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lunedì 31 gennaio 2022

GenNoir: La Nuova Fiera delle Illusioni

10:32

 Ci siamo, il momento per cui abbiamo chiacchierato tutto il mese di noir è arrivato: sono andata a vedere il nuovo film di Guillermo del Toro, La fiera delle illusioni.


A beneficio delle persone che potrebbero passare di qua senza sapere nulla della sottoscritta: guardavo già al cinema con passione e con il lieve trasporto che mi contraddistingue, ma quando ho guardato per la prima volta Il labirinto del fauno ho capito che per me il senso intero dell'arte stava in quella cosa lì. 

Il cinema di Guillermo del Toro non mi ha solo mostrato cosa significhi oggi essere un autore, cosa possa essere il cinema oltre che (se pur rispettabile) semplice intrattenimento, ma soprattutto mi ha riconciliato col mondo, ha preso l'adolescente incazzata che sono stata e l'ha addolcita, perché tanto genuino è il suo sguardo buono sul mondo che non posso non pensare che, in fondo, abbia ragione lui. 

Ha sempre ritratto il peggio del mondo e della storia, ma con le mani fatate di chi ha sempre saputo leggerci le cose migliori. 

In mezzo ad un felicissimo periodo storico in cui ottimi registi proliferano, Guillermo del Toro mantiene un posto nel mio cuore che lo mette al di sopra di chiunque.

Questa intro per dire che ho paura che mi allungherò un po'.




L'adattamento del Nostro è fedelissimo alla storia originale: seguiamo Stanton Carlisle nel suo viaggio verso il successo, da semplice garzone in un circo a incantatore delle ricche folle cittadine, fino a diventare lo spiritista dei ricchissimi. Lo aiuta nel suo viaggio la moglie Molly, e la loro sembra una strada verso le stelle. Sarà l'incontro con Lilith a segnare l'inizio della fine.


A me piace tanto andare al cinema. Mi piace così tanto che quando esco dalla sala per me i film sono tutti bellissimi. Mi faccio cullare dall'entusiasmo per l'esperienza in sala e finisco per amare tutto quanto. Se devo cambiare opinione lo faccio nei giorni successivi, un po' a freddo.

Uscita dalla sala questa notte avrei solo voluto stare in piedi a scriverne immediatamente, per imprimere le sensazioni fresche. Mi sono contenuta, sono andata a letto, ma stamattina è ancora tutto qui, perché quello di del Toro non è cinema da fruizione rapida. Continua a macerare dentro finché non si riesce a mettere a fuoco quello che ha lasciato. Qua oggi ci provo un po'.


La storia di Stan non è una bella favola, non lo era nel romanzo e del Toro non l'ha cambiata. Stan è un personaggio complesso e difficile, che nel corso del film fa un percorso non solo in termini di successo ma anche di evoluzione personale che Bradley Cooper ha portato in scena in quella che è senza dubbio alcuno la miglior interpretazione della sua carriera. Il suo viso nell'ultima inquadratura non me lo dimenticherò mai, mai. Stan nasce nullità: ha bruciato tutto quello che aveva ed è partito, senza meta. Incontra Clem, proprietario di un circo itinerante, che evidentemente vede qualcosa in lui, in quella spavalderia che si porta tatuata sulla faccia, e lo assume. Il circo di Clem è un insieme di mostruosità: sebbene sia superato il momento dei freak show fatti e finiti, la gente è ancora disposta a pagare per vedere qualcuno stare peggio e lui non solo lo sa bene, ma no si fa alcun problema a coltivare questo interesse popolare, presentando, tra le altre cose, lo spettacolo dell'uomo bestia (nel romanzo il mangiabestie). 

La storia di come si crea un uomo bestia, e vederlo sullo schermo, è dura in ogni caso, perché è violento e disumano, e lo è in tutte le sue versioni. Del Toro, però, pur non cadendo mai nella commiserazione, dà alle sue tremende scene un ulteriore tocco di umanità: questo uomo bestia cerca di comunicare il suo disagio, il suo dolore. Stan lo osserva, ne è evidentemente toccato (non si fa problemi a manifestare il suo disappunto con Clem), e fa un gesto microscopico ma fondamentale. Siamo in un noir, tutti non fanno che fumare, e lui fa la sola cosa a cui gli viene da pensare: gli offre la sigaretta. Lo copre quando piove e lo abbandonano davanti ad un ospedale, lo guarda prima di correre via. 

È umanità, questa? No. È un ripetuto strappare la dignità a qualcuno che non ha gli strumenti per riprendersela, ma del Toro non voleva mica ritrarre un cattivo dal cuore d'oro. Stan non è e non sarà mai un eroe, ma è nelle sfumature, negli accenni di compassione, che costruisce un personaggio così forte. Neppure la dolce Molly ha mai uno sguardo per l'uomo bestia, neppure il protettivo Bruno, neppure la materna Zeena. Sono tutti accecati dalla consuetudine di averlo lì, e solo lo sguardo esterno al microcosmo del circo ne percepisce la crudeltà.


Nei primi momenti al circo Stan è silenzioso, riservato. Fa quello che gli viene chiesto senza pensarci troppo, si prende i suoi soldi e non rompe tanto le palle. Però è da subito che lo vediamo come un uomo deciso. Non beve, mai, e lo rivendica con orgoglio. Non accetta di lavarsi nella pozza in cui si lavano tutti. Non ascolta quando gli viene chiesto di stare lontano da Molly. Ci sono piccole sfumature che del Toro ha scelto di inserire e che mancavano nella materia originale che non fanno che dare ulteriore spessore al suo protagonista, il che ha del miracoloso. Il film è tratto da un romanzo, che per sua stessa natura offre molto più tempo per costruire la complessità di una persona, eppure è in questo adattamento che Stan diventa ancora più intenso, il suo ritratto è ancora più puntiglioso. 


Certo, quella Molly lì gli piace proprio, e lui inizia quel lavoro che fanno alcuni uomini per prendersi le donne più fragili. La convince che il circo per lei non sia sufficiente, che meriterebbe di più. Una donna sicura di sé uno così lo manda a spasso, sto dove mi pare e tante grazie. Ma Molly non è così. Vissuta a lungo sotto la protezione del padre prima e di Bruno dopo, cullata dall'amore del circo, non ha avuto modo di diventare adulta a modo suo, e questo suo restare parzialmente bambina le ha permesso di mantenere una cosa che nessuno, intorno a lei, ha più: una morale. Molly, abbindolata dal talento del marito, abituata alla truffa e all'inganno come forme di sostentamento, non riesce a portare il marito sulle stelle perché ha dei paletti morali. Ha dei valori, ha ancora lo sguardo pulito sul mondo, e nonostante la volontà di fare contento il suo uomo non ce la fa. Serve una donna come Lilith, priva di qualsivoglia pensiero genuino, per dare a Stan quello che desidera. Ma siamo comunque in un noir, e l'ambizione non è mai cosa buona. 


Si toccano tematiche strettamente femminili con delicatezza verso lo spettatore (del resto il film lo ha scritto insieme alla moglie, Kim Morgan) ma anche con la durezza necessaria a ricordarci che in quel mondo lì nessuna donna se la passa bene, neppure se sta con un riccone della società bene. Molly è protetta come se fosse di vetro ma con una sola frase ci ricorda che anche se è Ron Perlman in persona a difenderti ti possono succedere cose orrende. L'intera storia che porterà alla fine del film è la storia di una donna che ha perso contro il volere di un uomo. Hanno scelto di non dare troppo tempo ad alcuni episodi terribili, perché non serviva altro che una singola frase per identificarli come tali, e sì, naturalmente parlo di quello che Molly dice a Stan mentre si baciano per la prima volta. 


Questa, prima di tutto, è una storia sulla dannosità del potere, tema che abbiamo visto raccontato tante volte dal Nostro. In passato ha parlato tanto del potere che gli uomini esercitano sulle donne, sfruttando una posizione di inferiorità imposta dalle strutture sociali, ha parlato di donne che nascondono quello che sono, ha parlato di uomini ricchissimi con la possibilità di fare quello che pareva loro come pareva loro, nei confronti delle altre persone, delle creature, del mondo intero. Qua il potere passa da un personaggio all'altro, perché è una storia molto lunga che tocca un arco temporale piuttosto importante, e ogni persona toccata dal proprio "turno" con lo scettro in mano ha sopraffatto, sfruttato, truffato qualcun altro. Non usa giudizio negativo diretto verso le persone, ma verso le dinamiche che rendono alcune persone superiori ad altre. 


Quello che del Toro ha portato in più in una storia ormai conosciuta, è la profondità, la mancanza di giudizio, la voglia di ritrarre le persone come fenomeni complessi e mai incasellate. Ha scelto per questa varietà umana attori in stato di grazia, che parlano con gli occhi e regalano a questi circensi un calore che forse, ora che l'ho trovato qui, riconosco mi sia mancato sia nel libro che nel film del '47. Ha aggiunto dettagli, scene brevissime, accenni, frasi buttate qua e là ma che insieme al resto, ovvero una storia ottima e molto potente, hanno costruito un film incantevole. Ci ha messo la sua estetica particolarissima (dico solo: la bellezza, la bellezza, della casa degli orrori), i suoi colori magnifici (lo dovete vedere al cinema, fatemi e fatevi questo favore), il look curatissimo che tanto amo e che contraddistingue i suoi lavori da sempre, e ha raccontato un mondo in cui non esistono buoni o cattivi, esistono le persone e le circostanze della vita. Esistono gli errori, le strade sbagliate, i traumi del passato, le conoscenze sbagliate per noi, la fragilità che ti è data dall'avidità. Guillermo del Toro non poteva ridurre questa storia ad una lotta tra chi truffa e chi viene truffato, doveva costruire un ritratto realistico del mondo, in cui si diventa quello che si è e in cui non sempre è solo colpa di chi cade e sbaglia. In cui capitano incidenti, in cui si mette la morale da parte un secondo di troppo e si finisce per farsi ancora più male, in cui l'individualità è sì portatrice di cattive notizie ma in cui è anche compresa. 

E fa tutto questo in un film che, anche solo per estetica, è la cosa più bella che ho visto di recente. 


Poi va beh, ha aggiunto i feti deformi conservati nei vasetti, perché va bene che è il suo primo film senza elementi soprannaturali, ma è pur sempre del Toro e almeno un paio di creaturine doveva mettercele. E ovviamente sono bellissime pure quelle. 


venerdì 28 gennaio 2022

GenNoir: Le prime fiere delle illusioni

10:24

 Ci siamo, finalmente!

Dopo un'attesa che sembrava infinita, il nuovo film di Guillermo del Toro è uscito anche in Italia. Il mio piano è di andare a vederlo nel weekend, appena il lavoro mi concederà il minimo indispensabile di tregua.


Per concludere il nostro microviaggio nel noir, quindi, bisognava arrivare preparati alla storia di Stanton, e quindi mi sono letta il libro e vista il suo primo adattamento, quello del 1947.

Ne parliamo insieme.




Quello di Edmund Goulding è un adattamento piuttosto fedele. Film e libro parlano di Stanton Carlisle, che lavora in un circo itinerante. Conosce e frequenta Zeena, che insieme al marito ubriacone Pete ha un numero da indovina. Pete e Zeena hanno un metodo per far funzionare il loro numero che prevede una comunicazione in codice, e che ha permesso loro, ai tempi d'oro, di guadagnarsi fama e ammirazione. Stan decide di fare suo il loro metodo, e dopo essersi sposato con la giovane Molly parte alla ricerca di fortuna, imbrogliando la società per bene con i suoi trucchi da mentalista. Conoscere Lilith Ritter sarà l'inizio della sua fine.


Io con i libri ho bisogno del colpo di fulmine, perché la vita è troppo breve e i libri da leggere troppi. Se non mi conquisti entro le prime pagine ti lascio senza pietà. Il libro di Gresham il colpo di fulmine non me l'ha dato, eppure sono rimasta vincolata a lui perché me lo ero portata appresso per fare un tampone, e l'attesa si è rivelata più lunga del previsto. Io e Stanton, quindi, siamo rimasti insieme un bel po', e ho avuto modo di lasciargli più tempo del consueto per provare a conquistarmi.

Non so se ho davvero imparato a dare più chance ai libri, dopo questa lezione, ma di sicuro ho fatto bene a non mollarlo, perché una volta che la mia testa è entrata in quella di questo omuncolo, non ho più avuto scampo.


Il romanzo, per me, è ottimo. Ha una costruzione che definirei rilassata, si prende il tempo di introdurre personaggi che all'apparenza sono secondari e di accompagnare il lettore con molta calma alla conoscenza di Stan. Nello specifico, tutta la prima parte del libro è dedicata a Molly, la futura moglie, una bambina mai cresciuta, vissuta finché ha potuto all'ombra di un padre importante e protettore, che non l'ha mai davvero preparata al mondo. Morto il genitore, Molly è rimasta al circo ed è finita in sposa ad una personalità altrettanto soverchiante: Stanton è un po' l'entieroe classico del noir: nato povero, con una posizione lavorativa e sociale che non lo soddisfa, intelligente e ambizioso al limite dell'eccesso, ma allo stesso giudicante e snob con chi si trova in una posizione leggermente inferiore alla sua. 

Non esiste solidarietà tra ultimi, nel mondo di Stanton, ma solo desiderio individuale di successo. Abbiamo visto in diversi film che nel noir tutto quello che conta è il successo individuale, la voglia di farcela nonostante tutto, il desiderio di superare gli altri, e Stanton incarna queste cose alla perfezione. In una delle prime scene lo vediamo giudicare severamente il mangiabestie del circo, chiedendosi come possa un uomo ridursi così. Tyrone Power è una scelta perfetta per questo personaggio, ha uno sguardo costantemente superiore nei confronti di tutte le persone con cui si approccia: con gli ubriaconi del circo, con Zeena, che aveva una possibilità ma non l'ha più sfruttata, con la debole mogliettina, con i ricchi che inganna. Lui è migliore di tutti, è superiore a questa piccola umanità senza ambizioni e desideri di gloria.


Il romanzo cambia quasi tono, quando diventa la storia di Stan. Se l'autore guarda quasi con tenerezza a Molly e alla sua infelice storia, assistiamo all'evoluzione di Stan con uno sguardo ben più distaccato. I compagni veri il suo lo chiamerebbero tradimento di classe, per il modo sfacciato con cui abbandona la vita che lo ha cresciuto, quella del circo, alla ricerca di qualcosa di più. La sua avidità lo acceca, e quindi, naturalmente, lo rende fragile. All'incontro con Lilith nulla lo distingue da quei ricconi che ha passato anni ad imbrogliare. 


Da questo momento spoiler


Film e libro sono così vecchi che il rischio spoiler è davvero limitato, ma non so se e quanto l'adattamento dell'amoremio sia simile, quindi un alert era dovuto.


Ormai lo abbiamo visto succedere una decina di volte: l'ambizione, nel noir, viene spesso punita, e la storia di Gresham non è da meno. Stan finisce per farsi fregare, perché il mondo offrirà sempre persone più brillanti o più disoneste di noi. Persa la moglie, persa Lilith, persi i soldi e tutte le possibilità, Stan finisce sul lastrico, alcolizzato e disperato, esattamente come il Pete che ha accidentalmente ucciso all'inizio della storia. Torna alla vita del circo, dove per quelli come lui c'è un solo posto disponibile: quello del mangiabestie. 


Nightmare Alley, pur non avendo pistole, tradimenti, poliziotti e locande coi juke box, incarna alla perfezione quel poco che ho capito sul noir e, se possibile, lo rende più vicino ai miei gusti. Il racconto di Stan, di come la sua determinazione gli si rivolti contro e diventi la sua rovina, è molto umano e doloroso. Il romanzo si apre e si chiude sul racconto di come nasce un mangiabestie, di quale punto basso dell'umanità si arrivi a sfiorare perché un padrone più ricco di te possa prendere la tua dignità per farne quello che gli serve. Non si giustifica mai Stan, il suo essere un detestabile arrivista incurante degli altri, ma si racconta di come la vita sia imprevedibile e di come il giudizio affrettato verso gli altri non sia mai una buona idea. Quando la crescita personale (quella economica, almeno, Stan di sicuro non crede di aver bisogno di maturare) arriva solo attraverso lo sfruttamento degli altri, la sopraffazione, il giudizio e il sentimento di superiorità, la conclusione non può che essere il fallimento. 


Nel complesso ho amato più il romanzo del film, perché questa è una storia che ha avuto bisogno dell'approfondimento che per forza di cose le pagine garantiscono in più rispetto al film, ma trovo che Goulding abbia fatto un ottimo lavoro nel rendere giustizia al racconto di personaggi così interessanti.


Gli Stanton Carlisle hanno vita breve, in questo tipo di storie. 

Sono molto curiosa di sapere il taglio che del Toro ha dato alla sua vicenda, perché lui è solito parlare di un'umanità ben più felice di questa. Non fraintendetemi, parla di cattivi crudelissimi e di circostanze storiche tremende, ma i suoi protagonisti sono sempre i buoni. Ritrae con sentimento genuino la parte migliore dell'umanità perché ha un cuore grande davvero pieno di buoni sentimenti, e sarà interesante vedere come porterà sullo schermo la personalità di Stan, la rassegnazione di Zeena, la fragilità di Molly, la crudeltà di Lilith. Il suo modo di parlare delle persone è sempre rotondo, e non è certamente da lui classificare le circostanze della vita in una dicotomia semplicistica di bene e male. Confido sarà stato in grado di mostrare tutti gli aspetti in cui questa storia è tragica. Ho fiducia in lui più che in qualsiasi altro regista del mondo. 

Ne riparliamo questo weekend. 


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