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martedì 30 luglio 2024

Notte Horror 2024: Frankenhooker

21:00

Questo post contiene spoiler.


 La Notte Horror non la mollerei neppure se chiudessi il blog (cosa che non succederà, anzi, potrei ricominciare a rinvigorirlo proprio nelle prossime settimane) ma quest'anno ha un sapore amaro. È infatti dedicata a Laura, che conoscevamo come Arwen Lynch, che ci ha lasciati da poco. Laura ha avuto una fame di cinema insaziabile, era curiosa e piena di voglia di condividere la stessa passione che ogni estate, da tante estati, ci porta qui a parlare di cinema insieme, come se ci conoscessimo da sempre.

Ciao Laura, grazie di avere fatto rete insieme a noi.


gli altri partecipanti


Sono passati pochi mesi dall'uscita del bellissimo penultimo lavoro di Yorgos Lanthimos, Povere creature!. Lì una giovane donna viene riportata in vita dopo un suicidio, ma nel suo corpo di adulta risiede una mente bambina, che deve ricominciare il suo percorso sulla terra da capo. È un film che sa parlare molto bene del femminile, ma non si può negare sia comunque la storia di tre uomini che dispongono - e abusano - del corpo di una donna nel modo in cui desiderano. Quella che appare come una storia di liberazione finisce per esserlo solo parzialmente, perché ci si è scordati di mettere Bella al centro. 
Trentaquattro anni prima, un regista sicuramente meno raffinato ma altrettanto di sicuro più simpatico, Frank Henenlotter, è riuscito ad affrontare un tema molto simile ma in modo a mio parere più efficace, con una horror comedy gloriosa ed esilarante: Frankenhooker.

Elizabeth è nel pieno della vita. Ha solo 21 anni ma la strada della vita spianata: sta infatti per sposarsi con il suo brillante fidanzato Jeffrey, elettricista con la passione per l'anatomia, e i due sono molto felici insieme. Certo, la mamma è un po' fissata col peso della figlia, ma Elizabeth ce la sta mettendo tutta per tornare in forma, anche con l'aiuto del futuro marito. 
Durante la festa di compleanno del papà, però, un tremendo incidente domestico le toglie la vita. Il fidanzato non si rassegna e decide di riportarla in vita aiutandosi con i corpi delle prostitute che ogni notte popolano i marciapiedi della città.





Il corpo come progetto
L'incidente in cui Elizabeth perde la vita è atroce, seppur raccontato con una grottesca goliardia dal tg che riporta la notizia, e di lei non resta quasi nulla. Jeffrey è riuscito a recuperare solo la testa. Si rende quindi necessaria la ricerca di nuove parti con cui comporla. 
Nel classico di Mary Shelley che così evidentemente il film richiama la ricerca delle parti con cui comporre il corpo della Creatura è data dal fatto di usare dei cadaveri. Cercare tra le tombe, infatti, comporta il rischio di trovare corpi non perfetti, da cui prelevare solo le parti meglio conservate. La ricerca di Jeffrey invece è deliberata: se la fidanzata va rifatta, tanto vale rifarla perfetta.
Non è solo dopo la sua morte che questo accade. Elizabeth infatti racconta a un'amica di essersi sottoposta a un intervento di restingimento dello stomaco, per riuscire a dimagrire, e che a farlo sia stato proprio Jeffrey, forte solo di una basilare conoscenza di anatomia imparata alla facoltà di medicina che ha lasciato qualche tempo prima. Già in vita, quindi, il corpo di Elizabeth era da assestare, ridisegnare perché assomigliasse di più ai desideri di chi la circondava. Mai ai suoi, naturalmente, perché la nostra amava mangiare al punto che proprio i suoi amati prezel salati hanno contribuito a farla tornare in sé in un momento che affronteremo più avanti. 
La decisione di assemblare corpi differenti affinché l'aspetto dell'amata rasentasse la perfezione è quindi il naturale proseguimento di un concetto espresso dal primo istante: le donne devono essere come le vogliono gli altri. Nel momento in cui Elizabeth è mancata la sua volontà è morta con lei, e chi avrebbe dovuto amarla ha deciso di mettere il proprio bisogno al primo posto. Ha quindi misurato con precisione gambe, braccia, seni, affinché fossero i suoi preferiti in mezzo a quelli di tante ragazze.
La ricostruzione di Elizabeth ha richiesto quindi una progettualità innaturale, che dal principio e in modo paradossale l'ha esclusa dall'equazione. 
L'avevamo visto succedere decenni prima, quando Whale per la prima volta ha messo in scena una creatura frustrata, una Sposa che non ha chiesto la vita e non ha certo chiesto quella. Allo stesso modo Elizabeth, ripresa coscienza di sé, non prova la gratitudine sperata dall'aspirante scienziato. Dopo un primo istante di stupore per la riuscita dell'impresa, realizza di essere stata ricomposta in un corpo che di lei, ormai non aveva più niente e che era stato creato su misura per piacere a qualcun altro.
Henenlotter ha il coraggio -  e chi se non lui? - di dare a Elizabeth la vendetta che Bella non ha avuto, facendoci godere di un finale squisitamente queer: dopo la sua inaspettata morte, anche Jeffrey viene resuscitato grazie agli appunti presi durante la realizzazione del suo progetto. Poiché ha progettato solo modi per resuscitare le donne, però, gli è toccata la stessa sorte della fidanzata: un bellissimo corpo femminile, selezionato proprio su misura per lui.





Dove risiede la mente?
Torniamo ai prezel. La madre di Elizabeth la mette in guardia: occhio, che fanno ingrassare. E lei, figliola devota, prova a posarli, ma li trova davvero irresistibili. Tornata in vita con un corpo nuovo, finisce in uno dei bar più frequentati dalle sex worker i cui corpi sono stati presi in prestito. È un momento particolare per lei, perché si è appena risvegliata e la mente non ha ancora fatto chiarezza su cosa le sia accaduto. Sul bancone del bar, però, ci sono i prezel. Prima ancora che il cervello la aiuti a ricordarsi la sua storia, ci pensano la bocca, la memoria della lingua e la salivazione dell'appetito. Non avviene la magia, dopo averli mangiati - il film è migliore di così - ma il suo corpo si muove prima che lo faccia la mente. 
Il film ci racconta come il corpo sia elemento fondamentale dell'identità, che prescinde dal volto e che ha in tutte le sue parti una fetta significativa di quello che siamo. Non a caso quando Elizabeth si sveglia non è in sé: sono le donne defunte per farla vivere che le danno voce. Ecco allora che lei si muove per la strada ripetendo le frasi che le ragazze usavano per attirare clienti, mentre il corpo la conduce in luoghi che loro conoscevano e frequentavano. La mente non riesce a svegliarsi ma il corpo ha la situazione sotto controllo: riesce a sedurre dei clienti - con effetti temo non compresi nel prezzo - a muoversi con dimestichezza in uno spazio che era quello naturale per le vittime di Jeffrey e ricorda la sessualità. 
Non solo: tutte le parti scartate delle vittime riprendono il controllo. Nel caos elettrico che è servito a restaurare Elizabeth dopo un ulteriore incidente anche loro riprendono vita, e non sono contente. Unite nel ricordo di chi in vita le ha sfruttate si scagliano contro di lui per finirlo, senza che servano corpi completi o menti per questo. Il ricordo di quello che hanno vissuto era intessuto nelle parti di loro che nel corso del tempo gli uomini hanno sfruttato, e sono bastate le stesse parti a vendicarle.
Ricordarci che tutto il nostro corpo porta il segno di quello che siamo è fondamentale per imparare a trattarlo con il rispetto e l'amore che ci aspettiamo dagli altri.

Il sex work
Il mondo femminista si divide da sempre sull'argomento della prostituzione. Non è questo il post in cui approfondirò l'argomento, ma di certo il film almeno ne sfiora le complessità. In un breve istante, infatti, sentiamo alla tv una donna discutere della necessità di legalizzare il sex work ai fini di tutelare le professioniste, spesso defunte per l'abuso di sostanze a cui ricorrono per sopravvivere alla vita estrema di strada. Nel film questo momento serve a dare al protagonista l'idea del super crack con cui le uccide, ma è interessante per due ragioni. La prima è la più ovvia: un film così scanzonato riesce a dare più tridimensionalità al problema in esame con una singola scena, peraltro molto breve. La seconda sta proprio nel super crack di Jeffrey: somministrando alle ragazze una sostanza di cui fanno già uso si ripulisce la coscienza, continuando ad attribuire loro la responsabilità della loro condizione. 
Oggi quello del sex work è un mondo diverso e ben più ampio di quanto non fosse nel 1990 ma il film parla in modo inequivocabile di quella parte di lavoratrici che sono sfruttate da un uomo. Zorro, infatti, arriva a reclamare il corpo di Elizabeth perché composto di parti che, a suo dire, gli appartenevano. Private di ogni autonomia, quindi, queste sex worker sono state, nell'ordine: drogate a loro insaputa, smembrate, riutilizzate come pezzi di ricambio e infine reclamate proprio dall'uomo che fino a poco prima vendeva i loro corpi. Il tutto per colpa loro, a detta di Jeffrey, che hanno assunto la sostanza che le ha uccise. 
In un solo momento si distruggono il victim blaming, lo sfruttamento e il senso di proprietà sui corpi altrui. In un film in cui nella scena successiva si maneggiano tette staccate come fossero cuscini da testare. Magnifico.

Non starò a ripetere la mia consueta manfrina su quanto il cinema dell'orrore parli sempre di corpi femminili, ma non posso che gongolare insieme a voi quando lo fa in questo modo: eccessivo, camp, colorato, stravagante e coraggioso. La serie B ci salverà tutti quanti.

mercoledì 16 agosto 2023

Notte Horror 2023 - in ritardo: Darkman

14:22
 Avevo giurato a me stessa che, qualunque cosa fosse successa, il mio blog non lo avrei mollato. Poi è successo il 2023, l'anno che sento di poter definire il peggiore della mia vita - eppure di competizione ne ha avuta parecchia, eh - e le cose si sono un po' rimesse in un ordine diverso. Al lento e pacifico processo di scrivere dei post ho preferito l'immediatezza dei social, che mi hanno permesso di comunicare comunque quello che volevo ma richiedendomi meno tempo. L'introspezione che Redrumia mi richiede quest'anno non sarei stata in grado di gestirla.
Mi ero ripromessa che sarei stata in grado almeno di partecipare alla Notte Horror 2023, evento mitologico della blogosfera, ma sono riuscita a toppare pure quello, e il post arriva infatti con più di 12 ore di ritardo. Chiedo scusa ai colleghi, sono stata poco rispettosa.
Cerco di farmi perdonare chiacchierando di uno dei film dimenticati di Raimi, che sebbene sulla carta non sia un horror duro e puro, è pur sempre figlio del suo papà, e qualche elemento a noi caro ce l'ha lo stesso.




Darkman è la tragica storia di Peyton Westlake, uno scienziato alla ricerca del segreto per restituire una pelle a chi l'abbia persa col fuoco che finisce invischiato in una brutta faccenda di mafia che gli porterà via il lavoro, l'amore e proprio la pelle, lasciandogli solo sete di vendetta.
Esce nel 1990 e questo lo colloca esattamente a metà tra le due saghe che hanno reso il regista il mito che è, Evil Dead e Spiderman. Non solo a metà temporalmente, però, perché è facile individuare nel primo capitolo di questa ulteriore saga tutti gli elementi che abbiamo imparato a conoscere negli altri lavori. È un film di supereroi che arriva molto prima del suo Uomo Ragno, e che uscendo insieme ai Batman di Tim Burton se ne porta appresso le tracce: è un film tragico, desolante, in cui allo sconforto di due vite distrutte non corrisponde alcuna catarsi. Allo stesso tempo è pur sempre un film del tizio di Evil Dead 2, e quindi è quasi barocco: elicotteri, danze davanti ai gatti, facce intinte nell'acido, nasi che si sciolgono, mitragliatrici nascoste nelle gambe di legno, Bruce Campbell. 
Eppure, neppure la componente ironica - che qui è comunque centellinata rispetto agli standard a cui ci ha abituato - riesce a compensare la grande sofferenza di un film come Darkman, in cui nessuno ne esce vincitore e la crudeltà dei cattivi è qualcosa da cui non c'è scampo. Sceglie, Raimi, di unire il supereroe all'entieroe tipico del cinema del decennio precedente, regalando al mix una triste sorte, privandolo della sua identità e del suo futuro. 
Dopo l'attacco al laboratorio in seguito al quale tutti lo credevano morto, Westlake finisce tra le mani di medici che pur di salvargli la vita gli distruggono proprio la cosa che per uno scienziato è più importante: la mente. Peyton, infatti, comincia ad avere allucinazioni e a perdere il controllo sulle proprie reazioni, è suscettibile e facilmente infiammabile. Il suo desiderio di vendetta lo porta a diventare un eroe brutale, incontrollabile. Si burla della mente delle sue vittime, assumendo il loro aspetto per creare un crudele gioco con la loro identità, lasciando emergere un lato dark dell'eroismo che forse solo Raimi ha fatto così esplicitamente. L'incidente non causa al protagonista solo la perdita del proprio aspetto, ma di tutto quello che lo identificava: la mente, il carattere, il lavoro. Privato di tutto può mostrare al mondo il vero aspetto dell'uomo qualunque, proprio come si identifica nel finale. 
Un vero uomo invisibile, quello di Liam Neeson, che priva il mondo del suo aspetto per mostrare solo quello di cui è capace. Se nel caso dell'uomo invisibile originale, quello di Wells prima e di Whale dopo, la scelta di annullare il proprio aspetto è volontaria, in questo caso è una conseguenza che però porta allo stesso risultato: sporche bende a coprire il viso e una mente che non è più quella che era. Privando il protagonista dell'elemento della volontarietà, però, Raimi crea un mostro ancora più disperato, frutto dell'avidità e non dell'ambizione. Pur omaggiando così chiaramente i classici Universal cambia le carte in tavola, smettendo di attaccare la scienza che non è più la responsabile ma che al tempo stesso risolve le cose lasciando comunque dei danni. Darkman non diventa un supereroe che mette i propri simil - superpoteri al servizio della comunità, quello che ne viene tratto non è un felice insegnamento di straordinaria generosità: quello che vuole è solo un modo per piangere la vita perduta, eliminando uno ad uno quelli che gliel'hanno tolta. 
Nei cinecomic di oggi questa è la perfetta origin story di un cattivo MCU. Raimi, invece, che è sempre stato più coraggioso, ne ha fatto il protagonista, che non ha eroi ufficiali con cui scontrarsi se non la realtà della nuova vita che gli è stata imposta. Ne ha fatto quello che ha potuto, il povero Westlake, e ha scelto la strada più generosa e difficile insieme: dare alla donna perduta la possibilità di un futuro normale, relegando se stesso ai margini, dove non c'è luce.

Un film che gioca con le etichette e i generi, che rimescola in tavola le carte della consuetudine e approccia in modo nuovo qualcosa che è vecchio come la storia del mondo. Raimi ci ha abituati ad un cinema in cui niente è una realtà consolidata e tutto è modificabile, aggiornabile, sempre nuovo.
Questa volta ce lo ha fatto capire in un modo più intenso, in un film che oggi è quasi sparito dal discorso pubblico perché ci siamo abituati a supereroi più vitaminici, colorati e pop. Questo, invece, con la sua oscurità e la sua malinconia, ce lo teniamo nascosto come si fa con le cose più preziose. 


A settembre andrò, se tutto va bene, in vacanza, e finalmente mi lascerò alle spalle questa estate da dimenticare. Dalla seconda metà del mese, però, torno ovunque: qui, twitch, instagram, tiktok e anche con Nuovi Incubi. Che sia un nuovo inizio per tutto!
A voi auguro una felice fine estate, bella lenta e malinconica come piace a noi!

martedì 19 luglio 2022

Notte Horror 2022: Nightmare - Nuovo Incubo

23:00

 In un periodo in cui ho messo tutte le attività del blog in ferie forzate, da una cosa non potevo stare alla larga: la Notte Horror, evento storico della blogosfera, che resiste all'infelice sfida del tempo e ogni estate raccoglie i cineblogger per parlare della cosa più bella del mondo: il cinema dell'orrore.


Quest'anno, per pura e semplice egomania, ho deciso di prendermi Nuovo Incubo, settimo capitolo della saga che gli dà il titolo e vera eredità del suo creatore, Wes Craven.
In più, ispiratore del titolo di un certo qual podcast che sarebbe molto carino ascoltaste perché con questa stagione sta diventando una piattaforma che unisce per tutte le donne che sul web parlano di cinema dell'orrore, e farne parte è per me una gioia costante. Tutto, insomma, nasce da Craven, e tutto nasce nel 1994, quando arriva New Nightmare.




Heather Langenkamp, storica interprete della Nancy della saga cinematografica in questione, è ormai un'attrice part time, che si dedica alla televisione per potersi godere di più la vita familiare, con il marito e il figlio Dylan. La sua vita, però, non si è ancora distaccata completamente dalla saga, perché qualche ammiratore fanatico la tempesta di telefonate moleste, le sue notti sono vessate da incubi costanti e in più persino suo figlio mostra per la faccenda un interesse anomalo. Come se non bastasse, la città di Los Angeles è colpita da una serie anomala di terremoti.
In questo panorama sconsolante, New Line Cinema contatta Heather: il pubblico non è ancora sazio di Freddy. Le propone un altro film, l'ultimo, e per Heather e la sua famiglia potrebbe essere il solo modo di tornare a vivere una vita serena.

Nuovo Incubo arriva dopo un capitolo il cui sottotitolo era La fine. Freddy morto, i personaggi liberi, e ci si poteva salutare così, e sarebbe stato un salutarsi con dignità. Però nei 7 anni precedenti (il primo capitolo è dell'84) era successa una cosa che nessun'altra saga ha saputo eguagliare, forse neppure Scream: Freddy è diventato icona, ma in un modo ben diverso rispetto agli altri suoi colleghi. Se i mitologici assassini degli slasher di questa felice ondata sono sì famosi e riconoscibili, la portata della fama di Freddy Krueger è ancora insuperata. Ha travalicato i confini di genere, e il film questo lo sa bene, e ci basa tutto il suo lavoro, facendolo dire alla stessa Heather. Freddy è come Babbo Natale, ha una potenza che non si è ancora spenta. E quindi Craven, uomo di rara intelligenza e profondo conoscitore dello strumento cinema, ha deciso di parlarcene, con un film che forse, oggi, è considerabile il suo vero testamento. 
Si apre con una scena sul set, minacciosa, caotica e, ovviamente, piena di sangue, ma è solo un incubo. Heather si sveglia trafelata, perché in questo caso sembra avere un privilegio rispetto alla sua Nancy: dai sogni, lei, può andarsene. Quello che non può lasciarsi alle spalle è il suo passato, che la insegue nonostante abbia cercato di voltare pagina. Questo è particolarmente chiaro nella infelice scena dell'intervista, in cui viene sommersa di domande che le vengono sparate addosso senza che le venga dato il tempo di dare una risposta solo per condurre al vero evento della trasmissione televisiva, ovvero l'ennesima comparsa di Freddy, la sola cosa di cui il pubblico è affamato. Tutto, nella sua vita, è ancora ancorato al suo lavoro passato. È sposata con un tecnico degli effetti speciali, le persone che fanno parte della sua vita arrivano da quel momento, le telefonate non le danno tregua, le arriva la proposta di tornare sul set per un'altra volta...le viene concesso di essere solo Nancy, e mai Heather. Quello che vuole questa creatura è l'innocenza, e per liberarsene serve che lei vi rinunci, tornando ad interpretare, fingendo: l'opposto dell'innocenza.

Il problema è che la circostanza più grande in cui le era stato permesso di essere solo se stessa è con la maternità. Dylan, interpretato da un Miko Hughes che da bambino proprio voleva farci esplodere l'orologio biologico, è un bambino che ci viene presentato da subito come problematico, ma la sua situazione non fa che peggiorare e la madre, di conseguenza, viene messa in discussione. Il solo modo per Heather di salvarsi, insomma, è smettere di essere se stessa, e tornare Nancy. Solo accettandolo per un po' può salvare il bambino, frutto di un brutale interesse da parte di Freddy - o di chi per esso.

Nuovo Incubo, rimettendo in discussione tutto quello che è avvenuto prima, rimette in discussione il cinema dell'orrore tutto, persino e principalmente quello del suo regista. Fa un lavoro metacinematografico forse meno accessibile di quello di Scream, che è brillante ovviamente ma più popolare. Qua ci mette tutto quello che può, buttandoci New Line, i suoi interpreti, e persino se stesso, per discutere del ruolo del cinema dell'orrore non solo tra chi lo realizza, ma soprattutto nelle vite di chi ne fruisce. 

Dopo aver assistito all'effetto che solo due anni dopo Scream ha avuto sulla cultura popolare e ovviamente sul cinema dell'orrore, è un peccato che un film come questo, ancora più preciso e approfondito nel suo lavoro meta, sia quasi finito nel dimenticatoio, soprattutto a confronto con la portata rivoluzionaria di Ghostface. 
Ce lo coccoliamo tra di noi, come il prezioso gioiello che è, l'impagabile eredità di chi ci ha tirati tutti adulti con la paura. 

martedì 10 agosto 2021

Notte Horror 2021: Re-Animator

23:00

 Passano gli anni nella blogosfera, qualcuno smette, qualcuno si prende una pausa, qualcuno passa ad altre piattaforme, qualcuno rimane. Una cosa, però, è incrollabile, una certezza granitica che ci ricorda che una sola cosa unisce e unirà per sempre gli animi dei cavalieri jedi che popolano l'internet: la Notte Horror. 

È arrivato il mio turno anche quest'anno, e come al solito in fondo al post troverete il bannerone con le altre partecipazioni. Io quest'anno mi sono buttata su Stuart Gordon, personaggio che su questo blog abbiamo sempre trattato troppo poco, ma che mi sembrava giusto omaggiare dato che lo scorso anno ci ha salutati.




Quest'anno più Lovecraftiana del solito, pare, perché la storia del film è tratta dal racconto del Nostro. Herbert West è un talentuoso studente di medicina che sta lavorando su modi per riportare in vita i defunti. Quando arriva alla Miskatonic University prende una stanza nella casa di un collega del college, Dan. Quando Dan e Megan, la sua fidanzata, scoprono di cosa si occupa Herbert, le cose non si mettono bene.


Quest'anno mi sono sottoposta a visioni (non fraintendetemi, amatissime) seriose, impegnative, piene di messaggi sociali, lente. Ormai è chiaro che quello è il cinema che preferisco. Però uno Stuart Gordon me lo meritavo. Re-Animator è un film che rientra con tutte le scarpe nel luogo comune (felicissimo) sul cinema degli anni '80. Sporco, pieno di frattaglie, scene ripugnanti, occhi spappolati, viscere mangiucchiate, morti viventi, donne nude. 


Il film si apre con un primo tentativo di Herbert di far fruttare le sue ricerche: il suo primo professore è mancato e lui può riportarlo in vita. Non funziona benissimo, per usare un eufemismo, e il nostro viene spedito nella mitologica università creata da HP. Ci mettiamo molto poco ad inquadrare che tipo sia West, splendidamente interpretato da Jeffrey Combs: una persona sicuramente brillante, ma altrettanto arrogante, così sicuro di sé da rendersi insostenibile. Ignora qualsiasi norma base di comportamento civile, si pone così al di sopra di chiunque altro da essere persino poco furbo e finisce per inimicarsi quello che sarà il suo professore. Si prende spazi nel mondo che non sono ancora suoi, impone la sua presenza anche laddove non è desiderata, si arroga il diritto di comprare le persone con il denaro per avere quello che gli serve. Di lui non sappiamo altro: non ha una vita al di fuori di quella da ricercatore, non ha amici, non ha relazioni: la sua vita è completamente spesa per il suo obiettivo. 

Tale e tanta è la sua motivazione da riuscire a coinvolgere anche Dan, il suo nuovo coinquilino. Dan, al contrario, è una persona molto equilibrata: studente brillante, con relazioni sane, una vita che vada oltre la scuola ma che ha comunque chiari i suoi obiettivi. Ed è proprio sul suo essere, in effetti, un ottimo studente che fa leva Herbert per attirare il suo interesse. Dan non è uno scienziato pazzo, ma l'enormità delle scoperte del suo nuovo collega non può che intrigarlo. E così la scienza finisce per divorare anche lui e la sua lucidità. Per tutto il film Barbara Crampton (la regina delle scream queens? la regina.), che interpreta Megan, sta col ditino alzato cercando di mettere in evidenza giusto quelle due problematicità che si sollevano quando le persone non hanno guardato né letto Pet Sematary, ma loro niente, inesorabili. Il film almeno la Crampton l'ha lanciata nell'unico olimpo che conta, quello dell'orrore, però in questo film la sua Megan è sottoposta ad ogni genere di cattiveria: non viene presa sul serio, viene sottovalutata, è oggetto di attenzioni indesiderate, viene violentata, muore piuttosto male. Niente di nuovo all'orizzonte, insomma. Ma se non altro lei è l'unica che ha sentito la puzza di qualcosa di marcio provenire da Herbert immediatamente.


Poi, insomma, accade l'inevitabile: la situazione sfugge di mano. Se già con la rianimazione del gatto un po' di sangue lo avevamo visto, il film scivola verso l'atteso finale: il mare di sangue. Ci si arriva con un ritmo perfetto, in un film rapido ed entusiasmante, che sa non scivolare nell'eccesso e che sapeva esattamente che cosa il suo pubblico voleva. E che è stato così gentile da servirglielo su un piatto d'argento. 


Più di 35 anni dopo, Re-Animator si fa ancora volere così bene. Gordon ha preso del materiale di partenza che sta nella storia, per poi farci tutto quello che gli pareva. Siamo lontani dal modo in cui Carpenter ha omaggiato il Maestro una decina di anni dopo, per intenti e modalità, e va bene così. La serie B ce la meritiamo. 




martedì 1 settembre 2020

Notte Horror 2020: Dovevi essere morta

21:00

 Mi sembra passato un secolo dall'ultima volta che da queste parti abbiamo parlato di Wes Craven. Il bene che gli si vuole, però, è immutato, e quindi perché non approfittare della mitologica Notte Horror per tirare fuori dal calderone uno dei suoi film minori?




Dovevi essere morta esce nel 1986, è tratto da un romanzo che non ho letto ed ha una di quelle storiacce che rovinano il cinema. Il regista lo vuole in un modo, chi ci mette i soldi in un altro, il desiderio di continuare a farli, sti soldi, chiede altro ancora e alla fine si fa un pasticcio che non porta niente di buono a nessuno. 

Il risultato? Il film è venuto male, ha perso un sacco di soldi e Wes non era contento. E se Wes non è contento nessuno è contento.

Sorge spontaneo chiedersi allora perché lo abbia scelto per la Notte Horror di quest anno. Perché è tatone.

Lo so, sono una sempliciotta in questi casi, ma ho un debole per i teen horror, l'ho sempre detto. Questo non ama le etichette, perché in quanto pasticcio è difficile anche classificarlo in un genere piuttosto che in un altro, però gli voglio lo stesso bene che voglio a cosine ben migliori come So cosa hai fatto. 


In questo caso il protagonista è Paul, un giovane genio che si trasferisce con la mamma in una cittadina nuova perché è stato ammesso prima del tempo all'università. Paul si è costruito un adorabile robottino che risponde al nome di BB che gli serve per studiare al meglio le possibilità che la tecnologia può offrire per aiutare le persone. Lo sentite già dove sta andando a parare, vero?

Paul fa la conoscenza di Samantha, la vicina di casa, e si prende una cotta di quelle che non te le dimentichi più. (Beh, di sicuro Paul non dimenticherà mai la sua, se non altro) Quando Samantha ha bisogno di aiuto, ecco che intervengono Paul e BB a salvarla. Potrà mai finire bene sta faccenda? E infatti.

In questo film ci sono: l'inizio col trasferimento che io amo, forse perché ho fatto 8 traslochi in tutta la vita ed empatizzo o forse perché amo Casper; la cottarella giovanile, che è sempre adorabile da vedere; l'amico buffo; i bulli che vengono scansati con l'intelligenza e non con le botte; un robottino adorabile e, infine, un giovanissimo Victor Frankenstein, che ambisce a riportare la vita laddove di vita non ce ne sia più. Nel più semplice dei modi possibili, queste sono cose che bastano a farmi affezionare ad un film. Poi, chiaramente, possiamo parlarne seriamente, e dobbiamo dire che il film risente tantissimo delle milioni di modifiche fatte in post produzione: è talmente taglia e cuci che sembra un brutto vestito di Desigual. Nasce come sci fi però poi gli dicono che è troppo poco violento, allora lui aggiunge la violenza, però poi è troppo violento e insomma: una brutta storia. Eppure per qualche ragione ho finito per affezionarmici, forse per il faccino di Paul da piccolo impacciato ma determinato, forse per la comparsa della mamma della banda Fratelli, o forse anche solo per il nome del regista, che stava lì piazzato sulla copertina a dirmi che dentro avrei trovato roba buona. Non è stato oggettivamente così, ma ingannevole è il cuore più di ogni altra cosa. (Scusate, devo uscire dal loop della famiglia Argento, mi serve un attimo)

Volevano che Wes Craven facesse un film più da Wes Craven, e così facendo l'animo di Wes l'hanno affossato insieme a tutti i soldi persi per sta roba. Un peccato, chissà cosa sarebbe stato se gli avessero lasciato fare quello che voleva.

martedì 3 settembre 2019

Notte Horror 2019: Society - The Horror

23:15
Ultimamente questo blog sta in piedi per miracolo. Gli eventi della blogosfera li salto quasi a priori perché so che non ci starei dietro come vorrei e pur dispiacendomene preferisco non fare nulla piuttosto che fare qualcosa ma farlo con i piedi.
Però, però, però.
Alla Notte Horror non si scappa, sono pur sempre una donna di sani principi.
E quindi eccoci qua, anche quest anno.


Prima o poi anche Society doveva arrivare da queste parti.
Sta lì, su Prime Video, comodo comodo per riguardarselo ogni volta che ci si sente giovani ribelli contro il sistema, bello sporco e ruvido come piace a noi.
Society - The Horror è un film pazzesco. Se leggete un blog di cinema dell'orrore come vorrebbe essere questo è chiaro che il film di Yuzna lo avete già visto, magari anche più di una volta, ma ne riparliamo insieme, perché è sempre un bel parlare.

Cominciamo come una bella storia teen di quelle che a me divertono sempre un casino. Ragazzi belli e abbronzati che giocano a basket in cortile, litigi con le fidanzate, feste esclusive a cui non si è invitati, armadietti scolastici...il kit base 'adolescente americano' c'è tutto e viene esposto come in un catalogo.

Però Society non è un horror adolescenziale qualsiasi, quindi non ci sono assassini seriali mascherati, niente fantasmi, niente case nei boschi, niente di quello che conosciamo (e amiamo). In Society i cattivi sono i ricchi, quelli che fanno gli ingressi in società, i giudici, i ragazzi più popolari della scuola, l'élite. E sono cattivi davvero, ché se dobbiamo fare una bella e sensata critica alla società allora ci mettiamo il carico da mille. Non parlo solo del famigerato finale, che se è così famoso avrà i suoi buoni motivi per esserlo, ma di tutto quello che succede prima: la crudeltà risiede proprio in famiglia, nel luogo sicuro, nel terapeuta, in chi dovrebbe aiutarti. L'adorato e lussureggiante nido domestico è in realtà la sede del più grande dei tradimenti, e del più sconvolgente degli amplessi.
Videocassette magicamente modificate, morti, scomparsi e matti che mangiano i capelli: Society non lesina su niente.

Ci butta dentro l'incesto, le alte cariche dello Stato,  una dose di splatter da levarsi il cappello e anche un ritratto ben poco felice delle forze dell'ordine. Non manca niente, non ha paura di niente.
Noi, invece, di quella società qua un pochino di paura faremmo meglio ad averla.
Mica lo dico io, ci mancherebbe.
Ci pensa Yuzna.

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