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martedì 21 luglio 2020

I libri che ho letto in spiaggia

11:08
La consueta infarinata di fatti miei che apre ogni post. Io amo l'estate, il caldo, il sole fino alle 9, ma soprattutto amo il mare. Mi fa paura come tutte le cose che mi piacciono di più, ma quando non lo vedo per qualche mese di fila mi manca da morire. Perché vivere una vita del cavolo in una società orrenda ed essere pure costretti a farlo in un posto orribile quando potrei avere la stessa vita ma almeno essere in paradiso? Ho lasciato il cuore in Puglia, durante una cena sulla spiaggia, al tramonto, dove mi sono sentita felice come pochissime altre volte nella mia vita.
Mi dovete scusare, sono in sindrome da rientro, ho il mal di Puglia.
Oltre ad un mare magnifico, paesaggi meravigliosi, cibo che non ci si crede e tramonti che belli così non li ho mai visti, la Puglia mi ha regalato il tempo di leggere, che a casa non è mai quanto vorrei.
Vi racconto quindi cosa mi sono goduta in spiaggia, con il vento che mi agitava i capelli e il profumo della crema solare che mi teneva compagnia.
(La smetto, giuro, sto solo soffrendo)



Febbre, di Jonathan Bazzi.

Uno dei finalisti dello Strega di quest anno è spopolato su Instagram, e mi aveva messo curiosità.
Si tratta dell'autobiografia dell'autore, un giovane di Rozzano. 
Jonathan non sta bene: ha questa antipatica febbriciattola che lo accompagna da troppo tempo e fatica a risalire alla causa. Lo conosciamo adulto, che deve gestire questa rogna, ma nel frattempo incontriamo anche il Jonathan bambino, cresciuto nelle case popolari di Rozzano. Con il tempo impariamo a conoscere lui, la sua famiglia, il suo compagno e soprattutto il percorso che lo ha portato ad essere l'uomo che ci racconta la sua storia. 
Di Jonathan Bazzi non amo lo stile.
Quello un po' drammatico così.
Che va a capo dopo ogni punto perché le frasi sono piene di pathos.
Pathos, quello vero.
Ecco, alla quarta mi comincia un pochino a ballare l'occhio. Lo leggo spesso, questo modo di scrivere, anche banalmente nei post di facebook dei poeti wannabe, e non mi piace mai. A maggior ragione non mi piace qua perché la storia mi ha preso immediatamente, e lo ha fatto perché l'ho sentita mia. Ogni volta che Bazzi parlava del suo passato io rivedevo il mio: le case popolari, le famiglie disfunzionali, il chiasso, le urla, il disagio. Il tutto è descritto in un modo sincero, reale. Mi ha colpito nei miei punti deboli e soprattutto lo ha fatto con la maturità di chi ormai queste cose le sa guardare da una giusta distanza. Questo ti dà modo di essere estremamente lucido nel raccontare anche cose che per me sono ancora nebulose di caos. L'ho trovato efficace, onesto e intenso. 
La storia del Jonathan adulto invece si allontana dalla mia, ma non per questo l'ho apprezzata meno. Il percorso vero la verità è difficile, e spesso le risposte trovate lo sono ancora di più, ma ognuno le affronta con un modo tutto suo, e quello di Bazzi è ammirevole.

Miden, di Veronica Raimo.

Anche questo mi è arrivato dall'Instagram, perché per un periodo ne avevano parlato diversi profili che seguo. Miden è una cittadina dell'orrore travestita da sogno. Il Sogno di Miden è quello di una realtà senza problemi, senza intoppi, con smaglianti sorrisi e mai un disguido. Non ci sono avvocati, a Miden: se un cittadino viene accusato di qualcosa di sbagliato una giuria composta dai cittadini valuta quello che i suoi conoscenti dicono di lui e sulla base di queste testimonianze si giudica se un individuo sia o meno degno di restare in questo luogo incantato. 
Per questo, quando il professore (unico modo in cui viene citato nel romanzo) viene accusato da una studentessa di violenza sessuale, quello che si apre a suo carico è un processo molto particolare, nel quale la sua stessa compagna sarà tenuta a dire la sua. 
Quello che si apre di fronte a noi non è solo il racconto di una società in cui ai cittadini è richiesto di raggiungere e mantenere un determinato livello di etica e di mantenersi degni del luogo, ma anche la storia di come un evento violento (sia esso reale o meno) colpisca la vittima, il carnefice ma anche tutte le persone che stanno loro intorno. La compagna del professore è estremamente turbata da quello che ha scoperto ma non solo nel modo a cui verrebbe più naturale pensare. Il pensiero del compagno che fa sesso con un'altra la scuote, la risveglia da un torpore, la distrae dal fatto principale: quel sesso non era completamente consensuale. Il pover'uomo non aveva capito, non aveva colto, che stava esercitando il suo potere su una persona a lui gerarchicamente inferiore, non gli era manco passato per l'anticamera.
Forse il libro esplora troppo poco questa dinamica di potere, che invece è fondamentale affrontare, e si concentra di più sulle conseguenze che la violenza ha sul carnefice piuttosto che sulla vittima, ma ogni cosa che parla dell'argomento da queste parti è benaccetta: che se ne parli, e che se ne parli sempre, da ogni prospettiva possibile.

I fantasmi di Rowan Oak, di William Faulkner.

Faulkner è uno di quegli autori a cui non mi sono mai avvicinata per soggezione. Ci sono cose che spesso evito di fare per la paura di non comprenderle come vorrei e finisce che giro in tondo non concludendo nulla. Però alla parola fantasmi non resisto, e ho fatto bene a sbloccarmi.
Quelli racchiusi in questa raccolta sono racconti senza tempo, di quelli che si raccontano intorno al fuoco mentre i marshmallow si bruciacchiano tra le fiamme. Si parla di famiglie del sud (degli Stati Uniti, che è ovvio ma non si sa mai), di leggende, di bambini curiosi. Leggo in giro che questo è niente rispetto ai capolavori dell'autore, ma di sicuro è una raccolta deliziosa, gotica, fiabesca.
Si legge in un pomeriggio.

Menzione speciale.

La prima cosa che avevo caricato sul kindle per le vacanze in realtà era I giorni dell'abbandono, della mia adorata Elena Ferrante. Non è arrivato in vacanza, perché l'ho letto nel weekend prima della partenza e ne sono uscita con il cuore spezzato. L'abbandono è quello Olga subisce quando il marito la lascia per un'altra. La storia più vecchia del mondo? Sì, ma è qui che sta il talento della Ferrante. Il suo ritrarre l'intimità delle persone, senza paura che risultino poco sopportabili o fastidiose, è spiazzante. Entra nel cuore dei suoi personaggi con una tale profondità che stupisce non parli sempre di se stessa. Sono persone così vere, per nulla costruite per piacerci ma anzi così forti nel loro essere quasi sgradevoli che ci costringono a chiederci quanto di noi ci sia, in quel ritratto così sincero.
Ora, che Ferrante sia una donna è chiaro perché ha un odio per gli uomini che è lampante, ma se così non fosse non farei fatica a credere che il suo sia uno pseudonimo per Domenico Starnone, perché il ritratto che entrambi fanno delle relazioni sentimentali è così cinico che dopo averli letti mi serve un po' di detox.
Meravigliosi entrambi, ma lei ha qualcosa in più, la trovo sempre eccezionale.

Vorrei dire che dopo questa sequela di letture che quantomeno per temi si sono rivelate tutte piuttosto intense mi sono presa un periodo per qualcosa di più felice e invece no, sto leggendo Il buio oltre la siepe, perché qua felici mai.


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