lunedì 10 giugno 2019

Chernobyl

Il web è forse saturo di persone che esaltano la nuova miniserie HBO?
Sì.
Questo mi esimerà dal parlarne anche qua?
Assolutamente no.


Non credo serva la trama, vero?
Raccontiamo solo che la serie inizia al momento dell'esplosione del reattore 4 della centrale nucleare di Chernobyl e si conclude con il processo.
Vorrei dire che in casi come questi è scongiurato il pericolo spoiler, ma in realtà la vicenda è così complessa e piena di risvolti che io non conoscevo che alcuni dettagli che mi hanno comunque sorpresa e lasciata senza parole.

Di Chernobyl non si parla mai. Io sono del 90, quindi non l'ho vissuta, ma la conoscevo di fama come tutti. Eppure, fino a poco fa, mancavano documentari, libri, approfondimenti. HBO è arrivata come una ruspa (in un momento in cui l'attenzione sul tema era stata riaccesa, da un libro uscito qualche anno fa) e ha non solo raccontato una storia che va conosciuta e non dimenticata, ma anche alzato l'asticella degli standard delle miniserie, perché è un lavoro incredibile che merita tutta l'attenzione che sta ricevendo e anche di più.

(Edit: scopro da Wikipedia che in realtà sono sempre esistiti prodotti che raccontano la vicenda di Chernobyl, tra corti, documentari e film, ma io non li conoscevo, a parte quell'horrorino di qualche anno fa - Chernobyl Diaries - ma in ogni caso nessuno sembra avere avuto i fari puntati addosso quanto questa serie, che sembra essere arrivata a dare piuttosto fastidio alla Russia.)

Quando si parla di argomenti così delicati e con l'aggravante di essere vicini a noi nel tempo, si cammina sulle uova. Sarebbe stato facilissimo lasciarsi andare a commozione facile o a voyeuristici racconti macabri.
Sebbene non ci si possa esimere dal raccontare storie strazianti e dal mostrare immagini raccapriccianti, queste sono nulla in confronto al vero punto della serie: la vera colpa del disastro è di una nazione chiusa e orgogliosa, per la quale la tutela della propria immagine viene prima della protezione dei propri cittadini. Un disastro in cui ogni aspetto è peggiore del precedente, in cui ogni singolo dettaglio non fa che peggiorare l'opinione che lo spettatore ha delle persone e delle loro decisioni.

Si è scelto di raccontare storie singole perché sono più efficaci. Muoiono ogni anno centinaia di bambini sulle navi, per esempio, ma i numeri sono freddi, non ci colpiscono. Pare assurdo a dirsi, ma è vero, a fronte di centinaia di bambini noi ci ricordiamo solo di quello in spiaggia, o di quello con la pagella cucita. Siamo così, e la serie per raccontarci le migliaia di vite compromesse dal disastro sceglie di mostrarcene una, reale e non creata per la serie, quella del pompiere Vasily Ignatenko. Vasily ha un nome, una faccia e una storia, ma li rappresenta tutti: pompieri, ingegneri, minatori, liquidatori. Conoscere lui è stato un modo per colpirci più forte ma allo stesso tempo farceli conoscere tutti, e con me è stato efficacissimo. Non ho mai pensato: "Povero Ignatenko" ho sempre pensato "Povera gente".
(Non con commiserazione, la serie non lascia spazio alle lacrimucce alla John Green.)

Allo stesso tempo, si è data attenzione enorme alle persone che dovevano trovare una soluzione. La squadra capitanata dal vicepresidente del consiglio dei ministri Shcherbina e il vicedirettore dell'istituto di energia atomica Legasov.
Non erano robot a risolvere un guaio con un algoritmo o so ben io cosa. Erano persone, che si sono trovate di punto in bianco con un problema all'apparenza impossibile e con milioni di vite da tutelare. Non riesco ad immaginare ad una situazione più stressante di così. Il problema era così impossibile che non esistevano piani B. Non c'era una procedura standard da seguire, perché il problema non sarebbe mai dovuto esistere.
Queste persone le vediamo da vicinissimo. Non sappiamo nemmeno se abbiano o meno famiglia, siamo troppo concentrati su quanto loro siano concentrati sulla faccenda. Ci sono verità da conoscere, scomodissime e pericolose, un governo da soddisfare, milioni di vite da salvare e qualcuna da sacrificare. Un lavoro tremendo ma che qualcuno doveva pur fare. Shcherbina e Legasov non sono solo stati scritti magnificamente, sono anche stati dati in gestione a due attori che lasciano senza fiato. Stellan Skasgard e Jared Harris riempiono lo schermo con la loro rabbia, la frustrazione, la necessità di restare concentrati anche quando si vorrebbe mandare tutto all'aria e lasciare che di questo problema se ne occupasse chi ne era responsabile.
Poi ci si accorge che un solo vero responsabile non c'è mai stato, ma non è questo il punto.
Hanno dato vita a due personaggi che lasciano senza fiato, le cui vite sono cambiate per sempre dopo Chernobyl e che non si sono mai staccate dall'accaduto. Due attori che da soli sarebbero bastati a fare della serie il prodotto migliore dell'anno ma che non rubano lo schermo al resto. Si mischiano alla perfezione con l'altissima qualità di tutto quello che li circonda.

Se vogliamo parlare della vicenda, ci dobbiamo arrabbiare. Frustante, dolorosa, scandalosa. Non riesco dopo giorni a capacitarmi di come una cosa del genere sia potuta accadere, di come questa sia la prova tangibile che non esistono buoni e cattivi e che il potere è da sempre il vero grande cattivo della Storia. Ci si arrabbia e si soffre.
Ma siccome su questo blog non parliamo di Storia ma di serie tv, quello che posso dire su Chernobyl è che ha l'eleganza di chi non ha bisogno di mostrare troppo. Si vedono scene forti ma non sono il punto perché la storia ha così tanto altro da dare che soffermarsi sui dettagli macabri non serve. Si mostra per far conoscere. Io banalmente gli effetti delle radiazioni sul corpo non le conoscevo, ora sì. Ma non ci si sofferma su quello, perché tutto il resto è anche peggio.
Chirurgicamente la serie ricostruisce alla perfezione gli eventi e li riporta quasi come un approfondimento giornalistico. Ricostruisce così bene gli anni che ogni dettaglio sembra uscito direttamente dall'86, come se fosse tutto originale dell'epoca. Gli ambienti, i vestiti, i capelli, l'arredamento, la luce...emergere da un episodio è come fare un viaggio nel tempo.
Ogni singola scelta fatta per la realizzazione di questa serie è splendida: le luci, l'eleganza della narrazione, la sceneggiatura, le immagini. Mi è piaciuto tutto quanto.

Eppure, quando si emerge dall'apnea che sono le 5 ore di serie, c'è quell'inquietudine che non si scolla di dosso.
La storia è finita, Chernobyl è stata messa in sicurezza e i reattori difettosi sono stati sistemati, si volta pagina.
Eppure, quella sensazione lì che regalavano certi sguardi del KGB, l'essere seguiti e osservati da lontano dal potere, la certezza di non poter fare quello che si vuole e che si crede giusto, entrano sotto la pelle, e anche se non credo sarò mai un'anarchica, quella sensazione lì fa più paura di ogni singola scena di pelle divorata dalle radiazioni.
E non finisce con la visione della serie.



2 commenti:

  1. Io quando è successa la tragedia di Chernobyl avevo 13 anni, non se sia stata la famiglia, o la lentezza con cui viaggiavano le informazioni all'epoca, o solo la bimbominkiaggine tipica dell'età, fatto sta che non mi ero resa conto dell'enormità dell'accaduto.
    Concordo completamente con tutto quello che dici, sopratutto sulla bravura paurosa dei due protagonisti principali, e sulla qualità eccelsa di scrittura, riprese, ricostruzione dell'epoca.Mi ha emozionato moltissimo e fatto piangere, incazzare, rabbrividire.

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    Risposte
    1. per me è già la serie dell'anno, se non degli ultimi anni, una ricostruzione eccezionale!

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