lunedì 27 giugno 2016

The Conjuring - Il caso Enfield

14:38
Due settimane fa ero in sala, lo schermo stava per proiettare The Neon Demon. Partono i trailer, che io malsopporto ma che il cinema mi propina forzatamente ogni volta. Parte quello di The Conjuring - Il caso Endfield. Mi convince, guardo Riccardo con sguardo sognante, ricevo come risposta un netto 'No.'
(Riccardo, lo dico per i lettori occasionali, è la povera anima che sopporta la mia ben poco gradevole compagnia. Tenetelo a mente, perché è molto presente sul blog e sarà il protagonista di questo post che prevedo di una lunghezza sconsiderata.)
Riassunto per gli impazienti: mi è piaciuto tanto e mi ha fatto paura.
Avrei solo preferito vederlo senza essermi coccata il trailer prima.

Siccome la femmina della coppia sono io, ecco quello che è successo:
al cinema ci siamo andati
colma di misericordia, ho acconsentito a far venire con noi il nostro amico scemo, affinchè Riccardo avesse un'ulteriore manina da stringere qualora la tensione si fosse fatta insostenibile, il che è avvenuto abbastanza alla svelta. Tutto si può dire di Wan, ma lento proprio non è.
Per raccontarvi cosa altro è successo ieri sera, devo sottoporvi a qualche spoiler ma niente di che.

Il caso Enfield che dà il (sotto)titolo al film è quello della famiglia Hodgson. È una vicenda piuttosto nota a chi, come chi scrive, bazzica per storie paranormali che si spacciano per vere. Se anche solo una volta avete cercato faccende simili su Google siete sicuramente incappati nella storia di questa madre divorziata, con quattro figli a carico, una situazione di ristrettezze economiche e fenomeni bizzarri ad infestarle la già malconcia casa. Sicuramente avete visto questa foto da qualche parte:


La trama del film, insomma, è questa. Madre sola, figli piccoli in età scolare, entità che si palesa a disturbare la loro (mancata) quiete. In particolare ad essere presa di mira è Janet, la minore delle figlie femmine, 11 anni. Per capire cosa succede e valutare se sia il caso di richiedere l'intervento della Chiesa Cattolica, intervengono gli amatissimi e bellibelliinmodoassurdo Warren, i soliti Ed e Lorraine a cui vogliamo così bene. Se la Farmiga e Wilson dovessero mai figliare, cosa che spero perché qui è partita una ship di quelle importanti, ne uscirebbe una creatura dalla chiara appartenenza angelica. Galeotta fu la scena in cui quel bell'uomo di Patrick Wilson, armato di chitarra e sguardo pieno d'amore, canta ai bambini la sola canzone di Elvis che mi sia mai piaciuta, I can't help falling in love with you.

Ciò detto, passiamo alla cosa che mi ha incuriosito di più durante la visione, oltre ovviamente al film: Riccardo, e il suo modo di guardare i filmacci brutti che fanno paura.
Facciamo una piccola presentazione del personaggio per i soliti lettori occasionali di cui sopra.
Lui guarda un buon numero di film, ha una certa esperienza, ma le sue preferenze vanno sempre sul fantasy e sulla fantascienza pura. Parliamo di uno che tutte le sere dice una preghiera a Gandalf e che non è ancora certo di avere superato la dipartita di Han Solo, eroe della sua infanzia. Gli horror gli fanno una discreta paura, ma questo non lo ha mai fermato dall'accompagnarmi (nonostante gli sia stato fatto notare che posso andare al cinema da sola e cavarmela, EHM).
Quando inizia a salire la tensione, lui ha un rituale che al confronto Nadal prima di battere pare non faccia niente. Intanto, parla. Ridacchia, cerca dettagli in scena (e lui ha un occhio per i dettagli insignificanti che non ho mai trovato in nessun altro), commenta le cose a voce alta. Ho quasi la sensazione che dire le cose a voce alta lo aiuti a riportarle nella loro dimensione di finzione. La cosa peggiore, però, è che inizia a farmi i grattini sul polso, sempre nello stesso identico punto, rischiando di mandarmi alla neuro.


Questo volendo ci potrebbe anche stare, diciamocelo. La paura è lecita se non sacra, e The Conjuring 2 la sua bella paurina la fa eccome. C'è qualche spaventino di quelli da saltello possente sulle poltrone, ma poca roba. Come era stato con il primo film della saga (la possiamo già definire così?) Wan ha trovato il punto di forza nel creare atmosfere incredibilmente funzionanti, e se la paura del saltellino passa subito, l'aria pesante resta dentro e anche quando finisci il film e vai a mangiare una gigantesca pizza di quelle alte una spanna ti senti il fiato sul collo. Il fiato di un vecchio.
La cosa di Riccardo che mi infastidisce/incuriosisce di più quando siamo al cinema, però, è la sua totale incapacità di sospensione dell'incredulità. (Tre volte al contrario allo specchio e il mio faccione spunterà a torturarvi nel sonno)
Non è capace di godersi un film per intero, così com'è. Lui deve mettere in dubbio, lui deve capire alla perfezione, lui cerca di 'risolvere il caso' prima che lo faccia il film, lui vuole LO SPIEGONE. E io, ogni singola volta, gli dico di rilassarsi, di godersi quello che viene, di lasciarsi trasportare. Ma lui niente. Ci provo a dirgli che il bello è proprio quello, è proprio sentire crescere la tensione, sapere che ti spaventerai (perché lo sai sempre), spaventarti comunque, e provare quel sollievo tipico che si percepisce quando finalmente il male ha un volto che non sarà mai brutto quanto quello che stavi immaginando.
Esempio, che secondo me vi fa capire ala perfezione di che tipo stiamo parlando: Janet è APPESA AL SOFFITO. Tenuta su dalla forza malefica che sta cercando di farsi largo dentro di lei. Viene improvvisamente risucchiata attraverso il soffitto, per ritrovarsi nella stanza al piano di sopra. Risucchiata, Attraverso. Il. Soffitto. Per entrare nella stanza ritenuta il centro delle attività paranormali. La scena non è impressionante a vedersi, ma sta 11enne stava appesa al benedetto soffitto! Ha attraversato la parete!
Sua reazione: 'Sì ma sta roba non è possibile!'
Trattengo il 'MA VAH?' a malapena. Questo si guarda i film in cui la gente combatte nello spazio con le spade laser (le spade laser) ma se in un horror in cui si parla di fantasmi e demoni una bambina passa attraverso le pareti a lui pare strano. E il 'tratto da una storia vera' non c'entra, eh. Non gli torna e basta.


Ora, perché parlare così a lungo delle sue reazioni al cinema? Perché sono reazioni comuni ad una fetta molto alta di popolazione. Immagino non sia un'esclusiva del multisala di Cremona, secondo me i giovani che fanno così li avete anche nel vostro cinema. Certo, poi magari non tutti vanno a vedere su Google le corrette classificazioni dei demoni, ma capite bene che se questo sta con me da quasi 5 anni bene bene non sta.
Ma forse è questo il punto di The Conjuring - Il caso Enfield. Ha tutte le potenzialità per piacere a chiunque, per intrattenere chiunque. Ognuno poi ne trae quello che più lo aggrada: se sei un'ingegnere psicopatico passi le due ore a cercare spiegazioni fisiche a fenomeni che proprio per loro natura non ne hanno, se magari sei un appassionato di orrore ti siedi e ti godi lo spettacolino che Wan ha preparato per te, se sei scemo come il nostro amico cerchi le immagini di gattini su Google per resistere. Sono due ore di giostra, che passano come se fossero il minuto convenzionale di Blue Tornado. Sta a te decidere se chiudere gli occhi e farti sballonzolare in giro dai binari o se studiare come la meccanica ti porti così in alto senza farti cadere.
Tanto fa paura comunque.

giovedì 23 giugno 2016

Il demone sotto la pelle

22:11
Ah, i condomini. . .
Il fatto che casa mia sia in uno di loro non mi impedisce di volere molto bene ai film brutti e cattivi sugli agglomerati di appartamenti, e vi posso garantire che la voglia di strangolare la mia dirimpettaia non ha niente a che vedere con questo.
Data la mia età e la mia predilezione per un certo tipo di cinema, non vi sarà difficile intuire che il responsabile di tale apprezzamento sia da ricercarsi in quella piccola perla di sangue che risponde al nome di Rec.

Il demone sotto la pelle potrebbe essere il trisavolo del film spagnolo.
Anche qui siamo in un condominio, unica ambientazione per tutta la durata, e anche qui siamo in pieno periodo di contagio. Se il virus responsabile del fattaccio in Rec, però, trasformava le sue vittime in qualcosa di molto simile a degli zombie, con il cannibalismo e tutto il resto, qui siamo di fronte a qualcosa di diverso. Ogni volta che il parassita (perché di affascinanti lumacotti stiamo parlando) entra in un corpo, quest ultimo si libera di ogni limite, abbandona il pudore per concedersi esclusivamente al piacere.
E se state pensando che io stia parlando di sesso avete ragione. Di cos'altro?


Non è poi che tutto questo morboso pensare e parlare di sesso sia trasmesso a noi innocenti e ingenui spettatori con delicatezza o raffinate allegorie, tutt'altro. Cronenberg (e a chi altro avremmo potuto attribuire siffatta eleganza) non si fa alcun problema a infilare parassiti in orifizi femminili o a farli uscire da bocche dormienti, crea orge acquatiche e stupri per poi sedersi a sghignazzare per le nostre faccette scandalizzate.
Perché gli abitanti dell'Arca di Noè (il nome della zona residenziale), quelle stesse persone che il vecchio Davidone percula siamo noi, con le nostre manine portate delicatamente alla bocca per coprire il nostro sgomento.
Noi siamo quelli che il sesso lo fanno ma non ne parlano, ché non sta bene.
Siamo quelli che trattano da cani la moglie (provocando in chi guarda un insostenibile prurito alle mani) per poi andare a farsi la vicina di casa 19enne, suscitando poi le ire del karma che per punirti inizierà a far uscire, dal corpo dell'indaffarata vicina, i sopracitati lumacotti parassiti.
Siamo quelle che accolgono in casa un'altra delle vicine facendoci credere amiche solo perché ne siamo attratte.
Lo eravamo 40 anni fa, ma forse oggi lo siamo in modo ancora peggiore. Oggi siamo più spudorati, vantiamo una sessualità più libera ma non è così. Condizionati lo siamo ancora, in un modo diverso, forse, ma le catene alle mani le sentiamo ancora. Se dico questo sono così, se dico l'opposto sono colà. Se parli sei cagna, se non parli sei frigida. Ci sono listini prezzo ben precisi su quello che una persona deve o non deve fare per essere accettata, con anche specificate le età in cui è meglio fare ogni singolo punto della lista. Non ce ne libereremo mai, siamo animali sociali, e l'Arca di Noè ci serve per sopravvivere.
E anche se crediamo di essere esseri eroici e senza peccato, come il biondissimo e privo di sopracciglia medico della struttura, possiamo metterci il cuore in pace: se non andiamo noi dal peccato sarà il peccato a venire da noi.


Forse, e dico con forza FORSE perché qua risposte sul senso della vita non ne abbiamo, iniziare a riconoscerci per quello che siamo, prendere atto di quelle parti di noi di cui ancora ci vergogniamo può essere un modo per tenere lontano questo peccato.
Che poi, peccato.
Questo è solo senso di colpa.

domenica 12 giugno 2016

Venerdì 13 (1980)

17:00
L'altro giorno il direttore della mia banca mi ha detto che scambierebbe volentieri la sua polizza assicurativa vantaggiosa con la mia giovane età.
La sfiga di avere pochi anni comporta, oltre al pagare millemila milioni per assicurare un'auto, il ritrovarsi tra i piedi certi personaggi, senza avere la più pallida idea di come ci siano finiti.
Quando sono nata Jason già era morto un bel po' di volte. Eppure era sempre lì, nella mente e nell'immaginario di tutti, saltellano sulle colline a braccetto con l'altro losco individuo, quel Freddy Krueger che secondo me avrà film dedicati fino alla fine del mondo come lo conosciamo.
Per qualche motivo, che qualcuno più esperto di me vi saprà senza dubbio spiegare meglio, questi signori hanno smesso di essere solo personaggi fittizi, sono diventati parte della cultura popolare al punto da essere incredibilmente noti anche a chi per l'horror non bazzichi per niente, anche a chi i film originali non li ha mai visti.
E io, Venerdì 13, non l'avevo mai visto.
Ricordo spezzoni di sequel visti negli anni, ma Lui, quello capostipite, mi mancava.


Visto con gli occhi di chi è cresciuto con le sue conseguenze, Venerdì 13 è solo una delle tante storie horror piene di quei perculatissimi luoghi comuni che tanto ci piacciono: gruppo di ragazzi di cui non sappiamo niente, assassino che li decima, luogo di vacanza sperduto nei boschi, la final girl che è l'unica in tutto il film che non è riuscita a farsi il moroso. . .
Stavolta siamo a Camp Crystal Lake, l'assassino è il celeberrimo Jason con la maschera da hockey (se non altro, crediamo sia lui per la sua notorietà, la prima sorpresa di questa visione è che lui manca completamente dal primo capitolo). la final girl è Alice. Poco altro vi importa sapere, se fate parte di quella schiera di giovanissimi che hanno questa lacuna. Unitevi a me, giovani spavaldi, che parliamo di roba seria.
Quello che vi succederà ad un certo punto durante la visione è una gloriosa epifania, un sonoro 'AAAAAAAAAAHHHHHHH!' che rimbomba in quel contenitore vuoto che ci piace chiamare cervello. È il momento in cui capiamo insieme che tutto è iniziato qui.
Che prima di questo filmettino (che se proprio dobbiamo riassumerne un'opinione non è che mi abbia proprio fatto impazzire) la gente non guardava a questi elementi comuni del cinema come li guardiamo noi oggi.  Per noi sono quasi superati. Li conosciamo bene, li prendiamo in giro anche se di cinema ne sappiamo poco, ma ogni tanto ci dimentichiamo che la storia non è iniziata con noi. E che se noi, oggi, facciamo a gara al cinema per vedere chi resiste di più in un torture porn qualsiasi è perché qualcuno, 30 anni fa, prendeva a mazzettate negli occhi gli adolescenti sporcaccioni e faceva inorridire i benpensanti. È bello vedere la nascita, la storia, anche quando è un film abbastanza noioso, ve lo garantisco. Anche se Jason non è simpatico quanto Freddy, o inquietante quanto Michael.

È un po' come andare al museo egizio: andare a quello archeologico richiede più passione e più conoscenza per far sì che apprezziamo la gita, esattamente come vedere i film vecchiiiiiissimi richiede uno sforzo in più. Col tempo poi si va che è un piacere, ma ci vuole pazienza. Quello egizio, invece, è una figata: è colorato, chiassoso, esoso con tutte le statuone imponenti e le maledizioni dei faraoni, però ti insegna la storia comunque. È più vicino a noi in modo che possiamo sentirlo in modo più empatico, ma abbastanza lontano da farci trattenere il fiato quando vediamo che gli egizi già avevano le infradito.
Non so se mi sono ingarbugliata o se questo paragone abbia senso, nella mia testa giuro che ce l'ha.


Come al solito, parlare di qualcosa di così storicamente importante diventa complicato in un blog come il mio dove non si vuole parlare di tecnica e storia e influenze (per quello è sufficiente Google, o magari qualche sito migliore), soprattutto quando queste si rivelano più interessanti del film stesso.
Mettiamola così: Jason fa ancora parte, 30 anni abbondanti dopo, di quel giardino di personaggi che stanno nel cuore di tanti, quella maschera lì è ancora troppo presente perché possiamo passargli oltre e ignorarla.
Onorare i genitori del cinema che oggi andiamo a vedere in sala, quarto comandamento.

mercoledì 8 giugno 2016

#CiaoNetflix: The Breakfast Club

20:52
Negli ultimi giorni una serie di sfortunati eventi mi ha portato a pensare con più frequenza di quanta mi piaccia alla mia adolescenza. Non ci penso mai, cerco di archiviarla nei lati oscuri della memoria sperando che se ne vada nel luogo in cui vanno le cose che scordo quando vado a fare la spesa.
Invece no, è una maledetta angoscia costante da cui alla soglia (si fa per dire) dei 26 ancora non mi sono liberata. La analizzo, la viviseziono, cercando di capire da quali strabenedetti problemi fossi afflitta, ma ancora la risposta la saluto da lontano.
Allora ho guardato The breakfast club, sperando che i giovani anni 80 fossero più svegli di quelli della decade successiva.
Non è così.
Deficienti sempre.

I cinque adolescenti che conosciamo ricoprono talmente bene i ruoli convenzionali che sarebbero stati benissimo in uno slasher: l'atleta, la più popolare della scuola, la disagiata, il secchione e il bullo/criminale. Si ritrovano insieme a scuola il sabato perché sono tutti in punizione, per motivi diversi. Hanno il compito di scrivere un tema con un argomento un po' del cavolo, qualcosa del tipo chi ti credi di essere?
Non lo sanno gli adulti, saggi e formati, figuriamoci quanto un quindicenne possa rispondere a una domanda del genere.
Loro ci si avvicinano, alla risposta. Non per iscritto, ma ci si avvicinano.


DA QUI SPOILER PER TUTTI QUELLI NATI DOPO IL 1990 CHE STO FILM NON L'HANNO VISTO

Quando è comparso John Bender l'ho odiato. Sbruffoncello del cavolo tieni le manacce maledette a casa tua e smettile di spostare tutte le cose perché ti picchio con un libro grosso. Ti picchio. Con un libro. Grosso.
Poi succede che, con il suo modo, racconta agli altri di quanto la sua famiglia faccia schifo. Ed è vero, fa schifo. A 16, 17 anni la vita brutta così non la devi vedere, non è giusto. Succede, ma non è giusto. Nonostante questo, l'ho odiato ancora per un po'.
Ah sì, John? Hai la brutta vita? E in quale parte del tuo cervello sta scritto che questo ti dà il diritto di rompere i coglioni agli altri? Perché non è così.
Mi sono tanto arrabbiata con lui, per aver usato la sua tragica situazione come scudo per tutelarsi del fatto di essere uno stronzetto come migliaia di altri.
Poi l'ho rivalutato un po'. Perché, mi sono chiesta, se lui non ha il diritto di comportarsi come vuole, perché io ho il diritto di giudicarlo? Un pochino a dire la verità ce l'ho, perché comprendo cose che non vorrei comprendere, ma ho pensato, a fine film, che nel mio giudizio mi sono comportata esattamente come il professore. Anche io, come lui, ho dato una mia opinione su un ragazzo e me la sono tenuta, anche quando lui mi ha mostrato la sua debolezza, le sue umane fragilità.
Ho avuto un'opinione su tutti, a dire la verità. Ho visto Allison e ho pensato che fosse pazza. Ho visto Brian e ho immaginato subito che fosse nel club di fisica.
Su quelli belli, popolari ed atletici, però, mica me la sono fatta, l'opinione. Li ho accettati come tali.
Da adolescente, poi, li avrei guardati rosicando selvaggiamente.
Quindi, se Bender non ha il diritto di comportarsi come più gli aggrada, a me quello di giudicare chi l'ha dato?

Perché quando avevo l'età dei protagonisti di The breakfast club (cioè tipo l'altro ieri) facevo la stessa cosa che credevo gli altri facessero nei miei confronti: giudicavo. (Come avete visto, lo faccio ancora.)
Giudicavo ma tremavo al pensiero di essere giudicata, e questo creava in me (e suppongo anche in tutti i giovani dell'universo) un circolo vizioso capace di creare solo quello che i ragazzi del film denunciano come un problema che li accomuna: la pressione.
Devo essere bravo, altrimenti . . .
Devo essere intelligente, altrimenti . . .
Non devo essere vergine, altrimenti . . .
Altrimenti che? Non sarebbe morto nessuno, se Brian non avesse recuperato il brutto voto, ma Brian non lo sapeva, e quindi voleva essere lui, quello a morire. Perché gli era venuta meno l'unica certezza che aveva, il suo cervello.
Se non ho questo cos'ho?
Se non sono il più vincente della squadra, chi sono?
Se non mi amano i miei genitori, chi lo farà?

Ognuno di loro, ognuno di noi, ha avuto (e forse ha ancora) un bisogno viscerale di un'identificazione, che ci aiuti a costruire quello che siamo, o quello che vorremmo essere. Che ci faccia sentire al sicuro quando sentiamo tutto il resto vacillare.


Chissà se il Breakfast club si è più riunito, dopo quel sabato. Probabilmente sono tornati quelli di prima, ognuno con le proprie radicate certezze a tenerli in piedi.
Oppure no, amiconi.
Oppure ancora, una via di mezzo. Ognuno per la sua strada, con gli amici di sempre e la maschera protettiva sul volto di sempre. Ma con una consapevolezza in più, quella di essere molto più di quello che serve mostrare.
Beati loro, che si sono incontrati e si sono aiutati.
Beati noi, che con un film abbiamo riabbracciato per un po' quello che eravamo, forse facendo un passo in più verso quella distaccata tenerezza che serve per guardare al nostro passato smettendo, per una volta, di giudicarci.
Volendoci un po' più bene.





mercoledì 1 giugno 2016

Liebster Awards 2016

19:24
Da un po' sono 'sparita' dalla blogosfera. Pubblico con la mia solita (ir)regolarità, ma commento sempre meno i blog altrui. Mi rendo conto di quanto villano questo sia, ma scrivere 'Bello!' oppure 'Segno!' non mi va ultimamente. Ci metto un'eternità anche a rispondere ai commenti sul mio, di blog, e questo fa veramente cagare, scusatemi.
Per questo credevo che sarei passata (giustamente) in sordina nel periodo premi primaverile. Proprio quest'anno, invece, i Liebster sono stati più del solito! Grazie, amicy.
Il Liebster Award mi piace perché per una volta i blogger smettono di essere dei nickname o degli avatar e diventano esseri umani reali, con aneddoti, gusti di gelato preferiti e curiosità. Mi piacciono molto. Quindi rispondo, anche quest anno, alle domande dei colleghi, per regalarvi la solita infarcita di fattacci miei.
Sappiate che i vostri, scimmia curiosa che sono, li ho letti TUTTI.




Domande di Alfonso (Non c'è paragone):


.Qual è il film che piace a tutti, ma tu odi impunemente?

In questo momento direi Into the wild, che so avere più nemici di quanto pensassi, ma che di sicuro è molto molto amato. 'Sta baggianata.

.Il tuo lavoro/ambito di studio ha a che fare con il cinema oppure fai tutt'altro?

Nope, sono una barista che vende anche gelati, pasticcini e prodotti del commercio equo solidale.

.Che sport segui?

Non amo lo sport, mi piacciono solo quelli esteticamente belli come il pattinaggio, le gare di tuffi, cose noiosamente girlish.

.Che cosa succede nella tua testa cuando noti un errore grammaticale gravissimo?

Rush cutanei, prurito allo scalpo, cervello in pappa. Ma mi trattengo sempre dal correggere tranne quando sono con i miei amici intimi, per cui ammira la superiorità con cui ignoro il tuo.

.Qual è il tuo libro preferito?

Quello che devo ancora leggere.

.E uno che non hai mai finito di leggere?

Ohhhhh, una marea! Sono una fan del decalogo del lettore di Pennac, se un libro non mi piace non ci perdo tempo.

.Hai mai messo una canzone in repeat talmente tante volte da impararla a memoria subito?

Ogni volta che prendo una cotta per una canzone nuova! Al momento Indecisive di Newton Faulkner e Between a man and a woman dei Flogging Molly.

.Qual è la cosa di poco conto che ti fa più incazzare al mondo?

I rumori fatti con la bocca. Mi scatta la violenza.

.Amore o odio? Ammazzamenti o baci e abbracci?

Io odio un numero incredibile di cose (e persone), ma quando amo amo fortissimo, quindi direi la prima, paradossalmente. I miei amici mi dicono che sono affettuosa, ma non ne sono convinta.

.Sei una brava persona come me che detesta le ship nelle serie TV oppure sei una di quelle che se non shippano muoiono dentro?

È difficile che una coppia fittizia mi emozioni davvero tanto, ma quando succede sono finita, fissa eterna. Due esempi: Monica e Chandler uber alles (non sono stati niente di eccessivo come Ross e Rachel, un amore pacato ma dolcissimo, una proposta di matrimonio da piangerci tutte le mie lacrime) e Lito ed Hernando di Sense8. 

.Dì il nome di un paesino sconosciuto ai più che a te piace tantissimo.

Non so quanto conosciuto sia, ma ho trovato bellissimo Mondolfo, passeggiarci di sera è quasi poetico.

Domande di Giulia (La collezionista di biglietti):



.Il primissimo film che hai visto al cinema (se te lo ricordi):
Non ho ricordi di film da bambina, credo Pocahontas. In età consapevole credo Asterix e Obelix - Missione Cleopatra. Don't judge me.

.Se potessi diventare un personaggio cinematografico qualsiasi per il resto della tua vita, chi sceglieresti?
La bimbetta di Little Miss Sunshine.

.Una cosa che vuoi assolutamente fare prima di morire.
Visitare Instabul.

.L'azione più sconsiderata che hai fatto.
Io sono una ragazzina a modo con la testa a posto, altroché. Forse partire con la mia migliore amica per 3 giorni di festival musicale in Germania armate solo di una tenda da 20€ della Decathlon, tonno in scatola e di una macchina che non regge il minimo.

.La tua citazione preferita.
Due che vogliono dire la stessa cosa:
'Se la vita ha un senso, deve essere quello dell'ironia.'
'Persino negli orrori più spaventosi di rado manca l'ironia.'

.Il tuo passatempo preferito escluso l'intrattenimento.
Mangiare, suppongo.

.L'azione più ponderata che hai fatto, e quanto ci hai pensato prima di farla.
L'ultima volta che ho dovuto parlare dei miei sentimenti a qualcuno sapevo che avrei cambiato la mia e la sua vita, quindi ci ho pensato su per mesi, nonostante avessi la certezza di cadere sul morbido.

.Più da horror o da sentimentale?
Beh...:)

.La cosa che più odi di Blogger.
Odio che funzioni quando e come vuole lui, ma soprattutto odio che non mi faccia scegliere le immagini con cui fare l'anteprima per i post su fb. Non so bene di chi dei due sia la colpa ma li odio. 

.Sei più tipo pantofolaio da divano e film o da serata movimentata?
Non ricordo di avere mai avuto una serata movimentata nella mia vita, sono stata in discoteca massimo massimo 6 o 7 volte in 25 anni e non ho intenzione di far crescere il numero. Una noia mortale.

.Faccio come quelli che ti fermano per strada: 'Qual è l'ultimo libro che hai letto?'
L'ultimo di Faber, Il libro delle cose nuove e strane. Al momento sto leggendo Therese Raquin e Brevi interviste a uomini schifosi di David Foster Wallace.


.Pesce o carne? Mare o montagna?
Carne ma solo bianca e MAREMAREMARE!

.La canzone più bella di sempre.
Quella che sta tatuata sul mio piede: The show must go on, dei Queen.

.Il film con Tom Hanks che preferisci.
Se mi piacesse Tom Hanks direi Il miglio verde.

.Il gusto di gelato o gelato stesso che preferisci.
Solo solo solo gelato alla nocciola. Ci condirei la pasta.

.L'automobile dei miei sogni.
Per me le auto sono tutte uguali, ma al momento ho una cotta per la Toyota Yaris che ho in programma di comprare <3

.Un paese tropicale dove vorresti vivere.
Non ne so uno in particolare, ma direi qualcosa in Asia, dalle parti della Cambogia, del Laos, della Thailandia. . .

.L'attore o l'attrice che vorresti incontrare.
I due attori più belli attualmente sul mercato: Tom Hiddleston e Benedict Cumberbatch. Se invece devo prenderci una pizza direi Martin Freeman. Il bene che gli voglio lo so solo io.

.Una canzone italiana che parla di te o in cui ti riconosci.
Di italiani ascolto solo Mannarino, ma non mi viene in mente niente, che pippa.

.La pizza che ti piace di più.
Nella mia pizzeria di fiducia quella con le verdurine fresche al forno, altrove salamino piccante. E che fame.

.Cosa faresti con un milione di euro?
Sistemerei questa faccenda del comprare un'auto, comprerei una casa per i miei genitori, e soprattutto aprirei un caffè letterario, con i distributori di acqua calda per il tè, i divanetti di velluto e le luci basse.

.Il film che vorresti rivedere prima di morire.
Non sono una che riguarda spesso i film, ma mi considererò adulta quando avrò il coraggio di rivedere L'esorcista.
Cioè nel duemilacredici.


. Perché hai aperto un blog?
Non avevo nessuno con cui parlare della mia passione. Forever alone.

.Quali sono le tue maggiori passioni?
A parte il cinema, direi che amo i libri, amo trovare modi nuovi di cucinare le verdure, mi diverto come una pazza a giocare con i trucchi.

.Qual è stato il tuo viaggio più bello?
Non ho ancora fatto il viaggio della vita, ma senza alcuna modestia io e i miei amici siamo provetti organizzatori di vacanze, ci è sempre andata bene. Poi magari qualche giorno vi racconto di quella volta in cui abbiamo perso l'autobus per Praga.

.Qual è il tuo più grande sogno?
Arrivare ad un punto della vita in cui potrò definirmi serena. E aprire il caffè letterario di cui sopra.

.Una frase, da un film o un libro, che ti ha particolarmente colpito.
La frase che citavo nelle domande di Giulia, quella sull'ironia, è di Lovecraft, sta ne La casa stregata.

.Il personaggio di un film, o di un libro, che senti a te più affine?
Ron Weasley. Sono goffa, impacciata, ripeto sempre le solite imprecazioni, sono piena di lentiggini, provengo da una famiglia che definirei bizzarra, ma quando voglio bene a qualcuno gliene voglio da morire, sono molto leale anche se sembro sempre e solo un cretina.

.Se potessi tornare indietro, cosa cambieresti della tua vita?
Sarei più sincera, in passato non lo sono stata e mi tiene ancora sveglia la notte.

.Il concerto più bello a cui hai assistito?
Flogging Molly premio concerto divertente, Newton Faulkner premio concerto emozionante e Ed Sheeran premio concerto coinvolgente. (Non mi si tocchi il ginger, lo ascoltano le ragazzine ma ha un talento incredibile. Cercatevi un suo live.)

.La persona che più ammiri.
Mia madre.

.A cosa non sai dire di no?

Alla pizza e alle richieste di mio fratello. Mai che gli dica di no, babba che sono.

.Di cosa hai paura?

Faccio prima a dire di cosa NON ho paura, ma in generale: volare per me è off limits, l'altezza in generale, i film di possessione demoniaca, gli insetti e i cani grandi, fino ai banalissimi perdere il lavoro e perdere le persone che amo, pensa un po' che originalona.

Domande di Sam Gamgee (Come nei film):


.Dimmi un film che per te è l'esempio perfetto del perché bisognerebbe amare il cinema.

Ma il mio Shining, chiaramente! Guardi lui e capisci che tutti quei film di merda che hai visto negli anni sono valsi la pena se almeno ti hanno aiutato a comprendere la grandezza di questa roba qui.

.Conseguentemente alla uno: perché bisognerebbe amare il cinema?

Mica si deve:) Ma quando si fa, è come vivere duecento vite, è come regalare la propria emotività ad alcuni sconosciuti e sapere che ne faranno un uso incredibile.

.Una canzone che ti ricorda l'infanzia?

Il pilota di Hiroshima dei Nomadi, Living on my own dei Queen e Hungry eyes di Eric Carmen.

.C'è un film di cui da piccolo sapevi a memoria tutte le battute?

Dirty Dancing. Nessuno può mettere Baby in un angolo.

.Una canzone, un libro, una poesia, un quadro che vorresti vedere trasformare in un film?

Di quadri e poesia non so nulla quindi passo la palla.
Canzone credo qualcosa dei Nirvana, ne uscirebbe un film caotico e tormentato e io lo amerei alla follia. Libro non lo so, forse Abbiamo sempre vissuto nel castello di Shirley Jackson.

.Se potessi lavorare con qualcuno del mondo del cinema che ammiri, o anche solo guardarlo lavorare, chi sceglieresti?

GUILLERMO. DEL. TORO.

.Se dovessi far conoscere il cinema ad un bambino che guarda solo televisione da dove partiresti? Perché?

Da cose fantastiche, magiche, come La storia infinita. Io poi non amo l'animazione, gli concederei solo i film Ghibli perché così li guarderei con lui.

.Io tendenzialmente non amo le serie TV, la loro qualità è per natura altalenante o proprio effimera e creano dipendenza...un po' non approvo questo loro boom! Per te?

Io ho alcune serie a cui ho lasciato l'anima, ma non guardo nemmeno un quarto delle serie che guarda il blogger medio, sono molto pigra e mi annoio facilmente. Preferisco i film, ma ancora parlo per sole citazioni di Friends, infastidendo chi mi circonda.
Sono infastiditi solo perché non le colgono!

.Dì un personaggio del mondo del cinema o della letteratura che stimi moltissimo.

Siccome Del Toro è già stato nominato dico Neil Gaiman perché non esiste che io scriva un post senz nominare Neil Gaiman.

.Che ne pensi dell'andare al cinema da soli?

Che se avessi un'auto mia lo farei molto spesso!

.Chi, tra 10 o 11 punti per qualsivoglia lista, sceglie 11?

NON IO, MAI.

Come se questa infarcita di fattacci miei non vi fosse bastata, il Liebster prevede che io ve ne dica ALTRI 11, quindi eccoli qua:

. Sono un umano a pois, tutta la mia metà superiore del corpo è ricoperta di lentiggini. Apparentemente, sono l'unica ad odiarle.
. Ho un gusto musicale assolutamente imprevedibile, passo con naturalezza dalla dance anni 80 ai Pink Floyd come se fosse normale, non ho alcun filo conduttore in quello che amo. Amo e basta.
. Se non si fosse capito dalle venti volte che l'ho nominato nelle domande, nel mio pc c'è sempre una finestra aperta con in riproduzione un episodio di Friends. Sempre.
. Metto rossetti scurissimi anche d'estate.
. Faccio yoga.
. Creo playlist idiote su Spotify come se non avessi altro da fare.
. Leggo sempre più di un libro per volta.
. Mi piace tantissimo stirare.
. Sono tremendamente tirchia tranne quando si parla di andare ai concerti.
. Sono una di quelle fastidiose persone sempre incollate al telefono, è una cosa che odio e che vorrei imparare a regolare.
. Sono una di quelle psycho che vogliono i soldi girati nello stesso modo nel portafoglio, a cui urtano le cose storte, che se scrive su un quaderno con la biro blu non può poi usarci su la nera...capito il genere? Una di quelle.

In teoria il premio prevederebbe di taggare altri 11 blogger. Io faccio come le iutubber famose, e la concludo così: consideratevi taggati tutti, in primis gli amichetti che hanno taggato me, sentitevi liberi di rispondere nei commenti e facciamo due chiacchiere insieme su chi sta dietro ai nostri blog.

Vi amo tutti.

Le mie domande, quindi:
1. Quando ascolti la musica ti ritiri in contemplazione oppure sei come me e balli e canti e ti immagini sul palco del Glastonburu?
2. Parliamo di remake e trasposizioni da romanzi: come me sei infantilmente contrari@ a prescindere oppure guardi e poi valuti?
3. Pixar, Disney, Dreamworks o Ghibli?
4. Cosa pensi dei sistemi antipirateria? (Spotify, Netflix, Timmusic..)
5. Qual è il tuo criterio di scelta del film da vedere? Io ci perdo sempre ore, più della durata dei film che poi finisco per vedere.
6. Guilty pleasure musicale, letterario e cinematografico. Fuori i nomi.
7. Hai un pomeriggio libero ma senza internet (gravissimo). Come lo passi?
8. Qual è il tuo momento preferito della giornata per leggere/guardare un film?
9. Al di là di come vi siete presentati sul web, nella vita reale siete estroversi e solari o introversi e incapaci di avere a che fare con la gente come la sottoscritta?
10. Cioccolato al latte o fondente? E badate che questo dice molto su di voi, vi avviso.
11. Ma da voi il caldo è uscito? 

martedì 31 maggio 2016

Non solo cinema : Kobane Calling

16:45
Per tutta la vita ho pensato che io e i fumetti fossimo due rette parallele destinate ad ignorarsi con sufficienza. Se poi i fumetti in questione riguardano supereroi di qualsiasi forma e colore, allora CIAO, lontani da me.
La verità è che di fumetti ne leggo un po', ma devono essere come dico io. È stata la lettura di Kobane Calling a farmi intuire il collegamento tra le mie letture disegnate. Io leggo solo fumetti con un cuore grande. I Peanuts, Mafalda, Calvin and Hobbes, Sandman, Dylan Dog, quel lavorone di Locke and Key, mi sto avvicinando ad Alan Moore. . . 
Voglio cose dolcemente malinconiche, voglio case fumose, bambini brillanti e sfigatelli, voglio che mi tremino le mani dalla passione che trasuda da quello che sto leggendo, voglio menti geniali, voglio emozionarmi, e piangere poi ridere poi piangere ancora poi sorridere tra le lacrime.


Kobane Calling è la quintessenza di quello che ho sempre cercato. Ho sempre saputo che sarebbe stato così, dal momento in cui ho letto su Internazionale il primo estratto di quello che è, per me, il punto più alto toccato finora dall'incredibile Michele Rech, noto al web come Zerocalcare. 
Innamorata fino al midollo di lui da quando ho scoperto il suo blog, ho avuto la certezza che il mio amore fosse ben riposto dopo averlo sentito fare due chiacchiere allo scorso Festivaletteratura di Mantova. 
Quando lo senti parlare ha l'aria stralunata. io me lo sono immaginata in un'altra epoca come uno di quegli artisti folli con i capelli ingestibili e migliaia di fogli sparsi per il tavolo, uno di quelli costantemente insoddisfatti, che appallottolano la carta e sbuffano. Stava lì, a rispondere alle domande di un gruppo di ragazzi, con l'aria di chi non aveva la più pallida idea del perché fosse lì e soprattutto del perché ci fossero così tante persone ad ascoltarlo parlare. Niente di quello che fa o dice è a scopo di notorietà. (Non potrebbenemmeno permettersi di essere così chiaramente politicamente schierato se così fosse)
Questa scarsa considerazione di se stesso, questo suo sentirsi inadeguato, è onnipresente nei suoi lavori, è la spinta principale della sua (auto)ironia, è quello che me lo fa guardare con ancora più apprezzamento. Quanto avrei voluto abbracciarlo, ogni volta che in KC parla di se stesso come di un idiota, dello scemo del villaggio! Quanto vorrei che sapesse che nel mio mondo ideale le persone hanno tutte la sua passione e il suo cuore.


Sentir parlare Zerocalcare è un'esperienza: un secondo prima è lì impacciato e con l'accento romano che francamente è il più buffo d'Italia e un attimo dopo il suo tono cambia, quello che sembrava un ragazzetto goffo si trasforma in un uomo pieno di opinioni nette, di capacità di analisi della società e delle persone che fa invidia, di esperienze, di storie da raccontare.


Questa, in particolare, è la storia di due viaggi. Il primo, nel 2014, nei pressi di Kobane, la quasi mitologica città nota per essere il cuore della resistenza al tanto chiacchierato ISIS, la città che ha resistito, la città che si è liberata. Lì Michele ha collaborato ad azioni umanitarie, portando cibo e medicinali. L'anno dopo, invece, decide di tornare nella zona dell'utopica regione del Rojava, ma in un viaggio diverso. Stavolta incontra (e ci racconta) i volti di chi per questa guerra si sta preparando, degli uomini e delle donne che sono scappati dal regime turco, racconta la motivazione di chi da quella guerra è apparentemente lontano (sì, parlo di lui stesso e di tutte le persone che condividono con lui questo viaggio e questo sogno) ma che ci si sente vicino, con il cuore e con la mente, e che quindi decide di andare vicino con il corpo, per comprendere un po' di più.


E sarebbe facile parlare di guerra e morti e orrore e sangue usando quei pipponi retorici che tanto ci piacciono, che commuovono le gienti e che ci fanno sentire così distanti, così fortunati nella sicurezza dei nostri paeselli. Ma Zerocalcare è più intelligente di così, lui ti racconta di come le guerrigliere del PKK quando sono insieme si divertano, scherzino insieme, di quanto materna sia la donna che le addestra, e tu le senti vicine, le senti tue amiche, poi ti racconta che la più piccola di loro si trova lì per scappare da un matrimonio combinato con un uomo che la violentava e tu torni piccola piccola, umile, abbassi la testa, quasi colpevole per la fortuna sfacciata che hai avuto a nascere da questo lato del Mediterraneo.
E lui, per tutto il tempo, si è sentito così: in soggezione, lo scemo del villaggio, appunto. Perché hai davanti uomini e donne che sembrano tanto assomigliare a te e che invece hanno un fardello sulle spalle incredibile, e che nonostante questo sorridono.
Con la sua dolcissima ironia Zerocalcare mi ha conquistato per l'ennesima volta, scoccando splendide frecciatine al sistema dei media italiani, al modo in cui il mondo curdo ci è presentato, al modo in cui lo stesso ISIS ci è presentato, al modo in cui parliamo parliamo parliamo e poi non sappiamo un bel cdn (cit).
Qua non siamo più dalle parti del (comunque bellissimo) Armadillo, nè nelle tavole del blog, nè dei polpi alla gola. Qua siamo più su, nella consacrazione di un talento vero, nato solo dal cuore grande di uno a cui piace fare i disegnetti. 


Vorrei che gli insegnanti leggessero Zerocalcare nelle scuole, che i tg lo invitassero a parlare (ma tanto mica ci andrebbe), che il suo messaggio passasse forte e chiaro a chiunque lo incroci per caso.
Lui mica propone soluzioni, non le ha. Ma invita a conoscere. Io manco sapevo cosa fosse, il PKK. E manco YPG o YPJ. Sono quelle persone che, mentre noi creiamo hashtag per commemorare i morti di Parigi e Bruxelles per mano dell'ISIS, questo benedetto Daesh lo stanno combattendo per davvero. 
Oggi, grazie a Calcare, io so che queste persone esistono, che viviamo la nostra serena vita perché qualcuno sta rischiando quotidianamente la sua. 
Per poi essere classificato nell'elenco delle associazioni terroristiche dall'ONU.
Ma questa, per ora, è un'altra storia.

Comprate i libri di Zerocalcare, supportate i giovani pieni di talento e cuore e cervello e disegnetti buffi dai richiami 80s. 
Lui ci fa i soldi, ma voi guadagnerete molto di più.

mercoledì 25 maggio 2016

#CiaoNetflix: Into the wild

19:12
Solita intro infarcita di fattacci miei, perdonatemela.
Un mesetto fa sono stata a Praga. Era il mio Sogno da Visitare Numero 2, la aspettavo da tempo, e prevedibilmente quando sono tornata non sono stata la stessa per un po'.
Mi è presa una frenesia senza precedenti, una voglia di mollare tutto e andare, perché se tutto il mondo è così bello io non posso stare qui sul divano a sentirlo respirare a distanza. L'amore per i viaggi l'ho sempre avuto (ostacolato da un'insormontabile paura di volare), ma da un mese a questa parte lo sento incontenibile.
Mi sembrava un buon momento per guardare Into the wild.

Sbagliato, non è mai un buon momento per Into the wild, perché Into the wild è un film del cavolo che mi ha fatto perdere più di due ore in cui avrei potuto dormire, per raccontarmi di un povero deficiente. Prima di offendervi perché sto per insultare il vostro personaggio del cuore suppersuppercult, per favore, finite di leggere e poi proseguite con il defollow.
Mi calmo e andiamo con ordine.

Ho deciso insindacabilmente che Christopher fosse un deficiente al minuto 55.
(Chiarimento per evitare discussioni: parlo del protagonista del film. Non ho sufficiente conoscenza della VERA storia del VERO Christopher per poterne parlare.)
Chris, il grande sognatore pieno di ideali, vede un kayak e decide che adesso vuole andare col kayak, lui che fino a una settimanina prima aveva paura dell'acqua. Va a chiedere informazioni, gli dicono in soldoni che non può navigare sul fiume e lui chiaramente piglia il due e lo fa a fare.
Il grande ribelle si lancia nel fiume nonostante il funzionario (che è OVVIAMENTE un fannullone che sul lavoro telefona per i cazzi suoi, non sono tutti così? brutti cattivi corrotti fannulloni capitalisti) gli abbia detto di no. Stato malvagio che blocchi la libertà individuale e non ci fai andare sui fiumi. Stronzo. E io allora ci vado lo stesso.
Capito la ribellione? Capito lo spirito libero? Capito come ci si gode la vita vera?


Oh, Christopher. Siediti, parliamo un po'.
Io un po' ti capisco. Ogni tanto ho sentito, e sento ancora, il bisogno di scappare via. Di non dover aver a che fare con nessuno, di prendere un paio di libri e di rifugiarmi in una spiaggia, da sola, con solo il mare a farmi compagnia. Ogni tanto lo sento il peso di questa vita che ci viene imposta, di questi modelli tradizionali a cui dobbiamo guardare per prenderne ispirazione: scuola, poi lavoro, il posto fisso, e poi trovare la persona giusta, prima sposarsi, poi vivere insieme, poi fare almeno due bambini e vivere felici fino alla vecchiaia.
Ma sai, cosa, Chris? Mica lo sento solo io.
Ce li hanno tutti, questi desideri di fuga, ogni tanto. E magari qualcuno (non io, almeno per ora) lo fa pure, per un po'. Erasmus, anni sabbatici, ferie prolungate, viaggi avventurosi...
Qualcuno, quindi, guardando il film sulla tua gloriosa avventura in giro per l'America, potrebbe pensare a che eroe tu sia, a quale coraggio tu abbia avuto, a quale vita straordinaria tu abbia vissuto, scuoiando alci e rubando passaggi.
A me, invece, sei stato in culo. Avevi una vita che non piaceva, come ce l'hanno chissà quanti altri poveri cristi al mondo e hai deciso che la cosa migliore da fare fosse mollare tutto ed andare. Comodo, eh, gigione?
Ma sono le persone come te a far sì che quel sistema lì, quello che tu odi così profondamente, non cambi mai. Se ti fa così schifo il mondo in cui vivi, se ti annienta il pensiero di quella mediocre borghesia a cui la tua famiglia ti ha costretto, sai cosa potevi fare? Potevi cambiare strada. Se i tuoi genitori non ti hanno cresciuto nel modo in cui avresti voluto, sai quale sarebbe stato il riscatto più grande? Diventare il genitore che loro non sono stati per te.
Se la società non ti piace agisci nel tuo piccolo per cambiarla. Io odio l'evasione fiscale, mi fa salire i cinque minuti, e quindi nel bar in cui lavoro batto gli scontrini per ogni singolo caffè. Non ne salto uno. E se nei locali non me lo fanno, lo chiedo. Non sono mica un eroe, faccio la mia piccola normalissima parte. Perché la società siamo noi cittadini, e, perdonami la banalità che sto per dire, se facessimo tutti come te? Se mollassimo il mondo civile per il sogno della libertà assoluta che hai inseguito tu, chi resterebbe a mettere la benzina nelle auto a cui tu per primo hai chiesto l'autostop? Chi guiderebbe quel treno che tu stesso hai usato per farti dare un passaggio clandestino?
E allora, mio amato idiota, lo vedi che la civiltà ti serve? Perché a tutti, me per prima, ogni tanto piacerebbe dichiararsi totalmente indipendenti da quei meccanismi che tanto a volte ci fanno infuriare. Ma non lo siamo. Le persone stanno intorno a noi per un motivo, chissà se te lo sei ricordato mentre correvi con i cavalli e per questo ti sentivi tanto tanto cool. Non sei un cavallo, Chris, non credo sia necessario che te lo ricordi io gioia santa. E alla sera, quando ti chiuderai nel tuo furgone da solo, dopo una splendida giornata a spellare alci e sparare agli scoiattoli, non avrai nessuno con cui condividerla, questa libertà. Non vorrai un cavallo accanto a te, vorrai una persona. E non parlo necessariamente di un amore. Sarai lì, in una tenda, senza un volto amico, senza l'abbraccio di tua sorella, senza il sorriso di tua madre, perché la TUA libertà era più importante di tutto il resto.
Perché chissà se ti è mai passato per la testa, maledetto egoriferito, che a casa qualcuno soffriva per te. Chissà se dietro ai quei profondissimi ed intensissimi monologhi che Penn ha fatto dire a tua sorella, o a te, usati come sottofondo per quelle bellissime immagini che avete usato, c'è anche della sostanza, dietro alle belle parole. Chissà quanto hai sofferto TU, quando, alla fine, hai realizzato quella banalissima verità sulla felicità condivisa. Quanto ho detestato la tua presa di coscienza finale. Pensa, vogliamo tutti qualcuno accanto quando stiamo male. E quando sono gli altri, a soffrire?


Pensavo che ti avrei preso a schiaffoni, Christopher, ma forse quelle lacrime versate sul finale sono state una punizione sufficiente.

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