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mercoledì 7 aprile 2021

I 200 di Rue Morgue: 3 in 1

19:19

 Sapevo che prima o poi sarebbe arrivato il momento in cui avrei unito più film di questa rubrica in un solo post, e quel giorno è oggi. Nelle scorse settimane sono stata un po' in balia delle cose della vita e non mi sono messa a scrivere un post singolo per questi tre film, che ora poveri si ritrovano in un post cumulativo. 

Temo accadrà sempre più spesso.



Riflessi sulla pelle è un film che sta sul confine tra i generi, ma che mi piace definire, come fanno proprio nel trafiletto dedicato a lui nel numero di Rue Morgue protagonista di questa rubrica, un "prairie goth". Con questa premessa aveva tutta la probabilità di piacermi, perché anche solo l'estetica in questione mi appaga la vista e mi mette in pace col mondo. Purtroppo non è andata proprio così.

Seth ha 7 anni, un papà un po' perso nel suo mondo, una mamma ossessionata dal pensiero del figlio maggiore che sta nell'esercito e due grandi amici. Ha anche una vicina di casa, Seth, che si chiama Dolphine, che agli occhi del bambino è quasi certamente una vampira. Quando il fratello torna e si innamora proprio di Dolphine, Seth non la prende benissimo, soprattutto perché i suoi amici hanno iniziato a scomparire.


Questo film, come tanti altri in questo genere paxxerello che tanto ci piace, usa creature soprannaturali per dire quanto schifo facciamo noi che soprannaturali non siamo. Riflessi sulla pelle tira indirettamente in ballo vampiri e compagnia danzante, ma li mette negli occhi di un bambino, e sullo sfondo mostra i peggiori predatori che possiamo concepire. Avrebbe potuto essere un film molto intenso e commovente, ma io, e lo dico con un enorme dispiacere, l'ho solo trovato noioso. 

Ora, io ho 30 anni e ho accettato il fatto che spesso i film li devo guardare a rate perché il mio corpo mi tradisce e mi fa addormentare a metà. È una triste realtà con cui convivo. Di questo film mi sono ampiamente goduta la prima parte per crollare come un'infante nella seconda. Quindi mi sono svegliata, ho mandato indietro per recuperare quello che mi ero persa, ho ripreso. Addormentata di nuovo. Ripreso da dove avevo perso. Addormentata di nuovo. Ci ho messo un sacco di ore e alla fine non mi è piaciuto come avrei voluto. Peccato.

Voleste comunque dargli una possibilità, nel momento in cui scrivo sta su Prime.




Questo è un film che conoscevo di fama ma che ancora non avevo recuperato. Su Shudder sta alla categoria A good scare e questo francamente mi ha deluso più del film in sè, perché non mi ha fatto paura mai e per me questa è una rarità, io ho sempre paura.

Parla di un uomo che è sopravvissuto ad una terribile tragedia: ha perso moglie e figlia in un incidente sulla neve. Alcuni amici, per aiutarlo a superare il periodo, gli offrono un lavoro in un'università e lo aiutano ad affittare una casa per l'occasione. La casa è uno splendido edificio che appartiene ad una società storica, e ovviamente è infestata.


Quando sono le storie di fantasmi a non piacermi proprio me la prendo sul personale. Sono le mie storie preferite, piango tanto e ho tanto paura. Questa non era solo una storia di fantasmi. Questa è la storia di un fantasma bambino. Con una disabilità. Ci ha proprio messo il carico da undici per provare ad emozionarmi, e invece non è successo niente. Questi occhi lacrimevoli sono rimasti asciutti anche alla vista della carrozzina che si sposta da sola. È come se non si andasse mai veramente a fondo con la storia, che si mantenesse una comoda distanza di sicurezza che però allontana anche me spettatore. Questo non è un peccato, è un peccato 3 volte. Uno, perché avrebbe potuto essere il mio punto debolissimo e invece zero. Due, perché essendo così dimenticabile sminuisce anche l'interessante interpretazione del suo protagonista. Tre, perché non mi puoi mettere una cosa nella categoria di quelle spaventose e invece no. 

Una ragazza avrà pur diritto ai suoi sacrosanti salti sul divano, o no?





Arriviamo infine alla mia visione più recente, Behind the mask: The rise of Leslie Vernon, che ho giusto finito prima di iniziare a scrivere questo post.

Si tratta di un mockumentary, nel quale 3 ragazzi seguono Leslie Vernon, un giovane uomo il cui obiettivo è seguire le orme dei più famosi serial killer della storia: Jason, Michael e Freddy. Nella sua realtà non sono solo esistiti, ma sono la sua più grande ispirazione. Non è che sia matto, esistono proprio nell'universo del film. Leslie ha tutto: la cittadina, il luogo isolato, il dottore che lo segue, un vecchio mentore, la maschera, l'arma, ha già la sua final girl, ed è pronto a colpire.


Questo è decisamente il film migliore del trio. La usiamo la frase più inflazionata di internet? Usiamola: è una lettera d'amore al cinema slasher. Anzi no, forse non una lettera d'amore. Una tesi di laurea sul genere. Un dottorato di ricerca. Ogni singolo istante di questo film è un'analisi di quello che è un sottogenere storico (e che non accenna a morire, con nostra immensa gioia). E noi quelle cose qua le guardiamo sempre con gli occhi a cuore. Dico noi perché mi assumo la responsabilità di parlare un po' a nome di tutti, perché come si fa a non amarle, quelle operazioni qua? Sono così appassionata che diventano contagiose, e se quell'amore lì ce l'avete già è come trovare finalmente un collega che ascolti la vostra stessa musica. 

Un film divertentissimo, che unisce due dei sottogeneri per i quali la Vostra ha un debole per tirarne fuori un esperimento ben più che riuscito. 


Forse queste sono state le prime volte in cui i consigli del numero speciale di Rue Morgue mi hanno un po' delusa. La strada per arrivare in fondo alla rivista però è lunga, e mi mancano più film di quanti mi piace ammetterne, quindi nel dubbio mi preparo a tutto.

mercoledì 3 marzo 2021

I 200 di Rue Morgue: The bad seed / Il giglio nero

12:38

 Continua il nostro viaggio tra la selezione dei migliori horror alternativi di Rue Morgue, e questa volta è il turno di un film che a me era completamente sconosciuto: The bad seed, inspiegabilmente diventato da noi Il giglio nero, del 1956.



Christine ha una vita invidiabile: un marito bello e innamorato, una bambina che sembra uscita da una casa della bambole, una buona posizione sociale...sembra non mancarle niente. O almeno, è così fino a che un compagno di scuola di Rhoda, la sua bambina, muore in circostanze tragiche, e la tragedia inizia anche per Christine.


Più guardo film, più leggo saggi, più mi informo, più, nella più socraticamente banale delle considerazioni, mi rendo conto di non sapere proprio nulla e infatti questo film era completamente fuori dai miei radar. Eppure The bad seed sembra davvero essere il papà dei film con i bambini cattivi. Arriva ancora prima del ben più noto (a me almeno) Il villaggio dei dannati. 

Oggi di bambini cattivi ne abbiamo visti in tutte le salse, e io li amo praticamente tutti. È un sottogenere che mi piace sempre. The Bad Seed li ha anticipati tutti. Rhoda è il perfetto esemplare di bambina crudele. Due adorabili treccine bionde, una faccina da bambolina e un vestitino bianco che lei rende il perfetto abbigliamento angelico da bambina che va in chiesa tutte le domeniche, comincia ad essere spaventosa dai primi istanti. 

La mamma e il papà sono naturalmente accecati dal più grande amore del mondo, ma noi la vediamo arrivare in scena e già sappiamo che qualcosa non va. Sorride un secondo di troppo, si inchina un po' troppo in basso, muove le trecce all'indietro con un pochino troppa forza. E infatti poi muore il compagnetto di scuola e lo sappiamo da subito che volatili senza zucchero. Rhoda si srotola pian piano, mostrandosi per il mostro che è lentamente, per tutta la durata del film. Il vero livello dell'orrore esce dalla sua boccuccia santa solo alla fine, quando le sue intenzioni (e anche quella che ormai è la sua abitudine) vengono palesate in modo innocente al papà e molto meno angelica a noi. La bambina è interpretata da una piccola Patty McCormack, che non stupisce abbia poi avuto una carriera molto prolifica, perché qui è bravissima. Il solo modo in cui scuote le trecce e si inchina sono da brividi lungo la schiena. Il perfetto archetipo di quello che ormai è un grande classico. 


Il film è tratto da uno spettacolo teatrale, a sua volta tratto da un romanzo, e la cosa traspare tantissimo nella messa in scena: è ambientato quasi del tutto nel salotto di casa, da cui entrano ed escono diversi personaggi. La cosa non fa perdere la tensione, anzi. La paura quella più sottile, che si infila nella schiena, non ha sempre bisogno di azione. Il mistero che circonda la morte del compagno di scuola di Rhoda si risolve con osservazione e chiacchiere. Il dramma di Christine si rivela nello stesso modo, e nessuno dei due perde di intensità. L'interazione con gli altri rende il disastro palese, se le persone che le circondano non fossero mai entrate nel loro salotto di casa probabilmente Christine starebbe ancora dando il basket of kisses che la bambina chiede ai genitori per tutto il film. 


Questo film è stato non solo una scoperta bellissima, ma l'ennesima conferma che degli anni '50 non so proprio nulla. Roba in più da studiare. Ѐ bellissimo.

mercoledì 24 febbraio 2021

I 200 di Rue Morgue: L'arcano incantatore

15:37

 Ho scritto fino alla nausea su questo blog che quelli di Pupi Avanti sono horror che porto nel cuore, eppure ancora mi mancava L'arcano incantatore, che guarda caso sta in mezzo alla lista di film che la rivista Rue Morgue consiglia di recuperare.

Non solo la rivista lo consiglia, ma lo fa con una mini intervista a Guillermo del Toro, che come sapete è il grande amore della mia vita. E non solo di nuovo, perché del Toro, parlando del film, cita una frase di un altro mio grande amore filmico: pare che Edgar Wright, quel benedetto tatone che non è altro, abbia definito L'arcano incantatore (titolo pazzesco) un "Barry Lyndon del cinema dell'orrore". 

Chi sono io per smentire quei due qua. Loro hanno sempre ragione.




Siamo nel '96, sono passati più di dieci anni dall'ultima volta in cui Avati ha girato un horror (l'ultimo era stato Zeder). Per tornare in carreggiata decide di raccontare una storia che contiene tutti i suoi temi più cari, che sono quelli che me lo fanno amare.

Siamo sugli Appennini bolognesi nel '700. Giacomo, un giovane seminarista, è costretto a lasciare Bologna per aver conosciuto una donzella in senso biblico e per averla poi costretta ad abortire. Per non subire le tremende punizioni della Chiesa chiede aiuto ad una donna misteriosa che lo manderà a lavorare come aiutante di un ex monsignore, allontanato dalla Chiesa e dalla società per passati interessi verso il mondo dell'occulto. L'ultimo aiutante del monsignore, Nerio, è da poco defunto in circostanze misteriose e Giacomo è deciso a fare luce sulla faccenda.


Ma quanto piace, ad Avati, parlare della Chiesa? Un casino. I legami tra religione ed occulto, e soprattutto il loro essere così sottili, sono onnipresenti nella sua filmografia (almeno in quella dell'orrore, a meno che ci sia da qualche parte un film in cui Silvio Orlando fa il papa con strani intrallazzi di cui non sono a conoscenza). Credo che il motivo per cui questi film io li amo così tanto stia proprio qui. La Chiesa cattolica, che ho conosciuto da vicino e frequentato per decenni, è oggi per me fonte di grande inquietudine. L'immaginario cattolico, l'estetica cattolica, le credenze, popolano i miei incubi. Avati è straordinariamente bravo a sfruttare proprio questo. Gli abiti, le ambientazioni, le luci delle candele, i movimenti delle benedizioni, le croci, l'estremismo delle credenze popolari, il folklore. Non solo riconosco come "miei" i luoghi in cui ambienta le storie, ma sento vicine le cose tra cui sono cresciuta e vederle sfruttate a dovere per un film dell'orrore mi fa saltellare di gioia per poi nascondermi gli occhi dietro le mani. La piccola chiesetta che si vede in questo film è uguale a tutte le altre piccole chiesette sperdute padane che circondano le vie in cui abito. La foschia della sera è la stessa che vedo tutte le sere, innesca in me un meccanismo di attaccamento al film immediato. 

Forse li amerei così anche se fossero ambientati in Toscana, o in Abruzzo, ma il fatto di sentirli così vicini è solo l'ennesimo punto in più a favore di storie che hanno tutto quello che amo. La lentezza dell'inquietudine sottile che non ha bisogno di gran fragori, i pochi dialoghi e i tantissimi sguardi, le luci, i colori. L'occulto che non si manifesta solo nelle persone che attivamente lo ricercano ma anche in quelle che, standogli intorno, ne parlano in ogni momento: le donne, Giacomo che fa mille domande, le persone del paese, il monsignore che lo ricorda. Nerio è protagonista per tutto il film solo per quanto ne parlano gli altri. Non c'è, ma è il più presente di tutti. 

E pian piano, tra una domanda e l'altra, tra un mistero e l'altro, finisci avviluppato in questo film così lento e così intrigante, con i suoi personaggi così ambigui, con i suoi finali che ormai conosciamo ma che non per questo amiamo meno. 

Sono tanto affezionata, ad Avati. Talmente tanto che, quando è venuto al mio paesello per un'iniziativa che nemmeno ricordo, non sono riuscita a dirgli nulla e sono scappata via ad intervista finita. Che polla.

giovedì 18 febbraio 2021

I 200 di Rue Morgue: L'abominevole dr. Phibes

21:36

 Questo percorso nei 200 (abbondanti) film dello speciale di Rue Morgue è sempre più divertente. Mi porta fuori dalle mie consuetudini e mi fa recuperare cose famosissime ma che per qualche motivo io ancora non avevo guardato. Se non sapete di cosa sto parlando, l'intro al progetto è qui.

Anche questo film, come Abby di cui abbiamo parlato la scorsa settimana, si trova facilmente su Youtube in lingua originale.




Anton Phibes, celebre organista, ha perso la moglie in un incidente stradale. Tutti considerano anche lui scomparso nell'infelice evento, ma non solo Phibes è vivo, è anche incazzato nero. Dopo l'incidente la moglie era stata sottoposta ad un intervento chirurgico, estremo tentativo di salvarle la vita, che purtroppo è finito male. Phibes non ha perdonato, ed è pronto a vendicarsi di chi gli abbia portato via la sua amata Victoria.


Questo è davvero un portento, un film bellissimo. 

Riesce, con un equilibrio raffinatissimo, ad alternare morti grottesche (di cui parliamo dopo) a scene strazianti di dolore puro. Del resto Phibes è Vincent Price, a cui qua dentro pensiamo sempre con un affetto infinito, e solo lui, anche se privato quasi sempre della caratteristica voce, poteva dare a Phibes un'intensità così spiccata. Il suo è un personaggio distrutto dal dolore, il modo in cui si ferma a guardare l'immagine della moglie scomparsa è da cavarsi il cuore con le mani, e allo stesso un sadico bastardo che si compiace dei suoi tremendi omicidi. 

Basta aprire un link a caso online per vedere paragonato questo capolavoro di creatività a quella robaccia che risponde al nome di Saw. Non lasciatevi ingannare, se per caso ancora non aveste visto il film di Robert Fuest. I due non hanno niente a che spartire e se cortesemente Jigsaw volesse con la sua maledetta arroganza sedersi in un angolo ad imparare come si fa, grazie. 

Phibes organizza i suoi omicidi basandosi sulle bibliche piaghe d'Egitto, e le rende modi molto scenografici di togliere la vita alle persone. Parlo di locuste calate dal soffitto su facce riempite di roba che sembra melassa, di maschere a forma di rana e teste di unicorno, di pipistrelli affamati e topi sugli aerei, ma che ne sa quello sul triciclo. La scelta e la messa in scena di queste morti, poi, sono da applausi a scena aperta, ma quanto sono estetici? Che scelte incredibili ha fatto, una dopo l'altra, Fuest? 


Il film, poi, sarebbe anche senza queste morti, una meraviglia di colori. Quelli che sanno di arte e architettura più di me lo chiamano art decò, io, ignorante, lo chiamo "Ma quanto sei bello?".

Le pareti dell'ospedale verdi, la casa del dottor Vesalius, i vestiti, ogni cosa. L'estetica di questo film ripulisce le cornee anche dallo smog. Ogni inquadratura l'avrei screenshottata per stamparmela in casa. 

In questo goduriosissimo insieme di morti succulente e immagini da rivista di interior design, non passa mai in secondo piano la storia di un uomo ferito. Per questo parlavo dell'equilibrio, prima. Si mettono insieme cose che all'apparenza sembrerebbero così lontane e che invece si rivelano, insieme, miscelate alla perfezione.


Guardatela, se non l'avete già fatta, la storia di un Vincent Price fatto a pezzi dalla vita e dalla strada che si prende la sua vendetta. Già solo con questa descrizione ne varrebbe la pena.

mercoledì 30 dicembre 2020

I 200 di Rue Morgue: House on Haunted Hill

10:36

L'inverno è per la sottoscritta la manifestazione del demonio sulla terra. Mi manca l'estate, il caldo torrido e l'acqua fresca del mio venerato fiume Trebbia, questo gelo e questa nebbia mi fanno schifo e sfrutto ogni occasione per ricordare che qui siamo #teamestate sempre e per sempre. La sola cosa che redime la stagione ai miei occhi è il fatto che per qualche motivo la associo a film vintage, me ne viene sempre più voglia e me li godo di più se li guardo con l'interezza del cliché: divano, coperta di pile, tisana. L'ultima volta era stato The Innocents, questa volta tocca a William Castle e alla sua Casa dei fantasmi.




Un ricco imprenditore e la sua giovane moglie organizzano una bizzarra festa in una casa infestata: i loro invitati sono tutti sconosciuti e a ciascuno di loro verranno donati 10.000 dollari se riusciranno a passare la notte intera bloccati all'interno della casa. Gli invitati accettano e la loro notte all'insegna del soprannaturale inizia. Finirà in modo inaspettato.


Di questo film ho adorato tutto. Dura pochissimo, il tempo di un caffè un po' più lungo preso dopo pranzo e si gode di una chicca senza tempo, che si prende gioco di chi è venuto prima di lui e anche un po' di chi verrà dopo, che non prendendosi sul serio mai non prende sul serio nessuno. Scegliere Vincent Price come protagonista è la scelta più felice del mondo, perché quella sua iconica faccia di tolla è seria sempre e non lo è mai, potrebbe starti prendendo ampiamente per i fondelli e tu non lo noteresti, perché è così infinitamente superiore a tutti quelli che lo circondano che lo si prende così com'è e non si sbaglia mai.

E detta così sembra che sia un film stupidello, quando invece è pienamente consapevole di quello che fa, e giocherellando con i generi fa una critica sociale fortissima e di grande impatto. Il ricco imprenditore fa quello che vuole delle persone che considera inferiori a sé, si può permettere, grazie al potere che conferiscono i soldi, di chiedere qualunque cosa con la certezza di ottenerla. Fin dalle primissime scene ci è chiarito in modo inequivocabile che i personaggi non hanno alcuna scelta: ognuno di loro ha un disperato bisogno dei 10.000 dollari e se il prezzo da pagare è passare una sola notte in una casa infestata, ben venga. Sarebbero tutti disposti a fare anche di più, per come ci vengono mostrati.

Il problema, però, non è solo la casa infestata. Il problema vero è l'organizzatore della festa, che si sente legittimato a prendersi gioco delle persone solo perché può farlo, per diletto personale e della deliziosa quarta mogliettina che avrebbe giusto l'età di essere sua figlia. Tutto è acquistabile con i soldi, e tutto è ottenibile con il potere che i soldi danno. E allora "scherziamo" con le vittime di questa festa, portiamole all'esaurimento nervoso, e nel dubbio diamo anche loro delle armi.

Quanto arrogante puoi essere per armare delle persone disperate ed essere certo che non ti accada nulla? Ora, la risposta è ovviamente nel film e nello svolgersi della vicenda, ma questo non cambia la sua posizione. 

Nello svolgersi del film gli eventi soprannaturali, che pure ci sono, vengono spesso, e purtroppo, calpestati dalle vicende dei vivi, che sono come sempre peggio dei fantasmi. Il finale si riapre un pochino verso il regno dei defunti, con una di quelle belle frasi ad effetto che oggi non colpirebbero più il pubblico ma di cui io continuo a subire il fascino come fosse la prima volta.


Un film perfetto, breve e intenso, per questi giorni di mezzo, tra la fine delle feste e l'inizio dell'anno nuovo. Io mi sono rilanciata in una maratona del Signore degli anelli che sta durando giorni interi, ma se voleste qualcosa di molto, molto meno impegnativo, il film di Castle è su Youtube, perché fa parte dei film di pubblico dominio. 

Un piccolo postumo regalino di Natale, ecco.

mercoledì 23 dicembre 2020

I 200 di Rue Morgue: The Innocents (Suspense)

10:28

 In questa casa Flanagan è, come ormai saprete benissimo, il nome a cui si rivolgono le preghierine la sera. I personaggi della sua serie The Haunting (entrambe le stagioni) mi mancano ogni giorno in cui non li vado a cercare. Per questo, nel progetto dei 200 di Rue Morgue, che vi racconto con calma qui questa volta ho dovuto rivedermi la storia di Flora e Miles: perché il mio cuore pensa a quei piccoli bambinetti stupendi almeno una volta al giorno.


lo so che non è la locandina originale ma quanto è bella?


SPOILER ROVINAFILM

La storia del Giro di vite di Henry James, ispirazione di questo film e ovviamente della serie tv, è più che nota, ma facciamone comunque un riassunto per chi non sapesse di cosa stiamo parlando. Miss Giddens viene assunta da un ricco scapolo di città come istitutrice per i suoi due nipotini orfani, Flora e Miles, nella grande tenuta di Bly, dove vivono insieme al resto del personale. Miss Giddens ama i bambini ed è molto entusiasta del nuovo lavoro. Il suo entusiasmo sarà presto messo a tacere da quello che succede, o lei pensa succeda, a Bly.


Per quanto io ami tantissimo gli horror a me contemporanei, ogni tanto sento il bisogno di una cosa del genere: un raffinatissimo film gotico in bianco e nero, in costume, lento, elegante e atmosferico. Sono film che sono come una coccola, un morbido maglione di cashmere dai colori naturali da sentirsi tutto intorno. Anche la paura che fanno è più avvolgente, ruota nell'aria della stanza senza mai diventare fragorosa, si accomoda dietro il collo per dare giusto giusto quella sensazione di angoscia che diventa così di classe che mamma mia mi sento cinefila francese con il basco e la sigarettina sottile. 


Questo, però, è davvero un capolavoro. Uno di quelli che già durante la visione ti fa pensare che stai guardando una cosa grande che segna quello che viene dopo e soprattutto segna te. La storia, che ormai mi era ben nota, è qui sviscerata con una tale maestria (e non a caso è scritta da Capote) che mi è comunque sembrata fresca. Separandosi da libro, serie tv e, scopro da internet, anche dallo spettacolo teatrale che io non conosco, introduce la novità che lo rende il grandissimo lavoro che è: l'ambiguità. Io, allora, che sono appassionata di parole, mi sono andata a cercare come si può intendere l'ambiguità al cinema. Non è mai il caos o la non chiarezza. Non si risolve l'ambiguità con gli spiegoni. Piuttosto, è il contrapporsi di due situazioni chiarissime e plausibili: questi fantasmi, questo Peter Quint e questa Miss Jessel, ci sono davvero o sono frutto di una mente disturbata? Posto che io, con ogni probabilità influenzata da quello che ho letto e visto prima, ho guardato il film certa che i fantasmi fossero reali, quello che funziona è proprio che siano i protagonisti a non capirlo. Per quanto alla fine Miss Giddens usi la sua autorità per fare quello che crede (e poi ne parliamo), anche lei stessa è confusa. Si fida della sua mente, da subito convince anche la governante Mrs Grose di quello che le sta succedendo, ma non mancano scene (come quella in riva al lago con Flora) in cui è la sola a vedere i fantasmi e la cosa la disturba. Quando Flora scoppia in lacrime tra le braccia della dolcissima Mrs Grose, Miss Giddens fa uno sguardo che sembra davvero dire "Guarda cosa ho fatto, sto impazzendo". 

E poi c'è il discorso dell'autorità, ovviamente. Già dalla prima scena, quella del colloquio, lo zio dice chiaramente all'istitutrice che lei sarà a capo della gestione della casa e dei bambini. Questo complica le cose quando c'è una mente fragile di mezzo. Se crediamo che i fantasmi ci siano stati davvero, a Bly, allora tutto ok: Miss Giddens è stata molto coraggiosa e li ha affrontati da sola, ha salvato la collega e la bambina con il terribile prezzo da pagare della morte del bambino. Se invece crediamo che i fantasmi non ci siano e sia tutto frutto della sua immaginazione, qua diventa un casino. Lo zio non vuole essere disturbato per nessuna ragione al mondo e la persona a capo della situazione ha perso il senno. Nessuno ha l'autorità per darle contro, nessuno può impedirle di fare quello che crede e quando lei lo fa, Miles muore. Sono entrambe possibilità reali, plausibili, ed è questo che rende il film così pieno di fascino. 


Peter Quint e Miss Jessel, i fantasmi, sono personaggi attivi e vivissimi pur essendo solo nominati da altri e, soprattutto, pur essendo morti. Miss Jessel è stata tutto quello che Miss Giddens non riesce ad essere: libera, innamorata, un po' fuori da quelle che erano considerate le righe giuste. L'amore malato tra i due è più di quanto l'istitutrice abbia mai mostrato di avere mai avuto. Il racconto delle loro "malefatte" la sconvolge ma la intriga, e loro due per lei diventano un'ossessione. Che ci siano realmente o meno, sta a noi deciderlo, esattamente come Clayton, il regista, aveva chiesto alla bravissima Deborah Kerr (Miss Giddens) di fare, perché in fondo non ha alcuna importanza. 

Questo smettere di volere risposte a tutti i costi mi ha spalancato modi di vedere e godere del cinema che per anni non ho conosciuto. Un film come questo è così pieno di sfaccettature e piani di lettura e considerazioni da fare che non ne voglio una sola. Voglio poterlo rivedere di nuovo pensando solo a Miss Giddens come ad una povera mente distrutta e poi un'altra volta ancora pensando a che donna coraggiosa e forte sia stata e poi una terza volta ancora senza pensare nessuna delle due ma godendomi solo l'avvolgente inquietudine che, diciamocelo, sono solo i gotici a dare.


Per me le storie di fantasmi sono sempre le più belle e tristi di tutte, mi riempiono di emozioni e riescono sempre, anche quando sono brutte, a farmi paura.

E in fondo sono qui per questo.

giovedì 10 dicembre 2020

I 200 di Rue Morgue: Full Circle (The Haunting of Julia)

14:05

 Prosegue il mio viaggio attraverso i consigli di Rue Morgue. Dopo la storia dell'uomo falena, di cui abbiamo parlato qui, stavolta mi sono fatta comprare dal "The Haunting". Se qualcosa o qualcuno è haunted da qualcosa o qualcuno io mi ci lancio dentro di testa.




Il film è del '77, diretto da Richard Loncraine, che non conoscevo, ed è tratto da un romanzo di Peter Straub che non ho letto. Che premesse sfavillanti per parlare di un film. Non solo non conoscevo il regista, ma questo film era proprio passato alla larga dai miei (seppur miopi) radar. Parla di una madre che subisce il più temuto dei lutti e che in seguito alla tragedia si separa dal marito e prende casa da sola. Figuriamoci se le cose potevano andarle bene.


Cercherò di non fare impietosi confronti con Rosemary's baby oltre a questo primo paragrafo, che faccio giusto per mettere in ordine i pensieri. Tra il film di Loncraine e quello di Polanski le similitudini ci sono e sono parecchie, delle quali Mia Farrow come protagonista è proprio l'ultima. Si parla in entrambi i casi di una madre disperata, condotta sull'orlo della follia e che inizia a dubitare di se stessa, vessata da un marito ripugnante e che deve cercare da sola risposte alle sue domande. In entrambi, poi, il finale è molto bello e da un certo punto di vista molto simile.

Detto ciò, è forse ingiusto da parte mia paragonare un film che è sì interessante e piacevole ad uno dei miei preferiti della storia del mondo. The Haunting of Julia non può essere messo a confronto con la raffinatezza del film che lo ha preceduto, ma ha comunque qualcosa da dire.

Si apre con una scena che temo farà piangere di angoscia ogni genitore dall'altra parte dello schermo: è una mattina qualunque e la figlia di Julia sta facendo colazione, quando qualcosa le va di traverso e la soffoca. La madre, colta di sorpresa, non fa la cosa giusta per aiutarla e la ragazzina muore. Ha angustiato anche me che genitore ancora non sono, perché è molto veloce. Vediamo la famiglia serena solo per qualche istante prima che si consumi la tragedia e in pochi istanti è tutto finito, vite rovinate. 

Julia quindi decide che la cosa giusta per lei sia finalmente liberarsi di un marito con il quale le cose non andavano più bene da tempo. E qui arriviamo all'orrore vero e attualissimo del film: il marito. Julia già deve gestire un lutto grosso come il mondo, non ha bisogno di un uomo incapace di accettare che lei, in quanto libera cittadina, abbia deciso di lasciarlo. Non solo non lo accetta, ma cerca in ogni modo di farla passare per una donna instabile, incapace di prendersi cura di se stessa, malata. La storia più vecchia del mondo: la donna è pazza. L'uomo che invece commette reati e violenze per "riaverla" è perfettamente in possesso di tutte le proprie capacità. Non le viene legittimata la possibilità di prendere in autonomia una decisione per il proprio benessere, la sua volontà viene sminuita, la sua dignità calpestata. Magnus (che nome da zarrogante bastardo) lo avrei ammazzato con queste mani piccole e rovinate che mi ritrovo.

In questo c'è un'ulteriore aggravante: il fantasma. Questa povera donna deve gestire: una figlia morta, un marito da galera e un fantasma in casa, che capirete da voi non aiuta la sua causa. Deve dimostrare di essere perfettamente in grado di badare a se stessa ma allo stesso tempo dimostrare che non si è inventata nulla e che non è solo tutto frutto della sua mente disturbata: in casa c'è qualcuno, qualcuno di ben poco amichevole. 

Il resto della storia è una storia di fantasmi piuttosto canonica, con la consueta ricerca di informazioni che porta a scoperte spiacevoli sul passato, a conoscere persone poco propense alla collaborazione e alla fine infelice di quelle che la collaborazione l'avrebbero data volentieri. Non mi stupisce che sia tratto da un libro di Straub, in effetti, e lo dico in modo positivo. Le ghost stories sono sempre le mie preferite e le sue sono classiche, senza tempo. (Mi sono già procurata il libro? Forse. Me lo leggo dopo quello del mothman.)


Il finale è bellissimo. Qualcuno storcerà il naso al suono di 'Niente di nuovo!' ma da queste parti troviamo la novità un po' sopravvalutata. Una madre che è stata privata del senso del suo ruolo che pian piano accetta di ritrovarlo anche in modi poco convenzionali, che cerca così di mettere una pezza sopra al buco che ha nel petto, che accetta quello che la vita le ha messo davanti. Ammetterò che è una scelta, quella di concludere le storie così, che mi emoziona sempre.

Julia è una donna tormentata, inquieta, instabile solo per colpa del dolore non per mancanza di lucidità. La sua storia è molto dolorosa e il film le rende la giustizia che merita. 

Che belle, sempre, le storie di fantasmi.



venerdì 4 dicembre 2020

I 200 di Rue Morgue: The Mothman Prophecies

11:37

 Rue Morgue è una di quelle mitologiche riviste di cinema che non hanno mai visto la luce nelle edicole italiane. Internet, però, è una fonte illimitata di sapere e quindi anche i numeri di Rue Morgue sono lì che aspettano di essere letti mentre vi fate asciugare lo smalto, come la sottoscritta. Nel 2012 se ne sono usciti con un numero speciale, con 200 horror meno noti ma che vale la pena vedere. Poiché la sottoscritta ne ha visti un numero vergognosamente basso, eccomi qua a recuperare col capo cosparso di cenere.

Se foste interessati a vedere l'elenco di tutti i film che Rue Morgue ha selezionato, me ne sono fatta una lista su Letterboxd, la trovate al mio profilo, che sta qui di fianco. 


Ho iniziato con l'uomo falena per una ragione ben specifica, anzi due: è su Prime e quindi non ho dovuto smanettare per cercarlo (è diventata più dura la vita dei frequentatori di torrenti da quando ci sono mille servizi di streaming legale) e soprattutto perché dopo avere ascoltato la storia del Mothman in Bouquet of Madness (uno dei miei podcast preferiti, ne parlano all'episodio 13) mi ci sono appassionata.




Richard Gere è John, un giornalista del Washington Post. Ha una vita meravigliosa e un matrimonio felicissimo con Mary. Si trova proprio in auto con lei quando qualcosa la spaventa e le fa perdere il controllo dell'auto. In seguito all'incidente i medici le diagnosticheranno un gravissimo tumore che lascerà John vedovo nel giro di pochi giorni. Il pensiero della cosa che ha spaventato Mary, e che lui non ha visto, però, lo tortura, e due anni dopo, in circostanze del tutto separate, vi rientrerà in contatto. 


Ora, io sono la più scettica del pianeta e non credo a niente però insomma a me sto uomo falena piace un sacco ed è forse una delle poche cose al mondo su cui mi faccio delle domande. Io e R ne parliamo spesso perché anche lui è affascinato e devo dire che il film si è rivelato una piacevole sorpresa su cui non avrei scommesso neppure i 2,50€ che ho nel portafoglio in questo momento. 

Mi verrebbe da dire che mi sarebbe piaciuto comunque perché è proprio la storia ad affascinarmi ma ripensandoci non è così: sono super intrigata dal caso del passo Dyatlov ma il film che ne parla (su Prime anche lui) è orrido comunque, quindi forse non sono nemmeno troppo di parte. Solo che il mio scetticismo e Richard Gere mi avevano fatto partire ingiustamente prevenuta.


The Mothman Prophecies parla sì di apparizioni di un gigante con gli occhi rossi proprio prima di eventi disastrosi, però parla anche di elaborazione del lutto e di come ricostruirsi. John ha perso la moglie e ha cercato di ritrovare se stesso buttandosi nel lavoro, ma non si è mai "risolto" fino a che non ha risolto il tarlo che lo torturava. Avrebbe potuto lasciarsi tutto alle spalle e continuare in qualche modo a vivere, ma quella pulce nell'orecchio lì lo avrebbe torturato per tutta la vita. Ci si è ritrovato in mezzo quasi involontariamente ma ha poi scelto di andare fino in fondo, di affrontare una cosa dolorosa e spaventosa.  

Non c'erano finali giusti o sbagliati alla storia di John. Risolvere il caso non avrebbe potuto comunque riportargli la moglie (e quelli morti nel frattempo) e lasciar perdere non lo avrebbe fatto vivere sereno. 

L'ho trovato molto onesto nel suo scegliere di non dare una conclusione netta. Gli eventi accaduti a Point Pleasant sono reali e il film sceglie di ripercorrerli, ma avrebbe potuto non farlo e dare una fine più definitiva alla faccenda. Non lo fa, e con questa scelta prosegue la linea inquietantissima che ha percorso tutto il film. Salvo un paio di momenti di spaventello divertenti, il film è più in generale un manto freddo di inquietudine, una sensazione che a quelli come me piace sempre tantissimo ritrovare al cinema. Vediamo la creatura poco e male, ma vediamo sempre il terrore negli occhi di chi lo ha visto, e tanto basta. Come sempre accade quando si parla di credenze del folklore locale, non è importante che siano reali o meno, è il solo credere che siano possibili a fare paura, e il Mothman non è da meno. In più lui è una figura controversa: avvisa dei disastri o li causa? Ci aiuta o ci ammazza? 
Potrei parlarne per giorni. Ho guardato persino un film con Richard Gere pur di parlare ancora dell'uomo falena.

Perché falena, poi? Perché non gufo, barbagianni, arpia? (quella dell'arpia è ancora la mia teoria, ma Erre me la smonta sempre perché non sono animali notturni. Porto avanti con forza la mia tesi.) So che ha qualcosa a che fare con un nemico di Batman ma la scelta mi lascia perplessa comunque. Perché proprio lì, poi? So che è poi stato visto in tutto il mondo ma perché cominciare proprio lì?

Sono intrigatissima.

E il film è pure stato bellino.

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