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lunedì 22 agosto 2016

Di case, motoseghe e libri dei morti

16:47
Ero qui, appollaiata nel mio sconforto, senza la voglia di aprire Blogger perché non avevo niente da farci. Contemporaneamente, una serie di fortunati eventi porta me ed R ad avere molto tempo libero da spendere a non fare altro che guardare film, su film, su film.
Risultato: maratona Evil Dead, film e serie.
Risultato #2: post.

Che La casa sia uno dei film pilastro della mi vita ormai lo sapete. Tutto quel sangue mi aveva fatto venir voglia di aprire un blog che avesse quantomeno lo stesso colore. A volte lo vorrei più minimal o professionale, ma poi mi ricordo che quei 3 pirla là, quelli grazie ai quali ci siamo tutti ricordati che fare film può anche divertire un casino, avevano fatto colare del sangue sull'obiettivo della macchina da presa, sento di volerli continuare ad omaggiare così.


Non che in La casa ci sia alcunché di divertente, anzi. Ci sono morti, posseduti, violenza, sangue come se piovesse (e pioverà, nel remake di Alvarez). Però piano coi giudizi: ok che ci sono i demoni e la gente indemoniata, ma mica siamo Friedkin noi. Niente metafore, niente profondità di intenti, niente studi sull'anima e la religiosità e la vita degli adolescenti che entrano nella pubertà. Questi qua hanno solo voluto farci una paura incredibile e ciao, tante grazie. Ed è facile oggi, quando vediamo un film a scelta dalla saga di Saw e vediamo i tendini fatti al pc, dire che un film degli anni 80 non fa nè paura nè impressione, ché tanto siamo abituati meglio. Questi avevano meno di 30 anni, poco più di una quindicina di dollari e hanno creato una casa dalla quale trent'anni dopo ancora non vogliamo uscire, e paghiamo pure, per restarci, investendo in una nuova serie tv, dei vostri occhietti abituati agli effettacci francamente ci importa molto meno di un bel cazzo di niente.
Perché La casa, il primo, paura la fa. E diventa così popolare, così importante e così amato perché la passione trasuda insieme alle gocce di sangue. I tre pirla di cui sopra, dove con tre intendo Raimi Campbell e Tapert, pirla non lo erano per niente. Io me li immagino dei cazzoni incredibili, o forse è il mio cuore che li vorrebbe così, ma non erano stupidi per niente. Mi piace immaginarli seduti nell'altalena sotto il portico, con una cannetta, a cercare di capire come realizzare quella scena che hanno chiaramente in mente pur non avendo un centesimo, pieni di entusiasmo e poco altro, perché è solo quella voglia lì che ti fa alzare le chiappe per fare qualcosa.




La casa funziona, e quindi ci meritiamo un sequel. LORO si sono meritati il sequel, con più soldi e possibilità, ma con gli stessi cervelli cazzoni da soddisfare. Risultato: un film che sembra quasi un remake benestante. Sembra, dico bene. Perché per quanto la trama sia imbarazzantemente simile, qua succede una cosa diversa: si ride. Ma intendo che si ride davvero. I tre non si sono dimenticati certo che sognavano un horror, e quindi si danza di nuovo tra sangue e frattaglie, Qua ci si amputa la mano, non so se mi spiego. L'epicità è a livelli importanti, quando si passa davanti a La casa 2 ci si deve togliere il cappello in segno di rispetto.
Bruce smette di essere il tenero Ashley, fidanzatino devoto e amico leale, per trasformarsi in Ash, quello che è chiaramente il preferito di tutti.
La trasformazione è definitiva in L'armata delle tenebre, l'opera in cui la serietà e la volontà di terrore del primo sono ufficialmente mandate in vacca. Ora, per parlarci chiaro: non mi fa impazzire questo terzo episodio. Quell'aria da cult indimenticabile mi piace anche, ma ho riso meno di quanto avrei voluto. Certo, farmi paura è molto più facile che farmi ridere, e le commedie in generale non mi piacciono. Se voglio una horror comedy vado da Simon Pegg e passa la paura. Mi dispiace, non volevo sminuire il film importante e famoso, è solo che mi è piaciuto meno degli altri.

Questo faceva prevedere brutte cose verso la serie.
E invece, Djesoo, che roba incredibile. Già dal trailer subodoravo lo splendore, ma poi entrarci è stato un viaggio magnifico.
Primo episodio: il ritorno di Ash. Ce lo ricordavamo sbruffoncello, morto di patata e portatore sano di arroganza. Si conferma tale, al cubo. Se questo non fosse sufficiente a far riaffiorare in noi le farfalle nello stomaco, ecco che un nuovo elemento si aggiunge alla lista di cose che rendono Ash l'ideale compagno di birre: una brutale e straordinaria autoironia.
Nella serie Ash indossa la pancera, porta una dentiera, presumibilmente quei capelli sono pure tinti, sfrutta la disabilità per farsi donne banalmente nei locali, non prende sul serio nemmeno la morte. È una goduria per gli occhi. Ma non posso fermarmi qui, perché se il trio lescano non si è dato una regolata non vedo perché dovrei io.
Se il ritorno di Ash non vi fosse sufficiente, se Ash invecchiato - ma ugualmente cazzone - non bastasse a soddisfare la vostra impellente necessità di epicità, ecco che arrivano le novità tecnologiche: il fucile, quel boomstick che ha del mitologico, spunta volante dal pavimento della roulotte premendo un pulsante e la mano di legno viene sostituita da una robotica che sfrutta sempre adeguatamente la sua capacità di alzare il dito medio. La motosega non è stata certo dimenticata, solo che stavolta, almeno una volta per episodio, viene infilata sul moncherino al volo, possibilmente al rallenty.

È la fiera del TROPPO, ma è un troppo di quelli gustosissimi, di quelli con sangue che continua a scorrere a fiumi e la voglia di non smettere mai. Nemmeno quando Ash si rivela più umano del previsto, con i suoi nuovi bizzarri amici (per una volta non è solo!), nemmeno quando, in uno straripare di old feels, torniamo nella Casa, proprio lei (va beh, non lei lei, ma è lei, no?), con la sua altalena che sbatte e i boschi molesti.


Mi sono sempre immaginata seduta in un bar con loro tre, a sentirmi raccontare la stessa vecchia storia di come sia stato Sam a distruggere la caviglia di Bruce investendolo in bici, come una nipote che amorevole ascolta i nonni ripercorrere con nostalgia gli anni della gioventù.
La mia, di gioventù, è stata bella anche grazie a loro.

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