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lunedì 31 gennaio 2022

GenNoir: La Nuova Fiera delle Illusioni

10:32

 Ci siamo, il momento per cui abbiamo chiacchierato tutto il mese di noir è arrivato: sono andata a vedere il nuovo film di Guillermo del Toro, La fiera delle illusioni.


A beneficio delle persone che potrebbero passare di qua senza sapere nulla della sottoscritta: guardavo già al cinema con passione e con il lieve trasporto che mi contraddistingue, ma quando ho guardato per la prima volta Il labirinto del fauno ho capito che per me il senso intero dell'arte stava in quella cosa lì. 

Il cinema di Guillermo del Toro non mi ha solo mostrato cosa significhi oggi essere un autore, cosa possa essere il cinema oltre che (se pur rispettabile) semplice intrattenimento, ma soprattutto mi ha riconciliato col mondo, ha preso l'adolescente incazzata che sono stata e l'ha addolcita, perché tanto genuino è il suo sguardo buono sul mondo che non posso non pensare che, in fondo, abbia ragione lui. 

Ha sempre ritratto il peggio del mondo e della storia, ma con le mani fatate di chi ha sempre saputo leggerci le cose migliori. 

In mezzo ad un felicissimo periodo storico in cui ottimi registi proliferano, Guillermo del Toro mantiene un posto nel mio cuore che lo mette al di sopra di chiunque.

Questa intro per dire che ho paura che mi allungherò un po'.




L'adattamento del Nostro è fedelissimo alla storia originale: seguiamo Stanton Carlisle nel suo viaggio verso il successo, da semplice garzone in un circo a incantatore delle ricche folle cittadine, fino a diventare lo spiritista dei ricchissimi. Lo aiuta nel suo viaggio la moglie Molly, e la loro sembra una strada verso le stelle. Sarà l'incontro con Lilith a segnare l'inizio della fine.


A me piace tanto andare al cinema. Mi piace così tanto che quando esco dalla sala per me i film sono tutti bellissimi. Mi faccio cullare dall'entusiasmo per l'esperienza in sala e finisco per amare tutto quanto. Se devo cambiare opinione lo faccio nei giorni successivi, un po' a freddo.

Uscita dalla sala questa notte avrei solo voluto stare in piedi a scriverne immediatamente, per imprimere le sensazioni fresche. Mi sono contenuta, sono andata a letto, ma stamattina è ancora tutto qui, perché quello di del Toro non è cinema da fruizione rapida. Continua a macerare dentro finché non si riesce a mettere a fuoco quello che ha lasciato. Qua oggi ci provo un po'.


La storia di Stan non è una bella favola, non lo era nel romanzo e del Toro non l'ha cambiata. Stan è un personaggio complesso e difficile, che nel corso del film fa un percorso non solo in termini di successo ma anche di evoluzione personale che Bradley Cooper ha portato in scena in quella che è senza dubbio alcuno la miglior interpretazione della sua carriera. Il suo viso nell'ultima inquadratura non me lo dimenticherò mai, mai. Stan nasce nullità: ha bruciato tutto quello che aveva ed è partito, senza meta. Incontra Clem, proprietario di un circo itinerante, che evidentemente vede qualcosa in lui, in quella spavalderia che si porta tatuata sulla faccia, e lo assume. Il circo di Clem è un insieme di mostruosità: sebbene sia superato il momento dei freak show fatti e finiti, la gente è ancora disposta a pagare per vedere qualcuno stare peggio e lui non solo lo sa bene, ma no si fa alcun problema a coltivare questo interesse popolare, presentando, tra le altre cose, lo spettacolo dell'uomo bestia (nel romanzo il mangiabestie). 

La storia di come si crea un uomo bestia, e vederlo sullo schermo, è dura in ogni caso, perché è violento e disumano, e lo è in tutte le sue versioni. Del Toro, però, pur non cadendo mai nella commiserazione, dà alle sue tremende scene un ulteriore tocco di umanità: questo uomo bestia cerca di comunicare il suo disagio, il suo dolore. Stan lo osserva, ne è evidentemente toccato (non si fa problemi a manifestare il suo disappunto con Clem), e fa un gesto microscopico ma fondamentale. Siamo in un noir, tutti non fanno che fumare, e lui fa la sola cosa a cui gli viene da pensare: gli offre la sigaretta. Lo copre quando piove e lo abbandonano davanti ad un ospedale, lo guarda prima di correre via. 

È umanità, questa? No. È un ripetuto strappare la dignità a qualcuno che non ha gli strumenti per riprendersela, ma del Toro non voleva mica ritrarre un cattivo dal cuore d'oro. Stan non è e non sarà mai un eroe, ma è nelle sfumature, negli accenni di compassione, che costruisce un personaggio così forte. Neppure la dolce Molly ha mai uno sguardo per l'uomo bestia, neppure il protettivo Bruno, neppure la materna Zeena. Sono tutti accecati dalla consuetudine di averlo lì, e solo lo sguardo esterno al microcosmo del circo ne percepisce la crudeltà.


Nei primi momenti al circo Stan è silenzioso, riservato. Fa quello che gli viene chiesto senza pensarci troppo, si prende i suoi soldi e non rompe tanto le palle. Però è da subito che lo vediamo come un uomo deciso. Non beve, mai, e lo rivendica con orgoglio. Non accetta di lavarsi nella pozza in cui si lavano tutti. Non ascolta quando gli viene chiesto di stare lontano da Molly. Ci sono piccole sfumature che del Toro ha scelto di inserire e che mancavano nella materia originale che non fanno che dare ulteriore spessore al suo protagonista, il che ha del miracoloso. Il film è tratto da un romanzo, che per sua stessa natura offre molto più tempo per costruire la complessità di una persona, eppure è in questo adattamento che Stan diventa ancora più intenso, il suo ritratto è ancora più puntiglioso. 


Certo, quella Molly lì gli piace proprio, e lui inizia quel lavoro che fanno alcuni uomini per prendersi le donne più fragili. La convince che il circo per lei non sia sufficiente, che meriterebbe di più. Una donna sicura di sé uno così lo manda a spasso, sto dove mi pare e tante grazie. Ma Molly non è così. Vissuta a lungo sotto la protezione del padre prima e di Bruno dopo, cullata dall'amore del circo, non ha avuto modo di diventare adulta a modo suo, e questo suo restare parzialmente bambina le ha permesso di mantenere una cosa che nessuno, intorno a lei, ha più: una morale. Molly, abbindolata dal talento del marito, abituata alla truffa e all'inganno come forme di sostentamento, non riesce a portare il marito sulle stelle perché ha dei paletti morali. Ha dei valori, ha ancora lo sguardo pulito sul mondo, e nonostante la volontà di fare contento il suo uomo non ce la fa. Serve una donna come Lilith, priva di qualsivoglia pensiero genuino, per dare a Stan quello che desidera. Ma siamo comunque in un noir, e l'ambizione non è mai cosa buona. 


Si toccano tematiche strettamente femminili con delicatezza verso lo spettatore (del resto il film lo ha scritto insieme alla moglie, Kim Morgan) ma anche con la durezza necessaria a ricordarci che in quel mondo lì nessuna donna se la passa bene, neppure se sta con un riccone della società bene. Molly è protetta come se fosse di vetro ma con una sola frase ci ricorda che anche se è Ron Perlman in persona a difenderti ti possono succedere cose orrende. L'intera storia che porterà alla fine del film è la storia di una donna che ha perso contro il volere di un uomo. Hanno scelto di non dare troppo tempo ad alcuni episodi terribili, perché non serviva altro che una singola frase per identificarli come tali, e sì, naturalmente parlo di quello che Molly dice a Stan mentre si baciano per la prima volta. 


Questa, prima di tutto, è una storia sulla dannosità del potere, tema che abbiamo visto raccontato tante volte dal Nostro. In passato ha parlato tanto del potere che gli uomini esercitano sulle donne, sfruttando una posizione di inferiorità imposta dalle strutture sociali, ha parlato di donne che nascondono quello che sono, ha parlato di uomini ricchissimi con la possibilità di fare quello che pareva loro come pareva loro, nei confronti delle altre persone, delle creature, del mondo intero. Qua il potere passa da un personaggio all'altro, perché è una storia molto lunga che tocca un arco temporale piuttosto importante, e ogni persona toccata dal proprio "turno" con lo scettro in mano ha sopraffatto, sfruttato, truffato qualcun altro. Non usa giudizio negativo diretto verso le persone, ma verso le dinamiche che rendono alcune persone superiori ad altre. 


Quello che del Toro ha portato in più in una storia ormai conosciuta, è la profondità, la mancanza di giudizio, la voglia di ritrarre le persone come fenomeni complessi e mai incasellate. Ha scelto per questa varietà umana attori in stato di grazia, che parlano con gli occhi e regalano a questi circensi un calore che forse, ora che l'ho trovato qui, riconosco mi sia mancato sia nel libro che nel film del '47. Ha aggiunto dettagli, scene brevissime, accenni, frasi buttate qua e là ma che insieme al resto, ovvero una storia ottima e molto potente, hanno costruito un film incantevole. Ci ha messo la sua estetica particolarissima (dico solo: la bellezza, la bellezza, della casa degli orrori), i suoi colori magnifici (lo dovete vedere al cinema, fatemi e fatevi questo favore), il look curatissimo che tanto amo e che contraddistingue i suoi lavori da sempre, e ha raccontato un mondo in cui non esistono buoni o cattivi, esistono le persone e le circostanze della vita. Esistono gli errori, le strade sbagliate, i traumi del passato, le conoscenze sbagliate per noi, la fragilità che ti è data dall'avidità. Guillermo del Toro non poteva ridurre questa storia ad una lotta tra chi truffa e chi viene truffato, doveva costruire un ritratto realistico del mondo, in cui si diventa quello che si è e in cui non sempre è solo colpa di chi cade e sbaglia. In cui capitano incidenti, in cui si mette la morale da parte un secondo di troppo e si finisce per farsi ancora più male, in cui l'individualità è sì portatrice di cattive notizie ma in cui è anche compresa. 

E fa tutto questo in un film che, anche solo per estetica, è la cosa più bella che ho visto di recente. 


Poi va beh, ha aggiunto i feti deformi conservati nei vasetti, perché va bene che è il suo primo film senza elementi soprannaturali, ma è pur sempre del Toro e almeno un paio di creaturine doveva mettercele. E ovviamente sono bellissime pure quelle. 


venerdì 28 gennaio 2022

GenNoir: Le prime fiere delle illusioni

10:24

 Ci siamo, finalmente!

Dopo un'attesa che sembrava infinita, il nuovo film di Guillermo del Toro è uscito anche in Italia. Il mio piano è di andare a vederlo nel weekend, appena il lavoro mi concederà il minimo indispensabile di tregua.


Per concludere il nostro microviaggio nel noir, quindi, bisognava arrivare preparati alla storia di Stanton, e quindi mi sono letta il libro e vista il suo primo adattamento, quello del 1947.

Ne parliamo insieme.




Quello di Edmund Goulding è un adattamento piuttosto fedele. Film e libro parlano di Stanton Carlisle, che lavora in un circo itinerante. Conosce e frequenta Zeena, che insieme al marito ubriacone Pete ha un numero da indovina. Pete e Zeena hanno un metodo per far funzionare il loro numero che prevede una comunicazione in codice, e che ha permesso loro, ai tempi d'oro, di guadagnarsi fama e ammirazione. Stan decide di fare suo il loro metodo, e dopo essersi sposato con la giovane Molly parte alla ricerca di fortuna, imbrogliando la società per bene con i suoi trucchi da mentalista. Conoscere Lilith Ritter sarà l'inizio della sua fine.


Io con i libri ho bisogno del colpo di fulmine, perché la vita è troppo breve e i libri da leggere troppi. Se non mi conquisti entro le prime pagine ti lascio senza pietà. Il libro di Gresham il colpo di fulmine non me l'ha dato, eppure sono rimasta vincolata a lui perché me lo ero portata appresso per fare un tampone, e l'attesa si è rivelata più lunga del previsto. Io e Stanton, quindi, siamo rimasti insieme un bel po', e ho avuto modo di lasciargli più tempo del consueto per provare a conquistarmi.

Non so se ho davvero imparato a dare più chance ai libri, dopo questa lezione, ma di sicuro ho fatto bene a non mollarlo, perché una volta che la mia testa è entrata in quella di questo omuncolo, non ho più avuto scampo.


Il romanzo, per me, è ottimo. Ha una costruzione che definirei rilassata, si prende il tempo di introdurre personaggi che all'apparenza sono secondari e di accompagnare il lettore con molta calma alla conoscenza di Stan. Nello specifico, tutta la prima parte del libro è dedicata a Molly, la futura moglie, una bambina mai cresciuta, vissuta finché ha potuto all'ombra di un padre importante e protettore, che non l'ha mai davvero preparata al mondo. Morto il genitore, Molly è rimasta al circo ed è finita in sposa ad una personalità altrettanto soverchiante: Stanton è un po' l'entieroe classico del noir: nato povero, con una posizione lavorativa e sociale che non lo soddisfa, intelligente e ambizioso al limite dell'eccesso, ma allo stesso giudicante e snob con chi si trova in una posizione leggermente inferiore alla sua. 

Non esiste solidarietà tra ultimi, nel mondo di Stanton, ma solo desiderio individuale di successo. Abbiamo visto in diversi film che nel noir tutto quello che conta è il successo individuale, la voglia di farcela nonostante tutto, il desiderio di superare gli altri, e Stanton incarna queste cose alla perfezione. In una delle prime scene lo vediamo giudicare severamente il mangiabestie del circo, chiedendosi come possa un uomo ridursi così. Tyrone Power è una scelta perfetta per questo personaggio, ha uno sguardo costantemente superiore nei confronti di tutte le persone con cui si approccia: con gli ubriaconi del circo, con Zeena, che aveva una possibilità ma non l'ha più sfruttata, con la debole mogliettina, con i ricchi che inganna. Lui è migliore di tutti, è superiore a questa piccola umanità senza ambizioni e desideri di gloria.


Il romanzo cambia quasi tono, quando diventa la storia di Stan. Se l'autore guarda quasi con tenerezza a Molly e alla sua infelice storia, assistiamo all'evoluzione di Stan con uno sguardo ben più distaccato. I compagni veri il suo lo chiamerebbero tradimento di classe, per il modo sfacciato con cui abbandona la vita che lo ha cresciuto, quella del circo, alla ricerca di qualcosa di più. La sua avidità lo acceca, e quindi, naturalmente, lo rende fragile. All'incontro con Lilith nulla lo distingue da quei ricconi che ha passato anni ad imbrogliare. 


Da questo momento spoiler


Film e libro sono così vecchi che il rischio spoiler è davvero limitato, ma non so se e quanto l'adattamento dell'amoremio sia simile, quindi un alert era dovuto.


Ormai lo abbiamo visto succedere una decina di volte: l'ambizione, nel noir, viene spesso punita, e la storia di Gresham non è da meno. Stan finisce per farsi fregare, perché il mondo offrirà sempre persone più brillanti o più disoneste di noi. Persa la moglie, persa Lilith, persi i soldi e tutte le possibilità, Stan finisce sul lastrico, alcolizzato e disperato, esattamente come il Pete che ha accidentalmente ucciso all'inizio della storia. Torna alla vita del circo, dove per quelli come lui c'è un solo posto disponibile: quello del mangiabestie. 


Nightmare Alley, pur non avendo pistole, tradimenti, poliziotti e locande coi juke box, incarna alla perfezione quel poco che ho capito sul noir e, se possibile, lo rende più vicino ai miei gusti. Il racconto di Stan, di come la sua determinazione gli si rivolti contro e diventi la sua rovina, è molto umano e doloroso. Il romanzo si apre e si chiude sul racconto di come nasce un mangiabestie, di quale punto basso dell'umanità si arrivi a sfiorare perché un padrone più ricco di te possa prendere la tua dignità per farne quello che gli serve. Non si giustifica mai Stan, il suo essere un detestabile arrivista incurante degli altri, ma si racconta di come la vita sia imprevedibile e di come il giudizio affrettato verso gli altri non sia mai una buona idea. Quando la crescita personale (quella economica, almeno, Stan di sicuro non crede di aver bisogno di maturare) arriva solo attraverso lo sfruttamento degli altri, la sopraffazione, il giudizio e il sentimento di superiorità, la conclusione non può che essere il fallimento. 


Nel complesso ho amato più il romanzo del film, perché questa è una storia che ha avuto bisogno dell'approfondimento che per forza di cose le pagine garantiscono in più rispetto al film, ma trovo che Goulding abbia fatto un ottimo lavoro nel rendere giustizia al racconto di personaggi così interessanti.


Gli Stanton Carlisle hanno vita breve, in questo tipo di storie. 

Sono molto curiosa di sapere il taglio che del Toro ha dato alla sua vicenda, perché lui è solito parlare di un'umanità ben più felice di questa. Non fraintendetemi, parla di cattivi crudelissimi e di circostanze storiche tremende, ma i suoi protagonisti sono sempre i buoni. Ritrae con sentimento genuino la parte migliore dell'umanità perché ha un cuore grande davvero pieno di buoni sentimenti, e sarà interesante vedere come porterà sullo schermo la personalità di Stan, la rassegnazione di Zeena, la fragilità di Molly, la crudeltà di Lilith. Il suo modo di parlare delle persone è sempre rotondo, e non è certamente da lui classificare le circostanze della vita in una dicotomia semplicistica di bene e male. Confido sarà stato in grado di mostrare tutti gli aspetti in cui questa storia è tragica. Ho fiducia in lui più che in qualsiasi altro regista del mondo. 

Ne riparliamo questo weekend. 


mercoledì 26 gennaio 2022

GenNoir: Detour

13:33

 Per una volta nella mia vita sono stata previdente, e sono così orgogliosa di questo piccolo successo che devo condividerlo.

Di tutti i noir previsti nella mia preparazione per Nightmare Alley ce n'era uno più breve degli altri, quello di cui parliamo oggi. Me lo ero tenuto nel caso avessi avuto una giornata con dei contrattempi, e siccome alla fine quella giornata è arrivata ed è oggi, sono così contenta di essermi tenuta il film che anche se si tratta di una cazzatina volevo condividerla con voi.

Oggi, quindi, nel poco tempo che ho, parliamo di Detour. 




Il film


Diretto da Edgar G. Ulmer nel 1945, il film si è fatto una gran fama per la sua natura da b movie: girato in meno di una settimana e con un budget ridotto, soprattutto in relazione al suo buon successo di botteghino.

Parla di un pianista, Al, la cui fidanzata cantante lo ha lasciato per andare a Los Angeles in cerca di fama. Non ha una lira, il nostro, quindi per raggiungerla deve affidarsi all'incerto e pericoloso uso dell'autostop. Come prevedibile, finisce in un mare di casini. Gli offre un passaggio Charles, che però muore in auto per quello che sembra un infarto, lasciando il nostro Al con una scelta da fare: rivolgersi alla polizia, rischiando di essere accusato di omicidio oppure tenersi auto e identità del defunto e raggiungere l'amata? Al sceglie la seconda ipotesi, ma l'incontro con Vera, altra autostoppista, complicherà i suoi piani.


Al momento in cui scrivo si trova gratuitamente su Youtube, anche in italiano, a questo link.


Cosa ne ha detto del Toro


"Edgar G. Ulmer was basically a really speedy, economical B-picture type of director. There is a scene with Tom Neal where he unwittingly uses a phone cord as a manslaughter weapon. That is echoed in a scene with Lilith and Stan [in Nightmare Alley]; it's a small quote. The main thing about it is how unsparing it is.


Traduzione farlocca di medesima:

Edgar G. Ulmer era sostanzialmente un tipo di regista veloce, economico, da B movies. C'è una scena in cui Tom Neal (Al) usa senza volere il cavo del telefono come arma per un omicidio. Rimando a questo in una scena in Nightmare Alley con Lilith e Stan, è una piccola citazione. La cosa più importante del film è quanto non si risparmi.


I miei due spicci


I due personaggi principali di questo film, Al e Vera, sono la cosa che lo rende indimenticabile. Un fallito e rassegnato uomo che crede che tutte le sfortune della sua vita siano da attribuirsi ad un fato avverso e mai alle sue decisioni sbagliate, lasciato da una donna che per una volta pensa a se stessa e alla propria carriera e non al desiderio di matrimonio del proprio fidanzato, che combina un disastro dopo l'altro e passa tutta la breve durata del film (pochi minuti sopra l'ora) a lamentarsi di quanto il mondo sia ingiusto e il suo destino proprio triste.

L'altra è una donna di polso e violenza, che usa le unghie come armi per difendersi da uomini poco raccomandabili e che ha la lucidità di saper sfruttare a suo vantaggio non solo una situazione complessa ma anche un uomo complessato. Tutto il film è un confronto costante tra la testa di lui, troppo presa a farsi problemi inesistenti per essere in grado di occuparsi di quelli reali, e quella di lei, impegnata a prendere la situazione di lui e rigirarla come un calzino per il proprio profitto.


Posso ammettere? Capisco che sia un crime, che continua a parlare di persone in difficoltà, della ricerca di una vita migliore,  di crimini, omicidi e furti di identità, che come ci insegna il maestro Dwight Schrute non è uno scherzo, ma questo film è divertentissimo.

Al è davvero un meme vivente. Incazzato, deluso, col cuore infranto, prende una decisione sbagliata dopo l'altra con una frequenza che davvero è un po' preoccupante, e da guardare è un gioiello. Poi arriva lei, Vera, e ormai il film è iniziato da mezz'oretta e ci avviciniamo alla fine, e per i successivi 30 minuti lo riempie di schiaffetti morali, umiliazioni, inganni. 

Non finirà bene, perché pur sempre di cinema noir parliamo e ormai sappiamo che le facilonerie per fare soldi non finiscono bene, ma quanto è godurioso?

Senza alcun dubbio quello che riguarderei più volentieri della carrellata.

 

martedì 25 gennaio 2022

Programmazione doppia: GenNoir e Nuovi Incubi!

18:06

Oggi giornata piena di content, qui nella Redrumia!

Partiamo dalle cose entusiasmanti: è uscito un nuovo episodio di Nuovi Incubi. Era arrivato il momento di parlare di Martyrs, picco e conclusione della New French Extremity. La prima stagione del podcast non si conclude qui, però, abbiamo ancora un paio di chiacchiere francesi da fare prima della nostra prima pausa. Per ora, però, godetevi l'episodio, che vista l'occasione speciale ha la prima ospite della storia di Nuovi Incubi! La nostra amica Silvia è venuta a darci supporto emotivo, perché la materia scotta e pure parecchio, e il risultato, se ormai avete un pochino imparato a conoscerci, lo potete prevedere: abbiamo riso due ore e mezza, perché le tragedie le affrontiamo così, in leggerezza.

Potete ridere con noi a questo link.



Adesso che la cosa divertente ce la siamo giocata è il momento di tornare a parlare di gente con elegantissimi fedora che si spara. 

Oggi parliamo di Crimine silenzioso.




Il film 


Siamo nel 1958, negli anni finali dell'epoca d'oro del noir, e il film esce con il titolo originale The Lineup, per mano di una vecchia conoscenza degli amanti dell'orrore Don Siegel. 

Parla di un carico di eroina che finisce in mano a ignari trasportatori e che causa una serie di conseguenze pericolosissime per chiunque entri nella sua traiettoria. 


Al momento in cui scrivo si trova gratuitamente su Youtube a questo film.


Cosa ne ha detto del Toro


"A Don Siegel movie that even now is relentless and absolutely brutal. The characters that should not get killed get killed in a merciless way. Eli Wallach is incredible fierce with no loyalty and can turn on a dime. The film is set in San Francisco and it portrays the city in a unique way that’s full of menace. Just as Vertigo portrays it in a very romantic, gothic way this one is gritty and savage and naked. And the final chase is fantastic."


Traduzione farlocca di medesima:


Un film di Don Siegel che anche visto oggi è implacabile e assolutamente brutale. I personaggi che non dovrebbero morire vengono uccisi senza pietà. Eli Wallach (uno dei detective che si occupa del caso, N.d.T.) è feroce, privo di lealtà e che cambia repentinamente. Il film è ambientato a San Francisco e ritrae la città in modo unico e minaccioso. Proprio come Vertigo la rappresenta in modo romantico e gotico, questo è crudo, selvaggio e nudo. E la caccia finale è fantastica.


I miei due spicci


Che stavolta saranno due davvero.

Sono certa che Don Siegel dormirà sereno nel suo letto eterno sapendo che ci sono pochi film nella mia vita che mi hanno lasciato più indifferente di questo. 

Temo che sia semplicemente colpa del mio essere completamente disinteressata alle faccende di droga e spaccio, nemmeno se è internazionale, nemmeno se coinvolge poveri passeggeri ignari. In questo caso non è un giudizio sul film, figuriamoci se mi posso mettere a sindacare sulle scelte di Don Siegel. È una mera questione di gusto personale che nulla ha a che vedere con l'effettiva qualità del film.


Ormai nel mio breve periodo di incursione nel noir ho capito questo: dell'azione e del crime fini a se stessi continua ad importarmi poco, il che forse non mi rende la spettatrice ideale, ma spesso si toccano grandi punti di umanità, con ritratti, seppur elegantissimi e di gran classe, di quella che è la povertà, la difficoltà sociale. Non sono sempre storie di avidità e gola, come ingenuamente pensavo quando del genere sapevo ancora meno di adesso.

Questo cosa mi insegna? Che i miei luoghi comuni, come in tutti gli altri ambiti della vita, posso mettermeli in tasca e buttarli nella spazzatura insieme a quegli scontrini che butto troppo di rado. 

lunedì 24 gennaio 2022

GenNoir: Golfo del Messico

16:47

Com'è che dicevo?

Un post al giorno fino al 27? 

Ecco, lo dico a beneficio di chi stia passando di qua per la prima volta: mi contraddico spesso. Così tanto spesso che la "promessa" di un post al giorno l'ho fatta meno di una settimana fa e già l'ho infranta.

Ieri, però, era il mio ultimo giorno di isolamento (sono negativa, amici!) e ho voluto godermelo letteralmente lanciata sul divano con la ferma intenzione di non fare nulla.

Quelle, di promesse, in cui non devo fare nulla, sono bravissima a mantenerle.


Ma oggi torniamo a noi, che è lunedì e bisogna tutti lavorare: parliamo di Golfo del Messico.





Il film


Uscito nel 1950 con il titolo originale The Breaking Point, è diretto da Michael Curtiz, signore che potreste forse avere già sentito nominare per un certo Casablanca.

Secondo adattamento del romanzo di Hemingway (potreste avere già sentito nominare anche lui) Avere e non avere, parla di Harry Morgan, pescatore che se la passa piuttosto male. La sua attività non funziona, è pieno di debiti, e ha moglie e due figlie piccole da mantenere. È un uomo onesto, Morgan, ma quando una ghiotta occasione di fare un po' di soldi gli si presenta, è difficile non accettare. Ormai in questa rubrica lo abbiamo imparato fin troppo bene: soldi facili = è un casino.


Cosa ne ha detto del Toro


"John Garfield brings a grittiness and reality to the part. He’s a man torn between what he should or should not do and what he has and what he could have. Which are essential conflicts in noir. And they are very much acted on in Nightmare Alley. It’s directed by the great Michael Curtiz, but is based on an Ernest Hemmingway novel To Have and Have Not."


Traduzione farlocca di medesima:

John Garfield (Harry) regala coraggio e realtà alla parte. È un uomo combattuto tra quello che dovrebbe e quello che non dovrebbe fare, e tra quello che ha e quello che potrebbe avere, che sono elementi di conflittualità essenziali nel noir, e che sono elaborati anche in Nightmare Alley. È diretto dal grande Michael Curtiz, ma tratto dal romanzo di Ernest Hemingway Avere o non avere.


I miei due spicci


Parecchio doloroso, questo, che era un sentimento che finora non avevo incontrato nelle visioni di questa carrellata.

Abbiamo incrociato spesso personaggi problematici o che si portano appresso difficoltà anche notevoli, ma questo spaccato di vita reale è stato molto più intenso di quanto visto finora.

Harry ha una vita complessa, ma non tragica. 

Ha un matrimonio felice, lui e la moglie Lucy sono spesso ritratti in momenti di tenerezza, ha due figlie che sono un ritratto adorabile e caciarone dell'infanzia, quello che gli manca sono i soldi. Come sa chi ha conosciuto circostanze del genere, non c'è amore che tenga, se manca il pane in tavola. 

Lucy non è certamente una moglie esigente: vuole dare il minimo indispensabile alle sue bambine, senza chiedere nulla per se stessa, vuole che il marito resti fuori dai casini. Eppure Harry campa con questa sorta di orgoglio spaccato, si vede fallito, pur non accettando aiuti dalla moglie, e cade nella più antica delle trappole: persona con più soldi di te che capisce come stai messo e ti offre una facile scappatoia, a patto di potersi tenere la giusta percentuale.


Dal momento in cui entra in queste dinamiche pericolose e illegali, anche Harry si trasforma: da tenero padre di famiglia diventa uomo disposto a combattere, ad usare le armi, a buttare la gente in mare, pur di proteggersi e proteggere il proprio futuro. Come abbiamo già visto succedere nei giorni scorsi, la possibilità di mettere mano sul denaro, ma anche il desiderio di fregare gli altri, di risparmiare qualcosa, di imbrogliare, tirano fuori da tutti i personaggi del film il peggio, rendendolo, di nuovo, un film in cui ci si spara per soldi. È interessante che una dinamica praticamente identica sia stata, in queste poche visioni, sviscerata in maniera sempre diversa, con dettagli che arricchiscono la questione di punti di vista e di personaggi completamente diversi.


Quello che distingue Harry dagli altri uomini assetati di denaro che abbiamo visto finora è che la sua non diventa mai avidità. Questo è un uomo che deve dare da mangiare alla sua famiglia, e se il prezzo da pagare è sparare ad un criminale, beh, non ci si fanno troppi problemi. 

Il punto è che in una guerra tra poveri non se ne esce mai vincitori, e infatti come ho detto il film è parecchio doloroso. Non solo perché Harry stesso pagherà le conseguenze delle sue scelte e della sopraffazione di chi si arricchisce alle spalle dei poveretti, ma anche altri personaggi, che non ho nominato per non spoilerare troppo, finiranno vittime di queste dinamiche marce. 


Sebbene non sia la prima volta che mi appassioni a un film di questa carrellata, questa forse è la prima volta in cui mi sono emozionata così. 

sabato 22 gennaio 2022

GenNoir: Perfido inganno

11:15
Se la mia quarantena dura ancora a lungo potrei quasi abituarmici, al ritmo di un post al giorno, come si faceva nei bei tempi d'oro del cineblogging. 
No, scherzo, non vi sottoporrei mai ad un simile supplizio, ma ammetto che la faccenda del noir è interessante e non sono sicura che me lo aspettassi. 

Oggi continuiamo nel periodo "registi sconosciuti che affronto con leggerezza" parlando di Perfido Inganno, diretto nientepopodimeno che dal signor Robert Wise.






Il film 

Uscito con il titolo originale di Born to kill, il film è del 1947 ed è il primo noir del suo regista.
Parla di una donna di nome Helen, neo divorziata, che conosce, tornando a casa dalla sorella Georgia, Sam, affascinante e misterioso ex pugile. Tra i due scatta una scintilla che non porterà a buone cose, per nessuno.

La storia di questo film è davvero affascinante. Ha fatto poco e niente al box office, anche a causa di alcuni scandali personali del cast, eppure si è fatto una fama di film particolarmente duro, violento, oscuro. Ha avuto la sua consueta dose di critiche, boicottamenti vari, casi giudiziari, non si è fatto mancare niente. 
Oggi abbiamo un grande pubblico abituato al peggio portabile sullo schermo, è interessante vedere quanto siamo cambiati noi e l'opinione pubblica. 

Al momento in cui scrivo si trova gratuitamente su Youtube, a questo link.

Cosa ne ha detto del Toro

“A movie that is not that celebrated but I think is fantastic is Robert Wise’s Born to Kill. The film has a couple of the most astounding and violent murders for the period or any period. Lawrence Tierney is one of those characters that can inhabit absolute ruthlessness. And Claire Trevor plays his equal. I told Bradley Cooper and Cate Blanchett to watch them and watch them interact for how the characters needed to be in equal footing when they met. These two characters in Born to Kill are two beasts absolutely unleashed by the presence of each other. What is also fascinating about this movie is Claire Trevor plays a woman in good standing in society. This is what makes it interesting.”


Traduzione farlocca di medesima:

Un film poco celebrato ma che credo sia fantastico è Perfido Inganno di Robert Wise. Ha due dei più incredibili omicidi del periodo, ma anche di ogni tempo. Laurence Tierney (Sam) è uno di quei personaggi pieni di assoluta spietatezza. E Claire Trevor (Helen) gli è pari. Ho detto a Bradley Cooper e Cate Blanchett di guardarli e di vederli interagire per capire che i due erano in condizioni di parità quando si sono incontrati. I due personaggi di Perfido Inganno sono due bestie che si scatenano alla presenza una dell'altra. Quello che è affascinante del film è anche il fatto che Claire Trevor interpreta una donna che ha una buona posizione nella società. Questo è quello che la rende interessante.



I miei due spicci


Onestamente non faccio fatica a capire perché questo film abbia fatto così tanto parlare di sé. Parla di due delle persone più ripugnanti mai messe sullo schermo, che non solo non hanno alcuna vergogna di sé ma che anzi rivendicano il loro essere orrendi con l'orgoglio che hanno solo i mostri.

Il film si apre con Helen, fresca di divorzio, che torna a casa la sera e incontra il cagnolino della vicina libero la strada. La cosa la insospettisce e quindi, preso in braccio il poverino, lo riporta a casa. La porta è aperta, lei entra e si trova davanti due cadaveri, morti evidentemente per mano di qualcuno. La stronza decide che la cosa migliore da fare è non farsi coinvolgere. Posa il cagnetto e se ne va, lasciando i due defunti al loro tristo destino. 

Non paga di ciò, più avanti nel film giustifica la sua decisione con tutta la pacatezza del mondo, dicendo alla sorella che non aveva alcuna intenzione di farsi coinvolgere nel caso, con la tranquillità di chi rivela alla propria sorella di avere cambiato parrucchiera. 

Helen è spietata, ha lo sguardo vuoto di chi non ha alcun riguardo per il mondo, per nulla che non siano i propri interessi. Come ormai abbiamo capito guardando un paio di noir, i suoi interessi sono solo economici.

Incontrare Sam, ancora più marcio di lei, non farà altro che alimentare questa mostruosità, e la relazione tra i due si rivela un mix bollente. È Sam che ha ucciso la vicina di Helen, per gelosia, ed è sempre Sam che sposa Georgia, la sorella di Helen, per sistemarsi in una vita di agiatezze. 

Lo stare vicino ad Helen, però, coltiva la sua sporcizia. La loro relazione, perché poi naturalmente finiranno insieme, ci mancherebbe altro, crea un vortice di morti e disperazione, in un crescendo di violenza da cui nessuno uscirà illeso. 


A me è piaciuto moltissimo, questo ritratto violento e duro dell'umanità peggiore, in cui prendersi gioco degli ingenui è legittimato e in cui il male dell'umanità non resta mai impunito. Sia chiaro, non è un film che gioca a fare la morale, pur ritraendo i mostri per quello che sono, ma che si limita a mostrare come non si può giocare col fuoco senza, prima o poi, restare scottati. La chimica tra Tierney e Trevor è scintillante e insieme ritraggono la pericolosità dell'ambizione ad ogni costo.


Forse finora il mio preferito. 

venerdì 21 gennaio 2022

GenNoir: L'alibi sotto la neve

12:31

 Come dicevamo, ieri? Registi che mettono soggezione?

Ecco, parliamo di Tourneur, vah, così mi tolgo il pensiero dei due registi giganti in due giorni vicini e poi torno a rasserenarmi nei prossimi giorni. 

Oggi parliamo di L'alibi sotto la neve.





Il film


Uscito nel 1956 con titolo originale Nightfall, molto avanti nella carriera americana del suo regista, parla a sua volta di una rapina andata male, proprio come il film di ieri.

Questa, di rapina, è stata conclusa con successo da John e Red, che lungo la strada incrociano Vanning , che è a pescare con un amico. L'incontro non finisce bene: l'amico di Vanning è morto, i ladri prendono la borsa sbagliata e Vanning riesce a fuggire con la borsa della refurtiva. John e Red non sono disposti a lasciargliela.


Cosa ne ha detto del Toro


"It’s a great Jacques Torneur movie. Torneur revolutionized horror and made it elegant and full of menace. He worked with shadows in a magnificent way. But the main interest in this movie was for seeking dialogue. This movie has tough and gritty dialogue that sounded authentic and really underworldly and delivered beautifully. You can see Anne Bancroft in an early but very good role. It’s based on a novel by David Goodis who also wrote the Humphrey Bogart movie Dark Passage. He is an interesting pulp writer with a great ear for dialogue with great empathy for outsiders and people on the margins which was very important for me on Nightmare Alley. We had characters that exist on the fringe and how they fit or not fit in the urban brutality of Buffalo, New York when they leave the carnival."


Traduzione farlocca di medesima:

È un ottimo film di Jacques Tourneur. Lui ha rivoluzionato l'horror e l'ha reso elegante e minaccioso. Ha lavorato con le ombre in modo magnifico. Ma l'elemento di principale interesse in questo film sono i dialoghi. Questo film ha dialoghi duri e aggressivi, che sembrano autentici. C'è Anne Bancroft in uno dei suoi primi, ma ottimi, ruoli. È tratto da un romanzo di David Goodis, che ha anche scritto il film di Bogart Dark Passage. È un interessante scrittore pulp, con grande orecchio per i dialoghi, grande empatia per gli outsider e le persone ai margini, cosa molto importante per me in Nightmare Alley. Abbiamo personaggi che vivono ai margini e riescono o meno ad adeguarsi alla brutalità cittadina di Buffalo, New York, quando lasciano la fiera.



I miei due spicci


Questo è parecchio interessante. Si avvicina molto ad una costruzione più moderna, se vogliamo, della storia, che non è narrata in modo lineare come ho visto succedere finora, ma che si ricostruisce attraverso diversi flashback che solo a film finito ci danno un'idea di cosa sia effettivamente successo al nostro povero protagonista. 

Vanning è un personaggio tragico, finito nel posto sbagliato al momento sbagliato e che ha deciso, come unica consolazione nella tragedia, di tenersi una borsa di soldi che i due non troppo brillanti ladri hanno lasciato a sua disposizione. Da quel momento per lui parte una vita in fuga, di volti nascosti alla luce, di conoscenze appena accennate, di viaggi con gli occhi sbarrati sul bus, di sentimento di costante pericolo che, cosa ve lo dico a fare, Tourneur ci fa respirare per tutto il film.

Incontra Marie, in una parvenza di vita normale, e finisce inevitabilmente per trascinarla con sé nel pericolo e nella fuga.


Il film si apre con loro, Vanning e Marie, che si conoscono al bar, e finisce in una spirale di cambi di rotta in cui nessuno è davvero buono e nessuno è davvero cattivo, nessuno è dalla tua parte o forse lo sono tutti. Come successo in È tardi per piangere, i soldi sono diventati portatori di cattive notizie, di fragilità, di pericolo.

Per Vanning, in più, la già sgradevole situazione si aggrava con un'accusa infondata di omicidio che pende sulle sue spalle. Aldo Ray fa un bellissimo lavoro con il suo Vanning, che pur essendo nel fango fino al collo, resta un uomo tutto d'un pezzo e pieno di risorse, pronto a mettersi in pericolo pur di salvare la donna che, involontariamente, è finita coinvolta nella sua triste vicenda.


Un film che è invecchiato molto bene, moderno nella costruzione e senza tempo nell'atmosfera di pericolo imminente che costruisce per tutta la sua breve durata.

Non ci aspettavamo niente di meno.


giovedì 20 gennaio 2022

GenNoir: Rapina a mano armata

10:59

 Presente, no, come si chiama questo blog? Redrumia, Redrum...insomma, Shining, no?

Ecco, di quale regista non parliamo praticamente mai, qui su? Proprio lui, quello che il Redrum lo ha portato sullo schermo e elevato a leggenda: un tale Stanley Kubrick.

Il motivo è molto semplice: io del cinema continuo ad avere soggezione, figuriamoci di un certo tipo di cinema, figuriamoci del suo tipo di cinema. 

Quindi va beh, oggi per dovere di completezza due chiacchiere sul suo Rapina a mano armata le facciamo, ma non fateci l'abitudine, non credo ricapiterà presto.




Il film


A.D. 1956. Kubrick aveva già diretto un paio di cose andate maluccio, ma il fortuito incontro con un produttore che aveva grande fiducia nelle sue capacità (James B. Harris) ha portato alla nascita di Rapina a mano armata, tratto da un romanzo in italiano omonimo di Lionel White.

Johnny è un ex criminale che ha voglia di sistemarsi e diventare un bravo ragazzo per regalare la vita dei suoi sogni alla fidanzata, Fay. Per questo però servono soldi, e il modo più veloce per ottenere soldi è fare, ovviamente, un'ultima rapina, prima di lasciarsi la vita criminale alle spalle. Raccoglie un gruppo di persone e organizza insieme a loro un piano precisissimo per portarsi a casa una bella somma. 

Come potesse essere una buona idea era chiaro solo a Johnny.


Al momento in cui scrivo si trova a noleggio su AppleTV+.


Cosa ne ha detto del Toro


"One of Stanley Kubrick's masterpieces. Occasionally in noir, you have a scene where money, which has become an icon, loses all meaning. The mother of all those neolistic sentiments is The Killing. Sterling Hayden is perfect as a guy that's tough as nails, is completely hardcore, hardboiled, all the way to the end. The final line he has in the movie is fantastic."


Traduzione farlocca di medesima:


Uno dei capolavori di Stanley Kubrick. Di tanto in tanto nel noir, c'è una scena in cui i soldi, che erano diventati icona, perdono ogni significato. La madre di tutti questi sentimenti idealisti ma realisti allo stesso tempo (come cavolo posso tradurre altrimenti neolistic?) è Rapina a mano armata. Sterling Hayden (Johnny) è perfetto per interpretare un tizio durissimo, hardcore (questo lo lascio dai), tutto d'un pezzp, fino alla fine. L'ultima battuta che ha nel film è fantastica.


I miei due spicci


Sento di volermi togliere subito il principale dei sassolini dalle scarpe: a me frega meno di zero dei film sulle rapine. Non esiste un solo heist movie che mi abbia mai appassionato, per quanto mi riguarda possono anche rapinare il mondo intero e io sarei comunque sul divano di casa mia con le patatine probabilmente a guardare un film di fantasmi. Questo non è in alcuna maniera un giudizio oggettivo o un desiderio di polemizzare, semplicemente non è un genere che mi trovo a cercare. 

Quindi mi sono tolta piuttosto presto il pensiero di dover guardare un heist movie di Kubrick perché sapevo che, tutto sommato, avrei avuto molto poco da dire a riguardo. 


Dall'altro lato, però, nonostante le mie infinite lacune e nonostante anche le menate mentali, credo di saper riconoscere un bel film quando ne vedo uno. Specialmente quando ne vedo uno che è così lontano dai miei piaceri personali. E lo so che nella vostra testa adesso risuona un luminoso grazie al cazzo, perché è pur sempre Kubrick, eccetera, però sentite a me: io mi addormento sempre. Anche con i film che amo di più al mondo, perché soffro di una discreta insonnia che mi rende sonnolenta durante il giorno, e spesso devo vedere i film a rate per vederli tutti. The Killing è riuscito nella miracolosa impresa di tenermi sveglia per tutta la sua durata (che non è eccessiva, eh, è che davvero dormo sempre), nonostante sia un noir degli anni '50 a tema rapina. Era la ricetta perfetta per regalarmi un pisolo. Invece la storia di Johnny e dei suoi compari è interessante perché parla di umani imperfetti, che fanno errori perché accecati dal desiderio, di matrimoni infelici e di relazioni senza futuro. 

Usa la rapina per parlare, sebbene solo per qualche personaggio, di tutto il resto della vita che le gira intorno, e della desolazione dell'umanità. In quella battuta finale che cita del Toro c'è tutta la rassegnazione ad una vita mediocre, che forse nemmeno la perfetta riuscita della rapina avrebbe mai effettivamente risolto.


Il senso di questa serie di post non è naturalmente quello di fare una classifica, figuriamoci, ma dopo 4 film comincia a venir naturale fare dei confronti. Al momento quello che sto imparando su me stessa e il noir è che mi piacciono le storie che sguazzano nel torbido della mente umana, in cui i lati peggiori dell'essere si rivelano, svelati da avidità e desiderio di potere. 

Anche Rapina a mano armata tocca questi punti, anche se forse in maniera meno sfacciata rispetto, per esempio, a È tardi per piangere, in cui direttamente si sparava alla gente per una borsa di soldi. 

Forse glielo preferisco, È tardi per piangere, ma ho quasi paura di dirlo a voce alta su internet. 

mercoledì 19 gennaio 2022

GenNoir: È tardi per piangere

10:55

 Ormai siamo al terzo episodio, e le giornate stanno scorrendo più veloci di quanto avrei creduto. Per arrivare a fare tutto entro il 27 dovrò fare un post al giorno, mi scuso per l'overposting.

Però ormai sono intrigatissima, e forse il film di oggi è quello che più di tutti mi ha conquistata.

Parliamo di Too late for tears.




Il film


Noto anche come Killer Bait, uscito nel 1949 e diretto da Byron Haskin, è la storia di Jane e suo marito Alan, e di quella volta in cui sono venuti in possesso per puro caso di una borsa piena di soldi. Alan, uomo di grande integrità, li vorrebbe consegnare alle forze dell'ordine, Jane invece vede in quella borsa una possibilità per un futuro più felice e non ha alcuna intenzione di rinunciarci.


Oggi il film fa parte del pubblico dominio e quindi si trova gratuitamente su Youtube, a questo link.

Vedere i film sul tubo è un modo interessante perché si finisce per alterare l'algoritmo e nell'homepage adesso sono piena di altri film noir che presumibilmente non avrò mai il tempo di vedere. 


Cosa ne ha detto del Toro


"To me, it's the best movie of Lizabeth Scott, the best role she ever got. [She plays] a woman that is so tired of her role in society as the obedient wife and homemaker that when she's faced with an exit in the form of a bag full of money, she unleashes a tougher character than any other men in the picture. Any other men cannot stop her, cannot outwit her, cannot out game her. She's a fascinating character, incredibly powerful. This was directed by Byron Haskin, who sci-fi fans will remember for The War of the Worlds, but he is an incredibly efficient director."


Traduzione farlocca di medesima:


Per me è il miglior film di Lizabeth Scott (Jane, NdT), il miglior ruolo che abbia mai avuto. Interpreta una donna così stanca del proprio ruolo nella società di moglie obbediente e angelo del focolare che quando le viene offerta una scappatoia nella forma di una borsa piena di soldi, scatena un carattere ben più forte di ogni altro uomo in scena. Nessun uomo riesce a fermarla, può sconfiggerla. È un personaggio affascinante, molto potente. È diretto da Byron Haskin, che i fan della fantascienza ricorderanno per La guerra dei mondi, ma che è un regista incredibilmente capace.



I miei due spicci


Come al solito del Toro ha detto solo cose sante, ma a quello che dice lui su June ci arriviamo dopo.

Prima parliamo di soldi, vi va?

Finalmente incontro un film in cui si introduce il tema del potere derivato dalle possibilità economiche. Alan si ritrova una gigantesca quantità di denaro da un giorno con l'altro, lanciati in auto come una sorta di miracolo divino caduto, letteralmente, dal cielo. Alan però deve essere un po' uomo di mondo, perché lo sa che i soldi sono una cosa maledetta dal demonio, che più aumentano in quantità più portano cose brutte, e non li vuole. Accetta di andare incontro ai desideri della moglie solo temporaneamente, accettando di lasciarli in una cassetta di sicurezza in attesa di convincerla che forse forse comprarsi la pelliccia non sia esattamente una loro priorità in quel momento. 

Nel momento in cui i soldi entrano in casa (in auto, dettagli) diventano un problema. Una gigantesca spada di Damocle che pende sulla testa della coppia pronta a farli a pezzi. Le persone cambiano, quando viene data loro una tale somma di denaro, e fingere che non sia così è chiudere gli occhi di fronte alla realtà.

Quello che fa il film in modo secondo me molto intelligente è non far capitare il fortuito evento ad una famiglia povera. Alan lavora, hanno una bella casa in un elegante condominio, non manca loro nulla. La dinamica etica è molto più interessante così, perché una famiglia bisognosa quei soldi se li sarebbe dovuti tenere punto e basta. Qua si apre tutto un discorso su cosa siano le reali necessità di una famiglia, su quanto in più si tende a desiderare rispetto a quello che si possiede, su quanto sia corretto mettere desideri e necessità individuali davanti alla legalità, ma anche solo ad una presupposta correttezza etica che ci viene insegnata fin da piccini. La cosiddetta cosa giusta da fare.


Il punto, per ricollegarmi a quanto detto dalla Persona Migliore di Hollywood, sta proprio nel modo diverso in cui marito e moglie percepiscono la mole di denaro e, di conseguenza, tutta la loro vita.

Alan, nella sua comoda vita borghese, ci sta una meraviglia. Non gli serve altro, perché è perfettamente appagato così e di conseguenza il primo pensiero è restituire i soldi al legittimo proprietario e tornare il prima possibile alla propria agiatezza.

Agiatezza che evidentemente per Jane non è sufficiente. A lei è richiesto di badare alla casa, di andare alle cene con amici per confrontarsi con le altre magnifiche signore e preferibilmente anche di comportarsi bene. È chiaro che Alan non percepisca come questa possa essere una vita soffocante. Laddove lui vede una borsa piena di problemi, lei vede il modo per liberarsi. Per lui è persino incomprensibile che lei abbia qualcosa da cui volersi liberare. 


I soldi portano potere, e il potere è il male, è la principale forma di sopraffazione, di disuguaglianza, di ingiustizia. E se Jane riesce a farne un modo per liberarsi da quello che la società aveva deciso sarebbe stato il suo posto nel mondo, non sarò io a giudicarla. Certo, serve che muoiano un paio di persone nel frattempo. Fa parte del gioco.

lunedì 17 gennaio 2022

GenNoir: Niagara

18:43

 Prima di tutto, sento che c'è una questione seriiissssima che voglio indirizzare subito.

Lo so che nel linguaggio del cinefilo dell'internet il mese del noir è novembre, che ha il suo hashtag (#noirvember, ovviamente), che è tutto organizzato e già ben noto, e non volevo fare la bastianella contraria come al solito, solo che mi sono mossa troppo tardi e quindi il noirvember della Redrumia è a gennaio.

Questioni fondamentali, massimi sistemi, lo so. Però andava detto.


Ciò levato dai piedi, ciao! Bentornati alla breve rubrica in cui esploro i film che del Toro ha dichiarato essergli di ispirazione per Nightmare Alley. In questo post tutti i dettagli dell'iniziativa.


Oggi parliamo di Niagara.







Il film


Uscito nel 1953 e diretto da Henry Hathaway, ha la particolarità di non essere in bianco e nero, ma di essere girato in un (magnifico, se posso dire) Technicolor, uno degli ultimi film girati in quel formato. Non è il primo film di Marilyn Monroe, ma di sicuro è tra quelli che ha contribuito a lanciarla nell'Olimpo.


Parla di due coppie che si conoscono in vacanza sulle cascate del Niagara. La prima, quella composta da Polly e Ray, è felice e si gode una tarda luna di miele. La seconda, composta da Rose e George, invece, è molto meno lieta: lei è libera e disinibita, lui più anziano, geloso e con qualche problema nella gestione della rabbia. Le vacanze diventano movimentate quando Polly scopre che Rose ha un amante. Quello che non scopre, almeno non subito, è che ha anche tutte le intenzioni di liberarsi del marito. 


Al momento in cui scrivo si trova gratuitamente su Dailymotion, in inglese e senza sottotitoli, lo trovate a questo link.


Cosa ne ha detto del Toro


"One of the most beautiful movies to look at. The color is astounding. A very important part of the genesis of the legend of Marilyn Monroe. It plays with desire, gender roles, an incredibly strange and intertwined psychosexual story. Vertigo and this could be a great double program."


Traduzione farlocca di Medesima:

Uno dei film più belli da vedere. I colori sono sbalorditivi. Una parte molto importante delle origini della leggenda di Marilyn Monroe. Gioca con il desiderio, i ruoli di genere, è una storia psico-sessuale molto strana e intricata. Insieme a Vertigo farebbe un bella doppia programmazione."


I miei due spicci


Avrei potuto fermarmi alla citazione del Sommo e avrei concluso le mie opinioni a riguardo, ma cavarmela così era troppo facile, e quindi eccoci qua.

Come del Toro ha sottolineato e come ho accennato più su, i colori di questo film sono bellissimi. Un lieve tono pastellato che contribuisce a costruire questo immaginario degli anni '50 come di un paradiso del colore. Il vestito rosa con cui Monroe esce dalla sua cabina e Polly e Ray la vedono per la prima volta buca lo schermo. Le auto, i colori delle cascate (e il loro frastuono perfetto, aggiungerei), sono insieme al resto elementi che aggiungono fascino ad una storia molto intrigante.


Il trope del partner che vuole uccidere l'altro è ormai ben noto, ma in questo caso specifico ha tantissimi punti di interesse.

Rose, il personaggio di Marilyn, è una donna libera di carattere, ma soffocata. Il marito è succube della stessa bellezza della moglie, che lo indebolisce, lo divora. George non fa altro che soffocare la moglie, giudicare i suoi abiti, la sua attitudine aperta agli altri. Poi sì, le corna gliele mette davvero, ma non avrà giudizi da me: George la umilia, si lascia andare a sfoghi di rabbia a causa dei quali finisce pure per farsi male ma che non lo aiutano a ridimensionarsi, parla male di lei con le altre donne, che in quanto più dimesse e pudiche sono indubbiamente meglio di lei. Lo dice apertamente a Ray, parlando di Polly: "Tu sì che ti sei preso una gran donna."

E Polly, onestamente, è proprio un tesoro: si spende per gli altri, sacrificando tempo per sè e la sua famiglia, non giudica Rose quanto mi sarei aspettata facesse e la difende dal marito violento senza paura. Il marito Ray, dal canto suo, è il classico marito che non le crede quando le cose si fanno difficili, la accusa di vedere cose che non ci sono, la fa, indovinate un po', passare per pazza.

Rose, però, non è un personaggio buono. Oltre ovviamente all'insignificante dettaglio del voler far fuori il marito, è anche interessante che scelga di non sporcarsi le mani, ma piuttosto manipoli l'amante a farlo. E per tutto il film è lei la manipolatoria, e non il marito violento. È lei che fa credere ai vicini di stanza che il marito è instabile (lo è, ma non nel modo in cui lo ritrae lei), lei che fa la parte della vedova disperata, lei che quando sviene lascia aperte mille possibilità. E funziona molto bene proprio con il volto della più amata d'America.


Siamo al secondo noir in pochi giorni e mi pare che i maschi non ci stiano facendo una signora figura, ma potrei pure essere io che ho uno sguardo con un lieve bias. 


Il mistery è accattivante il giusto, anche se non sono sicura che lo accosterei a Vertigo. Eppure del Toro lo fa e io mi fido ciecamente del suo giudizio: ho sicuramente "perso" qualcosa io. Sento però che avrei rinunciato ad alcuni elementi della storia, come la coppia di amici che arriva più avanti e a cui vengono dedicati pochi minuti ma che avrei voluto vedere rivolti ad altro. Ma che non passi come una critica rovinafilm, anzi: ho trovato Niagara un film di grande atmosfera (che non credo sia stata penalizzata dall'uso del colore, anzi), con un uso della musica molto piacevole, e un finale che è riuscito a lasciarmi sull'orlo della sedia. 


Sono contenta di uscire dalla mia comfort zone così, mi sto divertendo. 

Con mogli che ammazzano mariti e barche che cadono dalle cascate del Niagara, ok, ma a ciascuno il suo immagino.

sabato 15 gennaio 2022

GenNoir: Un angelo è caduto

11:54

 Dopo un'attesa senza senso, un ridicolo flop al botteghino americano e una corsa agli ostacoli contro gli spoiler, finalmente ci siamo: Nightmare Alley, il nuovo film di Guillermo del Toro, sta per arrivare anche in Italia. Il 27 ci grazierà con la sua presenza nelle nostre sale.


Ora, il cinema di del Toro ha ottocento milioni di piani diversi di lettura, che non ne impediscono la visione al grande pubblico, ma che indubbiamente la rendono più succosa per chi possegga almeno un minimo della sconfinata cultura cinematografica del suo regista. 

Nightmare Alley, in italiano La fiera delle illusioni, sarà un noir. 

Quante cose so io sul noir?

Zero, nessuna, caput. 

Ma del Toro mi fa questo effetto, mi fa venire voglia di essere migliore, di imparare, di crescere. E quindi eccomi qua, in ritardo sulla tabella di marcia ma presente, a cercare di capirci almeno qualcosina in questo genere che esploro per la prima volta. In poco più di 10 giorni c'è ben poco che posso fare, figuriamoci, ma posso almeno concedermi un'infarinatura generale.

E in questo proprio Guillermo mio mi viene in aiuto.

In questo articolo per Collider il regista elenca le 10 pellicole che gli sono state di ispirazione per il film, e il mio progetto è di vederle tutte. In più, se riuscirò con i tempi, vorrei leggere il romanzo di William Lindsay Gresham da cui il film è tratto (edito in Italia da Sellerio) e magari anche vedere il primo adattamento del '47.


Non ne uscirò esperta di sicuro, ma con una micropreparazione che è il minimo che posso fare per rendere giustizia all'immenso lavoro che del Toro fa ogni volta che ci grazia con un film nuovo.

La mia microavventura nel noir ve la racconterò qui, passo per passo.




Il film 


Uscito nel 1945 con il titolo originale Fallen Angel e diretto da Otto Preminger, il film parla di un affascinante squattrinato, Eric Stanton, che vaga di città in città imbrogliando la gente per fare soldi. Si ferma in un piccolo villaggio perché non ha i soldi per raggiungere San Francisco e qui conosce Stella, la cameriera del piccolo diner di paese. Se ne innamora follemente, ma Stella non è sprovveduta: vuole certezze, sicurezze economiche. Stanton è disposto a tutto pur di dargliene, persino approfittarsi del buon cuore di June, ricca ereditiera innamorata di lui.

Preminger è un regista che incontrerò spesso nel mio percorso, è un nome molto noto (anche a me prima di questo film? Assolutamente no), ma la sua fama di despota e bulletto al momento non me lo mette troppo in simpatia. Approfondiremo. Il film esce l'anno dopo un suo grande successo di pubblico e di critica, Laura, e infatti ne ricalca a grandi linee le situazioni, scegliendo però l'ambientazione del piccolo villaggio, mentre il film precedente era ambientato a New York.


Un angelo è caduto al momento si può vedere gratuitamente su Youtube, in inglese e senza sottotitoli che non siano quelli generati automaticamente dal sito, che sappiamo essere piuttosto creativi. Vi lascio comunque il link: qui.


Cosa ne ha detto del Toro 



"This was done by [Otto] Preminger after Laura. I love it so much I reference it obliquely in Shape of Water, when Richard Jenkins' character talks about Alice Faye getting tired and leaving everything once and for all; this was basically the movie that made her decide to leave the business. It obliquely has a lot of connections with Nightmare Alley; the main character's name is Stanton, and there is a fairground psychic element in the form of John Carradine."


Traduzione poverella by Medesima:

"Realizzato da (Otto) Preminger dopo Laura. Lo amo così tanto che l'ho citato indirettamente in La forma dell'acqua, quando il personaggio di Richard Jenkins parla di Alice Faye (l'attrice che interpreta June, ndT) che si è stancata e ha mollato tutto una volta per tutte; questo è stato il film che le ha fatto lasciare il business. Ha tanti collegamenti con Nightmare Alley; il nome del protagonista è Stanton, e c'è un medium da fiera nel personaggio interpretato da John Carradine. (Un personaggio a cui Stanton si unisce per fare qualche soldo facile e che fa spettacoli in cui parla con i defunti)."


I miei due spicci


Ancora più che quando guardo film preistorici, per qualche ragione i film degli anni 40/50, con i loro abiti (magnifici), i loro cappelli, le loro sigarette sempre accese e le loro auto mi trascinano in un universo lontanissimo. Giudicare film così distanti con lo sguardo con cui giudico quelli di oggi è sbagliato e controproducente, eppure è una questione che quando si parla di horror non mi pongo, sarebbe interessante capire se ho io dei pregiudizi, se sono solo poco preparata o se in effetti l'horror è il genere con cui più di tutti il trascorrere del tempo è lusinghiero.


Un angelo è caduto, però, ha una cosa che ha reso la visione molto interessante anche oggi: Stella.

La sua protagonista è una donna sicura di sé, che si prende il proprio spazio nel mondo senza temere di ferire tutti i maschietti che la desiderano. Ha le idee chiare sul futuro che vuole e pone condizioni ai pretendenti, non temendo di rifiutare anche quelli che le piacciono sinceramente. Ruba due spicci al suo capo e riesce comunque a tenerlo in pugno. Tutto il mondo del villaggio le ruota intorno perché è la donna più desiderata, eppure si tiene stretto il suo lavoro in un diner pur di non accontentarsi del primo pretendente. Un bellissimo personaggio, dalle risposte molto sassy che oggi starebbero benissimo utilizzate per dei reel su instagram. 

"You talk different, sure. But you drive just like the rest. Well, you've got the wrong girl."

Queen.


Riconosco l'enorme fascino del film, che mi ha ammaliata e tenuta stretta a sé per tutto il tempo, e riconosco che di quella roba qua, di quel cinema lento e carismatico qui forse ne vorrei di più. Ho la sensazione, però, e mi correggeranno se sbaglio quelli che ne sanno più di me, che questa sia la quintessenza dello spirito americano, e io ci sono poche società che detesto di più di quella statunitense, in cui il sogno è la realizzazione personale che prescinde dal rispetto per gli altri, che valorizza antieroi come Stanton che pur di ottenere quello che desiderano sono pronti a tutto. Le due sorelle Mills hanno già perso tanto di quello che avevano per colpa di un uomo che le ha sfruttate, vedere la situazione replicarsi è struggente. Non andrò nei dettagli del finale, ma si insegue questo ideale per cui la donna buona e accogliente vince l'uomo e la vita desiderata, quella spigliata e sicura finisce ammazzata. 


Sia chiaro, capisco il valore della contestualizzazione, e infatti non ho nominato il modo barbaro in cui Stanton strattona e trascina e stringe contro la sua volontà Stella, mi è solo tutto molto nuovo e so che sono io che mi devo adattare ad un tipo di cinema che oggi, fatto così, non esiste più che devo imparare a conoscere. 

Di Un angelo è caduto ho apprezzato la straordinaria chimica tra Stella e Stanton, il modo in cui sono ritratti gli uomini che perdono la testa per una donna e approfittano della propria posizione di potere, e credo, per quel poco che ne posso sapere io, che sia un sincero ritratto di una società in cui l'individualità la fa da padrona.


Sono molto intrigata da questo inizio.

Vi tengo aggiornati.




 

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