I bambini di Cold Rock, Pascal Laugier
Mari.
11:10
I bambini di Cold Rock, Pascal Laugier
Titolo originale: The Tall Man
Anno: 2012
Durata: 106 minuti.
Trailer:
Scelgo di vedere questo film con due
tipi di pregiudizi: Martyrs è uno dei miei capisaldi, se questo
fosse stato un fallimento non avrei più saputo che idea avere di
Laugier, e a me non piace non sapere cosa pensare. Il secondo è in
negativo. Jessica Biel? No, daai.
In questo contesto la Biel è Julia,
abitante della ridente cittadina di Cold Rock. Scherzo, Cold Rock fa
schifo. È un paese fantasma, gli abitanti ruotano intorno alla
tavola calda, e c'è un atmosfera di declino, di pessimismo, di
angoscia, che non è immotivata. I bambini di Cold Rock (che danno
origine all'impietoso titolo italiano) spariscono, nel nulla. La
disperazione delle famiglie crea superstizione, il dolore non sa su
cosa accanirsi, e la colpa viene attribuita al Tall Man, l'Uomo Alto.
Una sorta di Babau per adulti. L'ignoto.
Non volevo paragonare questo film a
Martyrs, ma ci sono tante, tante somiglianze.
Anche questo film è diviso in due
parti. E sarà per me un'impresa titanica parlarne senza parlare
troppo. Nella prima parte assistiamo ad una panoramica della
situazione di Cold Rock. Un paese senza speranza, morto
economicamente dopo la chiusura della miniera, un ritratto
sociologico di una società spaventosa. Alcolizzati, uomini violenti
con le mogli, e donne in preda alla disperazione a causa della
tragedia dei bambini scomparsi. . Il mondo in cui nessuno vorrebbe
vivere, e in cui (più o meno similmente alla descrizione nel film)
siamo già. Maddio, che presa male, però.
Da un certo punto in poi, però, il
film prende una piega inaspettata. Tutte le certezze che Laugier ci
ha inculcato nella prima parte si rivelano sbagliate, quello che
credevamo 'buono' si è rivelato 'cattivo'. Quando una persona ha
guardato tanti film di un certo genere assume più o meno
consapevolmente la convinzione (presunzione?) di capire subito
tutto, di riuscire a indovinare i momenti di tensione. Anche per
questo è sempre più difficile fare e trovare film che spaventino
realmente. Qua non ci si spaventa praticamente mai, ma di sicuro non
si intuisce cosa accadrà dopo. I punti di vista vengono stravolti, e
ogni volta che pensi che non possa succedere altro, che la storia si
sia impantanata in un punto morto, ecco che cambia di nuovo tutto, e
siamo di nuovo daccapo. La vicenda inizia come tante altre, tanto è
vero che il trailer non mi aveva coinvolta per niente, poi tutto
viene rimescolato, tutto è rimesso in gioco.
Così come sono messe in gioco le
persone che guardano questo film. È messa in gioco la capacità di
giudizio. Cosa è bene? Cosa è il Male? Così come nel lavoro
precedente, il regista ci mette di fronte alle grandi domande. Se in
Martyrs la domandona era 'Cosa c'è dopo la morte?', qui finisce il
film e nella testa risuona quel 'Giusto?' pronunciato da Jennie. Qui
la domanda è: 'Siamo in grado di fare scelte nel modo giusto? Non
buono o cattivo, ma giusto?'
Come un'eterna insicurezza, perchè prendere decisioni così grandi è
talmente impegnativo che non si è mai sicuri di aver fatto la cosa
migliore. Ma non è solo quello. Dall'inizio tutta la vicenda è
piena di realtà, quasi dolorosa. Sparisce un bambino e le altre
mamme pensano: 'Per fortuna non era il mio.', e la superstizione
diventa l'unica valvola di sfogo della disperazione.
Disperazione che però non avvilisce,
ma dà energia, disperazione adrenalinica. Le donne non si piangono
addosso, ma cercano i figli, girano nel bosco di notte, spiano,
organizzano piani, pregano, si picchiano. Sono donne forti, che non
hanno bisogno di quegli uomini che invece si sono lasciati abbattere
dal declino della loro città. Femminista, questo Pasquale.
Brav'uomo.
E a proposito di donne, non è che la
Jessica Camden Biel abbia fatto pena eh, anzi. Riconosco la poca
espressività, ma era assolutamente adeguata a quello che doveva
fare. Rende il tutto meno comprensibile, confonde ancora di più. E
innervosisce.
Insomma, arriviamo alla conclusione
della vicenda. A me il film è piaciuto. Ci sono molti elementi di
quelli che con me fanno presa: le scritte iniziali, la voce fuori
campo, le vicende con i bambini.
Potrei parlare ore della
giustificazione. Quanto di quello che succede è giustificabile dalle
buone intenzioni?
A voi la risposta, io non sono così
profonda.
E, per dovere di cronaca, sono alta 1 e
60.
(Rileggendo, mi sono resa conto che
questa non è una vera e propria recensione. Espongo solo i pensieri
che il film mi ha lasciato. E quando un film lascia tutti
questi quesiti, è un film positivo, immagino. A meno che i quesiti siano 'Ma
chi gliel'ha fatto fare a questo cretino di prendere in mano una
macchina da presa?' o 'Perchè questo/a tizio/a non ha dedicato la
propria vita a giocare all'Enalotto invece che fare l'attore?)