Masters of Horror: Sulle tracce del terrore
Mari.
14:29
(Prima stagione, 13 episodio, regia di Takashi Miike)
Tanto per dire, leggete cosa dice l'anteprima del trailer.
'Il più controverso e disturbante', e blablabla.
Beh, prima vi dico la trama, poi quello che penso.
Christopher è un giornalista americano, che viaggia fino al Giappone per ritrovare la sua amata Komomo. Giunto sul posto, un'accogliente isola-bordello, scopre che la donna che cerca non si trova lì e oltretutto fino alla mattina dopo non potrà lasciare l'isola. Sarà una prostituta sfigurata a raccontargli come Komomo sia morta.
Vi avevo raccontato qui l'origine dei Masters of Horror e vi avevo detto che i registi selezionati avevano totale libertà, fermo restando che dovevano rispettare il budget. Con queste premesse, se decidete di assoldare anche Miike, la prima cosa da fare è chiaramente prepararsi al peggio. Non è un personaggio a caso, per quanto sia poliedrico e iperproduttivo, si sa che quando maneggia qualcosa che ha a che fare con l'orrore lui è sempre sopra le righe, per parlare ad eufemismi. Quindi, se lo scegliete e poi lo censurate siete un po' incoerenti. A parte ciò, è chiaro che lui è completamente fuori di melone.
Googlando il titolo si leggono parole di disgusto, quasi di shock, come se questo film fosse la materializzazione del gore, roba che Martyrs levati.
Beh, quello che mi sento di dire io è: stiamo tutti molto calmi. Perchè non sono certo quei 5 minuti di torture a rendere Imprint così impressionante. (Che poi, se non avete uno stomaco di ferro è chiaro che quei 5 minuti sono l'inferno, ma la cosa incredibile è che non sono la cosa peggiore. Tanto per rendere l'idea.)
Quello che rende Imprint così pazzesco è la presenza di un contrasto che fa quasi male agli occhi. Unite il fascino incredibile del Giappone, di una fotografia spettacolare, di colori che riescono a essere dolci, e confortanti, e alcune scene di una poesia incredibile, come le girandole al vento a una storia terrificante. Contrapponete tutta quella bellezza ad un'evoluzione della vicenda che la rende insostenibile, a partire dal momento in cui scopriamo la verità sul passato della prostituta sfigurata. Un passato che manda fuori di testa Christopher, ma anche noi, perchè è allucinante. Chi si è risparmiato la visione sarà esonerato dai dettagli anche in questo post, perchè vvb.
Questo lo rende un filmone impressionante.
Se qualsiasi altro regista avesse architettato una storia simile (parlo della 'sorellina', per intenderci) sarebbe sembrato ridicolo. Miike lo rende agghiacciante. Soprattutto una certa scena di una bella bambina sentita sola su uno scoglio. Che angoscia.
Morale, questo è un Mister Film. Ma Miike rimane un sadico maledetto e io non vorrei mai incontrarlo in un vicolo buio.
Tanto per dire, leggete cosa dice l'anteprima del trailer.
'Il più controverso e disturbante', e blablabla.
Beh, prima vi dico la trama, poi quello che penso.
Christopher è un giornalista americano, che viaggia fino al Giappone per ritrovare la sua amata Komomo. Giunto sul posto, un'accogliente isola-bordello, scopre che la donna che cerca non si trova lì e oltretutto fino alla mattina dopo non potrà lasciare l'isola. Sarà una prostituta sfigurata a raccontargli come Komomo sia morta.
Vi avevo raccontato qui l'origine dei Masters of Horror e vi avevo detto che i registi selezionati avevano totale libertà, fermo restando che dovevano rispettare il budget. Con queste premesse, se decidete di assoldare anche Miike, la prima cosa da fare è chiaramente prepararsi al peggio. Non è un personaggio a caso, per quanto sia poliedrico e iperproduttivo, si sa che quando maneggia qualcosa che ha a che fare con l'orrore lui è sempre sopra le righe, per parlare ad eufemismi. Quindi, se lo scegliete e poi lo censurate siete un po' incoerenti. A parte ciò, è chiaro che lui è completamente fuori di melone.
Googlando il titolo si leggono parole di disgusto, quasi di shock, come se questo film fosse la materializzazione del gore, roba che Martyrs levati.
Beh, quello che mi sento di dire io è: stiamo tutti molto calmi. Perchè non sono certo quei 5 minuti di torture a rendere Imprint così impressionante. (Che poi, se non avete uno stomaco di ferro è chiaro che quei 5 minuti sono l'inferno, ma la cosa incredibile è che non sono la cosa peggiore. Tanto per rendere l'idea.)
Quello che rende Imprint così pazzesco è la presenza di un contrasto che fa quasi male agli occhi. Unite il fascino incredibile del Giappone, di una fotografia spettacolare, di colori che riescono a essere dolci, e confortanti, e alcune scene di una poesia incredibile, come le girandole al vento a una storia terrificante. Contrapponete tutta quella bellezza ad un'evoluzione della vicenda che la rende insostenibile, a partire dal momento in cui scopriamo la verità sul passato della prostituta sfigurata. Un passato che manda fuori di testa Christopher, ma anche noi, perchè è allucinante. Chi si è risparmiato la visione sarà esonerato dai dettagli anche in questo post, perchè vvb.
Questo lo rende un filmone impressionante.
Se qualsiasi altro regista avesse architettato una storia simile (parlo della 'sorellina', per intenderci) sarebbe sembrato ridicolo. Miike lo rende agghiacciante. Soprattutto una certa scena di una bella bambina sentita sola su uno scoglio. Che angoscia.
Morale, questo è un Mister Film. Ma Miike rimane un sadico maledetto e io non vorrei mai incontrarlo in un vicolo buio.