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lunedì 30 settembre 2019

Horrornomicon: A Xenomorph Extravaganza

17:47
SPOILER SU TUTTI QUANTI I FILM.

Ci sono volte in cui le Cose Grandi nascono da una sola grande, sfolgorante idea. Un'epifania, un'illuminazione, un colpo di genio.
In altre circostanze per creare una Cosa Grande servono tante teste, un milione di idee e tanto tempo.
La ricetta prevede anche di fare qualche cambio tra le teste, mixare tra loro le idee e aprire la strada anche a quelle idee nuove che convincevano poco, scovare cose nuove in giro per il mondo.
Sembra rischioso, ma qualche volta funziona.
E quando funziona, succede qualcosa come Alien.


Per parlare della nascita del film di Scott a fondo dovremmo tirare in ballo Mario Bava (e di lui abbiamo appena parlato qui), Walter Hill, Lo squalo, Roger Corman, dei gremlin durante la seconda guerra mondiale, Star Wars e anche Jodorowsky.
Io davvero vorrei stare a tavola una sera a cena con questo mix.
Non posso entrare nei dettagli perché in questo post parleremo di tutto il franchise che è nato dopo il 1979, ma un minimo accenno a come è nata la leggenda lo dobbiamo fare, per dovere morale.
Per chi volesse invece qualcosa di più dettagliato, invece, si trova su Youtube un documentario che si chiama The Beast Within: the making of Alien che vi racconta per bene cosa è successo.

La storia inizia con l'incontro tra due persone: Dan O'Bannon e Ronald Shushett. Entrambi scrivono film ed entrambi hanno un'idea: O'Bannon ha in mente quello che sarà Alien mentre Shushett stava lavorando ad Atto di forza. Il loro rapporto fa una pausa quando O'Bannon va a lavorare con Jodorowsky al suo Dune. Il film va in nulla ma in quell'occasione incontra H.R. Giger, un pittore svizzero. E aggiungiamo un altro tassello al puzzle. La sceneggiatura viene consegnata alla casa di produzione che insieme ad altri aveva aperto Walter Hill e iniziano i contatti con la 20th Century Fox. Infine, a sto film andava trovato un regista. Girano diversi nomi ma si finisce su Ridley Scott, che prima di allora si era fatto notare con I duellanti. Scott si innamora perdutamente del lavoro di Giger, e così chiudiamo il cerchio. Abbiamo in una stanza le 4 teste principali che metteranno in piedi il baraccone Alien, influenzate da tutti quei nomi citati sopra ma soprattutto con un budget raddoppiato rispetto a quanto messo a disposizione all'inizio. Il baraccone non si ferma ad un solo film, ma crea una saga: ci sono i quattro capitoli della cosiddetta Alien Anthology, ci sono i recenti prequel (se così si può dire, ne parliamo dopo) e i due episodi della saga di Alien vs Predator.

Prima di tutto ciò, però, Alien vede la luce, ed è diverso da qualsiasi cosa ci si potesse aspettare.
La gente aveva appena avuto Guerre Stellari, che è intrattenimento nella sua forma più genuina, e ora aveva qualcosa di sconvolgente. Aveva un monster movie in cui il monster non sappiamo nemmeno che faccia abbia per metà film e anche dopo lo vediamo pochissimo. Si parla di uno screen time dello xenomorfo di 4 minuti, il film ne dura 117. Ma quando lo vediamo...
Io lo capisco, Ridley Scott. Ha visto il dipinto di Giger, che si chiama Necronomicon IV, e ha deciso che quello lì era il suo alieno punto e basta. E aveva ragione lui, perché parte della ragione per cui 40 anni dopo stiamo ancora qui a parlare del suo film è perché la creatura è quanto di più bello si potrebbe immaginare. Io ancora non me ne faccio una ragione. Sono straordinari, sti xenomorfi, non hanno solo un design straordinariamente azzeccato con il tono e l'aspetto generali del film, sono proprio magnifici, delle creature magistrali che fanno una paura del demonio. Io non so disegnare nemmeno una o con il bicchiere, e il talento delle persone che sanno farlo non finirà mai di sorprendermi. Giger, poi, era un personaggio particolarissimo e con una fisicità e un aspetto che non sarebbero stonati a loro volta in un film. Le sue opere non potevano che essere così. Iconiche. Lo xenomorfo lo vediamo attraversare le diverse fasi della crescita e non per questo diventa meno spaventoso, anzi: ogni sua manifestazione è peggiore della precedente, fino all'esplosione di terrore che è rappresentata dalla sua forma adulta.

Ricapitoliamo, allora. A rendere Alien il culto che è ci sono: una bella (bella) storia, sceneggiata da chi sa davvero cosa sta facendo, un design iconico, non solo delle creature, ma della Nostromo, delle divise, di tutto quello che vediamo, ma soprattutto un regista che ha trasformato queste cose nella più tesa, cupa e alienante esperienza di cinema di fantascienza che abbia mai benedetto le nostre vite e che soprattutto ci ha rapiti tutti quanti e resi suoi sudditi fedeli.
Sedersi a cena con l'equipaggio della Nostromo è appassionante ogni volta come la prima, e l'amore per quei personaggi lì è tanto e tale da illuderci ogni volta che oltre a Jonesy e Ellen si salvi qualcun altro.

Posso solo provare a immaginare la soggezione che James Cameron può avere provato, qualche anno dopo, quando ha pensato bene di mettersi alla regia di Aliens, Scontro Finale, primo sequel del film di Scott.
O forse no, non lo posso nemmeno immaginare, perché quella soggezione lì Cameron l'ha presa e ne ha fatto un film enorme. Io la trasformerei in mal di pancia, la tensione, lui l'ha trasformata in uno dei più grandi film d'azione di sempre. Ammetterò di non avere grande esperienza nel campo dell'azione (come se nel resto ne avessi granché), e di conseguenza ammetterò una cosa che mi costerà il defollow di qualcuno: Aliens non è un film di facile fruizione. E lo so che di solito queste cose si dicono dei grandi film d'autore o del cinema estremo, ma io lo dico con lui e ora mi spiego, o almeno ci provo. Aliens è proprio un film d'azione vera. Dimenticate il clima di quiete prima della tempesta del suo predecessore, qua di calmo non ci sono manco i primi minuti. Ripley si faceva i fatti suoi nel sonno criogenico, l'hanno trovata, svegliata apposta e rispedita a combattere, tanti saluti a casa, ché tanto son passati 50 anni e a casa non c'è più nessuno. Quindi abbiamo: una tragica storia di una maternità perduta (che dolore per la mia adorata), un trauma enorme, e poi di nuovo botte da orbi. Ma stavolta botte da orbi sul serio, perché a conoscere gli xenomorfi non è stato mandato un gruppo di persone inconsapevoli. Stavolta sono partiti dei marines armati fino ai denti e con nessuna intenzione di morire.
Il risultato è un film pieno di fuoco, fiamme, urla, spari. Un film veloce (ma non frenetico), agitato, un film che, appunto, non è di facilissima fruizione, almeno per quelli che sembrano essere i miei occhi da signorina. Però ci sono gli xenomorfi che escono dalle fottute pareti, e c'è il cinema come lo sa fare James Cameron, e allora io e i miei occhi da signorina ci sediamo in un angolo con un quaderno per gli appunti e impariamo come si fa.

Sapete chi altro avrebbe tanto voluto insegnare come si facevano le cose per bene?
David Fincher.
Il quale, con poca esperienza ma tanta voglia di fare, si lancia in un franchise composto da due cose grandi come il mondo e deve cercare di emergere, per non farcisi affossare dentro. E ha rischiato grosso, perché Alien3 è un pasticciaccio brutto. Non tanto per il risultato finale del film, che in ogni caso a me ha tanto divertito, ma per colpa di quel poema epico che è stata la sua genesi. Sceneggiature passate attraverso troppe mani, anche un po' confuse, la sua idea di quello che un terzo Alien avrebbe dovuto essere, e infine un passaggio di taglia e cuci che lo ha trasformato in un film completamente diverso da quello che avrebbe dovuto essere.
Il risultato è che Fincher si è arrabbiato come un matto (dagli torto) e oggi del suo lavoro non ne vuole più sapere, e i fan sono molto divisi. Alien3 ha dei fan e io ne faccio parte: la prigione e i suoi abitanti sono stati un bel luogo in cui portare gli xenomorfi, e anche se abbiamo dovuto rinunciare alla bellissima dinamica Ripley/Newt, la banda di tremendi criminali che ci è toccata in sorte è divertentissima.

Rifacciamo il gioco delle domande.
Sapete chi invece non ha alcun fan?
Alien Resurrection.
E questo è perché Alien Resurrection è proprio un brutto film.
Lo dico ora e vale anche per dopo: una volta mi divertiva parlare dei brutti film. Ora non più, perché se io avessi una macchina da presa in mano la cosa che saprei fare è riprendere il mio cane per ore, accorgermi che non stavo girando e in qualche modo romperla. Quindi criticare gli altri dal mio divano è troppo facile.
Però il quarto capitolo della saga è proprio sbagliato: riportare in vita Ripley non si doveva fare. Era morta in un modo che mi piaceva anche, combattendo la sua nemesi, poteva andare bene così. Leggevo da qualche parte che ipotesi su un nuovo capitolo riguardavano la figlia di Ripley, Amanda, e la sua ricerca della madre. Avrei adorato.
E invece no, siccome Alien è sinonimo di Sigourney Weaver (bravissima adoratissima niente da dire) allora pur di fare il quarto film con lei dentro la cloniamo. Facciamocelo andare bene.
Il problema è che qui la Weaver non ci voleva stare, e ha trovato il modo di farcelo vedere in ogni scena. In qualche modo riesce ad essere una delle sue performance peggiori, affiancata da certi signori qui molto amati che iniziano per R e finiscono per Onperlman che sono caricature di quello che avrebbero potuto essere.
Un enorme occasione sprecata.
Se usiamo un tema come la clonazione apriamo le porte a grandissime riflessioni su cosa renda umani o meno, per esempio. Tutto al vento, un peccato enorme.
E davvero, quel neonato ibrido biancastro io non credo di essere in gradi di perdonarlo, nè ora nè mai.

Una cosa positiva, però, poi è successa: Ridley Scott ha spostato tutti un attimino da parte, si è arrotolato le maniche della camicia e ha detto a tutti che ce lo faceva vedere lui, come si faceva.
E infatti, 15 anni dopo la fine della saga originale, ritorna e lo fa con Prometheus.
Io non ho le capacità per fare grandissime analisi di cinema, me ne rendo conto e infatti condivido con voi giusto le mie impressioni, le mie emozioni. Le mie emozioni dicono che quando Ridley Scott fa fantascienza è in un terreno a lui affine, dove si sente a suo agio, dove da il meglio possibile. E infatti Prometheus è un gran film.
Non aveva bene le idee chiare su cosa farsene, di questo cosone qua. Prequel di Alien? Sì, no, forse. Ha cambiato idea un po' di volte ignorando forse il fatto che contasse molto poco. Prometheus parla di esplorazioni spaziali e di umanità e lo fa con la solita intensità a cui ci ha abituati il suo regista, che fosse o meno collegato al primo titolo di questa saga conta fino ad una certa. Mancano gli xenomorfi, e quando non ci sono io ne avverto sempre la mancanza, ma c'è tutta la vita del mondo dentro, e allora forse va bene così.

Poi c'è stato Alien: Covenant.
E in questo caso le idee erano più chiare: sì, siamo i prequel di Alien e adesso vi facciamo vedere come.
Solo che a me il come non ha entusiasmato quanto vorrei e quindi sono un po' frustrata a parlarne, perché Prometheus aveva messo belle basi per continuare a parlare della vita e delle sue origini e secondo me ho caricato il suo sequel di troppe aspettative.
Per me una conclusione un po' sottotono, anche se quando dirige Ridley noi siamo sempre i suoi sudditi.

Di mezzo, però ci sono stati gli zarrissimi Alien Vs Predator. 
Più tamarri di Fast and Furious Tokyo Drift, più seri di Mentana durante le maratone, sono poco ma sicuro giocattoloni divertenti per chi vuole una seratina con la birra e la pizza nel cartone, non starò qui a fare la snobbettina. Ci sono botte spaziali, gli xenomorfi e i predator, tutto insieme, in mezzo ai ghiacci prima e in mezzo alla civiltà poi. Acido che scioglie le maschere, uncini che trapassano le persone, armi fatte di pelle (??), non manca nulla. Se si accetta di uscire completamente dal canone e si è di bocca buona, vanno da dio. Io li ho trovati scritti male, recitati ancora peggio e se proprio voglio fare la mari supercritica che quella roba lì porti il nome (e la faccia) dei miei adorati xenomorfi è quasi un insulto. Però Erre, meno spaccaballe di me, si è divertito come un matto e questo non glielo toglieranno certo i miei occhi da signorina di cui sopra.
Una volta superato lo scoglio di veder recitare Raoul Bova il primo è tutto in discesa.
Del secondo vorrei dire qualcosa di più approfondito, ma mi annoiava a morte e mi sono distratta su Twitter. Triste ma vero. Ho provato a guardare un po' di scene ma era tutto TALMENTE SCURO che pareva una puntata dell'ottava stagione del Trono di Spade, e non c'è, nè ci sarà mai, occasione al mondo in cui questa frase possa avere una connotazione positiva.








giovedì 5 ottobre 2017

Blade Runner - The Final Cut

11:29
DISCLAIMER
Questo post non vuole essere un esaustivo articolo su uno dei film più importanti di sempre perché sapete che a me quelle cose lì mettono soggezione, ma solo una sputacchiata incoerente di opinioni, emozioni e pensieri derivanti dalla visione del suddetto maestoso film.
Insomma, per l'ennesima volta è un post per rassicurare quelle persone magari indirizzate verso un certo film dal partner che hanno paura di morire di noia e di detestare qualcosa che, invece, vi posso garantire è grande davvero.



Ho guardato il vecchio BR perché se un film ha qualcosa a che fare con Villeneuve io lo voglio vedere e quindi domenica pomeriggio sarò in sala a vedere quello nuovo senza se e senza ma. Volevo arrivare preparata primo per dovere di completezza e secondo per non tartassare di domande il povero R che del vecchio BR è un amante.
A lui basta che dare qualcosa che ricordi anche solo alla lontana la fantascienza e gongola come un gatto quando gli gratti il collo, io vedo la fantascienza e volo via sulle ali del vento.
Ero pronta ad un film lungo ventisei ore, noioso come la Via Crucis e pesante come quei biscotti al burro che ho assaggiato ieri e che ancora sono piantati sullo stomaco. Il Final Cut del 2007 è tutto tranne che questo. Non arriva alle due ore e le fa scorrere con una dinamicità e una fluidità che sono un sogno per noi che questo genere lo tolleriamo a piccole dosi.

Un accenno di trama per chi come me abbia vissuto sulla Luna fino a ieri sera.

Siamo nella Los Angeles del 2019. Il mondo non ha più quasi niente di come lo conosciamo, l'inquinamento lo ha reso un pianeta inabitabile e i pochi che sono costretti a restare lo fanno per malattia o povertà. In mezzo a questo panorama desolato, i replicanti. Sono androidi dall'aspetto e dalle caratteristiche quasi identiche a quelli umani, usati per i lavori più beceri. Quando hanno iniziato a sviluppare anche emozioni umane, però, si è deciso di sopprimerli in massa o rinchiuderli in colonie. Sei di loro sono riusciti a tornare sulla Terra e il compito di Harrison Ford sarà quello di cercarli e farli fuori uno per uno alla Dieci Piccoli Indiani.

C'erano tutte le premesse perché me ne fregasse meno di niente. Le scritte iniziali, con cui si viene introdotti alla storia, mi avevano lasciato presagi di morte e sonnolenza. Invece, prima inquadratura.

'sticazzi

Io fulminata. Ragazzi, ragazze costretti a ciò dal moroso o dalla morosa o da un'amica o da un papà appassionato: ne vale la pena.
Ne vale la pena di uscire dalla comfort zone e lasciarsi andare, perché in mezzo al marasma di film di fantascienza di cui onestamente capisco possiate essere pieni, Blade Runner è un sogno. Un sogno fatto di disperazione e desolazione, un sogno fatto di profondissimi dilemmi etici che vanno ben al di là del solito cosa è giusto/cosa è sbagliato. È un'analisi della vita e dei suoi componenti, dell'umanità in ogni sua sfaccettatura, di una società spaccata in due (letteralmente) in cui solo il più debole è costretto a vivere nel marcio, dell'amore impossibile nel suo aspetto più estremo.
È un film che rimette al suo posto (l'angolino della vergogna) chi ancora crede in qualche supremazia, chi ancora cerchi differenze tra le persone, chi dimentica cosa ci rende umani e, quindi, uguali.
Come lo fa? Con immagini indimenticabili.
Se la storia in sè continua a non convincervi, lasciate che le immagini parlino da sè. Se quella prima vista sulla città non vi ha fatto cadere vittime di un amore inesorabile, lasciate che tutto il resto del film, con la sua pioggia incessante e il suo maestoso azzurro onnipresente, vi trascini laddove nessuno vi aveva mai trascinato prima. Nell'Olimpo dei Grandi, dove basta una figura che cammina in controluce per ricordarvi chi comanda.
E vi dico la verità, a me basterebbe un'estetica così strepitosa a farmi innamorare. Tutto è così incredibilmente bello anche quando ritrae il brutto da farmi credere che non possa esistere niente di altrettanto appagante.
(MA non lo farò. Non sarò di quelli che andranno a vedere il nuovo Blade Runner solo per dire che il primo è più bello. Se lo fate state a casa e lasciatemi i posti migliori in sala, grazie.)

Avevo contemplato la possibilità che mi piacesse, ma neanche per un istante ho pensato che mi sarei Innamorata.
E invece il Cinema mi ha fregata ancora una volta.

lunedì 6 febbraio 2017

Alien

18:35
In questo periodo che per me è stato di grandi recuperi, Alien pendeva sulla mia testa, la lacuna che mi causava più imbarazzo in assoluto. A volte molto semplicemente non mi sento all'altezza del Cinema quello grande con la maiuscola e quindi rimando. Solo che quest anno è morto John Hurt, che sebbene nel mio cuore sarà per sempre lo splendido Olivander, ho deciso di omaggiare nel mio piccolissimo lanciandomi nella visione di una delle mie più grandi soggezioni.

Inspiegabilmente manca il gatto

Protagonista di Alien è l'equipaggio del Nostromo, un'astronave di ritorno sulla Terra. Gli uomini e le donne presenti sulla nave vengono svegliati dall'ibernazione da un segnale di emergenza a cui sarebbe stato molto, molto meglio se non avessero risposto.

Inevitabili anticipazioni 

Vediamo di partire come al solito da me. Ne ho parlato spesso, ho visto molti più film recenti che anzianotti e i miei occhi sono viziatissimi. Poi capita spessissimo che il Cinema mi castighi, come in questo caso, ma ogni volta parto convinta di dovermi adattare ad effetti vecchiotti e immagini datate. Non è che questo sia sinonimo di minore qualità, ma so che siete troppo intelligenti perchè io stia qui a specificarvelo.
Alien è un film del '79, i miei sensi erano preparati a dover fare il doppio del lavoro. Risultato? Pare girato ieri. Un invecchiamento degno di Audrey, elegantissimo e quasi incredibile. Un esempio tanto ovvio quanto efficace: io poche volte distolgo lo sguardo dallo schermo. Non è mica un vanto, solo che è così, gli occhi si abituano a tutto. L'ultima volta in cui una scena mi è stata davvero insostenibile stavo guardando Martyrs, scena degli spuntoni in testa alla prigioniera, incubi eterni. Non lo faccio con film recenti, dagli effettacci pazzeschi fatti al pc che non lasciano spazio all'immaginazione, ma non sono riuscita a guardare la scena della morte di Hurt. Certo, poi si va sul Movie Database, si cercano i trivia che sono sempre una goduria da leggere, si spiega tutto, si crede di essere a posto. Poi riguardo il film: non la so ancora guardare. Ma la cosa DAVVERO incredibile è che io sono già provata quando arrivo lì, perchè prima il sempre povero John Hurt ha sulla faccia un coso repellente. Ad un certo punto Ash cerca di sollevare un tentacolo dele facehugger, e la pelle si solleva insieme. Non si strappa, non c'è ancora sangue, si intuisce e si dice solo cosa potrebbe succedere.
Oh, è bastato un niente, e io cappottata dall'impressione.

Avevo una paura incredibile di annoiarmi, perchè questo è quello che mi fa la fantascienza. Ci provo con un'intensità che lo so solo io, e non mi perderò il Dune di Villeneuve neanche a morire, ma mi annoio. Le astronavi già mi mettono a disagio perchè non so mai come chiamarle e la parola astronave mi fa ridere e pensare a cose poco serie, non riesco a darle pathos. È indubbiamente un demerito mio, eh, ma è così. Ci sto lavorando. Alien è tutto in un'astronave, in un'intricatissima e labirintica astronave, e la cosa non mi è pesata per un istante. Perchè ero persa insieme a loro, disperata insieme a loro, mi è mancata l'aria insieme a loro. Li ho visti cadere come i dieci piccoli indiani, perdendo fiducia l'uno nell'altro con una velocità spaventosa, incapaci di capire se e come ci fosse possibilità di salvezza, e me la sono fatta sotto insieme a loro. Perchè aldilà della classificazione di genere, che sia fantascienza o horror o fantahorror o horrorscienza (??), la cosa fondamentale è che il senso di sconfitta assoluta con cui mi sono ritrovata a visione finita non me l'ha dato nessun altro film, non così. Ripley da sola con Mr Jones sulla scialuppa a registrare il messaggio è uno dei finali più intensi a cui abbia mai assistito.
Se volete un'analisi approfondita delle implicazioni e dei mille piani in cui si può studiare un Capolavoro come questo ci possiamo anche provare, ma come al solito non è questa la sede. Qua restiamo sul basilare, su un concetto di Cinema che può essere straordinaria opera d'arte restando anche intrattenimento purissimo, capace di colpire anche lo spettatore meno analitico (spoiler: io) per incollarlo al divano terrorizzato. Due ore che scorrono come due minuti, intense a livello di tensione e di emozione. Perchè la solita cosa che le persone si dimenticano di dire quando parlano dell'horror è che spesso e volentieri offre spunti di riflessione sull'umanità profondissimi, e lo schiaffo di Lambert a Ripley (due personaggi femminili stupendi) ne è la più forte dimostrazione. Indimenticabile.

E, alla fine di tutto, Alien dà una lezione fondamentale: l'importante è salvare il gatto.



Per una recensione ben più approfondita della mia, QUA c'è quella di Exxagon.

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