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venerdì 26 gennaio 2018

Gravity

13:32
Ho visto Gravity per la prima volta solo adesso.
Lo so, lo so.
Mi ero lasciata di nuovo prendere dal pregiudizio, dall'antipatia personale (più per Clooney che per la Bullock), dall'antifantascientismo.
Adesso dovrò convivere tutta la vita al pensiero che non avrò mai la possibilità di vederlo al cinema, e credo sia una punizione sufficiente per il mio snobismo del cavolo, che io provo a sedare ma che rimane lì, implacabile, a farmi perdere i capolavori in sala.



La storia è quella dell'ingegnere Stone, alla sua prima missione spaziale, che insieme all'astronauta Matt Kowalsky deve sopravvivere ad un urto che ha distrutto la navetta con cui erano arrivati.
Fine della storia, tutto qua.
Due persone da sole nello spazio infinito che devono sopravvivere.
Agghiacciante.

Non è che fossi scettica, di più. La mia attuale inversione di rotta, però, quella che oggi mi fa guardare anche i film di fantascienza quando una volta francamente li schifavo, mi ha condotta fino a Gravity. Per colpa di questa inversione di rotta io al minuto 12 stavo col fiatone, un'ansia devastante e il cuore incapace di tollerare tanta tensione.

Facciamo una breve premessa: io ho il terrore del volo. Detesto ogni tipo di altezza, ma quando sotto di me non ci sta niente io sbrocco. Pesantemente. (Il primo che mi dice 'ma c'è l'aaaaria' subirà un trattamento pari alla sua simpatia) Ma del tipo che non posso guidare sulla Cisa o mollo la macchina in mezzo alla corsia e corro giù a piangere.
Immaginate che esperienza è stata per me Gravity. Non ho mai vissuto niente di simile, e l'ho visto solo dal divano di casa. Al cinema forse sarei morta. Ma quanto ne sarebbe valsa la pena.
La sola idea di trovarmi sola nello spazio infinito, lontana in modo indescrivibile dalla mia sacra Terra, sperduta, mi ha sconvolta. Ho temuto di dover prendere uno di quegli Alprazolam che mi hanno consentito di prendere gli unici due voli della mia vita.

Priva di qualsivoglia competenza tecnica, non ho idea di come si girino scene del genere, ma Alfonso, cosa hai fatto. Certi momenti sono indescrivibili, di una bellezza semplicissima eppure immensa, da togliere il fiato. La sensazione visiva è totalizzante, un enorme senso di vuoto si apre intorno a chi assiste inerme al destino agghiacciante di una Sandra Bullock che lancia violentemente alle sue spalle decenni di commedie romantiche per rivelarsi qualcosa di completamente inaspettato. Nel mezzo mi fa anche un gesto dell'ombrello. A me e alla mia mancanza di fiducia.
Tutto è immenso e intenso, le prime immagini si sono tatuate nella mia memoria e sarà difficilissimo superarle. Ogni mia certezza è andata distrutta insieme al satellite russo che ha causato tutto il patatrac.

Ultimamente le mie certezze vengono spesso smentite.
Una volta me la sarei presa a morte, il mio orgoglio non accetta l'errore.
Oggi, invece, dio solo sa quanto ne sono felice.
Dove con dio intendo Alfonso Cuaròn.

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