Gli anni 40: Il ritorno del vampiro
Mari.
10:25
Vediamo di togliere un po' di polvere da questa rubrica. Quando ho deciso di ripercorrere la storia del cinema dell'orrore mi ero preparata una scaletta, una serie di obiettivi soprattutto temporali e un planning ben preciso. Avevo solo dimenticato di renderlo compatibile con il resto della mia vita.
Quindi, ora la ricominciamo perché ne ho tanta voglia, però con modi e tempi diversi, altrimenti finisco in un burnout autocausato che non ha assolutamente alcuna ragion d'essere. La rubrica riprende quindi con tempi molto dilatati. Non sono in grado di fare un post a settimana sull'argomento e quindi preferisco farne di meno ma farli meglio senza rischiare di impazzire.
Come era prima, alterneremo singoli film a discorsi più ampi su qualche autore, qualche attore o qualche tema più nel dettaglio. Ho deciso di ricominciare con un film forse minore rispetto ai grandi suoi contemporanei, ma che secondo me valeva la pena di essere discusso.
Siamo nel 1943 e ad opera di Lew Landers esce Il ritorno del vampiro.
Il vampiro Armand Tesla si avvale dell'aiuto del suo assistente licantropo Andreas per procurarsi le sue vittime. La loro vita diventerà più difficile quando sceglieranno come vittima la futura nuora di Lady Jane, che non ha alcuna intenzione di farsela portare via.
Parlando degli horror anni '40 di Universal l'abbiamo già detto nei post precedenti: hanno la fama di essere solo uno strascico del glorioso anno precedente.
Il ritorno del vampiro fa tutto quello che può per subire lo stesso fraintendimento. Ha dei titoli inequivocabilmente familiari, sceglie Bela Lugosi per il ruolo del vampiro (ultima volta in cui lo fa in un contesto che non sia una commedia), è diretto dallo stesso regista che ha diretto - tra le altre cose - The Raven, il film del '35. Si chiama addirittura Il ritorno, facendo intuire il suo essere un ipotetico seguito.
Eppure non è un film Universal. È della Columbia.
Gioca con un modo ben preciso e rodato di fare cinema, che prende tutti gli elementi di valore del decennio precedente e li riutilizza in un contesto nuovo, in cui un immenso cambiamento ha sconquassato il mondo: la guerra.
Nello specifico, a farci sognare de Il ritorno del vampiro è lei, Lady Jane Ainsley, forse la prima volta che vediamo al cinema qualcosa che sia assimilabile a una Rosie the Riveter. Lady Jane da sola prende in mano una situazione anomala e tragica, salvando, con i mezzi a sua disposizione, tutte le persone sottomesse e violate dall'uomo potente: Tesla (che buffa e trista coincidenza il suo nome). Lady Jane è una figura femminile che al cinema vedremo sempre più spesso: pur essendo scientifica nel suo raccontare l'evento soprannaturale, non viene creduta. Pur conoscendo il male del mondo sceglie di portare avanti i suoi ideali di fiducia nell'umanità, dando una seconda possibilità ad Andreas e aiutandolo a costruirsi una vita piena e soddisfacente ma soprattutto libera. È la donna che, lasciata sola dagli uomini che la circondano, prende in mano la situazione e la risolve, con nessun riconoscimento finale se non la consapevolezza che senza di lei la situazione sarebbe inesorabilmente degenerata. In una tradizione - quella dei vampiri - in cui le donne sono le prime vittime, lei è la salvezza.
Non solo questo, però. A rendere speciale il film è anche Andreas, un'estremizzazione del ben più noto Renfield. Andreas non è solo una vittima del vampiro. Quella che lo colpisce è una maledizione in piena regola, perché è un licantropo: la più classica delle condizioni tormentate. A Tesla non è bastato prenderlo come schiavo, ma ha anche dovuto snaturarlo, privarlo della sua condizione umana e vincolarlo, in questo modo a sé. È infatti la prima - presunta - morte del vampiro a liberare Andreas. Muore il vampiro e rinasce il licantropo. E non è neppure un caso che il vampiro sia riportato in vita proprio dalla guerra (e poi ne riparliamo). Andreas è tanto vittima di Tesla quanto lo è della situazione storica in cui sta vivendo. È un soldato caduto, è un veterano. Se non l'avessi reso per bene, Andreas mi strazia il cuore.
La guerra, dicevamo. Incontriamo in questo film entrambe le guerre mondiali, perché Tesla giustamente mica può saltarne una. O tutto o niente. È lei la causa della sua rinascita e del suo, invocato dal titolo, ritorno. Lady Jane, insieme al collega Saunders, lo aveva già fermato nel '18 Tesla, impalandolo. Durante la Seconda Guerra Mondiale, però, un bombardamento riporta alla luce il suo cadavere, infilzato anche dai frammenti di una bomba che, per le persone che lo trovano, lo qualificano immediatamente come una vittima proprio di quel bombardamento. Liberato dalla bomba, lui torna, fresco come se non fosse successo nulla. La guerra ha influenzato le vite di tutti i coinvolti, ha facilitato il suo ritorno, è a tutti gli effetti un personaggio del film. Il vampiro è un invasore, nella vita dei suoi rivali, un mondo esterno che entra e si prende quello che vuole. È lo sconosciuto dell'est che arriva e frantuma la quotidianità, che allontana le famiglie, che distrugge esistenze. È uno tra i modi più efficaci che conosco per parlare di conflitti.
David J. Skal, forse lo storico di cinema dell'orrore più famoso del mondo, definisce Il ritorno del vampiro un "fascinating junk film". Lungi da me voler considerare la mia opinione al di sopra di quella di una persona con competenze come le sue, però lo trovo un giudizio un po' severo. Non siamo di fronte a un capolavoro senza tempo di quelli che ridefiniscono i contorni del genere, però ha delle cose da dire. Ha un modo emozionante di parlare delle conseguenze della guerra non solo sulla società ma sui singoli individui, e sulle donne soprattutto, lasciate sole a dover portare avanti il mondo. È nebbioso, cupo, triste.
Quando penso a dei junk film, non è lui che mi viene in mente.