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martedì 1 settembre 2015

Maripensiero: I miei film preferiti

11:17
Oggi è il primo di settembre.
Vi apparirà forse una banalità specificarlo, ma in casa mia (ma sono certa anche in casa vostra) significa FINALMENTE fine di qust'estate di sto cavolo. E io ne gioisco immensamente, il che per me è paradossale dal momento che amo il caldo torrido e il sole.
Concludo questa spaghettata di affaracci miei raccontandovi che la degna conclusione di questo periodone si è concretizzata con la morte del mio pc. E con morte intendo che lui ci prova ancora a tirare fiato ma che i medici hanno ormai diagnosticato la morte cerebrale. 
Non appena arriverà quello nuovo ritornerò a stalkarvi e a recuperare tutti i vostri vecchi post che mi sono persa con mia somma rottura di palle.

Riassumere in un solo post tutti i film che governano sul mio cuore mi sembrava un buon modo di ricominciare. Chi bazzica da queste parti da un po' riconoscerà i soliti titoli noti che tiro in ballo con frequenza regolare, ma mi piace l'idea di averli tutti qui insieme, per venire a farmene coccolare qualora avessi bisogno di terapia.
L'ordine è rigorosamente sparso, che ve lo dico a fare.

  • Shining (1980, Stanley Kubrick) 

Navighiamo nell'ovvio. Il film a cui ogni virgola di questo blog è dedicata, dal titolo in poi, l'Opera d'Arte Definitiva. Tante volte ho cercato di trovargli un difetto, mi ci sono anche impegnata, ma niente, Shining va oltre l'umano. Forse una scelta più di testa che di cuore, ma ogni volta che premo play e vedo quella magnifica sequenza iniziale rimango sbigottita di fronte a quello che un essere umano può fare.
Ogni volta che mi veniva chiesto quale fosse la mia passione io avevo difficoltà a rispondere, poi un giorno ho capito che io sono appassionata di talento.
Amo gli scrittori capaci, che sorprendono col loro modo di usare le parole irraggiungibile per noi semianalfabeti, amo gli illustratori e li invidio tantissimo perché io non so fare nemmeno la o con il bicchiere, amo i musicisti e gli autori che sono in grado di tirarmi fuori emozioni che nemmeno sapevo di avere, e soprattutto amo i registi che miscelano le parole, le immagini, le emozioni. Ecco, Kubrick sta SOPRA alla mia personale definizione di talento.
Lui è proprio un'altra cosa.
Il sangue che scorre dagli ascensori mi causa ancora oggi un'angoscia ineguagliabile.

  • La città incantata (2001, Hayao Miyazaki)

Non mi piacciono i cartoni animati.
Ecco, l'ho detto.
Ci sono alcune eccezioni che si sono fatte voler bene, ma in linea di massima li evito perché mi stufano tantissimo ma più probabilmente perché sono una bestia senza cuore.
Ma La città incantata mi ha preso il cuore e ha deciso di tenerselo. Appurato che lo Studio Ghibli è in generale di un livello talmente superiore da non potersi paragonare a nessuna delle case occidentali se non per umiliarle tremendamente tutte, questo film in particolare non è altro che Poesia.
Ogni disegno, ogni colore scelto, ogni parola pronunciata, ogni personaggio, TUTTO in questa pellicola è Poesia, noi possiamo solo leggerla, farcene conquistare, lasciargli lo spazio che merita, e farci rubare ogni emozione. Perché se le prenderà tutte senza eccezioni.
Ne ho parlato in modo più approfondito qui.

  • Harry Potter e il prigionero di Azkaban (2004, Alfonso Cuàron)

Vi ho fatto una testa così con Harry Potter in questo post.
Di tutti e 7 i libri, però, ce n'è uno in particolare che supera abbondantemente la qualità (indiscussa e indiscutibile) degli altri, ed è il terzo. Stesso dicasi per il film.
In questo libro (e quindi nel film) c'è la mia scena preferita della saga. Uno dei capitoli migliori di ogni libro che abbia mai letto.
Harry, Ron ed Hermione sono finiti nella Stamberga Strillante con il professor Lupin. E' il momento in cui scopriamo la verità su Sirius, su chi sia realmente, su cosa è davvero successo la notte in cui sono morti James e Lily, su chi li abbia traditi.
Un romanzo intero per giungere a quella magnifica scena, in cui Lupin (a mio modestissimo parere uno dei personaggi migliori di ogni tempo) sta combattendo tra quella che credeva essere la verità e il suo bisogno di smentirla, la voglia di credere che Sirius fosse innocente e la consapevolezza che in fondo lui questa innocenza l'aveva sempre creduta. Il tutto di fronte a tre ragazzini convinti di essere in pericolo di vita e che invece non si rendono conto di essere nel luogo più sicuro del mondo, in compagnia di alcune tra le pochissime persone che darebbero la loro, di vita, pur di salvarli.
Per me tutti gli psicologi del mondo potranno scrivere migliaia di saggi, ma il migliore trattato sull'amicizia mai letto signori l'ha scritto la Rowling in un libro per ragazzi.

  • Il cigno nero (2010, Darren Aronofsky) 

Ormai il mio livello di fangirlismo per Darren sta raggiungendo livelli imbarazzanti. Il cigno nero è il film che avrei voluto girare io, se mai mi fosse venuta la passione per la regia. Per quegli splendidi movimenti di macchina che mi lasciano senza fiato (ma ci balli, tu Darren, con ste macchine da presa? Non si spiega altrimenti.), per quella sequenza finale da brividi, per quella recitazione incantevole a cui non avrei dato due spicci, per il modo in cui si è preso l'animo umano e lo si è spolpato, sviscerato ed esaminato, così raffinatamente.
Per quella grandiosa scena di Natalie Portman che cammina da sola e incrocia un'altra donna che altri non è che sempre se stessa e che mi ha lasciato senza parole.
Quanto bene posso volere a questo film, mi ha lasciata incredibilmente senza parole.

  • Dirty dancing (1987, Emile Ardolino)

Quando entra in gioco l'infanzia c'è poco che si possa dire.
E' il film che mi ha tirata su e mi ha accompagnata per tanti di quegli anni che è come se si fosse fuso con gli avvenimenti della mia vita.
Ve ne parlo qui.

  • La casa (1982, Sam Raimi)

Non guardavo film horror da qualche anno, causa traumi subiti dalla visione in età decisamente poco consona de L'Esorcista. 
Poi un giorno sono andata in edicola a comprare una rivista di videogiochi per mio fratello, e in omaggio c'era questo dvd. La curiosità, e il germe della passione che stava ancora dentro di me e che non vedeva l'ora di rispuntare, hanno vinto sulla paura e da allora sono rifinita nel vortice di quel certo tipo di cinema da cui ancora non riesco ad uscire.
Quello che rende il lavoro di Raimi tanto speciale è che quando l'ho visto per la prima volta mi sono sentita nello stesso modo in cui con ogni probabilità si sono sentiti loro mentre lo giravano: in giro a cazzeggiare con degli amici deficienti.

  • Little Miss Sunshine (2006, Jonathan Dayton e Valerie Faris)

Perchè da quando ho visto questo film ho capito il vero motivo per cui mal sopporto le commedie (con le dovute eccezioni): perché non sono tutte così.
E' dolce di quella dolcezza che piace a me, mai totale e stucchevole, ma che riesce ad essere tale pur comprendendo al suo interno le dovute dosi di amarezza o nostalgia. E poi è un po' weird, con questi personaggi anomali e allo stesso tempo così reali.
E quel balletto finale, degno del Sundance, quanto potrà essere adorabile?

  • Kill Bill  (2003/2004, Quentin Tarantino)

Io LO SO che i cinefili seri e competenti quando pensano a Quentin dicono che i suoi film migliori sono altri.
Lo rispetto, eh, anche io amo praticamente ogni cosa esca dalle sue manine dorate, gli vogliamo tutti un bene dell'anima.
Ma Kill Bill è una BOMBA.
E' Uma Thurman STREPITOSA, è tonnellate di sangue, è i Santa Esmeralda, è il Pussy Wagon, è intrattenimento intelligente e citazionista, è cinema allo stato brado, è goduriosissimo.
Decisamente il mio preferito.

giovedì 13 febbraio 2014

I 5 film che un regista deve vedere prima di girare un film horror

10:56
A me le idee per questi post vengono in doccia.
Perchè in doccia io non canto, quindi ho tempo di pensare.
Anche stavolta, come nel primo post ideato mentre mi lavavo, si tratta di un argomento aperto, che possiamo incrementare con i vostri commenti e le vostre idee, che sono sempre benaccette e molto gradite.
Noterete l'assenza di Carpenter e Kubrik. Voluta, non preoccupatevi. Ho solo immaginato che una persona con la voglia di fare un film horror quantomeno La Cosa l'avesse visto.
Iniziamo!

1 - Un film a scelta, ma se li guardate tutti è tanto di guadagnato, di Ti West o Lucky McKee.






Dovete avere ben chiaro in mente il vostro obiettivo, cari registi novelli. Fare un buon film o la notorietà improvvisa? Siccome questo elenco è pensato per persone serie e non per manici di successo, la seconda opzione non è contemplata. The woman, o The house of the devil, i due esempi che vi ho messo sopra, sono quasi sconosciuti alla maggior parte delle persone che incontrate al cinema al sabato a vedere il nuovo film di Verdone. Eppure sono due film che fanno ben sperare per il futuro del genere. Azzardiamo a dire che sono semi capolavori?
Azzardiamo.
Ricordati, futuro regista, che carry on smiling and the world will smile with you*, tanto per fare una vergognosa citazione. Ma il succo è che se fai un buon lavoro prima o poi qualcuno si accorgerà del tuo talento.
E se non se ne accorgeranno le masse fa niente, se ne accorgeranno i blogger, e pare chiaro che i suddetti hanno certamente più rilevanza ai fini del giudizio.


2 - Hostel, di Eli Roth, 2005.


Ecco invece il sunto di tutto quello che NON dovete fare.
Non avete bisogno di grandi nomi (soprattutto non di Tarantino, non rischiate di fargli fare brutta figura) per farvi pubblicità, non vi servono tette vaganti e personaggi stupidi, non vi serve la violenza a tutti i costi, non vi servono i bambini malefici. Ma soprattutto, non vi servono queste cose tutte insieme. Scegliete il vostro obiettivo.
Volete i soldi?
Via ai nomi famosi in locandina e alle tette.
Volete i personaggi stupidi?
No, non li volete.
Volete la violenza?
Concentratevi su quella, ma fatelo bene. Con uno scopo.
I bambini malefici non sono male, in genere, ma devono essere diversi da quelli di Hostel.
Ma TUTTO INSIEME no, per nessuna ragione al mondo.

3 - E tu vivrai nel terrore: L'Aldilà, di Lucio Fulci, 1981.





Scontato, vero?
Ma un film di Fulci a scelta tra quelli della Trilogia della morte è imprescindibile, per due motivi soprattutto.
Il primo è che saper scrivere non è una conditio sine qua non. Chiariamo subito prima che fraintendiate e non sia mai. L'Aldilà è un film caotico, con una trama appena appena accennata, tanto bastava per tenere in piedi un film. E neppure gli attori erano tutti eccelsi, ecco. Ricordo ai gentili ascoltatori che quello che viene magnato dalle tarantole adesso conduce Elisir. Eppure, quanta paura fa. Con quei giochi di immagini, di colori scuri, poi chiari, e l'atmosfera, questo fare solo ed esclusivamente quello che al regista andava. Oltre le convenzioni, le abitudini del cinema italiano anni 80, Fulci aveva una passione e la rovesciava tutta in film così imcomprensibili, come se la conoscenza completa non ci fosse mai concessa. Perché la paura è un sentimento irrazionale, e come tale va presa e gestita, senza mettere tutti i tasselli a posto.
Il secondo motivo è che tutti quanti, io compresa, dovremmo volere più bene alla nostra Italia, che forse non vive un momento splendido, ma che ci ha regalato la grandezza, nel suo essere così bella e nel fare film horror che Hollywood levati.

4 - Session 9, di Brad Anderson, 2001.





Se siete al vostro primo lavoro è probabile che disponiate di ben poca pecunia. Ma guai al primo che sento che dice che questo è un problema. Session 9 è un gioiello low cost, ma gli esempi sono infiniti. Per non essere affatto scontata potrei anche raccontarvi di come ha fatto Raimi a girare La Casa con un paio di dollari in tasca e un paio di amici cretini. O di come Oren Peli ha sbattuto le porte di casa sua e ha girato un film discutibile, ma che ha avuto un successo incredibile. Oppure ancora del giorno in cui Neil Marshall ha trovato l'idea per The descent e ha creato uno dei film migliori degli ultimi anni.
I soldi non fanno la felicità.
Nemmeno quella dei cinefili.

5 - Il cigno nero, di Darren Aronofsky, 2010.





Io non so nemmeno scattare una fotografia senza farla mossa. Ma se avete in mente di fare un film dovreste avere una certa manualità con macchinari di sorta. Se cercate un uomo da cui copiare il modo di gestire le immagini, quello è sicuramente Darren Aronofsky, che in particolare in quest splendore di film distruggi-anima, gioca con lo spettatore, con la macchina, in una costante danza tra cò che è buono e ciò che non lo è. Riflessi nello specchio, il doppio visto in ogni suo aspetto. Nel contesto di un film praticamente perfetto, per scrittura e interpretazioni, una regia che sfiora il sublime è la ciliegina sulla torta, quel qualcosa in più che eleva Darren al ruolo di genio e me all'adorazione più totale.



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