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giovedì 7 febbraio 2013

I bambini di Cold Rock, Pascal Laugier

11:10

I bambini di Cold Rock, Pascal Laugier

Titolo originale: The Tall Man

Anno: 2012

Durata: 106 minuti.

Trailer:
 
 

Scelgo di vedere questo film con due tipi di pregiudizi: Martyrs è uno dei miei capisaldi, se questo fosse stato un fallimento non avrei più saputo che idea avere di Laugier, e a me non piace non sapere cosa pensare. Il secondo è in negativo. Jessica Biel? No, daai.

In questo contesto la Biel è Julia, abitante della ridente cittadina di Cold Rock. Scherzo, Cold Rock fa schifo. È un paese fantasma, gli abitanti ruotano intorno alla tavola calda, e c'è un atmosfera di declino, di pessimismo, di angoscia, che non è immotivata. I bambini di Cold Rock (che danno origine all'impietoso titolo italiano) spariscono, nel nulla. La disperazione delle famiglie crea superstizione, il dolore non sa su cosa accanirsi, e la colpa viene attribuita al Tall Man, l'Uomo Alto. Una sorta di Babau per adulti. L'ignoto.
 

Non volevo paragonare questo film a Martyrs, ma ci sono tante, tante somiglianze.

Anche questo film è diviso in due parti. E sarà per me un'impresa titanica parlarne senza parlare troppo. Nella prima parte assistiamo ad una panoramica della situazione di Cold Rock. Un paese senza speranza, morto economicamente dopo la chiusura della miniera, un ritratto sociologico di una società spaventosa. Alcolizzati, uomini violenti con le mogli, e donne in preda alla disperazione a causa della tragedia dei bambini scomparsi. . Il mondo in cui nessuno vorrebbe vivere, e in cui (più o meno similmente alla descrizione nel film) siamo già. Maddio, che presa male, però.

Da un certo punto in poi, però, il film prende una piega inaspettata. Tutte le certezze che Laugier ci ha inculcato nella prima parte si rivelano sbagliate, quello che credevamo 'buono' si è rivelato 'cattivo'. Quando una persona ha guardato tanti film di un certo genere assume più o meno consapevolmente la convinzione (presunzione?) di capire subito tutto, di riuscire a indovinare i momenti di tensione. Anche per questo è sempre più difficile fare e trovare film che spaventino realmente. Qua non ci si spaventa praticamente mai, ma di sicuro non si intuisce cosa accadrà dopo. I punti di vista vengono stravolti, e ogni volta che pensi che non possa succedere altro, che la storia si sia impantanata in un punto morto, ecco che cambia di nuovo tutto, e siamo di nuovo daccapo. La vicenda inizia come tante altre, tanto è vero che il trailer non mi aveva coinvolta per niente, poi tutto viene rimescolato, tutto è rimesso in gioco.



Così come sono messe in gioco le persone che guardano questo film. È messa in gioco la capacità di giudizio. Cosa è bene? Cosa è il Male? Così come nel lavoro precedente, il regista ci mette di fronte alle grandi domande. Se in Martyrs la domandona era 'Cosa c'è dopo la morte?', qui finisce il film e nella testa risuona quel 'Giusto?' pronunciato da Jennie. Qui la domanda è: 'Siamo in grado di fare scelte nel modo giusto? Non buono o cattivo, ma giusto?' Come un'eterna insicurezza, perchè prendere decisioni così grandi è talmente impegnativo che non si è mai sicuri di aver fatto la cosa migliore. Ma non è solo quello. Dall'inizio tutta la vicenda è piena di realtà, quasi dolorosa. Sparisce un bambino e le altre mamme pensano: 'Per fortuna non era il mio.', e la superstizione diventa l'unica valvola di sfogo della disperazione.

Disperazione che però non avvilisce, ma dà energia, disperazione adrenalinica. Le donne non si piangono addosso, ma cercano i figli, girano nel bosco di notte, spiano, organizzano piani, pregano, si picchiano. Sono donne forti, che non hanno bisogno di quegli uomini che invece si sono lasciati abbattere dal declino della loro città. Femminista, questo Pasquale. Brav'uomo.
 
 

E a proposito di donne, non è che la Jessica Camden Biel abbia fatto pena eh, anzi. Riconosco la poca espressività, ma era assolutamente adeguata a quello che doveva fare. Rende il tutto meno comprensibile, confonde ancora di più. E innervosisce.

Insomma, arriviamo alla conclusione della vicenda. A me il film è piaciuto. Ci sono molti elementi di quelli che con me fanno presa: le scritte iniziali, la voce fuori campo, le vicende con i bambini.

Potrei parlare ore della giustificazione. Quanto di quello che succede è giustificabile dalle buone intenzioni?

A voi la risposta, io non sono così profonda.

E, per dovere di cronaca, sono alta 1 e 60.





(Rileggendo, mi sono resa conto che questa non è una vera e propria recensione. Espongo solo i pensieri che il film mi ha lasciato. E quando un film lascia tutti questi quesiti, è un film positivo, immagino. A meno che i quesiti siano 'Ma chi gliel'ha fatto fare a questo cretino di prendere in mano una macchina da presa?' o 'Perchè questo/a tizio/a non ha dedicato la propria vita a giocare all'Enalotto invece che fare l'attore?)




sabato 29 settembre 2012

Martyrs, Pascal Laugier

09:33

Titolo originale: id

Anno: 2008

Durata: 97 min.

Me tocca fà la recensione seria.

Premetto che io mi accingevo a guardare questo film con un odio di partenza verso i torture porn. E già immagino: 'Ma che, è un film come Saw?' No, decisamente no. È però vero che parliamo di un film con un livello di violenza come non ho mai visti prima. Mi ha costretta a girare la testa, più volte. Soprattutto perchè non è solo violenza fisica come si può vedere nei vari Hostel, ma è unita ad una tale sofferenza mentale che è inimmaginabile, nelle nostre vite 'normali'. E meno male.

Tenuta prigioniera per due anni e sottoposta a orribili sevizie, Lucie riesce a scappare. Viene portata in una clinica, dove stringe un legame fortissimo con Anna, una ragazzina della sua età. 15 anni dopo, ritrova la famiglia che le aveva fatto del male, e ora si vuole vendicare.
 
 
 
 

Sfido chiunque a restare indifferente a questo film. È un unione di dolore fisico indescrivibile, grandi quesiti etici che 2000 anni di catechismo cattolico non hanno risolto, violenza psicologica distruttiva, sincero valore di un'amicizia che supera ogni cosa, studio del modo in cui la mente umana affronta la sofferenza..è pazzesco. Ma andiamo con ordine.

Inizia il film, e vedi questa ragazzina, Lucie, così sofferente, così turbata, così problematica, che non puoi fare altro che domandarti che cosa cavolo le abbiano fatto per ridurla così e provi una pena indicibile, e una gran rabbia, per quello che l'uomo può fare. Poi arriva l'amica, Anne, l'affetto, l'umanità, il calore umano, e pervade un senso di speranza. Ok, ha avuto un passato tremendo, ma sta cominciando ad aprirsi al mondo, può avere un futuro radioso. E invece no, chiaramente. Ma tra loro due, nel bene e nel male rimane questo legame che è commovente. Se da un lato la figura di Lucie è così complessa e disperata, dall'altro Anna è generosa, umana, compassionevole. Due interpretazioni tra le migliori che io abbia mai visto, assolutamente strepitose. (Anna è interpretata da Morjana Alaoui, Lucie da Mylène Jampanoi.) Dopo 15 anni di serenità viene rintracciata la famiglia che ha causato tanto dolore, e tutto riemerge, tutto il trauma subito risale in superficie e quando sei così ferito non puoi che lasciarti sopraffare. Quindi scatta l'empatia. La vendetta è sbagliata, ma come si può biasimarla?
 
 
 
 

Lucie commette un atto terribile, per liberarsi di tutto quello che ha dentro, ma non si può provare altro che ancora pena, per lei e quello che ha subito. Il film prosegue, e si succedono dolore, stupore, incomprensione, frustrazione, altra rabbia, disgusto, dubbio, inquietudine, rassegnazione. Durante la visione non c'è un attimo di tregua, è un susseguirsi di grandi emozioni che dura solo un'ora e mezza. (E per fortuna, di più non avrei potuto sopportare.)

Vorrei poter dire che c'è un crescendo, che si arriva gradualmente alla parte violenta, ma non è così, è paralizzante da subito. Niente introduzioni, niente sviolinate, niente presentazioni. Cinque minuti e sei già sconvolto. Ma solo perchè non sai cosa succede dopo, ancora peggio. Non ci sono perdite di tempo, è crudele anche il modo in cui si vive da subito questa situazione assurda, anche attraverso i ricordi di Lucie. La cosa migliore, poi, è che i dialoghi non sono mai troppi. Sono esattamente quello che immagino direi io in una situazione del genere. (Spergiuri vari.)
 
 
 
 

Arriva un punto, poi, in cui Anna scopre cosa era successo all'amica durante la sua prigionia, e in quel momento pensi che sia finita. Ma no, altro vortice. Tutto questo circolare di emozioni che nella seconda parte del film si concentra sulla domanda. 'Cosa c'è dopo la morte?' ma soprattutto: 'Cosa è disposto a fare l'uomo per saperlo?'

Il tutto conduce a un finale assolutamente azzeccatissimo, anche se, ammettiamolo, un po' paraculo.

97 minuti di film che non conducono a nulla, ma è giusto che sia così.

Non so se dormirò bene, stanotte.


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