta è stata l'attesa, e tanto vi ho rotto l'anima ultimamente, che mi sembrava giusto mettere un punto a questa attesa che è sembrata infinita.
Ma soprattutto, voglio con tutto il mio cuore unirmi al coro quasi unanime di voci che ha parlato del miracolo firmato Del Toro.
Perché La forma dell'acqua è un miracolo, di quelli potentissimi e talmente evidenti da regalare la fede anche a chi non l'ha mai avuta.
Saltiamo la noiosissima parte della trama, questa volta, il trailer è sufficiente.
Che Guillermo del Toro sia il mio regista preferito non è certo un mistero. Lo considero proprio il mio regista, quello che parla direttamente a me e al mio cuore, e spesso me lo sono custodita gelosamente.
Che sofferenza, però, vedere un talento che ai miei occhi è sempre stato così ovvio e immenso, così snobbato. Lui, che ha sempre fatto film dalla dolcezza potentissima, venire trattato così male, dalla gente che non lo guardava in sala, penalizzandone gli incassi, e dalla critica.
Lo stavamo per perdere, mi sa.
Il cinema sarà anche arte, ma è arte costosissima e se non ci sono i soldi, amici miei, arrivederci e grazie.
Allora lui si è rimboccato le maniche. Ha deciso che era ora di mostrare di cosa è capace, e ha buttato il carico da mille. Mi ha aperta in due, esattamente come sapevo che avrebbe fatto, con un baule carico di un'emotività così strabordante che avrò bisogno di giorni, settimane per smaltirla.
Anche se quello che sento adesso, quella magnifica patina che i film incantati lasciano sulla pelle, non vorrei sciacquarla via mai.
I titoli di testa del film sono un'ovattata ripresa della casa di Elisa sott'acqua. Sotto l'acqua è tutto morbido, sinuoso, leggero. Non dirò che è l'atmosfera di tutto il film, perché sapete bene che quando GDT mette i cattivi li mette cattivissimi.
Ma quella cosa lì, quell'aria lì, è Elisa.
Una donna delicatissima, minuta come un giunco, silenziosa e con un viso dolcissimo. Si è circondata di personaggi adorabili che compensano facilmente la sua mancanza di parole, ma è tutto intorno a lei.
Fino a ieri sera ero certa che la McDormand si sarebbe portata a casa l'Oscar. Ci avrei scommesso tutti i soldi che non ho. Ma Sally Hawkins è stata un incanto, con la sua gestualità e il suo viso così fine e così magnificamente comunicativo, un corpo intero al servizio di un film in cui la comunicazione verbale non serve a niente.
Perché, ve lo ricordo, questa si innamora di una creatura marina che per ovvi motivi non parla.
E quindi si incontrano questi due, con nient'altro che occhi e mani con cui parlarsi, a cui però non manca nulla. Basta una mano appoggiata piano piano su un vetro, e si dice già tutto.
Io ogni tanto me lo dimentico, che basta così poco.
Ma come sempre, del Toro mi ricorda che spesso il 'così poco' è invece un tantissimo, un tutto.
Tutto quello che serve.
Non avrete da me la solita scheda tecnica che vi racconta di colori, regia, musica, il lavoro strepitoso di un Doug Jones che merita molta più attenzione di quella che ha. E nemmeno un'apologia del diverso e dell'apertura all'altro. Se avete mai visto un film di del Toro lo sapete già, che è un maestro. Il più grande di tutti, per quel che mi riguarda.
Avrebbe potuto rassegnarsi ad una vita di Pacific Rim e sequel di zarrate sui vampiri, e avrebbe fatto forse più soldi.
Questa volta, invece, ha deciso che era ora di mostrare anche a tutti quelli che lo ignoravano, a tutti quelli che non lo prendevano sul serio, che ha sempre avuto ragione lui. Che il Cinema è questo, è tutto il cuore del mondo preso e messo in un mare d'acqua, insieme a due amanti che ballano, ignari delle differenze, del dolore, delle gocce d'acqua che cadono nel cinema di sotto, colmi solo di quella cosa grande e indefinita che lui nemmeno ci prova, a definire.
Aveva ragione lui, e ora non possiamo che chinare il capo e scusarci, per non averlo mai ascoltato abbastanza.
Ma tale e tanta è stata l'attesa, e tanto vi ho rotto l'anima ultimamente, che mi sembrava giusto mettere un punto a questa attesa che è sembrata infinita.
Ma soprattutto, voglio con tutto il mio cuore unirmi al coro quasi unanime di voci che ha parlato del miracolo firmato Del Toro.
Perché La forma dell'acqua è un miracolo, di quelli potentissimi e talmente evidenti da regalare la fede anche a chi non l'ha mai avuta.
Saltiamo la noiosissima parte della trama, questa volta, il trailer è sufficiente.
Che Guillermo del Toro sia il mio regista preferito non è certo un mistero. Lo considero proprio il mio regista, quello che parla direttamente a me e al mio cuore, e spesso me lo sono custodita gelosamente.
Che sofferenza, però, vedere un talento che ai miei occhi è sempre stato così ovvio e immenso, così snobbato. Lui, che ha sempre fatto film dalla dolcezza potentissima, venire trattato così male, dalla gente che non lo guardava in sala, penalizzandone gli incassi, e dalla critica.
Lo stavamo per perdere, mi sa.
Il cinema sarà anche arte, ma è arte costosissima e se non ci sono i soldi, amici miei, arrivederci e grazie.
Allora lui si è rimboccato le maniche. Ha deciso che era ora di mostrare di cosa è capace, e ha buttato il carico da mille. Mi ha aperta in due, esattamente come sapevo che avrebbe fatto, con un baule carico di un'emotività così strabordante che avrò bisogno di giorni, settimane per smaltirla.
Anche se quello che sento adesso, quella magnifica patina che i film incantati lasciano sulla pelle, non vorrei sciacquarla via mai.
I titoli di testa del film sono un'ovattata ripresa della casa di Elisa sott'acqua. Sotto l'acqua è tutto morbido, sinuoso, leggero. Non dirò che è l'atmosfera di tutto il film, perché sapete bene che quando GDT mette i cattivi li mette cattivissimi.
Ma quella cosa lì, quell'aria lì, è Elisa.
Una donna delicatissima, minuta come un giunco, silenziosa e con un viso dolcissimo. Si è circondata di personaggi adorabili che compensano facilmente la sua mancanza di parole, ma è tutto intorno a lei.
Fino a ieri sera ero certa che la McDormand si sarebbe portata a casa l'Oscar. Ci avrei scommesso tutti i soldi che non ho. Ma Sally Hawkins è stata un incanto, con la sua gestualità e il suo viso così fine e così magnificamente comunicativo, un corpo intero al servizio di un film in cui la comunicazione verbale non serve a niente.
Perché, ve lo ricordo, questa si innamora di una creatura marina che per ovvi motivi non parla.
E quindi si incontrano questi due, con nient'altro che occhi e mani con cui parlarsi, a cui però non manca nulla. Basta una mano appoggiata piano piano su un vetro, e si dice già tutto.
Io ogni tanto me lo dimentico, che basta così poco.
Ma come sempre, del Toro mi ricorda che spesso il 'così poco' è invece un tantissimo, un tutto.
Tutto quello che serve.
Non avrete da me la solita scheda tecnica che vi racconta di colori, regia, musica, il lavoro strepitoso di un Doug Jones che merita molta più attenzione di quella che ha. E nemmeno un'apologia del diverso e dell'apertura all'altro. Se avete mai visto un film di del Toro lo sapete già, che è un maestro. Il più grande di tutti, per quel che mi riguarda.
Avrebbe potuto rassegnarsi ad una vita di Pacific Rim e sequel di zarrate sui vampiri, e avrebbe fatto forse più soldi.
Questa volta, invece, ha deciso che era ora di mostrare anche a tutti quelli che lo ignoravano, a tutti quelli che non lo prendevano sul serio, che ha sempre avuto ragione lui. Che il Cinema è questo, è tutto il cuore del mondo preso e messo in un mare d'acqua, insieme a due amanti che ballano, ignari delle differenze, del dolore, delle gocce d'acqua che cadono nel cinema di sotto, colmi solo di quella cosa grande e indefinita che lui nemmeno ci prova, a definire.
Aveva ragione lui, e ora non possiamo che chinare il capo e scusarci, per non averlo mai ascoltato abbastanza.