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venerdì 6 maggio 2022

Gli anni '30: White Zombie e l'origine dei ritornanti

17:29
In questi primi due decenni di ricostruzione della storia del cinema dell'orrore abbiamo visto quasi tutte le creature che ci accompagneranno per tutto il percorso: demoni, streghe, vampiri, scienziati pazzi...
All'appello, però, insieme ad altri amici che conosceremo settimana dopo settimana, mancano i più politici di tutti: gli zombie. 
Questo perché fino al 1932, anno di uscita di White Zombie, dei ritornanti non si era ancora parlato, o almeno non nei termini che utilizziamo ancora oggi.
Oggi, quindi, vediamo insieme la storia e le conseguenze di un film piccolo e anche un po' odiato, una delle rarissime incursioni di casa United Artists nel mondo del cinema dell'orrore.


manco la faccio la gag per farvi indovinare di chi siano sti occhi da ossesso



Le origini del mito


Mi verrebbe fin troppo facile riassumere la nascita della figura dei morti viventi con un semplice "i bianchi fanno schifo", ma è un po' come dire che l'acqua è bagnata ma non spiegare perché disseta, quindi mi impegno un po' di più. 
Per quanto il concetto di ritorno dalla morte sia effettivamente parte di più di una cultura, è all'Haiti del diciassettesimo secolo che dobbiamo la figura dello zombie il più simile possibile a quella che intendiamo oggi. E dico che i bianchi fanno schifo perché naturalmente Haiti era una colonia francese. E colonia = schiavitù. E schiavitù = metodi diversi di gestire l'immensità della situazione da parte delle persone che la subivano. Nascono credenze popolari, suggestioni, che vogliono la possibilità del ritorno dalla morte come qualcosa di tutto fuorché positivo. Chi moriva e poi tornava lo faceva in uno stato di totale assenza dell'anima: a tornare erano solo i corpi. Questo portava ad una maggiore oppressione, una totale cessione del corpo al volere dell'altro. Se non esisti come umano ma solo come corpo sei maggiormente comandabile, la sopraffazione su di te è totale. Lo zombie, quindi, è il frutto della paura più grande, della peggiore delle realtà possibili. Il più rappresentativo simbolo dell'ingiustizia sociale.

Non ci sono molte fonti riguardanti la figura del ritornante precedenti la Rivoluzione Haitiana, quella per l'abolizione della schiavitù e la liberazione dal governo francese, avvenuta tra il 1791 e il 1804. Sappiamo che la parola compare per la prima volta nel 1697, in un testo autobiografico di Pierre-Corneille Blessebois (non chiedetemi mai quante volte ho fatto un controllo sul modo corretto di scrivere il suo nome), intitolato Le Zombi du Grand Pérou, considerato oggi il primo romanzo coloniale francese. 
Dopo la Rivoluzione, le condizioni di vita ad Haiti non sono migliorate, almeno per i membri delle classi inferiori (una grande sorpresa per nessuno): politica instabile, differenze di classe, leader affamati di potere. Il risultato è che la schiavitù è stata sì abolita, ma non la supremazia dei ricchi sui poveri, che restano pesantemente controllati. Fu inevitabile, poi, l'interessamento degli Stati Uniti verso una nazione fragile ma ricchissima. Nel 1910 gli USA ottengono il monopolio economico della nazione, e il resto è storia. 
È dopo la Rivoluzione che lo zombie di Haiti diventa parte della religione Voodoo e non solo elemento folkloristico: sono gli sciamani , gli stregoni chiamati bokor, a crearli, di nuovo per far svolgere loro mansioni di varia natura. 
Per i poveri morti non c'è pace.

Punto di svolta nella narrazione degli zombie haitiani arriva nel 1929: William Seabrook, noto occultista americano, pubblica un testo che è un resoconto di un periodo trascorso sull'isola, The Magic Island, oggi accreditato come principale ispirazione per il film di cui, giuro tra poco, parleremo. Nel testo accenna a loro come a soulless human corpses, cadaveri umani senz'anima. Racconta di pratiche Voodoo, di stregoneria, di pozioni con erbe e incantesimi. Non ne parla con toni negativi, non le paragona a pratiche primitive e superate, ma piuttosto come di un elemento spirituale molto potente e sentito, a suo dire perduto nella comunità da cui proviene, gli Stati Uniti. Parla però anche di lavoratori defunti, ma non nel senso di morti bianche: proprio di morti che continuano a lavorare. Gli viene offerta la possibilità di conoscere "uno zombie", opportunità che il nostro coglie felicemente. Pare lo abbiano direttamente portato in una sugar factory, tanto lo zombie stava di turno.
È questo testo che porta alla nascita del film, e sarà il film a creare l'immaginario intero degli zombie che ci portiamo ancora appresso. La figura del ritornante non prende subito piede, però: dopo il film del '32 c'è un sequel, quattro anni dopo, e infine i tentativi di Tourneur nel decennio successivo, ma si tratta di tentativi sporadici, non di un filone vero e proprio.
Per quello ci tocca aspettare Romero.


Il film


Ormai, grazie anche al lavoro di Seabrook, il pubblico conosceva il concetto di ritorno dalla morte: perché non lucrarci su? Il primo tentativo arriva nel '32. L'horror sta facendo soldi buoni, è un rischio tutto sommato limitato. 
I fratelli Halperin hanno un budget limitato (50mila dollari), qualche studio a disposizione, la presenza (tutto sommato economica, con grande rimpianto dell'attore) di Bela Lugosi e la possibilità di girare solo di notte. Si portano a casa il film in poco più di 10 giorni. Haiti all'epoca entrava nel diciassettesimo anno di occupazione americana ed è proprio durante l'occupazione che il film è ambientato. Racconta di Madeline e Neil, una coppia felicemente in procinto di sposarsi, proprio ad Haiti, in prossimità della piantagione di proprietà di Charles Beaumont. Beaumont, però, è follemente innamorato di Madeline ed è disposto a tutto per averla tutta per sé. Bisogna sempre stare attenti a quello che si desidera, però, perché ad aiutarlo c'è Murder Legendre, il personaggio di Lugosi, che ha tutto fuorché buone intenzioni.

Oggi riconosciuta come una delle rappresentazioni più fedeli dello zombi in senso haitiano, il film fa un buon successo di botteghino ma non di critica: viene quasi all'unanimità criticato principalmente per le interpretazioni, il che a me oggi fa un po' ridere perché uno è Lugosi e l'altra una zombie, viene da chiedersi cosa ci si aspettasse. Non solo, il film fa un grande uso dei silenzi, che mi ha nostalgicamente riportato ai giorni del cinema muto, e secondo me ci gioca molto bene, con una recitazione che rimandando agli antichi fasti non è certo debole. Ma questa è solo un'opinione mia. 

Quando si dice che il film parla bene degli zombie di Haiti è perché è principalmente un film che parla di schiavitù. Nonostante il focus sia su Madeline e l'amore malato che Beaumont prova per lei, il problema vero è che l'intera piantagione è sostenuta da zombie. C'è una scena agghiacciante di una morte sul lavoro che fa impallidire il cinema drammatico di oggi. Gli zombie sono ripresi sul lavoro, mentre silenziosi, lenti e obbedienti, creano la ricchezza di Beaumont. La morte del loro compagno non è nemmeno vista, si prosegue nella fatica come se nulla fosse successo. Nel senso più tradizionale dello zombie, questi non sono morti e ritornati, sono vittime di un incantesimo che li annienta e li rende solo corpi lavoratori. Il film è uno specchio del colonialismo americano e dei suoi disastri. 

Leggenda vuole che la distribuzione del film abbia invitato i singoli esercenti a utilizzare cittadini neri, preferibilmente in abiti tradizionali, se poi per favore possono anche cacciare qualche urlo animalesco, grazie, ci fareste molta pubblicità. Andarono così spietatamente contro tutto quello che il film così aspramente criticava. Voleva essere un modo per lanciare questa storia di magia nera, è stato solo l'ennesimo caso di lurido razzismo. Anche in questo caso, sorprendendo nessuno.
Ancora più agghiacciante per lanciare proprio un film che fin dalle sue prime scene mostra che il mostro è l'oppressore. Quando la coppia sta arrivando a destinazione subisce una brusca battuta d'arresto: in mezzo alla strada c'è un funerale. 
Alla richiesta di spiegazioni, l'autista della carrozza (si chiamano autisti anche se guidano le carrozze?) racconta che le persone del luogo sono costrette a seppellire i propri morti per la strada, dove passi sempre gente, per paura che qualcuno (aka il bianco oppressore del cazzo) se li vada a riprendere.
Come poi gli americani siano riusciti anche a rovinare il lancio di questa roba mi è inspiegabile. Non ce la fanno manco se glielo disegni. 

Siamo molto lontani dallo zombi a cui devi sparare in testa, da quello che parla di società e capitalismo, da quello che diventa narrazione della malattia e del fine vita. Certo, lenti son lenti anche questi.
Quello che abbiamo, però, è un amarissimo ritratto dello sfruttamento, dell'oppressione, della schiavitù, della totale disumanizzazione dello schiavo, di una società capace di prendere un'intera fetta dell'umanità e trasformarla in vegetale a proprio piacimento. Gli esseri umani qui sono macchine da lavoro, bestie da soma, vuote di occhi e di voce. Naturalmente allo stesso modo sono trattate le donne: Madeline è oggetto del desiderio malsano di Beaumont, a cui poco importa del contenuto: il guscio è bello e lo voglio io. Quando capisce che gli esseri umani sono qualcosa di più non è solo troppo tardi, è pure limitato: non posso andare a letto con lei, non vedi che è vuota? Lo schiavo no, quello tienilo che mi occorre ancora. 

In barba alle sue critiche, per me White Zombie è fondamentale, durissimo, angosciante. 
È pubblico dominio, non avete scuse: lo trovate qui.




Le fonti di questo post:
(come sempre, asterisco significa link affiliato Amazon, grazie se lo userete!)

Fay, Jennifer, Dead Subjectivity


martedì 8 febbraio 2022

Nuovi Incubi - La Horde e The Pack

10:00
Come ci siamo ripetute fino alla nausea, la New French Extremity si conclude in bellezza con Martyrs. E del resto, dopo un lavoro come quello, era difficile immaginare che potesse andare avanti a lungo.

A me e a Lucia, però, piace fare le cose per bene, e siccome il cinema francese ha altre cose di cui per un motivo o per l'altro vale la pena parlare, abbiamo ancora qualche episodio da fare per arrivare alla fine della prima stagione del nostro podcast.
Restateci in campana, però, che la seconda stagione la dovete decidere voi e io ve lo dico, non sarà una scelta semplice. Motivo per cui la deleghiamo ad altri.




Questa settimana, come la foto della nostra sacerdotessa qui sopra può farvi intuire ci siamo dedicate alle prime due volte in cui nel cinema francese di anni 2000 sono arrivati i ritornanti: La Horde e The Pack. Per capire quale tra i due ci sia piaciuto di più bisogna ascoltare l'episodio, che secondo me fa anche molto ridere.

Soprattutto, però, in questo episodio Nuovi Incubi goes National Geographic, e rivela ai suoi ascoltatori la straordinaria scoperta di una nuova specie, assetata di sangue ma in modo nuovincubisticamente adorabile: gli zombie talpa.

Non posso dire di più, ma ascoltateci per altre rivoluzionarie scoperte!

martedì 5 settembre 2017

George Romero Day - Il giorno degli zombi

15:41
C'era una volta George Romero.
C'era, e oggi non c'è più. Ci ha salutati a luglio. Lui e la sua deliziosa faccetta andavano commemorati, e quando con gli altri blogger ci si è organizzati per questa giornata non mi sono tirata indietro.
Pausa ai vampiri, quindi, per oggi.
C'è un Maestro da omaggiare.



Il giorno degli zombi narra di un mondo completamente in rovina. Non abbiamo assistito all'apocalisse z, ne vediamo solo le conseguenze. Gli zombie sono ormai padroni del mondo e i pochi umani superstiti vivono sottoterra. Conosciamo gli abitanti di una base militare, in cui un gruppo di scienziati, con l'aiuto di alcuni militari, sta lavorando sulla possibile soluzione al problema dei ritornanti.


Per questa recensione commemorativa avrei potuto scegliere La notte dei morti viventi. Sarebbe stato facilissimo perché sarebbe stato niente più che un altarino di parole ad uno dei miei film preferiti di sempre. La cattiveria del finale de La notte, però, è stata presa, dilatata un po', aggiustata qua e là, e messa ne Il giorno degli zombi. 
Davvero, se è una brutta giornata, se non vi sentite benissimo, se avete perso la fiducia, guardate altro per l'amor di dio che non voglio avervi sulla coscienza.  Perché il terzo film del ciclo degli zombi è di un pessimismo estremo. Non pensate che vi siano segnali di miglioramento, di speranza, di happy ending. Non c'è NIENTE, NIENTE di positivo in questo film maledetto. Non un momento di respiro, di leggerezza (e quelli che ci sono, brevissimi, sono di un'amarezza spaventosa), mai uno spiraglio di luce. Il mondo è perduto e noi con lui.

I due grandi mondi ritratti nel film ne escono annientati. La scienza, che diventa ossessione, non guarda più in faccia nessuno, si fa beffe di qualsiasi etica e punta dritta all'obiettivo, regalandoci con il personaggio di Bub una delle scene più strazianti mai viste in un film sui ritornanti. Se però è chiaro che gli uomini di scienza ci vengono comunque presentati come 'i buoni' (ammesso che simile scemenza esista), per i militari davvero non c'è pietà. Sono barbari, sporchi, malvagi, egoisti fascistelli con un chiaro microcefalo, un po' troppa patata in testa per il contesto in cui sono e ben poco rispetto per il prossimo. Avesse potuto avrebbe diretto il film con ACAB scritto in fronte col sangue finto.

Estremo, di un gore notevolissimo che non lascia indifferenti, con un inizio storico e una posizione precisissima e nessuna paura di urlarla al mondo, Il giorno degli zombi mi pareva il modo migliore per salutare George Romero.

Negli ultimi 50 anni abbiamo avuto un film sugli zombi di Romero indicativamente (molto indicativamente) ogni 10 anni. Ha visto la società cambiare, non sempre in meglio, e, con lo sguardo acuto dei più intelligenti tra noi, l'ha criticata violentemente, con secchiate di sangue e viscere allo scoperto. Vederli oggi è interessante non solo perché sono film eccezionali, ma perché conosciamo la storia avendola vista da occhi esterni, quelli del futuro.
Avere la possibilità di guardare il marcio di oggi attraverso i suoi occhi sarebbe impareggiabile.
Un privilegio di cui siamo stati privati.
C'è una sola fortuna, in tutto ciò.
Gli uomini non cambiano mai.






I miei amici che insieme a me oggi ricordano quello che GR ci ha lasciato:

Delicatamente Perfido - La notte dei morti viventi

White Russian - La terra dei morti viventi

Non c'è paragone - La città verrà distrutta all'alba

Combinazione casuale - Martin

Una mela al gusto pesce - Bruiser

Pietro Saba World - Monkey Shines - Esperimento nel terrore

The Obsidian Mirror - George of the dead

Bollalmanacco - La metà oscura

lunedì 13 febbraio 2017

Nina Forever

15:42
Ogni anno quando si avvicina San Valentino cerco un film per parlare d'amore in un modo che non sia 'convenzionale'. Quest anno ha vinto Nina Forever, horror comedy che è anche una superba lezione di come si fa a parlare di temi profondissimi con un tono leggero ma che non distrae mai.

La Nina del titolo è la defunta fidanzata di Rob. Dopo la sua morte lui ha lasciato andare il suo futuro, i suoi rapporti, la sua vita. Solo due anni dopo, nel supermercato in cui lavora, conosce Holly, e se ne innamora. Nina non la prende benissimo.


Ogni tanto quando scrivo post su argomenti particolarmente intensi, come questo, mi ritrovo a leggermi smelensissima e non mi piaccio. Soprattutto, non mi piacerei in questo contesto, in cui il film fa l'esatto opposto del piangersi addosso e del creare commozione forzata. Nina Forever è buffo, dolce, nostalgico, e fa ridere. Parlando di cordoglio e ossessione, ma fa ridere. Perchè è così che si fa, mica come quel benedetto Colpa delle stelle che se potessi lo brucerei. 
Elemento di grande ironia è Nina stessa, che compare durante il primo rapporto tra Rob e Holly. Avrebbe potuto scegliere qualsiasi altro momento della loro relazione per ostacolarla, ma lei no, lei fa la sua apparizione in scena ogni volta che si fa sesso, e la cosa pare anche divertirla molto. Nina è sarcastica fino all'esagerazione, sicurissima di sè e forte del suo ruolo, la fidanzata morta. È una carta potentissima da giocarsi, non si vince contro il ricordo della morosa morta è un asse di briscola. Non è solo divertente il modo in cui ciò ci viene detto, è anche di una verità assoluta. Nessuna sarà mai Nina. 
Se Rob sembra avere accettato e superato questa realtà (d'altronde è lui quello che si è fatto i due anni di lutto), è Holly a non sembrare in grado di prenderne coscienza. O meglio, Holly c, i morti sono intoccabili, ma cerca di eliminarla. Butta le sue cose, diventa la prima complice di Rob nell'eliminare le tracce del suo passaggio, sia di quelle della Nina viva sia le pozzanghere di sangue lasciate dalla Nina defunta. Poi però si fa un tatuaggio per onorarla.
Rob, dal canto suo, è spiazzato. Gli si vuole bene dal momento due, più o meno. È sofferente, ha chiuso le porte al suo futuro mollando gli studi e accontentandosi di un lavoro onesto ma non sufficiente per lui, non è più in grado di costruirsi delle relazioni, vive quasi in funzione delle visite domenicali dai genitori di lei.
La relazione tra le due contendenti di Rob, quindi, finisce per diventare la cosa più interessante del film. L'ossessione di Holly, le costanti frecciatine di Nina, gli improbabili amplessi a tre, l'interessante risvolto finale. Le due si sfidano costantemente per un uomo ancora così provato dalla vita da non essere in grado nè di capire dove stia il problema nè tantomeno di provare a risolverlo. Rob vivacchia mentre le cose gli scorrono intorno. Non mi sento di biasimarlo. 
In un angolino, poi, il padre di Nina. Se per tutto il film siamo stati intrattenuti con leggerezza, ecco che alla fine compare un suo sfogo, fatto di poche parole, che ci riporta nella disperazione di cui il film è permeato. Alla fine anche le nostre risate svaniscono: arriva la consapevolezza di avere visto un film pieno di disperazione. 
Solo che non ci è mai fatta pesare, e non potrei essere più grata per questo.

venerdì 29 gennaio 2016

Mi metto in pari: Maggie

11:56
Questa cosa che gennaio sta giungendo in dirittura d'arrivo deve finire.
Io ho cose da fare, il tempo non può permettersi di scappare così.
Intanto, però, sto continuando a guardare film dell'anno scorso, tanto per avviarmi verso i prossimi undici mesi senza troppe carenze.
Da blogger professionale e con una precisa strategia (lol) vi ricordo anche che sulla pagina Facebook (che sta qua) ogni tanto ci scappano recensionine ultrarapide su film random.


C'è un momento ben preciso, in Maggie, che mi ha fatto dubitare della necessità di questo post.
Meg si dondola sull'altalena, ripensa all'attacco che ha subito. Nello stesso momento, la compagna del padre è in casa a cucinare, e ascolta le persone che alla radio parlano di come andrebbero trattate le persone che stanno per trasformarsi. Chi parla usa una gelida terza persona plurale, quel 'loro' che priva di ogni umanità, che unisce tutti in un terrificante insieme di esseri da eliminare.
Eppure Maggie è lì, è sull'altalena. È sempre lei.
Si sentono i conduttori dire che chi viene morso va ucciso, punto. Sono pericolosi. Nel fotogramma dopo, la compagna del padre corre fuori, e siccome fino ad un secondo prima aveva in mano un coltello, il collegamento è immediato: prova ad ammazzarla.
Invece no, sta correndo a soccorrerla, Maggie è caduta, sembra ferita.
È stato un colpo piuttosto forte: percepite la freddezza di chi da questo virus evidentemente non è mai stato colpito e poi di colpo lei, che dà il titolo al film, che di questo virus ne è vittima. Ed è umana, è come me, ma quelli che parlano di soppressione mica lo sanno. O meglio, mica ci pensano.
A fronte di un momento così intenso, cosa possono le mie parole?

Quale recensione potrà mai rendere giustizia al grandioso Arnold, che guarda negli occhi i suoi vicini di casa, ormai zombie, e li chiama per nome? Li implora di parlare, perché non c'è niente di più umano della comunicazione. Se avesse sentito le loro voci non li avrebbe mai uccisi.
Quale frase potrà spiegarvi quello che si prova nel vedere l'ultimo abbraccio tra due amiche cresciute insieme, che ci è mostrato in una scena così delicata e forte allo stesso tempo, il momento in cui per la prima volta Maggie e suo padre si lasciano andare alle più inconsolabili delle lacrime.
Così come è inspiegabile la situazione di chiunque li circondi. intrappolato nell'incapacità di dire qualsiasi altra cosa che non sia il solito 'Mi dispiace.'
E questi infiniti primi piani di un padre sofferente sono difficili da sostenere. Se un tempo, nei suoi cultissimi action i sottili occhi di Arnold contribuivano a quell'aria da duro che tanto lo avrà aiutato nella sua carriera, qui sembrano appesantiti dal dolore, e vederlo piangere è quasi un'esperienza mistica.


Ognuno in Maggie ha ragione: hanno ragione i poliziotti che hanno una città da proteggere, ha ragione Caroline a scappare, nonostante i suoi innumerevoli tentativi di stare vicino ai suoi amati.
Ma al cuore cosa importa di chi ha ragione? Come si va oltre l'amore più grande che si possa immaginare per fare la 'cosa giusta'?
La mia mente si rifiuta di affrontare un pensiero simile, ci ho provato, ma scappo.
Il colpo di grazia me l'ha dato, di nuovo, Arnie, quando, durante un attacco, la supplica 'non ancora'.
Chi glielo va a spiegare che il momento giusto non arriverà mai?

Lasciate perdere gli sgozzamenti, orde di zombie uccise con precisi colpi alla testa.
Vi sfido a guardarli di nuovo con gli stessi occhi, dopo tutto questo.

giovedì 29 gennaio 2015

Dead snow

11:20
(2009, Tommy Wirkola)

Due giorni fa si celebrava la giornata della memoria.
Io, però, non me la cavo bene a gestire queste cose: non so mai cosa dire.
Io uso l'ironia, per demolire chi non reputo degno del mio rispetto.
E infatti.

Quando ho scoperto dell'esistenza di questo film ho pensato che l'idea degli nazizombie fosse assolutamente geniale. Rispecchia in modo abbastanza preciso l'immagine dei nazisti che ho creato nella mia poco seria e storicamente imprecisa mente.
Persone prive di anima e cervello che avanzano lentamente ammazzando quanti più esseri umani gli riesce.


Ecco, c'è da dire che questi, di zombie, corrono.
E corrono per ammazzare un gruppo di universitari che trascorreva le vacanze in una baita, in montagna, in mezzo alla neve.

Non c'è altro che serve sapere per godere di questa chicca che rasenta l'idiozia.

Se inizi un film con il grande classico gruppo di giovani-vacanza-niente linea telefonica-qualcosa va storto, hai più possibilità:
  • fare un Film Di Cacca scegliendo di portarti a casa solo tutti sti clichè comodamente in fila indiana e non portando niente di nuovo/interessante (scelta tutto somamto comoda, ma vigliacca)
  • puntare su un elemento in particolare, che sia la violenza, o la caratterizzazione dei personaggi (ciao Wolf Creek, tvb), o checcavoloneso
  • non prenderti sul serio.

La Norvegia ci soprende con mirabolanti effetti speciali scegliendo di percorrere l'ultima strada.
Il risultato è uno dei film più cazzari, sanguinolenti e hakuna matata che ho visto di recente.
E' una scelta rischiosa, i puristi degli zombie movie potrebbero non prenderla bene, ma che ridere che fa.
Sceglie di percorrere la strada dell'ironia e la conserva come luce ispiratrice come le madonnine sugli specchietti retrovisori delle auto. Si parte poco seri, si continua poco seri e finisce poco seri ma morti.
Morti peraltro nei modi più disparati, e se pensate che questo sia uno spoiler vuol dire che non avete mai visto un film di zombie, o che siete degli inguaribili speranzosi.

Teste mozzate che volano sui rami spogli degli alberi, dita negli occhi (con tanti cari saluti a Scotty e a Sam Raimi), motoseghe, mitragliatrici e soprattutto tanti, tantissimi zombie che spuntano dalla neve come tanti piccoli e forti fiorellini che sopravvivono alle intemperie nordiche.
Mescolate il tutto con amore e un po' di sadismo, incorporata lentamente una bella colonna sonora e quello che sfornerete sarà un filmaccio.

Un filmaccio, ma a cui si vuole un bene esagerato.


mercoledì 7 gennaio 2015

Shaun of the dead

11:28
(2004, Edgar Wright)

Vi spiego cosa è successo.
Avevo deciso di guardare Il cameraman e l'assassino. 
L'avevo anche iniziato.

Ma sono malaticcia, disgustosamente malaticcia.
E siccome la mia testa al momento mi pare una gonfia ed informe massa vuota, a mezzoretta dall'inizio del film mi sono accorta che lo stavo vedendo ma non lo stavo guardando.
Ho quindi deciso di spostarmi su qualcosa di decisamente più leggero, perchè continuo a tossire e mi perdo metà delle battute, mi secca poi arrivare alla fine e scoprire di non avere capito niente.

Ecco perché Shaun of the dead.


Shaun è un grandissimo sfigato. Di quelli che vengono perculati anche dai ragazzini, per intenderci. Vive con l'amico di sempre Ed, e con un altro tizio poco importante bravo solo a rompere le scatole. Ha una storia travagliata con Liz e un lavoro in un negozio di elettronica.
Niente di elettrizzante, sembrerebbe, fino a che scoppia un'epidemia zombie.
E Shaun non se ne accorge.

Cammina per la strada, va nel negozietto di sempre a comprare le cose di sempre, e non si accorge, tanto vive nel suo pianeta sulle nuvole, che intorno a lui ci stanno chiazze di sangue e morti viventi. Se ne accorge quando la situazione è un attimino degenerata, ed elabora un piano per portare in salvo se stesso e i suoi cari. Lo stesso piano che potrebbe elaborare uno qualsiasi di noi in una situazione di pericolo: accertarsi che le persone a cui teniamo stiano bene e cerchiamo di rifugiarci in quello che abbiamo sempre considerato un luogo sicuro: il pub.


Shaun of the dead è uno di quei film curativi.
Giornata storta? Shaun of the dead.
Umore nero? Shaun of the dead.
Influenza e testa pesante come una palla da bowling?  Shaun of the dead.

Perchè è leggero, sì, ma mica troppo. Un paio di scenettine splatter potrebbero infastidire i neofiti.
Perché fa ridere di gusto senza essere affatto idiota. E' un film inglese, mica italiano.
Perché i personaggi siamo noi. Goffi, imbranati, divertenti, orgogliosi, innamorati, pigri, storditi, arrabbiati e poi improvvisamente non più, improvvisatori, litigiosi.
Li amo tutti, dal primo all'ultimo, per il loro essere così perfettamente umani.
Amo che Shaun sia uno sfigato e basta, non di quelli che alla fine si rivelano grandi eroi salvatori del mondo, il suo piano fa schifo e funziona quasi per miracolo. Amo che Ed rappresenti perfettamente la spalla divertente, non sia mai invadente del personaggio principale ma che lo accompagni degnamente fino a fine pellicola. E amo tutti gli altri, degna cornice di una coppia che non si dimentica facilmente.


E amo anche quel quasi happy ending, che scalda il cuore e fa sorridere, un'altra volta.
Anche se la prima volta che l'ho visto ammetto di avere temuto il finale alla Romero e già stavo per piangere.


giovedì 20 novembre 2014

B/W November: Miss Zombie

17:29
(Sabu, 2013)

Ho cercato migliaia di volte di centrare il punto del film con questo post, ma puntualmente elimino tutto e cerco di ricominciare.
E, ormai lo saprete, se io che sono logorroica rimango senza parole, è perché qualcosa mi ha colpito davvero.

La zombie del titolo è una giovane donna, morta e ritornata, che viene messa in vendita come 'animale domestico'. Nell'attesa che gli acquirenti la vengano a prendere, viene affidata alla famiglia di un distinto dottore, che la sfrutterà come donna di servizio.
Ma non solo.


Nessuno in questo film ha un nome, se non il bambino, unica creatura innocente in quella che sembra essere la rappresentazione più pessimista di un mondo depravato e sporco.
La zombie, arriva in questa casa, candida e ordinata, il padrone di casa viene chiamato 'dottore', ha un'elegante moglie dal viso molto carino e due operai che lavorano in casa, non si sa bene cosa effettivamente facciano. Siamo quindi in un ambiete altolocato, e chissà per quale ragione sociale o storica siamo convinti che le persone cattive siano invece dei bassifondi.
Ma il male non ha distinzione sociale, e questo Sabu ce lo mostra chiaramente.
Sia il famigerato dottore che i due operai di fronte alla creatura si comportano nello stesso identico modo.

Ora, è chiaro che parlando di zombie il discorso è diverso, non è che stiamo lì a porci il problema etico su come vadano trattati o meno. La questione viene considerata di scarsa importanza perché, sapete, gli zombie non esistono.
Questa ragazza va considerata come una generica persona in condizione di svantaggio. E' più debole, pertanto l'uomo, tronfio e amante della sua virilità, si sente in diritto di farci quello che ci pare.
E così fa.


Quindi, mi viene da chiedermi, è questa la nostra vera natura? E' così che siamo?
Appena la situazione volge a nostro favore, ne approfittiamo? Appena sappiamo con certezza che la nostra vittima non reagirà, appena sappiamo di avere più potere, più forza (fisica ma non solo) non ci facciamo più fermare da niente? Il nostro tanto vantato buonsenso quindi è solo una convenzione sociale? Nasce solo per tutelarci da quelle che sarebbero le conseguenze delle nostre azioni?

Non voglio pensare che sia così, non voglio credere che sia SOLO così.

Allo stesso tempo, però, nonostante cerchi di essere ottimista, esco scombussolata dalla visione.
L'altra donna della pellicola, la moglie del dottore, è vittima esattamente quanto la zombie.
Lei, stavolta, è vittima di se stessa.
Vede il marito violentare un'altra donna (?) ma non reagisce. Non urla, non strepita, non gli scaglia pugni sul petto, non piange. Si sdraia sul divano, sbarra gli occhi alla finestra, e muore dentro. Anche questa è violenza.
Perché tradire la donna che hai scelto di avere al tuo fianco per tutta la vita? Per stuprare un morto vivente? Perché è più giovane? Ha il culo più sodo forse? Perché tornare in casa e fingere che niente sia successo?
Come può una donna affrontare una realtà così bruciante? Come puoi avere al tuo fianco una persona per anni e in un secondo vederla trasformarsi in qualcosa che non conoscevi?


Miss Zombie è un film in cui l'umanità perde completamente di significato, l'essere vivi o morti non conta più, l'etica finisce sotto le scarpe.
Ti tortura con le continue immagini di lei (la zombie) pugnalata, presa a sassate, ma soprattutto sempre china a gattoni, a pulire il pavimento. Sempre, sempre, le immagini di questo sedere per aria che si muove al ritmo del movimento del lavaggio.  Così viscido, così sporco.
Allo stesso tempo, è un film grandioso, che si spoglia di ogni aiutino di comodo, come i colori o la musica. Ritornano solo per un secondo, quando ci sembra di vedere la liberazione. Ma poi spariscono di nuovo, lasciandoci la sensazione che l'unico modo per uscirne sia il modo definitivo.
(Uscire da cosa, poi? Dalla famiglia in cui sei schiavizzata e stuprata, o dalla condizione di zombie?)
Un silenziosissimo bianco e nero, che trascorre lentissimo e massacrante, quasi poetico.
Di certo non un film per tutti i palati, di certo.
Ma che film.


venerdì 22 agosto 2014

Zeder

17:20
SPOILER COME SE PIOVESSERO

Giornatona oggi, ragà.
Io vivo nel bel mezzo del nulla cosmico, nell'antimateria.
L'unica festa che c'è nel mio paese è quella dell'Unità.
Ma stasera, STASERA, ci sta Pupi Avati.

Non so da dove sia sbucata alla precedente amministrazione comunale l'idea di portarmi sotto casa quel bel pagnottone di Giuseppe mio. 
Ma non importa, stasera vado lì, lo ascolto parlare della sua vita (ma poi, ci interessa forse la sua vita? No che non ci interessa, siamo mica qui a fare stalking professionale noi, qua si parla di cinema) e poi lo inseguo e lo torturo finchè non mi spiega ogni cosa.
Ogni dettaglio, ogni idea, ogni ripresa, voglio sapere tutto sulla realizzazione dei suoi horroroni.
E siccome de La casa dalle finestre che ridono già ve ne avevo parlato, oggi mi dovreste dare una mano a stendere la lista di domande da fare al Pupi su Zeder.



Non lo so, stendiamo un discorso, facciamo un brainstorming insieme, una scaletta, mettiamo giù due righe.
Io intanto parto a dirvi di che cosa parla il film, nel caso in cui non l'abbiate visto!

Stefano (che si chiama in realtà Gabriele Lavia ma credo sia uno pseudonimo per Pippo Inzaghi data l'imbarazzante somiglianza) è uno scrittore che riceve in regalo dalla fidanzata (ma chiamiamola morosa che qua siamo in Emilia e bisogna usare il linguaggio specifico) una macchina da scrivere usata. Gli viene una sera l'idea di guardare il nastro con inciso quanto scritto precedentemente con la macchina e apriti cielo salta fuori di tutto.
In breve, ci sono delle zone, dette terreni k, nei quali se ci seppellisci la gente questa resuscita.
E lui, scrittore curioso, decide di andare a fondo nella faccenda.

Ipotizzando, con molta molta fantasia, che io mi ritrovi con una birretta e Pupi, avrei un paio di domande da fargli.



  1. Dove si trova quella casa splendida della prima scena? E' di una bellezza sconvolgente. Spettacolare la casa, ma ancor più bello questo incipit. Abbastanza caotico, ti dirò, ma che bellezza. La casa, la ragazza riccia, il pavimento che si muove, che angoscia mette. Quei cunicoli sotterranei, che mi hanno ricordato i sotterranei del Palazzo Ducale di Urbino che ho visto da poco. Mi son venuti un po' i brividi a pensare che sono stata in un luogo così simile.
  2. Ragazza di inizio film = donna zoppa? Non ne sono certa al mille per cento, perché si parlava di amputazione, però ho sto tarlo che non riesco a levarmi dalla testa. E' sempre lei? E se è lei, cosa ci fa ancora invischiata in questa faccenda? Ma scappa, emigra, cambia identità.
  3. Ma Pupi, che per caso sei ateo? I preti nei tuoi film non fanno proprio dei figuroni, eh. 
  4. Come si ottiene una sensazione di ansia così? Stefano indaga, va sempre più a fondo con la faccenda, e io avrei tanto voluto dirgli che secondo me non stava agendo con saggezza, ma poi ero costantemente catturata dalla curiosità, esattamente come lui. Tecnicamente, come si fa? Non è che io voglia carpirti i segreti per fare la regista, perchè non è quello che voglio fare, ma son curiosa. Non riesco ad attribuire la responsabilità, non so se è la luce, la trama che si infittisce, la musica, o tutte queste cose insieme.
  5. Perché povero Guido gli hai fatto fare sta fine? Non solo non otteneva la promozione - e stronza l'Alessandra a farglielo notare - pure la morte 'accidentale'? Cos'aveva fatto sta creatura?
  6. In compenso, non è una domanda ma volevo renderti partecipe della mia completa solidarietà nei confronti della sopracitata Alessandra, alla quale fregava meno di una cippa lippa di niente della fine che aveva fatto sto prete e invece le è toccato sorbirsi il moroso in paranoia e la morte prematura. Almeno ci ha guadagnato mezza giornata di mare, va là.
  7. Hai avuto un rapporto conflittuale con dei tuoi fratelli? Nemmeno loro escono bene dai tuoi film. Io questi problemi li affronterei, Pupi.
  8. Non trovi anche tu che in età avanzata Ortolani (<3) assomigliasse un po' a Depardieu?
  9. Per quale razza di motivo hai pensato che fosse una buona idea smettere con l'horror?

Ok, dovrebbero bastare per metterlo sotto torchio per un po'.
Se qualcuno di voi sa già le risposte, datemi le risposte, che qua abbiamo fame di conoscenza.


[RECENSIONE FAST:
Non avrei mai, MAI, creduto che un film ambientato a Rimini potesse farmi paura. E invece.
Proprio quelle ambientazioni che ai miei occhi erano così inusuali sono uno dei punti di forza di una pellicola che mi ha fatto rivalutare una volta di più la figura, da me prima tanto snobbata, di Avati.
Ci sono certe scene che ve le raccomando. 
E, nella maniera più semplice, la storia è incredibilmente accattivante.
Un oggetto usato, che ha un passato misterioso, legato a persone e vicende oscure, e un nuovo proprietario che vuole scoprirle, è fighissimo.
E quella macchina da scrivere è splendida.
Esattamente come il tuo film. 
Una di quelle perle che se ne stanno nascoste in mezzo alla melma del cinema italiano e che se non ci scavi bene dentro non le trovi.
E' davvero un peccato.]

PS. Mi sono accorta di non avervi detto il motivo del titolo. Zeder è il cognome del professore che ha scoperto i terreni k. No, Avati non è solito chiamare i film con i nomi in tedesco delle piante.


martedì 19 agosto 2014

Notte Horror: Dellamorte Dellamore

22:36
C'era una volta una blogger.
Tutta brillante e sbarazzina, il suo nome era Erica.
Un bel giorno, Erica, che pensava spesso con nostalgia agli anni passati, scrisse una lettera ai suoi amichetti blogger chiedendo ad ognuno di riportare in auge la 'Notte Horror'.
Ma di cosa si trattava?
Voi, miei piccoli lettori, sarete troppo giovani per ricordarla, ma qualche anno fa, in televisione, trasmettevano ogni martedì dei film horror. Proprio quei film che voi, piccoli lettori, ancora non potete vedere.
Motivo per cui la favola finisce qui.
Tutti a letto, dai.

(1993, Michele Soavi)


Dellamorte Dellamore
sottotitolo: come si diverte Tiziano Sclavi a prendere per il sedere i suoi fanZ.

Perchè se scrivi un romanzo, poi lo lasci nel cassetto, poi inizi a pubblicare un fumetto che diventa una BOMBA e tutti lo amano, e i due protagonisti sono UGUALI, ma dopo mi dici: 'Ma no, non è il film di Dylan Dog!', allora mi prendi per il culo.
Perché allora non gli facevi guidare il maggiolone, a Francy! Allora gli davi un'altra pistola!
E non mi interessa se poi ti sei ispirato, se Dellamorte è stato la tua bozza per poi stendere il (capo)lavoro definitivo con Dylan, non mi interessa.
Ti sarai divertito un casino a sfotterci.
E sai la verità?
Mi sono divertita pure io.
Per tutto il film ho cercato simbolismi, metafore, collegamenti e citazioni tra i due signori con la faccia di Rupert Everett. Sono arrivata addirittura a considerare il teschio puzzle come un precursore del veliero di Dylan.

Fatto sta che, Dylan Dog o meno, Francesco Dellamorte è il custode di un cimitero. Vive proprio lì, nel cimitero, con Gnaghi, il suo assistente, segni particolari: tutti.
Una specie di Hodor prima dei tempi.
Andrebbe anche tutto bene, se non fosse che in quel cimitero i morti risorgono. Entro 7 giorni, che questi hanno la scadenza come lo yogurt, escono, si fan due passi e puntualmente si pigliano una pallottola in fronte da Dellamorte che è lì per lavorare e mica per star seduto a leggere la guida del telefono.
Pensate che questo possa far bene ad una mente umana?
Non è così, claro.


Tempo fa, parlando di Cannibal Holocaust polemizzavo sul fatto che i film che ancora oggi fanno parlare di sè non ci sono necessariamente i miglliori.
Difatti, parlo per la mia generazione, non è che DD se lo filino in molti, a meno che non si urli TETTE! allora branf! tutti pronti a vedere.
(sì, preadolescenti horny, ci sono delle tette.)
Eppure, è un filmone.
Non si vincola ad un genere netto e deciso, gironzola qua e là tra l'horror e la commedia, ci sono certe scene con dei tempi comici perfetti (vedi la scena della testa nel televisore) ma ci sono anche bei momentini splatter che ve li raccomando.
Alcuni quasi di violenza psicologica: avreste dovuto vedere il repentino allargarsi delle pupille di R quando il medico tira fuori le forbicione.

(A questo proposito, la scena dopo era prevedibilissima, ma quanto fa ridere vederlo svenire?)


Oltre alle risate, che ci sono e sono di quelle sincere e a volte anche nonsense, che a mio parere sono le più belle, ci sono però anche momenti più seri e interessanti.
No, non fa paura.
Non inquieta nemmeno.
Ma ci sono gli zombi, tanti zombi.
Romantici, scout, sindaci, geometri, di ogni.
Una società di zombi.
E questo ci piace molto, anche se da queste parti non abbiamo capito molto bene perchè lo zombie sindaco parlasse e gli altri no.
Ci sono certe inquadrature del cimitero controluce, con tanto di corvo sulle tombe in dotazione, che sono una meraviglia.
Poi ci sono anche momenti in cui sembra che il cameraman stia girando sulla ghiaia in monopattino con la camera in braccio, ma qua siamo in un film cazzone e non ce ne frega niente.


Perché qui c'è il tenero Gnaghi, che con la sua bella faccia tonda e i suoi 'GNA!' scalda il cuore,
Eppure anche lui all'occorrenza qualche bella badilata la sa tirare.
Perché c'è Anna Falchi che è una e trina come nostrosignore e non si capisce proprio benebene cosa stia succedendo, ma in fondo che ce ne frega a noi, che qua abbiamo un uomo che quasi si faceva evirare per niente.
Perché alla tele si vede Blob e io Blob lo amo tanto.
Perché c'è una testa zombie che si vuole sposare, e che VOLA.
Perché ad un certo punto iniziano i morti veri (cioè, ci sono vivi che muoiono) e quando il detective vede l'assassino con l'arma gli urla 'Ah grande, tienila che ti serve per difenderti!'
Perché c'è un'inquadratura random del primo piano di un cavallo, così, tanto per.
Perché uno degli zombi è una suora, però pare un uomo.
O viceversa.
Perché è un gran minestrone di film, con mille cose dentro, ma ce ne fosse una che non mi ha fatto impazzire.
Perché c'è pure il finale filosoficheggiante.
Qua non si scontenta nessuno.
Perché un morto esce dalla tomba con la MOTO (sottofondo musica tamarra perché sì) e la sua morosa gli corre dietro e si fa MANGIARE.
La follia amici.
O meglio.
L'intelligenza nascosta dietro una battuta demenziale.
Gnà.

venerdì 9 maggio 2014

Contracted

13:07
(2013, Eric England)



Ogni tanto il mio dito preme play su certi film che proprio non so in base a cosa ho scelto.
Se ne stanno lì, in mezzo al mio elenco dei film da vedere, zitti zitti, e per qualche strano gioco del karma finisco per sceglierne uno che mi chiedo come ci fosse finito nella lista, perché mi rifiuto di credere di avercelo messo io, di proposito.

Contracted, in particolare, mi fissava curioso, con quella sua stramba locandina e il titolo corto e conciso come piace a me. Ho deciso di dargli una possibilità, e mi sono ritrovata a guardare la storia di Sam, ragazza dal naso a punta e in crisi con la sua compagna, che una sera ad una festa si ubriaca e ha un rapporto non protetto con uno sconosciuto.

Anni di evoluzione, ci facciamo chiamare sapiens sapiens e tu hai un rapporto non protetto con uno sconosciuto. Brava, avanti così.
A onor del vero, non si capisce proprio benissimo se sia un rapporto consenziente o uno stupro, sta di fatto che la mattina dopo lei si sveglia e comincia a marcire.
Non sto scherzando, marcisce davvero, con anche i vermicelli e tutto.
Vediamo il deterioramento rapidissimo (il film la accompagna per 3 giorni) del suo corpo che inevitabilmente porta con sè anche una mente che pian piano dice ciao alla salute.
Ma andiamo con calma e analizziamo insieme questa perla cinematografica che quantomai non l'ho vista prima.


Prima dei titoli di testa si vede una scena in cui qualcuno fa qualcosa con un cadavere femminile. Fortunatamente la scena non è mostrata direttamente perchè io avevo appena fatto colazione.
Che poi è una scena che non verrà più nominata, citata, nemmeno intravista, come se non fosse mai esistita, quindi anche se arrivate due minuti dopo non succede niente.
Immagino servisse a spiegare perché quel tale BJ ha trasmesso alla tale Sam il germe del marciume, ma non era assolutamente necessario.
Poi ci sono dei gran bei titoli di testa, coi fiorellini, molto romantico.
Una prima parte è dedicata al pre-marciume. Conosciamo Sam, i suoi amici Alice e Riley, sua mamma, la sua odiosissima, spocchiosa e indifferente compagna, la vediamo prendersi una di quelle scimmie che ti lasciano i postumi per una settimana e la intravediamo divertirsi (?) con BJ.
Si sveglia, un lago di sangue. Ma sì, mi saranno venute le mie cose, andiamo a lavorare. Fa la pipì al lavoro e altro lago di sangue. Va dal dottore, il quale le chiede:
'Ti sono venute?'
Domanda a cui lei risponde:
'Sì, ho pensato che fosse quello.'
Figlia mia se tu quello lo chiami ciclo mestruale devi avere grossi, grossi problemi ormonali.
ENORMI probemi ormonali.

Andare a fine film lei rimane senza ciocche intere di capelli, senza qualche dente, senza qualche unghia, con un intenso e sexy sguardo magnetico dato da due occhi completamente rossi, ma soprattutto con litri e litri di sangue che le escono da ogni poro.
Va dal medico un paio di volte tanto per, e il medico è talmente allarmato dai sintomi che le dice:
'Eh ma tipa finchè non ho i risultati degli esami non so cosa dirti.'
Poi lamentiamoci della sanità italiana, questo si trova di fronte una creatura mostruosa che non sembra stare affatto bene ma non gli viene manco in mente di ricoverarla.
E non è l'unico a fregarsene altamente dello stato di salute di sta poraccia, visto che la sua morosa la vede concia come uno zombie e la molla solo perché questa si è fatta un uomo, la sua amica la vede con un herpes labiale che ha la circonferenza del Texas e nonostante ciò ci sta quando lei prova a baciarla e quel povero smidollato di Riley ha pure un rapporto con lei.


Poi su questo rapporto possiamo anche dirne d'ogni.
Lei brutta come la morte ingorda (non so se si dica così in tutta Italia, ma non credo) il giorno prima lo aveva accusato di stalking, intimandogli di starle alla larga, il giorno dopo lo chiama vogliosa e lui corre. Quindi già sei uno smidollato, come ho detto su.
Non aspettava altro.
Durante questo benedetto rapporto lui lamenta bruciore e pizzicore.
Ora, io non sono una di voi, masculi cari, ma ho il sospetto che bruciore e pizzicore non siano esattamente sintomi di un rapporto sessuale sano. Ma lui continua tutto felice e contento.
Poi però sono cavoli tuoi, perché sei un cretino di quelli belli potenti.
Qua è proprio l'IGIENE di base che manca.
Basti narrarvi che la Sam, quella che marcisce, crede sia sufficiente usare due strappi di carta igienica per pulire un water pieno all'orlo di sangue. Eh insomma, chissà che casa bella pulita devi avere.

Adesso, a parte che le stupidate, i film non va. E mi dispiace, perché avrebbe anche spunti non male, in potenza, è la resa in atto che proprio arranca. E' una specie di teatro dell'assurdo, in cui il gestore di un ristorante permette di cucinare e servire ai tavoli ad una dipendente che ha delle unghi disgustosamente rovinare e gli occhi di chi si è appena fumato un bong di dimensioni umane pieno di incenso da messa. Le reazioni umane non sono proprio concepibili, non è credibile che una ragazza innamorata di un'altra, come si rivela essere Alice, non si preoccupi di portare di peso al Pronto Soccorso la sua amata che sta quasi cascando a pezzi.
Quello che mandi a pezzi facendo così è tutta la credibilità.
Poteva essere interessante la regressione mentale di Sam, se non me la fai limonare con la sua amica quando ha quella cosa disgustosa purulenta sul labbro. Che orrore e che disgusto.
E che brutto film.

Certo che è che almeno a fine film mi sono guardata allo specchio e mi sono trovata bellissima.

lunedì 23 dicembre 2013

Zombi

12:03
(1978, George Romero)
 


Guardate questo signore, che faccia adorabile che ha.
Gli lascereste i vostri figli, vero? Come ad un nonno adorabile e affettuoso.
Ecco, vorrei farvi ricredere perché, parlando per modi di dire, l'abito non fa il monaco.
O la fisionomia non fa la bontà d'animo, vedetela come volete.
Perchè sapete, pare che gli piacciano le cose spaventose.

Una volta , infatti, mi ha raccontato una storia.
Una storia in cui il mondo così come lo conosciamo non esiste più. Mi ha parlato di morti che ricominciano a camminare e si nutrono della carne dei vivi. E mi ha parlato del tentativo disperato di quattro persone di sopravvivere quanto gli è possibile in questo casino.

Su Romero (che per chi non lo sapesse, è il signore della foto) si potrebbero scrivere enciclopedie, trattati, saggi, e comunque non sarebbe sufficiente. Il cinema horror così come lo conosciamo deve buona parte del suo essere alla mente geniale nascosta dietro a tutti quegli zombie.
Zombie che sono qui espressi nella loro forma migliore e originaria. Sono lenti, poco furbi, guidati solo dalla fame. Non è che spaventano, perchè li vedi arrivare un quarto d'ora prima. Fanno paura, perché con tutta la capacità, la forza di volontà e il coraggio che i pochi superstiti possono dimostrare, la situazione è tale che è cristallino che il mondo è giunto al capolinea.

 
Questo è il valore aggiunto che distingue Zombi da qualsiasi altro film, non solo di zombie, ma in generale. Non c'è speranza, non c'è futuro, ma nemmeno ci sono accenni al passato, perchè pensare a quello che si è perso potrebbe essere troppo doloroso, ma soprattutto perchè non c'è spazio per la nostalgia, bisogna pensare solo a sopravvivere.
Per questo il personaggio che amo di più è quello di Roger. Più di tutti lui è pieno di entusiasmo, si diverte quasi. Se solo si fermasse a pensare un secondo perderebbe ogni briciola di voglia di vivere, ma è costretto a godersi ogni minuscolo successo, perché è questa 'allegria' che gli dà lo spirito di continuare a combattere.

Certo, poi troviamo scene in cui tutti staccano il cervello per un momento, godendosi il centro commerciale in cui si sono rinchiusi. Scene che, nel loro essere gioiose, rappresentano probabilmente il momento più drammatico. Persone apparentemente qualsiasi che 'giocano' con i vestiti, per poi tornare ad affrontare la fine del mondo.
Perché se c'è un film in cui il termine 'apocalisse' suona appropriato è proprio questo, e nessuno quanto lui. Non si parla mai di come uscirne, di come raggiungere altri superstiti. Si convive col fatto che questo è il termine di tutto, e si cerca di andare avanti finchè si può, toccando livelli di dramma che porterebbero alle lacrime anche i sassi.



Simulazioni di una quotidianità che non tornerà, ma che si cerca di far rivivere per non impazzire completamente che conducono al crescendo finale, che è lasciato incerto ma che in realtà poi così incerto non è. Di sicuro, è crudele. La natura umana svelata nella sua vera essenza. Non dico di più.
Così come è crudele il fatto che non sappiamo da dove abbia origine tutto ciò. Che poi rappresenta la vita meglio di ogni altra 'metafora' di qualsiasi altro film.
A volte le cose succedono, e basta.

Quello che mi chiedo, guardando pellicole come queste è: i film a noi contemporanei invecchieranno mai così bene? O diventeranno tutti aceto?

Ah, poi volevo dire una cosa su Savini, che secondo me ha capito tutto, mica come noi che non sappiamo nulla. Perché gli zombie devono essere sempre decompostissimi? Se uno è appena morto mica cade a pezzi. Quindi, ci sono sì alcuni ritornanti messi male, qualcuno ha solo una brutta cera, altri son bluastri, ma mica tutti. Alcuni son bellini.





P.S.: Buon Natale, ragazzi!

mercoledì 6 novembre 2013

Dead set

18:27
(2008, creata da Charlie Brooker)


Mi rendo conto che questo è il sogno di molti.
Vedere i signori concorrenti del Grande Fratello combattere contro un'orda di zombie.
Ed eccovi servito il risultato, un lavoro incredibile, di quelli che gli inglesi sanno sfoderare quando sono di buonumore.

Kelly lavora dietro le quinte, è la classica ragazza che porta i caffè, sembra quasi un po' sfigatina all'inizio. Siamo alla serata dell'eliminazione, son tutti nervosi, un clima di quelli proprio adatti ad affrontare i morti viventi. Eppure questi ultimi, incuranti del clima, arrivano lo stesso e mangiano tutti.



Prima una dovuta spiegazione: Dead set non è un film, è una serie tv. Una serie tv mini, visto che è formata da 5 puntate di 20 minuti (il pacchetto comprende anche un primo episodio da 50, di minuti, per dovere di puntigliosità). Talmente mini che a guardarla tutta di fila è come guardarsi un capitolo de Il signore degli anelli, per dire. Quindi fatelo, organizzate una bella maratona di zombie e vedetevelo tutto di fila.
Io comunque eviterei le patatine, o qualsiasi altro cibo, fossi in voi.

Quindi, a combattere con i mangia cervelli abbiamo:
  • Kelly, apparentemente sfigatina come dicevo ma che si rivela, un po' esageratamente, la più cazzuta di tutti.
  • Riq, il suo ragazzo, cavaliere dalla sfavillante armatura che corre in cerca della sua principessa da salvare.
  • Pippa, la concorrente eliminata. Personalmente le ho voluto bene. La più parodistica se vogliamo, il suo atteggiamento svampito e il suo essere 'tonta' erano talmente esagerati da renderla una macchietta, carinissima.
  • Joplin, il rammollito antipatico.
  • Veronica e Marky, la coppietta da reality.
  • Space, quello che in una puntata viene definito nero, ma io di nero non c'ho visto niente.
  • Patrick, quel maledetto del produttore. E mi son trattenuta con gli epiteti.
  • Una drag queen apparentemente idiota e invece no e la sua amica che si chiama Angel ma che poi tanto Angel non si rivela.
Come vedete, uno schieramento non male.



Ma non è solo l'assortimento antropologico a rendere queste puntate così interessanti.
Ragazzi, in Inghilterra non esiste la fascia protetta, si vede, perché in 5 episodi si vede tanto di quel sangue, si godono tanti di quegli sbudellamenti, masticazioni, squartamenti che se un bambino li vedesse poi io farei controllare i suoi disegni alla psic, per dire.

E sapete come io ami le colonne sonore. Ecco. Arriva l'attacco zombie con chi? Con Mika. Fantastico.

Certo, poi ci sarebbe anche tutto un discorso profondo da fare, sulla metatelevisione, sulla metafora zombi-persone rimbambite che guardano il GF, sulla cattiveria umana che esce nei momenti di crisi e che anzichè portare alla solidarietà porta all'egoismo e alla voglia di salvare solo se stessi. . .
Tutto vero. Da un certo punto di vista è anche una serie molto seria (ahah, i soliti giochi di parole).


Tanto seria che arrivi a un punto in cui lo speri quasi, che finisca male. Almeno per qualcuno. Per Kelly, ad esempio, che un minuto prima frigna come Sansa e il minuto dopo combatte come Arya. Per quel bastardo malefico di Patrick. Non per Pippa, lei no, che era talmente idiota che si poteva solo guardarla con tenerezza infinita.

Arriviamo poi al finale. Abbastanza prevedibile, a onor del vero, ma reso molto bene. Tutta la calma post apocalittica, era quasi 'stonata', ma davvero molto bella.

Adesso, tutti a guardare Carabinieri, avanti.

venerdì 21 giugno 2013

Benvenuti a Zombieland, Ruben Fleischer

15:20
Titolo originale: Zombieland
Anno: 2009
Durata: 84 minuti
Trailer:



Stanchi di Gardaland, Mirabilandia e anche del parco acquatico sotto casa?
Questo nuovo parco divertimenti ha aperto nel 2009, e da subito è stato un successo.
Ma venite con me, vi accompagno in una visita guidata del parco.

Prima di entrare, però, vi avviso: ci sono delle regole. Bisogna essere allenati, ragazzi, perché qua dentro ci sarà da correre. Bisogna stare attenti ai bagni, che non si sa mai chi c'è dietro la porta, e bisogna allacciare le cinture di sicurezza. Più avanti vi parlerò anche dell'importanza del doppio colpo.

Entrate nel parco da soli. Siete in uno stato di tristezza, misto timore, misto un po' di solitudine. Il vostro nome da battaglia per questa visita sarà Columbus, e la vostra faccia sarà a grandi linee questa:

                                                       Siete quello a sinistra, nel dubbio.

Vi garantisco che, appena varcata la soglia, vi ritroverete già a sghignazzare. Il clima è allegro, le battute pungenti di chi vi sta intorno vi renderanno la permanenza nel nostro parco allegra e spensierata nonostante, ci tengo a ricordarvelo, si tratti di un parco a tema zombie.

La prima attrazione che voglio mostrarvi è un simulatore 3D. Ricordate quei simulatori vintage, quegli scatolotti gialli in cui entravi, ti sedevi, e ti sembrava di essere su in un fiume in piena, o in un sottomarino? Ecco, noi di Zombieland abbiamo attualizzato l'idea con il supporto delle più moderne tecnoogie 3D. Il vostro compito sarà dare la caccia agli zombie, lasciati soli al vostro destino. Vantiamo riproduzioni dei morti viventi degne dei migliori film horror, con un make up che manco Clio.


Se superate la prima fase indenni, finalmente vi affiancheremo un compagno. Potrà sembrarvi burbero, all'inizio, ma in fondo tutti gli orsi hanno un cuore d'oro. Formerete una coppia interessante, insieme. E, sempre insieme, vi recherete alla seconda attrazione: il supermercato. Anche qui dovrete affrontare degli zombie, ma la vostra lotta potrà iniziare solo se sarete abbastanza bravi da attrarli suonando. Mettete quindi alla prova le vostre qualità artistiche, ma, se accettate un suggerimento, i brani celebri da film horror famosi sembrano essere molto apprezzati dalle nostre creature. .



Ma eccoci al punto che per voi ometti diventa più interessante: l'arrivo delle donne. Il vostro premio superato questo step sarà infatti la compagnia di due personaggi femminili. Ma scordatevi le principesse Disney, qui parliamo di donne toste. E molto brutte.



Adesso siete una squadra al completo, non sarà facile per voi fidarvi da subito dei vostri compagni, ma col tempo imparerete a volervi bene.
L'avventura si fa interessante, incontrerete tanti, tanti zombie, affinerete le vostre abilità di cecchini e se starete molto attenti potreste perfino incontrare delle celebrità.

Questo è il momento del relax, quello in cui vi potrete fermare a rilassarvi un po', magari guardarvi un vecchio film nella nostra sala cinematografica, ma è anche il momento delle dolcezze, nel caso abbiate avuto un calo di zuccheri.

Ma è nel finale che vi abbiamo lasciato la giostra più amata, la più ambita e la più facile da superare: le montagne russe!
No, non parlo dei classici trenini che si muovono su rotaie, troppo facile.
Le nostre montagne russe si avvalgono di un divertentissimo mix di attrazioni diverse, superadrenaliche e divertenti, ma ricordate che il vostro obiettivo principale sarà sopravvivere agli zombie!


Insomma, gustatevi Zombieland, divertitevi, ridete, trascorrete del tempo piacevole in nostra compagnia e sono sicura che, una volta usciti, non vedrete l'ora di tornare!
Buona permanenza!

giovedì 1 novembre 2012

Quella casa nel bosco, Drew Goddard

14:27

Titolo originale: Cabin in the woods.

Anno: 2011

Durata: 95 min.
 
Trailer:
 
 
 
 

FINALMENTE!

Quando è uscito questo film pestavo i piedi come una bambina per poterlo andare a vedere al cinema, ma chiaramente poi non ci sono andata. Ho aspettato un sacco prima di riuscire ad averlo e oggi, finalmente, l'ho visto. Mai attesa fu meglio ricompensata.

Grazie, Erre. Del film, della pazienza e di tutto. <3

Passiamo alla trama. Ci sono 5 amici che partono per un weekend fuori porta. È un horror, vi lascio immaginare il resto.

Ecco, io più di questo non posso dire, perchè qualsiasi altra cosa diventerebbe spoiler.

Diciamo subito cosa ne penso: questo film è GENIALE. E basta. Potrei fermarmi qui, e già avrei detto la cosa più importante, ma ho TROPPE cose da commentare! Perdonatemi per il papiro che ne uscirà.

Già il modo in cui esce il titolo del film. (!!!!!!!!!!!)

I cinque ragazzi sono IL clichè. C'è la bionda oca Jules, che poi è bionda tinta, ulteriore aggravante. Il suo ragazzo è lo sportivo Curt, poteva essere altrimenti? Amico dello sportivo è l'intellettuale Holden, che se la fa con la verginella Dana. Ultimo ma non ultimo il buffone fattone Marty. Sì, come la zebra di Madagascar. Ma non è un caso, chiaramente. E comunque, il fatto di inserire questi ruoli così famosi e predefiniti è una strizzata d'occhio assolutamente ironica a tutti gli slasher poco originali. Per le ragazze, io vi avviso che Curt è Chris Hemsworth. Per gli amici Thor. Bon, già un buon motivo per vedere il film. 'Na bellezza che manco ve lo dico.





I 5 dell'Avemaria partono e arrivano in questa casa nel bosco che, 'rcocane, è UGUALE SPUTATA la casa de 'La casa'. Oh, io sarò fissata, fin per carità, ma è lei. Da questo momento, tra l'altro, iniziano una serie di riferimenti palesissimissimi al film di Raimi. Si apre la botola della cantina di colpo, loro scendono, trovano un libro, leggono le parole in latino (là era sumero, va beh.), si inquadrano i piedi mentre scendono le scale..bene, già ti adoro, mi hai comprata.

Da questo momento in poi iniziano le stranezze, inizia l'azione.
 
 
'Cause this is thriller..thriller night!
 
 

Tornando seri e smettendo di ballare, devo dire che, oltre alla caratterizzazione dei personaggi, il film è pieno dei classici luoghi comuni da film horror: dalla scelta dei personaggi, appunto, all'introduzione della vicenda, all'odiatissimo 'Dividiamoci!'.
 
 
 
 

Qui però, tutto quanto ha un senso. Anche la scelta apparentemente superficiale e non ponderata è in realtà ben studiata e risolta alla fine del film. Niente è in sospeso. E tutto è terribilmente metacinematografico. Ci sono le due distinzioni nette, in cui una parte interpreta il regista, con la sua troupe, e tutto il settore. Dall'altra, gli attori, gli interpreti inconsapevoli di una parte già scritta, che credono di essere liberi di scegliere ma non lo sono. Credono di essere in grado di gestire la situazione e di prendere delle decisioni sulla base di riflessioni personali, e invece è tutto manipolato, tutto controllato da qualcuno di cui tu ignori addirittura l'esistenza. E questo secondo me è SPAVENTOSO. Non essere padroni di sé è una cosa terrorizzante.

Sono frustrata, vorrei dire un sacco di cose e non posso!

Sto saltellando sulla sedia dall'entusiasmo, inizio una frase e poi la cancello perchè realizzo che è un punto fondamentale della trama e non posso dirlo, e poi mi viene in mente quella scena, e quell'altra e ancora non le posso dire e fffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffff.

Credo di poter dire di aver visto molti film, molti dei quali belli, alcuni bellissimi.

Questo è geniale.

Ogni scelta, ogni dialogo, ogni scena, è meglio della precedente, alcune idee ti lasciano a bocca spalancata di fronte allo schermo, in un crescendo di azione davvero teso, fino all'esplosione di violenza finale, e un finale epico.

Ma come può una persona fare una recensione decente senza poter dire niente?

Dico solo che da questo momento ogni regista di genere dovrebbe guardare questo film e prendere appunti, segnarsi quali sono i clichè che qui vengono così palesemente presi in giro per non rifarli.

O anche solo prendere appunti su come è un bel film.

Non voglio fare una recensione delle solite, in cui dico cosa mi è piaciuto e cosa no. Anche perchè m'è piaciuto tutto quanto.

Voglio solo chiedere a tutti quanti come mai non ho ancora trovato un film horror in cui ci sia un benzinaio normale.




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