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sabato 19 febbraio 2022

Il cinema muto: la situazione italiana

17:45

 Se siete su questo blog è molto probabile che prima o poi nel corso della vostra vita vi siate ritrovati a googlare qualcosa del tipo: horror italiano, cinema italiano dell'orrore, italian horror.

E Google, convinto di stare facendo per bene il suo lavoro, vi ricondurrà ad articoli, saggi, post, che parlano di due cose: il giallo all'italiana e Dario Argento. È altrettanto possibile che vi si dica che il primo film horror italiano è I vampiri, di Riccardo Freda.

Questo, di post, esiste perché non sono più disposta ad accettare una così spudorata mancanza di rispetto verso il mio uomo Dante, autore della più sconvolgente opera dell'orrore del suo tempo, e di tanti tempi dopo il suo. E pure verso tutte le altre truculente opere classiche che abbiamo adattato per il cinema.


Andiamo con ordine e vediamo insieme come nasce il cinema dell'orrore italiano.





Costume&Società


Siamo tutti sul pezzo su quello che è successo in Francia quando il cinema è nato. In Italia ci siamo mossi subito per adeguarci ai tempi. Con cosa cominciamo? Qualche documentario, perché non sia mai che passiamo per i fratelli scemi dei mangiabaguette. Qua abbiamo la cultura da diffondere. 

Quello che però è davvero stato interessante per me è stato scoprire che il cinema in Italia è nato come fenomeno itinerante, al pari di fiere e spettacoli circensi. Oggi passiamo da un estremo all'altro, basta guardare cosa c'è in sala questa settimana: o i Me contro Te (contro i quali non ho assolutamente nulla anzi sono felice che portino i bimbi in sala) o uno smaronamento (sarà anche bellissimo, ma concedetemi la perdita di pazienza) che parla di? Mafia, esatto. 

Una volta, invece, all'inizio di questo viaggio lunghissimo, il cinema era la più popolare delle attrazioni, e con popolare non intendo famosa ma proprio del popolo. Amatissimo nelle zone rurali, dove concedeva svago alla faticosa vita di lavoro,  diventa di tale successo da portare anche qui da noi alla nascita di sale di proiezione fisse. E ok, ne siamo tutti felici, ma pur sempre italiani, e da una cosa bella ne abbiamo fatto un po' di casini, che vado ora ad elencarvi in ordine rigorosamente casuale:

  • abbiamo intuito che sarebbe presto diventato un'industria, quel cinemello qui, e ne abbiamo affidati i finanziamenti ad una classe aristocratica, parassitaria, completamente scollegata dalla realtà e incapace di comprendere il mezzo. Il risultato? Si fanno soldi, ma resta sempre un'industria precaria. 
  • ci siamo spaventati perché siamo i più buoni dell'universo e questo nuovo mezzo poteva mettere a dura prova la nostra nota incorruttibilità. La morale era a rischio! Già nel 1913 arrivano le prime leggi ufficiali, ma la Lega per la moralità nasce nel 1902 (non gli hanno manco dato il tempo di emettere i primi vagiti, a sto neonato mezzo, e già gli tranciavano le gambe). Naturalmente ogni mezzo per controllare i contenuti è di natura politica e non morale, ma questo lo sappiamo oggi. 
  • abbiamo permesso che l'influenza vaticana arrivasse anche qui, e per questo i film religiosi non si contano. 
  • abbiamo coinvolto i letterati, perché in fondo abbiamo continuato a considerare il cinema un'arte troppo bassa per i nostri scopi educativi, e abbiamo cercato fin dall'inizio di darle un tono più elevato. Siamo pur sempre la patria dell'opera perdio, comportiamoci come si deve.
Ma è qui che mi casca l'asino. Gli asini, noi. Perché se la letteratura vogliamo tirare in ballo allora dobbiamo usare quella nostrana, e la letteratura nostrana e quella classica sono il paradiso dell'amante dell'orrido. Certo, questo ha fatto sì che la cosa in cui siamo stati l'eccellenza fossero i kolossal, i film storici, ma in questa rubrica non possiamo scordarci che la letteratura classica, pure lei come Méliès, è cosa nostra. E che pure se la chiesa ha cercato in tutti i modi di farci essere un popolo a modino, è pur sempre la stessa che ha creato il diavolo, e non è che adesso può romperci le palle se lo usiamo. 
Insomma, l'ho detto la volta scorsa ma lo ripeterò in ogni occasione possibile: la gente vuole la paura da sempre, e anche se abbiamo tutto contro un modo per farci sentire lo abbiamo sempre avuto.


Sì, ok, ma i film?
(la playlist di questo post sta qua)


Come dicevo più su: è Dante che ha mosso il sole e le altre stelle. Ci ha presi e portati letteralmente nell'indicibile, l'inferno.
Pensare di adattare l'immensità del suo lavoro è quantomeno ambizioso, eppure ci siamo lanciati subito senza paura in quest'operazione, perché va bene che è tutto spaventoso ma è pur sempre del sommo poeta che parliamo e quindi era accettabile anche per la società bene. 
Ne è risultata un'opera gigantesca, uscita nel 1911, che vista oggi è magica. I dannati volavano, Cerbero aveva le sue consuete tre teste, Ugolino ne stringeva una in mano, Minosse. Ci sono quasi tutti, e non sono solo facilmente identificabili perché ce li siamo tutti studiati a scuola, ma anche perché, pur nel silenzio imposto, la loro vicenda o almeno la loro situazione nell'aldilà è rappresentata in modo cristallino. Per Paolo e Francesca c'è un flashback, e io me lo sono riguardata tre volte perché non ci potevo credere. 

Ovviamente il tema satanico sarà uno dei più prolifici, era scontato che sarebbe stato così ma non sarò mai io a lamentarmene. Se quello che era importante fare era prendere spunto dalla letteratura e dalle cose moralmente ineccepibili, cosa c'è di meglio della Bibbia stessa? Se nel tempo del kolossal dobbiamo restare, però, allora anche la narrazione dell'inferno deve esserlo, quindi come l'adattamento dantesco anche il Satana, il dramma dell'umanità è un polpettone ad episodi, imponente e maestoso. Ma va bene così, io amo anche questo. 
O meglio, lo amerei se lo avessi visto, perché qui si apre un'annosa questione: la reperibilità. No, non quella che il vostro capo dovrebbe pagarvi e invece ignora, quella dei film.


Parliamo di prodotti che hanno più di cento anni, c'è da parte mia tutta la comprensione del mondo. Tantissime cose sono andate perdute per sempre (inserire qui suono del mio cuore che si spezza), tante sono state recuperate e tenute insieme con lo scotch e le dita incrociate, alcune sono in ottimo stato. Se però trovare opere straniere del periodo è immediato perché si trova tutto sul tubo rosso davvero con il minimo sforzo, lo stesso non si può dire per le poche cose italiane. Nel testo Horror Italiano di Simone Venturini, si citano decine di film che non ho avuto modo di trovare da nessuna parte. E io faccio pena in tante cose, ma anni di orrore mi hanno insegnato a cercare i film sul web per benino. 
Si trovano cose nelle cineteche, magari solo copie d'archivio che le rovini se le incroci con lo sguardo, magari dimenticate in magazzini impolverati, magari solo perse per sempre. Perché cazzo siamo così o caciaroni o elitari con la cultura è un mistero che non so da che parte iniziare a svelare. La playlist che vi ho messo in alto, quindi, è molto poverella, ma ci sono cose bellissime.
C'è Maciste all'inferno, e sto.


Fonte interessante ma dall'interfaccia decisamente poco user friendly è il sito della Cineteca di Milano, che si trova qui.



Lyda Borelli, aka la prima delle Scream Queens



Dico davvero, possiamo prescindere dallo stereotipo dell'italiano sciupafemmine se poi il divismo lo creiamo noi? In America arriva, ma la patria quale altro poteva essere? 
In questo periodo erano due le italiane che regalavano sogni agli spettatori: Francesca Bertini e Lyda Borelli. Con tutto l'affetto possibile per Bertini, la nostra donna è Borelli. 
Borelli non ha una carriera lunghissima, ha fatto meno di quindici film, ma sono due in particolare quelli che la rendono one of us. 
C'è Malombra, una roba impressionante. Film del 1917, di Carmine Gallone, racconta della povera Marina, orfana che si trasferisce da un vecchio parente. La sventurata chiede una stanza vista lago, ché si sa che l'acqua pulisce tutte le ferite, ma nella stanza trova una lettera: la prima moglie dello zio è morta in circostanze misteriose e la faccenda inizia ad ossessionarla, e sempre più forte è il suo desiderio di vendetta. Io lo so che col cinema muto sono una principiante e che forse devo solo adattarmi all'idea di guardare cose in cui non sento le situazione spiegate anche attraverso i dialoghi, ma per me il modo in cui questo film riesce ad essere torbido, malsano e ossessivo è magnetico. Nella playlist per fortuna lo trovate, è una sorta di precursore del gotico. Lo sguardo prima sconsolato poi ossessionato di Borelli è indimenticabile. 
E poi, naturalmente, la sua Rapsodia satanica. Film sempre del '17, di Nino Oxilia, è un Faust al femminile. Ci insegna due cose: che le donne da quel momento nel cinema italiano saranno sinonimo di male, e che l'idea che la cosa principale della vita di una donna sia l'amore ha una lunghissima tradizione. La contessa Alba d'Oltrevita stringe un patto col diavolo perché l'idea di invecchiare proprio non le piace e lui le dice "Bazza, ma non ti innamori più." 
Lei accetta perché pelle senza rughe > uomini e la cosa finisce in tragedia.

I film hanno una cosa in comune, ed è proprio il personaggio di Borelli: la donna è cattiva, dicevamo, e in quanto tale porta alla perdizione degli uomini che avevano il solo difetto di desiderarla troppo. Le sue protagoniste hanno un'obiettivo e niente da perdere nell'inseguirlo. Marina vuole vendetta per la sua anima perduta, la contessa vuole eterna giovinezza, e se per ottenere quello che desiderano devono sacrificare la purezza della propria anima sono pronte a farlo senza nemmeno dubitare un secondo. Perché siamo creature demoniache e lo rivendichiamo fin dagli anni Dieci del Novecento.


Lyda Borelli ha contribuito a creare un fenomeno che negli anni diventerà rappresentativo degli anni d'oro del cinema, un Olimpo fatto di divinità terrene che spostavano l'industria a loro piacimento. E noi oggi la omaggiamo, anche se solo con un piccolo post su un piccolissimo blog, perché delle donne del cinema ce ne siamo sempre dimenticati troppo spesso.




Insomma, non è che Google abbia torto: una vera e propria tradizione dell'orrore davvero non la vediamo che solo dopo quei famosi Vampiri del '57. 
L'orrore, però, lo vedremo praticamente in ogni post di questi primi due mesi, non nasce mai da un momento preciso ma piuttosto da un insieme di piccoli elementi che unendosi e crescendo insieme hanno dato forma a quel linguaggio che oggi ci è così familiare. 
I primi passi italiani sono stati pomposi, imponenti, diabolici. Però acculturatissimi, perché non si dica che non siamo i più intelligenti di tutti.





Le fonti di questo post:


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Rondolino G., Tomasi D., Manuale di storia del cinema, UTET Università, 2014

Tetro M., Azzara S., Chiavini R., Di Marino S., Guida al cinema horror. Dalle origini del genere agli anni Settanta, Odoya, 2021

Venturini, Simone, Horror Italiano, Donzelli Editore, 2014

Brunetta, Gian Piero, Il cinema muto italiano: Da "La presa di Roma" a "Sole". 1905 - 1929, Editori Laterza, 2014








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