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mercoledì 12 dicembre 2018

The Exorcist (stagioni 1 e 2)

17:00
Che L'Esorcista sia una mia grande ossessione, penso di averlo detto in lungo e in largo qua su.
C'è un post in cui ne parlo per bene e a lungo, di questo rapporto malato che ho con la storia di Blatty, lo trovate qui.
Prima di decidermi a vedere la serie FOX, cancellata dopo la seconda stagione e che trovate su Amazon Prime, quindi, ci ho messo un po'.
Ma l'ho guardata, e l'attesa ne è valsa la pena.



Post con qualche spoiler 

Non è che si camminasse su acque impegnative. La FOX camminava direttamente su lava ardente, su ghiacciai sottilissimi, su chiodi arrugginiti. Ci si poteva fare un male cane, perché si stava toccando IL film dell'orrore. La storia più spaventosa di sempre, la leggenda, l'icona, l'indimenticato e indimenticabile.
Mamma che sfida. Che rischio. Che danno si rischiava.
Fan con i forconi ardenti, minacce di morte, follia collettiva. Lo avete visto cosa hanno fatto i fan con Star Wars o con il Dottore, quella è una categoria di gente matta.

Che fare, allora, se non un lavoro perfetto?
Un lavoro perfetto, appunto.
La serie ricalca come in una sorta di remake la strada percorsa dall'originale: una ragazza di buona famiglia colpita da un demone, un sacerdote giovane e per qualche motivo in crisi con la sua strada, un sacerdote esperto e cazzutissimo che conosce i demoni più di quanto conosca se stesso, una madre spaventata, un lungo ed estenuante esorcismo.

I nostri due sacerdoti sono il centro, come lo erano nella storia originale, di una vicenda marcia e sporchissima. Incontriamo padre Tomas (lo stupendo Alfonso Herrera a cui già avevo donato cuore ed ormoni nella mia venerata Sense8) pieno di difficoltà con la Chiesa. Ha un'amica speciale che non dovrebbe avere, dubbi sui suoi voti presi per amore della nonna, una parrocchia disastrata, e fa del suo meglio per stare in equilibrio in mezzo a questo caos. Quando Angela Rance, una sua parrocchiana, si rivolge a lui convinta che nella propria casa ci sia un ospite indesiderato, fa di tutto per aiutarla a mantenere la razionalità, ma padre Marcus gli compare in sogno.
Noi credevamo che padre Merrin fosse un duro vero. Era perché non conoscevamo Marcus Keane. Senza nulla togliere a Merrin che entra nelle case e fa tremare le pareti, sia chiaro, ma Marcus...
Un Ben Daniels in stato di grazia con il collo di uno che se ti accarezza ti fa un male cane, giubbetto di pelle, testa rasata e baffo minaccioso, che guarda il demonio negli occhi e lo combatte con la forza di nessun altro, perché lui, a differenza degli altri, ha paura.
Talmente tanta paura e talmente tanta dolorosissima fede che non è che abbia proprio voglia di andare a vedere sta Casey Rance e il suo demonio, ci pensassero da soli.
Però, però, però...
Qualcosa, ogni volta, lo chiama.
Il suo Dio, il suo amore, la sua motivazione, lo spingono ogni volta ad alzare le chiappe e andare a riprendersi quell'anima rubata.
E se Marcus vuole esorcizzarti lo fa, e voglio proprio vedere il diavolo come fa a fermarlo.


Le strizzatine d'occhio al film di Friedkin sono all'inizio delle gradevolissime frecciatine, dei fiocchetti posti a decorazione di qualcosa di già molto bello, ma diventano il centro di tutto più o meno dalla metà della prima stagione fino alla fine. Reagan torna sbattendo giù le porte, e a me solo il suo nome fa tremare le vene. Forse era prevedibile, che Angela fosse lei sotto falso nome, forse ci si poteva arrivare, ma io, accecata dal mio qi troppo basso, non l'avevo visto arrivare e ho finito la serie sotto shock.
La scelta è, semplicemente, questione di gusto: o vi piace che sia così oppure no.
Io l'ho adorato.
La cattiveria degli ultimi episodi della prima stagione è qualcosa di incredibile: la Chiesa messa sottosopra, Pazuzu in tutto il suo splendore che si riprende quello che aveva perso, una famiglia intera ostaggio di una presenza.

Gli episodi della possessione di Casey ricalcano solo in parte quelli della madre di quarant'anni prima: c'è la spider walk, la masturbazione pericolosa, la levitazione...ma è quando Reagan e Pazuzu si rivedono che i cuoricini dei fan innamorati palpitano, perché ad un certo punto torniamo nella cantina in cui tutto è iniziato, e ci emozioniamo tanto. In più, poi, questa volta vediamo cosa succede dentro l'anima di Reagan, come il vero combattimento tra bene e male sia interno ma non per questo meno doloroso.

Una prima stagione emozionantissima e sinceramente paurosa, che in questo riesce ad essere esattamente come il suo predecessore: a me il film non ha fatto paura durante la visione, ma ha permeato di terrore tutto intorno a me dopo, e a lungo.
Ci risiamo, sto di nuovo sotto un treno dalla paura, ma ne è valsa la pena.

La seconda si allontana per bene dalla trama originale: Marcus e Tomas ormai, inseguiti dalla Chiesa perché continuano come niente fosse ad eseguire esorcismi non autorizzati, girano per l'America combattendo demoni. Mai gli era capitato, però, di incontrare una madre che avesse convinto, con follia e farmaci, la propria figlioletta di essere posseduta. Per poco questi non la ammazzano, praticandole un esorcismo non necessario, ma quando riescono a salvarla e portarla via dalla follia materna incontrano qualcosa di ancora peggio.
La piccola Harper viene accompagnata nella casa famiglia gestita da Andy, dove le cose iniziano ad andare male per davvero. Ragazzini improvvisamente violenti, fantasmi, visioni, stormi impazziti...Marcus e Tomas non hanno fatto nemmeno in tempo a rifare le valigie che c'era già da tirar fuori i crocifissi.


Se la prima stagione mi aveva lasciata con occhi a cuoricino e paurella da corse in bagno, non so se posso dire del tutto lo stesso della seconda.

Ci sono due maxi storie che si svolgono insieme: quella della casa famiglia e dei suoi abitanti, che è quella che mi ha emozionato di più, e quella della Chiesa ormai irrimediabilmente corrotta e della lotta maxi tra demoni ed esorcisti. Certo, la Chiesa da sta serie ne esce maluccio, eh. Corruzione totale, Vaticano annientato, e ci mettiamo pure il prete gay, tiè. Tutto sommato, però, me ne è fregato meno di zero, l'ho trovato un passo più lungo della gamba e ha tolto tempo a quelle magnifiche dinamiche familiari che si creavano, invece, nell'altra storia. Andy ha preso con sè diversi ragazzi insieme alla moglie Nicole, morta suicida da poco, e si sta barcamenando nella vita da padre single di adolescenti molto problematici. Gli riesce in modo esemplare, ed è proprio bello da guardare, fino a che non capiamo (anche stavolta io non ci ero arrivata quindi shock sgomento stupore) che una delle bambine in realtà non esiste e allora iniziamo a sospettare che siano volatili senza zucchero.
E lo sono, eccome.
Anche stavolta è l'intero nucleo familiare ad essere colpito dalla possessione. L'amore e la preoccupazione sono tanto opprimenti quanto una presenza esterna e quello che lega questi personaggi è l'amore viscerale delle famiglie per scelta e non per sangue. Un amore nato dalle difficoltà e dalle ferite curate insieme, e quell'amore lì non lo ferma certo un demone.
Quindi sì, ho pianto un casino.
Marcus e Tomas continuano questo percorso che porterà Tomas a diventare un potentissimo esorcista e Marcus a ricercare il contatto con Dio perduto, e insieme a renderli la squadra perfetta.
Hanno fiducia e stima reciproca, e il giusto affetto per avere sempre a cuore l'uno la sicurezza dell'altro. Sono opposti e per questo funzionano: uno impulsivo e inesperto, l'altro polso fermo ed esperienza. Tomas da solo sarebbe morto al primo esorcismo. Marcus da solo non avrebbe mai ripreso ad esercitare, figuriamoci dopo la scomunica. Si supportano e combattono fianco a fianco, e vederli salutarsi alla fine è stato un gran dispiacere.
Di quel 'Tomas' sussurrato alla fine da Marcus, soprattutto dopo la cancellazione della serie, non parliamo. Non mi piacciono i cliffhanger e non darò loro la soddisfazione di vedermi sofferente.
Certo è che avremmo potuto avere ancora molto, e sarebbe stato bellissimo.

Visto che dovevamo salutarci ad ogni costo, però, è stato bello farlo ricordandoci uno dei più grandi bus di sempre.
Per citare il saggio: mi sono cagata sotto.

sabato 30 settembre 2017

...e ora parliamo de L'Esorcista

09:38
Questa, lo giuro, sarà l'ultima volta in cui racconterò del mio primo incontro con il film di Friedkin. Sul blog questa storia è uscita mille volte, ora che ho ripreso in mano la faccenda gli dedico un post e che non se ne parli più.


Anno del Signore 2003.
Anni della Mari: 13.
Situazione: vivevo lontana da casa, in un contesto gestito da suore e coabitato da una mandria di adolescenti, tutte femmine. Un pomeriggio, per qualche infelice decisione presa da chissà chi, si decide di vedere L'Esorcista. Suor Colomba compresa.
Risultato: nonostante un sincero disinteresse durante la visione, che sembrava lasciarmi freddina, ho passato i successivi QUATTORDICI ANNI ad avere una paura maledetta. Tra me e il film nasce un rapporto malato, in cui la mia infinita paura, che si palesava anche solo a fronte di una singola foto di Reagan, si contrapponeva ad un'attrazione sempre viva. Lo detestavo, sto film, ma ci pensavo sempre.

Anno del Signore 2017.
Anni della Mari: quasi 27.
Situazione: sono nel mio rivenditore di libri usati di fiducia. Trovo nascosta tra le altre cose una vecchiotta edizione de L'Esorcista e ne leggo le prime righe. Non quelle del primo capitolo in Iraq, direttamente quelle in America.

Come l'effimera e fulminea fiamma di un'esplosione di soli lascia soltanto bagliori indistinti sulla retina di un cieco, così il momento in cui l'orrore ebbe inizio passò quasi inosservato.
Per poco non mi sono dovuta sedere di fronte alla bellezza della frase che avevo appena letto. Decido comunque di non comprare il libro, convinta che non avrei mai avuto il coraggio di finirlo. Arrivata a casa, però, continuo a pensarci e mi decido. È ora di riprendere il controllo sulla situazione: si legge L'Esorcista. Divorato in pochissimo, letto la mattina prima dell'alba mentre mi trovavo a Londra e rapidamente sostituito con roba ben più divertente (aka Una cosa divertente che non farò mai più di Nostro Signore David Foster Wallace) quando la situazione si faceva insostenibile, poi finito in una grigia domenica mattina di pioggia ascoltando Ludovico Einaudi.
Sono rimasta folgorata.
È una frase che ultimamente mi sentite dire spesso, ma questa volta con ancora più forza del solito: contro ogni mia più rosea aspettativa il romanzo di Blatty si è rivelato una delle letture più belle e potenti mai fatte. Quella domenica sera, comunque, salendo da sola le buie scale del mio palazzo, ho avuto una paura ri di co la.


questo sguardo e io già con le mani sugli occhi

Dopo un inizio così folgorante, tenere alto il livello non era scontato. Il romanzo, però, fa una cosa che sembra impossibile: migliora. Riga dopo riga trascina in un vortice da cui è impossibile separarsi. Si è soliti chiamare i romanzi di questo tipo page turner. Sono quelle storie da cui staccarsi è impossibile, quelle che tengono svegli la notte pur di sapere cosa accade nella pagina dopo. Sempre di solito, però, ad una caratteristica simile si associano romanzi di natura ben più semplice di quello di Blatty: romanzi rosa, gialli, thriller non troppo speciali...romanzi, insomma, in cui lo stile semplice di scrittura si abbina ad una storia che sia niente più che catchy, accattivante, e che tengano così lo scrittore legato alle pagine, senza richiedergli troppo impegno. Per me, per esempio, l'ultimo era stato La ragazza del treno, nonostante non mi fosse piaciuto.
L'Esorcista conserva questa caratteristica di irresistibilità portandola però a ben altro livello. L'aria del romanzo è soffocante, malsana, il male è insito tra le righe ben prima del palesarsi del Maligno e nonostante ciò ci attira a sè con il fascino che solo il Male è in grado di esercitare.
A creare questo fenomeno di romanzo non è solo la scrittura di Blatty (che ad un certo punto parla della fisicità di Reagan definendola esile come una flebile speranza, annientandomi), è un complesso di tematiche, costruzione dei personaggi e messaggio che non potrebbero lasciare indifferente nemmeno il peggiore degli scettici, insieme a dialoghi che hanno dello straordinario. Ho letto poche cose belle come il primo incontro tra Karras e il demonio.
L'autore era cattolico. Ma tanto, anche. Nel senso che non andava in chiesa solo a Natale e Pasqua, per intenderci. Alla sua fede ha dedicato un romanzo monumentale, che traspira Dio da ogni riga pur non nominandolo praticamente mai. La fede del grande protagonista del romanzo, che secondo me è Padre Karras, è messa alla prova sia dal suo generico scetticismo che dalla scomparsa della madre, Chris e Reagan non sono credenti e in tutto il romanzo non si fanno che vedere gli effetti di Satana sul mondo. In una sola, potente frase messa nel punto giusto, però, ecco che tutta la storia prende una piega ben diversa e che Dio si riprende tutto il potere che sembrava perduto nelle pagine precedenti. Sintetizzando la questione, ci troviamo di fronte ad una Chris sconvolta dagli eventi, che non crede in Dio ma che, grazie alla situazione della figlia, crede moltissimo nel Male, che le sta dando prove tangibili della sua esistenza. Non ricordo chi, ma credo lo stesso Karras, le chiede, allora, come si spieghi tutto il Bene del mondo. In una sola domanda Blatty ci ricorda che per lui Dio non ha bisogno di fare il grosso. È nelle piccole cose che ci circondano.
Poi accade che ogni tanto anche alla Santissima Trinità vengano fatte girare le Santissime, quindi servono le maniere forti: Padre Merrin. Zarrogante come solo alcuni vecchi preti sanno essere, Merrin entra in casa, si sistema un attimino poi entra cattivo come l'aglio, con lo sguardo di chi non ha paura neanche del Diavolo in pesona (sguardo molto appropriato al momento) e ribalta Reagan come un calzino per levarle l'invasore.
Peccato che poi il vero esorcismo arrivi proprio per mano dello scettico, del debole, del combattuto Karras, che ricordando vagamente il Figlio del sopracitato Nostro Signore si sacrifica per la salvezza degli altri.
Nello specifico, dell'altra, che come viene spesso sottolineato nel romanzo, lui nemmeno aveva mai conosciuto veramente.
È una storia che parla di dolore, di fede, di scienza (non è un caso che Karras sia uno psichiatra, e che lo sia proprio per volere dei gesuiti), di grande amore per il prossimo.
È un capolavoro.

Il film riesce in un'impresa impossibile: non solo rende giustizia ad un romanzo complesso e straordinario, ma diventa un capolavoro a sua volta.
Rivedendolo, mi sono accorta di come certe immagini fossero rimaste tatuate nella mia mente per tutti questi 14 anni di lontananza, e non parlo di quelle iconiche scene di Reagan posseduta. Parlo di cose ben più sottili: i cani che lottano in Iraq, la testa della bambina ancora sana appoggiata sul cuscino, il momento di gioco tra lei e la madre, l'adorata, da me, figura di Karl. Dopo anni, la colonna sonora si conferma contorcibudella ed elemento fondamentale per la riuscita della creazione di un'atmosfera che non ti lascia nemmeno quando, come ho dovuto fare io, si interrompe la visione per un momento e si cerca di respirare aria fresca. È un'aria che riempie la stanza di marciume nelle scene di Reagan e di desolazione in quelle di Karras.
Tutto, nel film, è perfetto nel ricreare quell'aria che a Londra non mi faceva riprendere sonno, quando mi svegliavo prima dell'alba e leggevo Blatty. Anche solo i colori sono eccezionali: quel blu che riempie le scene sulle scale, in cui la luce non viene mai accesa come se fosse un modo per prepararci all'oscurità che sta dietro la porta, è indimenticabile. È quasi rumoroso da tanto che è d'impatto. In mezzo alla bellezza che solo i Film Grandi portano con sè, ci sono attori straordinari. Oltre alla piccola Blair, è Jason Miller ad essermi rimasto nel cuore. Il suo Damien Karras ha occhi grandi e pieni di cose non dette, è fragile e dolorante come un cucciolo abbandonato di fianco alla strada, intenso come pochi altri.
In più, ho guardato il film in italiano. Per me è insolito, li preferisco in inglese e il primo che mi rompe i maroni per snobismo lo sottopongo ad una Cura Ludovico di soli film di Muccino. Li guardo in inglese perché mi va punto e basta. Ciò ribadito, il doppiaggio de L'Esorcista è esemplare. La sceneggiatura (che a volte riprende paro paro parti del libro, ché Blatty mica c'aveva sbatta di rifare il lavoro due volte, giustamente) è splendida e noi ci abbiamo messo del nostro facendo un lavoro che a me è sembrato ottimo. Ciao Giannini, quando ti sento mi emoziono.

Concludendo, però, non credo rivedrò L'Esorcista a breve. Questa seconda visione non ha fatto che confermare quanto quello di Friedkin sia il mio grande tallone d'Achille, niente mi ha mai terrorizzato altrettanto. Stasera ho una cena con le colleghe e non so come sarò quando tornerò a casa. Sia il libro che il film sono due lavori giganteschi, ma se ognuno di noi ha una fragilità, questa è la mia. È IL film dell'orrore, l'inarrivabile, la Storia.
Ma io mi caco, quindi non lo guardo più.



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