A new Whovian
Mari.
18:05
AVVISO AI NAVIGANTI
Il post che segue parla nello specifico della stagione 5 della nuova serie di Doctor Who e di conseguenza ha qualche spoiler. Ammesso e non concesso che gli spoiler non vadano in prescrizione dopo tutti sti anni.
Se è vero che c'è un momento giusto per ogni cosa, oggi ringrazio di avere snobbato così a lungo Doctor Who. Una delle serie preferite di sempre del mio ragazzo, me lo sono lasciata scorrere di fianco per anni, ignorando il suo entusiasmo. È arrivato a me nel momento giusto, e mi è entrato dritto nel cuore.
Oggi ho finito di vedere A Christmas Carol, lo speciale di Natale della quinta stagione, e tra le tonnellate di lacrime che ho versato in questi giorni di binge watching, cerco di scriverci su due paroline sensate. Non sullo speciale di Natale, sulla serie.
Parole da neofita quale sono, perché lungi da me voler fare la grande esperta di un universo così vasto che io ho solo da poco iniziato ad esplorare, e soprattutto parole che niente hanno a che vedere con la fantascienza di cui il telefilm, come immaginerete, è pieno. Insomma, chiamiamolo un post di prime impressioni. Ne prevedo molti altri.
Mi ritrovo di nuovo a difendere la fantascienza da me stessa e da quelli come me. La mia innata ostilità verso tutto ciò che è alieno, spaziale (ma solo nella fiction, nella realtà bingwatcho Cosmos su Netflix), laser o androide non è riuscita a tenermi distante a lungo dal fenomeno Doctor.
Come mi ritrovo a dire in ogni caso, quindi, ho avuto la netta sensazione che anche negli episodi del Dottore la fantascienza fosse solo un espediente. C'è tanto, tanto altro di cui parlare, e per farlo in un modo che lasci scorrere episodi da un'ora come fossero sorsi di acqua fresca c'è solo una cosa da fare: metterci l'avventura.
Ho iniziato ad emozionarmi al primo episodio. (Parliamo, ve lo ricordo, della stagione 5, quella da cui, senza alcuna logica spiegabile, Netflix ha deciso di partire.)
La piccola, incantevole, Amelia Pond incontra il Dottore. Cioè, questo squilibrato con il papillon le atterra in giardino, le mangia fuori la dispensa nemmeno fosse uno dei Nani in casa Baggins (sì, mangia davvero fish fingers and custard, causando grossi problemi a me, che vi ricordo lavoro in pasticceria) e la convince di essere pronto a portarla con sè per mille mirabolanti avventure. Lei prepara di corsa la valigetta e aspetta, aspetta, aspetta. The girl who waited.
Se ve lo steste chiedendo, sì, io stavo già frignando.
Alla fine il Dottore torna, diversi anni dopo. Quando viaggi nel tempo a volte perdi un po' il senso della misura.
Inizia così la più felice delle relazioni, tra un alieno che controlla il tempo e la donna che lo accompagna, cresciuta aspettandolo e mai perdendo una goccia sola della grande, dolcissima fede in lui. Separati sono interessanti, insieme fanno scintille. Il loro dialogo è spumeggiante, stuzzicante, irresistibile. Li amo come fossero amici miei. Amy Pond è sensazionale. Curiosa, nel senso di Davvero Molto Curiosa, incurante dell'opinione degli altri, intraprendente, determinata, forte, adorabile. In alcuni momenti ho pensato fosse pazza e in altri ancora che fosse scorretta, brusca, antipatica. Accettarla in ogni suo aspetto, però, significa diventare come lei: coraggiosi e pronti a lanciarsi in un viaggio all'interno del tempo e dello spazio.
E poi Lui, chiaramente, il Dottore.
Mi ha fatto proprio qualcosa dentro, in mezzo allo costole, perché quando guardo un episodio (o due, o tre, o quattro per volta) mi sento contenta. Mi rende contenta. Con il suo sorriso, il suo papillon e la sua enorme sicurezza in sè mi appiccica in basso sulla faccia un sorriso enorme. Sì, ha un cacciavite sonico, una cabina della polizia che viaggia nel tempo e altre cose di cui mi importa poco e niente, più poco che niente, ma vale la pena 'sopportarle'. In realtà ho adorato quel dispositivo indossato come un bambino in fasce che gli permetteva di vedere il Krafyis, con lo specchiettino retrovisore. Ma è stata una felice eccezione.
Il Dottore ha un amore per gli uomini che nemmeno gli uomini hanno per se stessi. Proprio lui, che umano non è. Il suo range di sentimenti è sconfinato, spesso gli basta un gesto con le braccia per esprimere quell'universo intero in cui viaggia.
Esempio? Esempio.
Il mio episodio preferito, quello che ho già rivisto un paio di volte senza mai interrompere il flusso del pianto, è Vincent and the Doctor, il decimo. Il Vincent in questione è Van Gogh, che il Dottore e Amy hanno conosciuto al suo peggio. Pochi mesi prima del suo suicidio, solo, alcolista e profondamente sofferente. Dopo avere combattuto insieme il mostro di circostanza, il Dottore decide dimostrare a Vincent che non tutto è perduto. Lo porta al Musée d'Orsay, nella sala a lui dedicata. Entra, si mette in mezzo alle opere che hanno segnato la storia dell'arte e si limita ad aprire le braccia. Con un gesto gli dice solo 'Guarda, guarda quanto vali davvero.'
Davvero, come avete fatto, voi che non avete pianto? Tutta una vita ridiscussa, un talento rimesso al suo posto, una vita aiutata, in un gesto delle braccia. È stato poetico e meraviglioso e ho pianto tanto. Quando il curatore del museo ha iniziato a parlare pensavo sarei soffocanta nelle mie lacrime.
Non ci sono solo lacrime, però.
Il Dottore è la persona giusta da far conoscere ai bambini, perché è la migliore avventura che gli si possa regalare. E con bambini non intendo solo quelli che avete creato, ma parlo soprattutto di quelli che custodite dentro e che ogni tanto vi dimenticate di far emergere.
Si ride tanto, si viaggia per i secoli e per i pianeti, si salvano donzelle in difficoltà ma anche giovanotti sprovveduti, si combattono robottoni e si uccidono mostri, anche se la violenza è ciò che il Dottore più detesta. Ha la forza fisica del sollevatore di topi, un fisico esilissimo e nessuna arma che non sia il suo cervello. È frequentissimo vederlo bloccarsi proprio nel vivo nell'azione, quando tutto è in pericolo e rischia di perdersi, perché deve pensare. Sono le idee a farlo sopravvivere attraverso il tempo, non le botte. Parla, parla un sacco e implora gli altri di tacere. Zittisce, mette mani sulla bocca e si sfrega la testa, e alla fine l'idea geniale arriva.
Spesso arriva anche il colpo di culo, ma è per questo che ci piace. Se non è sicuro, di certo ci prova. Non smette mai di provare, in realtà. Ogni episodio ha un momento in cui riconosce di avere sbagliato, di essersi confuso, di avere sottovalutato la situazione. Ad un certo punto, però, gli si accende la lampadina del genio, e finiamo per vivere momenti come questo, indimenticabile:
Se non l'avete ancora fatto, lasciatevi trascinare in un'avventura indimenticabile. Ci sono i Dalek, i quadri famosi, i fidanzati goffi e gli Antichi Romani.
Riuscite a pensare a qualcosa di meglio?
Post dedicato a Erre, ovviamente.
Possa io continuare ad essere la Pond che ti accompagna nelle tue avventure, senz'altro più terresti, ma non per questo meno entusiasmanti.
Il post che segue parla nello specifico della stagione 5 della nuova serie di Doctor Who e di conseguenza ha qualche spoiler. Ammesso e non concesso che gli spoiler non vadano in prescrizione dopo tutti sti anni.
Se è vero che c'è un momento giusto per ogni cosa, oggi ringrazio di avere snobbato così a lungo Doctor Who. Una delle serie preferite di sempre del mio ragazzo, me lo sono lasciata scorrere di fianco per anni, ignorando il suo entusiasmo. È arrivato a me nel momento giusto, e mi è entrato dritto nel cuore.
Oggi ho finito di vedere A Christmas Carol, lo speciale di Natale della quinta stagione, e tra le tonnellate di lacrime che ho versato in questi giorni di binge watching, cerco di scriverci su due paroline sensate. Non sullo speciale di Natale, sulla serie.
Parole da neofita quale sono, perché lungi da me voler fare la grande esperta di un universo così vasto che io ho solo da poco iniziato ad esplorare, e soprattutto parole che niente hanno a che vedere con la fantascienza di cui il telefilm, come immaginerete, è pieno. Insomma, chiamiamolo un post di prime impressioni. Ne prevedo molti altri.
Mi ritrovo di nuovo a difendere la fantascienza da me stessa e da quelli come me. La mia innata ostilità verso tutto ciò che è alieno, spaziale (ma solo nella fiction, nella realtà bingwatcho Cosmos su Netflix), laser o androide non è riuscita a tenermi distante a lungo dal fenomeno Doctor.
Come mi ritrovo a dire in ogni caso, quindi, ho avuto la netta sensazione che anche negli episodi del Dottore la fantascienza fosse solo un espediente. C'è tanto, tanto altro di cui parlare, e per farlo in un modo che lasci scorrere episodi da un'ora come fossero sorsi di acqua fresca c'è solo una cosa da fare: metterci l'avventura.
Ho iniziato ad emozionarmi al primo episodio. (Parliamo, ve lo ricordo, della stagione 5, quella da cui, senza alcuna logica spiegabile, Netflix ha deciso di partire.)
La piccola, incantevole, Amelia Pond incontra il Dottore. Cioè, questo squilibrato con il papillon le atterra in giardino, le mangia fuori la dispensa nemmeno fosse uno dei Nani in casa Baggins (sì, mangia davvero fish fingers and custard, causando grossi problemi a me, che vi ricordo lavoro in pasticceria) e la convince di essere pronto a portarla con sè per mille mirabolanti avventure. Lei prepara di corsa la valigetta e aspetta, aspetta, aspetta. The girl who waited.
Se ve lo steste chiedendo, sì, io stavo già frignando.
Alla fine il Dottore torna, diversi anni dopo. Quando viaggi nel tempo a volte perdi un po' il senso della misura.
Inizia così la più felice delle relazioni, tra un alieno che controlla il tempo e la donna che lo accompagna, cresciuta aspettandolo e mai perdendo una goccia sola della grande, dolcissima fede in lui. Separati sono interessanti, insieme fanno scintille. Il loro dialogo è spumeggiante, stuzzicante, irresistibile. Li amo come fossero amici miei. Amy Pond è sensazionale. Curiosa, nel senso di Davvero Molto Curiosa, incurante dell'opinione degli altri, intraprendente, determinata, forte, adorabile. In alcuni momenti ho pensato fosse pazza e in altri ancora che fosse scorretta, brusca, antipatica. Accettarla in ogni suo aspetto, però, significa diventare come lei: coraggiosi e pronti a lanciarsi in un viaggio all'interno del tempo e dello spazio.
E poi Lui, chiaramente, il Dottore.
Mi ha fatto proprio qualcosa dentro, in mezzo allo costole, perché quando guardo un episodio (o due, o tre, o quattro per volta) mi sento contenta. Mi rende contenta. Con il suo sorriso, il suo papillon e la sua enorme sicurezza in sè mi appiccica in basso sulla faccia un sorriso enorme. Sì, ha un cacciavite sonico, una cabina della polizia che viaggia nel tempo e altre cose di cui mi importa poco e niente, più poco che niente, ma vale la pena 'sopportarle'. In realtà ho adorato quel dispositivo indossato come un bambino in fasce che gli permetteva di vedere il Krafyis, con lo specchiettino retrovisore. Ma è stata una felice eccezione.
Il Dottore ha un amore per gli uomini che nemmeno gli uomini hanno per se stessi. Proprio lui, che umano non è. Il suo range di sentimenti è sconfinato, spesso gli basta un gesto con le braccia per esprimere quell'universo intero in cui viaggia.
Esempio? Esempio.
Il mio episodio preferito, quello che ho già rivisto un paio di volte senza mai interrompere il flusso del pianto, è Vincent and the Doctor, il decimo. Il Vincent in questione è Van Gogh, che il Dottore e Amy hanno conosciuto al suo peggio. Pochi mesi prima del suo suicidio, solo, alcolista e profondamente sofferente. Dopo avere combattuto insieme il mostro di circostanza, il Dottore decide dimostrare a Vincent che non tutto è perduto. Lo porta al Musée d'Orsay, nella sala a lui dedicata. Entra, si mette in mezzo alle opere che hanno segnato la storia dell'arte e si limita ad aprire le braccia. Con un gesto gli dice solo 'Guarda, guarda quanto vali davvero.'
Davvero, come avete fatto, voi che non avete pianto? Tutta una vita ridiscussa, un talento rimesso al suo posto, una vita aiutata, in un gesto delle braccia. È stato poetico e meraviglioso e ho pianto tanto. Quando il curatore del museo ha iniziato a parlare pensavo sarei soffocanta nelle mie lacrime.
Non ci sono solo lacrime, però.
Il Dottore è la persona giusta da far conoscere ai bambini, perché è la migliore avventura che gli si possa regalare. E con bambini non intendo solo quelli che avete creato, ma parlo soprattutto di quelli che custodite dentro e che ogni tanto vi dimenticate di far emergere.
Si ride tanto, si viaggia per i secoli e per i pianeti, si salvano donzelle in difficoltà ma anche giovanotti sprovveduti, si combattono robottoni e si uccidono mostri, anche se la violenza è ciò che il Dottore più detesta. Ha la forza fisica del sollevatore di topi, un fisico esilissimo e nessuna arma che non sia il suo cervello. È frequentissimo vederlo bloccarsi proprio nel vivo nell'azione, quando tutto è in pericolo e rischia di perdersi, perché deve pensare. Sono le idee a farlo sopravvivere attraverso il tempo, non le botte. Parla, parla un sacco e implora gli altri di tacere. Zittisce, mette mani sulla bocca e si sfrega la testa, e alla fine l'idea geniale arriva.
Spesso arriva anche il colpo di culo, ma è per questo che ci piace. Se non è sicuro, di certo ci prova. Non smette mai di provare, in realtà. Ogni episodio ha un momento in cui riconosce di avere sbagliato, di essersi confuso, di avere sottovalutato la situazione. Ad un certo punto, però, gli si accende la lampadina del genio, e finiamo per vivere momenti come questo, indimenticabile:
Se non l'avete ancora fatto, lasciatevi trascinare in un'avventura indimenticabile. Ci sono i Dalek, i quadri famosi, i fidanzati goffi e gli Antichi Romani.
Riuscite a pensare a qualcosa di meglio?
Post dedicato a Erre, ovviamente.
Possa io continuare ad essere la Pond che ti accompagna nelle tue avventure, senz'altro più terresti, ma non per questo meno entusiasmanti.