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lunedì 6 marzo 2023

Rileggere Harry Potter a 32 anni

18:19
Non ho mai fatto mistero, sebbene ne parli pochissimo, della mia relazione con Harry Potter. Nonostante provi un profondo imbarazzo per la sua autrice, che si è rivelata una persona che speravamo tutti non fosse, sono molto legata ai romanzi. Non fraintendetemi, quindi, questo che prevedo sarà un post fiume non serve in alcun modo a difendere né Rowling né chiunque condivida i suoi miserabili pensieri e anche il suo atteggiamento da povera vittima della woke generation.
Ma torniamo alle cose belle. Letti per la prima volta da bambina, esattamente coetanea dei personaggi che mano a mano sono cresciuti con me, Hogwarts è stata casa quando tanto avevo bisogno di averne una. Ho con i libri quindi un rapporto molto intimo, mi legano a loro un profondo affetto e ricordi dolcissimi. Ne sono pure piuttosto gelosa.
Erano anni, però, che non rimettevo piede nel mondo magico, e siccome ho preso questa abitudine di scrivere libri per bambini mi sembrava che rileggere la saga dal successo più straordinario di sempre potesse essere una buona idea. Lo è stata, nonostante tutto. 
Ne parliamo insieme, vi va?




Non ho pretesa, in questa sede né altrove, di fare un'accurata indagine di mercato per comprendere e analizzare le ragioni per cui questa serie di libri sia diventata il fenomeno travolgente che è ancora oggi, non ne ho proprio le competenze e lo trovo anche un po' noioso. Il mio vuole essere solo, come di solito da queste parti, un post a sentimento, una chiacchierata insieme su qualcosa che tanto mi sta a cuore.
Certo, riletta con occhi più maturi la saga ha una serie di problematicità che oggi sono evidenti ma che da piccola non avevo mai colto. Una su tutte: una vera e propria ossessione per il peso dei personaggi, che è sì coerente con il periodo in cui è stato scritto, ma che oggi agli occhi del lettore stona parecchio. I personaggi grassi si dividono in due categorie: i cattivi, come Dudley che non ha altre caratteristiche fisiche che non siano il suo peso sempre crescente o la Umbridge, e i materni, come la signora Weasley, Hagrid e in un certo senso anche la Signora Grassa, che con il suo ruolo e la sua posizione in un certo senso "protegge" i Grifondoro. 
A costo di sollevare delle ovvietà, è una saga completamente priva di rappresentazione, in cui tutti i personaggi sono bianchi, abili, etero - con l'eccezione di Silente, volendo, anche se questa è una cosa che non sta nei romanzi ma solo nelle dichiarazioni della sua autrice fatte pure, a mio parere, in modo furbetto e disonesto. Parlando ai giovanissimi, non sono problematicità da nulla: stiamo dicendo loro che se non rientrano in queste caratteristiche non sono i protagonisti, e che questa saga non parla a loro. Noi che siamo della generazione che con Harry Potter è diventata grande siamo vittime storiche dell'ossessione per la magrezza malsana che i primi anni 2000 ci vendevano come sola possibilità di essere accettabili, e la saga ha rinforzato quello che tutti gli altri ci dicevano. Sebbene nei romanzi successivi questo costante rimando al peso vada leggermente scemando, il danno ormai era fatto. Tutto il resto, invece rimane invariato, dal primo al settimo.
Eppure, e mi perdonerete per l'eccesso di miele, non ha perso la sua magia. Riletti oggi, i romanzi di Harry Potter si sono confermati tra le più straordinarie storie per ragazzi mai scritte, e proverò a spiegarvi, ma soprattutto a spiegarmi, il perché.
Quello che funzionava allora e funziona oggi è il potentissimo senso di appartenenza. La costruzione così dettagliata dell'universo magico porta a totale immedesimazione. Come dicevo, nel momento della mia vita in cui mi ci sono approcciata avevo bisogno di un luogo a cui appartenere, e Hogwarts me lo ha dato, perché lo diventa per i suoi studenti. Diventa casa, è accogliente e calda, è familiare e dolce, è un caldo abbraccio in cui rifugiarsi. Il modo in cui il castello da solo prende il posto della famiglia, fin da quando i suoi studenti sono poco più che bambini, è candido e radioso. Si sale su un treno che ti porta in un castello magnifico che per tanto tempo finirai per chiamare casa, e funziona perché all'interno del castello si ricreano esattamente le dinamiche familiari che hai da poco lasciato. Hai amici che diventano fraterni perché non hai scelta, insegnanti che non diventano mai vere e proprie figure genitoriali ma che almeno riportano l'aspetto autoritario in un luogo che altrimenti ne è completamente privo. Non ci sono educatori o figure alla pari che si occupino dei bambini quando le lezioni sono finite. Si fa affidamento sugli altri studenti, che vengono premiati con piccoli ruoli di autorità, come i Prefetti e i Capiscuola, ma tutto sommato non appena si sale sul treno viene richiesto agli studenti di diventare grandi nel modo più dolce possibile: appoggiandosi gli uni agli altri.
Questo è per me il vero, immenso, punto di forza: il valore dell'Altro. Lo so, lo so, conoscendo oggi la sua autrice è quasi ridicolo, ma sto cercando di separare opera e autore. 
Harry Potter è speciale senza avere fatto nulla per esserlo. Non è il più intelligente ma neppure quello che lo è di meno. Non ha poteri particolari, doni che lo rendano diverso. Lo è in virtù di quello che qualcun altro ha fatto per lui (di nuovo, il valore dell'Altro), ha un potere che gli è stato donato senza alcun merito. E questo è magnifico, è rincuorante, è anti performativo. In un mondo che ci chiede costantemente di provare quanto siamo meritevoli delle cose che abbiamo, Harry ha tanto senza avere fatto niente, ma soprattutto è circondato di amore. E su questo ci torniamo.
Tornando sul discorso del tanto famigerato world building, invece, quello che mi ha dato la sensazione di essere l'elemento vincente è composto da due cose: familiarità e rispetto.
Quando parlo di familiarità intendo che fa riferimento costante alla vita che i lettori conoscono così bene. Hogwarts è una scuola, e pertanto ha regole, lezioni, compiti. Ha momenti di divertimento, di quelli che ti porti appresso per la vita intera, e altri rognosi da cui desideravamo scappare, come il professore che pensiamo ci detesti o la materia in cui facciamo schifo. Lo sport ha un ruolo fondamentale, al punto che non solo il Quidditch è stato creato dal nulla con un complesso sistema di regole, campionati e capacità richieste, ma ha anche un peso importante in termini di pagine spese per parlarne. A partire dai primi volumi, dalla lunghezza più contenuta, capitoli interi sono dedicati a partite, allenamenti, squadre. Alcuni eventi fondamentali succedono a bordo campo, durante le partite, in grandi occasioni come la Coppa del Mondo. La vita di un qualsiasi ragazzino - inglese ma non solo - è portata in scena in modo realistico, ma migliorato. La vita comune subisce il più bello degli upgrade: la magia.
E quindi gli elementi più tradizionali del mondo magico come lo conoscevamo già prima nella cultura popolare diventano parte dell'esperienza comune dei ragazzini, creando sulla carta la vita dei sogni. 
In questo senso però non tratta come stupidi i suoi giovani lettori, e qui andiamo nella parte sul rispetto. Considera chi legge alla pari degli adulti e pertanto anche la costruzione del mondo magico adulto è reale: ci sono un Ministero, con tutti i problemi di elezione e successione, Tribunali, con annessi problemi di corruzione, banche, istituzioni burocratiche, prigioni. Col passare degli anni i lettori sono introdotti a tematiche più "mature", che però fin da La pietra filosofale sono pronti solo per essere esplorati. È tutto stato sempre lì, serviva solo il tempo di conoscerlo per bene. 
Ovviamente a rendere il tutto molto buono è la "premeditazione", la costruzione a tavolino di un mondo complesso e completo ma alla portata di lettori di ogni età, che hanno la sensazione di leggere qualcosa che parli a loro ma che li faccia sentire grandi.

A toccare il mio cuore, però, sono altri due elementi.
Come dicevo prima, l'Altro. Harry Potter da solo è un simbolo, nulla più. Fin dalla sua nascita, però, è stato graziato da un gruppo di persone che lo hanno amato a prescindere dal suo ruolo, e crescendo ha saputo costruirsene uno suo, di gruppo, che lo amasse altrettanto. Non c'è una sola circostanza in cui se la cavi da solo, in tutti i libri, a partire dai primi bisticci con Draco fino alla magnifica Battaglia di Hogwarts. Harry vive in una nuvola di amore, che lo protegge e lo incoraggia, che lo supporta e lo rimprovera quando necessario. Sono innumerevoli, nei romanzi, gli abbracci stretti, quelli che ti dai solo quando pensavi che non avresti mai più rivisto qualcuno, le mani intrecciate di nascosto per incoraggiarsi, le parole sussurrate alle orecchie per aiutarsi. È un mondo fatto di quell'intimità che hanno solo le persone che potrebbero perdersi da un momento con l'altro, e quello è proprio un amore diverso da qualsiasi altro. Poiché la perdita nei romanzi esiste, e anche frequente, quell'amore qua si fa sempre più forte. 
Sì, il trope della famiglia per scelta è uno di quelli che tanto mi emozionano, e questa saga ne è la quintessenza. La sola famiglia tradizionale, i Weasley, non fa altro che aprirsi agli altri, allargando questo piccolo mondo in cui quel poco che c'è è di tutti, e in cui la profonda dignità della povertà impedisce di lamentarsene. Molly non è solo quella che cucina per tutti, è quella che ama tutti come se li avesse messi al mondo lei. È preoccupata per tutti allo stesso modo, è protettiva e accogliente, senza un istante di cedimento. Siamo su questa barca insieme e insieme remiamo per arrivare alla destinazione.
L'altro elemento, infine, è l'Ordine della Fenice. Anche questo non è un mistero per chi ha già letto questo blog, ma i ribelli mi straziano il cuore. Quelli che in pochi, barcamenandosi tra il nulla che possiedono, muoiono per un ideale. Quelli che hanno una missione più importante della vita stessa, ovvero liberare il mondo dall'oppressore. L'Ordine vecchio, decimato dai primi anni di Voldemort, che si ricostruisce e fa spazio ai nuovi membri, tutti insieme con la paura di perdersi ma con un nemico da combattere per liberare il popolo intero. Con i vecchi caduti nel cuore e le nuove generazioni da proteggere. I ribelli, come piccola pentola di fagioli che sobbollisce al di sotto del frastuono del male, che si fa spazio in un mondo in cui il cattivo si è preso le istituzioni e la libertà. E quindi le riunioni di nascosto, le parole d'ordine per accedere, un nascondiglio segreto, modi creativi per comunicare, tutti piccoli momenti che mi scaldano il cuore e mi fanno sempre credere che, comunque vada, un piccolo gruppo di ribelli da qualche parte sta combattendo per qualcosa di più importante del mondo intero. Mi piace pensare che avrei il coraggio di essere una di loro. 

Harry Potter è stato costruito a tavolino per funzionare con chiunque, persino con i ragazzini dalla vita privilegiata, perché riconoscono aspetti che sono familiari anche a loro e hanno una bella avventura magica. È nei ragazzini a cui la vita ha riservato un po' di iella, però, che si prende uno spazio immenso nel cuore. Perché ti dice che quel tipo di amore lo puoi avere anche tu, anche se non sei niente di speciale ma solo perché esisti, perché quel tipo di famiglia lì lo puoi trovare anche tu, quando incontri qualcuno che ti assomiglia e gli lasci modo di scoprirti, perché ti racconta che casa non è un'abitazione, e se lo è non è una reggia lussuosa: è il luogo in cui senti che puoi dormire la notte sapendo che per un po' il male non ti può venire a prendere.
Per me, oggi, è ancora un po' quel luogo sicuro lì: in mezzo a mille tribolazioni, so sempre che alla fine "all was well", e ricomincio a respirare per un po'.

martedì 1 settembre 2015

Maripensiero: I miei film preferiti

11:17
Oggi è il primo di settembre.
Vi apparirà forse una banalità specificarlo, ma in casa mia (ma sono certa anche in casa vostra) significa FINALMENTE fine di qust'estate di sto cavolo. E io ne gioisco immensamente, il che per me è paradossale dal momento che amo il caldo torrido e il sole.
Concludo questa spaghettata di affaracci miei raccontandovi che la degna conclusione di questo periodone si è concretizzata con la morte del mio pc. E con morte intendo che lui ci prova ancora a tirare fiato ma che i medici hanno ormai diagnosticato la morte cerebrale. 
Non appena arriverà quello nuovo ritornerò a stalkarvi e a recuperare tutti i vostri vecchi post che mi sono persa con mia somma rottura di palle.

Riassumere in un solo post tutti i film che governano sul mio cuore mi sembrava un buon modo di ricominciare. Chi bazzica da queste parti da un po' riconoscerà i soliti titoli noti che tiro in ballo con frequenza regolare, ma mi piace l'idea di averli tutti qui insieme, per venire a farmene coccolare qualora avessi bisogno di terapia.
L'ordine è rigorosamente sparso, che ve lo dico a fare.

  • Shining (1980, Stanley Kubrick) 

Navighiamo nell'ovvio. Il film a cui ogni virgola di questo blog è dedicata, dal titolo in poi, l'Opera d'Arte Definitiva. Tante volte ho cercato di trovargli un difetto, mi ci sono anche impegnata, ma niente, Shining va oltre l'umano. Forse una scelta più di testa che di cuore, ma ogni volta che premo play e vedo quella magnifica sequenza iniziale rimango sbigottita di fronte a quello che un essere umano può fare.
Ogni volta che mi veniva chiesto quale fosse la mia passione io avevo difficoltà a rispondere, poi un giorno ho capito che io sono appassionata di talento.
Amo gli scrittori capaci, che sorprendono col loro modo di usare le parole irraggiungibile per noi semianalfabeti, amo gli illustratori e li invidio tantissimo perché io non so fare nemmeno la o con il bicchiere, amo i musicisti e gli autori che sono in grado di tirarmi fuori emozioni che nemmeno sapevo di avere, e soprattutto amo i registi che miscelano le parole, le immagini, le emozioni. Ecco, Kubrick sta SOPRA alla mia personale definizione di talento.
Lui è proprio un'altra cosa.
Il sangue che scorre dagli ascensori mi causa ancora oggi un'angoscia ineguagliabile.

  • La città incantata (2001, Hayao Miyazaki)

Non mi piacciono i cartoni animati.
Ecco, l'ho detto.
Ci sono alcune eccezioni che si sono fatte voler bene, ma in linea di massima li evito perché mi stufano tantissimo ma più probabilmente perché sono una bestia senza cuore.
Ma La città incantata mi ha preso il cuore e ha deciso di tenerselo. Appurato che lo Studio Ghibli è in generale di un livello talmente superiore da non potersi paragonare a nessuna delle case occidentali se non per umiliarle tremendamente tutte, questo film in particolare non è altro che Poesia.
Ogni disegno, ogni colore scelto, ogni parola pronunciata, ogni personaggio, TUTTO in questa pellicola è Poesia, noi possiamo solo leggerla, farcene conquistare, lasciargli lo spazio che merita, e farci rubare ogni emozione. Perché se le prenderà tutte senza eccezioni.
Ne ho parlato in modo più approfondito qui.

  • Harry Potter e il prigionero di Azkaban (2004, Alfonso Cuàron)

Vi ho fatto una testa così con Harry Potter in questo post.
Di tutti e 7 i libri, però, ce n'è uno in particolare che supera abbondantemente la qualità (indiscussa e indiscutibile) degli altri, ed è il terzo. Stesso dicasi per il film.
In questo libro (e quindi nel film) c'è la mia scena preferita della saga. Uno dei capitoli migliori di ogni libro che abbia mai letto.
Harry, Ron ed Hermione sono finiti nella Stamberga Strillante con il professor Lupin. E' il momento in cui scopriamo la verità su Sirius, su chi sia realmente, su cosa è davvero successo la notte in cui sono morti James e Lily, su chi li abbia traditi.
Un romanzo intero per giungere a quella magnifica scena, in cui Lupin (a mio modestissimo parere uno dei personaggi migliori di ogni tempo) sta combattendo tra quella che credeva essere la verità e il suo bisogno di smentirla, la voglia di credere che Sirius fosse innocente e la consapevolezza che in fondo lui questa innocenza l'aveva sempre creduta. Il tutto di fronte a tre ragazzini convinti di essere in pericolo di vita e che invece non si rendono conto di essere nel luogo più sicuro del mondo, in compagnia di alcune tra le pochissime persone che darebbero la loro, di vita, pur di salvarli.
Per me tutti gli psicologi del mondo potranno scrivere migliaia di saggi, ma il migliore trattato sull'amicizia mai letto signori l'ha scritto la Rowling in un libro per ragazzi.

  • Il cigno nero (2010, Darren Aronofsky) 

Ormai il mio livello di fangirlismo per Darren sta raggiungendo livelli imbarazzanti. Il cigno nero è il film che avrei voluto girare io, se mai mi fosse venuta la passione per la regia. Per quegli splendidi movimenti di macchina che mi lasciano senza fiato (ma ci balli, tu Darren, con ste macchine da presa? Non si spiega altrimenti.), per quella sequenza finale da brividi, per quella recitazione incantevole a cui non avrei dato due spicci, per il modo in cui si è preso l'animo umano e lo si è spolpato, sviscerato ed esaminato, così raffinatamente.
Per quella grandiosa scena di Natalie Portman che cammina da sola e incrocia un'altra donna che altri non è che sempre se stessa e che mi ha lasciato senza parole.
Quanto bene posso volere a questo film, mi ha lasciata incredibilmente senza parole.

  • Dirty dancing (1987, Emile Ardolino)

Quando entra in gioco l'infanzia c'è poco che si possa dire.
E' il film che mi ha tirata su e mi ha accompagnata per tanti di quegli anni che è come se si fosse fuso con gli avvenimenti della mia vita.
Ve ne parlo qui.

  • La casa (1982, Sam Raimi)

Non guardavo film horror da qualche anno, causa traumi subiti dalla visione in età decisamente poco consona de L'Esorcista. 
Poi un giorno sono andata in edicola a comprare una rivista di videogiochi per mio fratello, e in omaggio c'era questo dvd. La curiosità, e il germe della passione che stava ancora dentro di me e che non vedeva l'ora di rispuntare, hanno vinto sulla paura e da allora sono rifinita nel vortice di quel certo tipo di cinema da cui ancora non riesco ad uscire.
Quello che rende il lavoro di Raimi tanto speciale è che quando l'ho visto per la prima volta mi sono sentita nello stesso modo in cui con ogni probabilità si sono sentiti loro mentre lo giravano: in giro a cazzeggiare con degli amici deficienti.

  • Little Miss Sunshine (2006, Jonathan Dayton e Valerie Faris)

Perchè da quando ho visto questo film ho capito il vero motivo per cui mal sopporto le commedie (con le dovute eccezioni): perché non sono tutte così.
E' dolce di quella dolcezza che piace a me, mai totale e stucchevole, ma che riesce ad essere tale pur comprendendo al suo interno le dovute dosi di amarezza o nostalgia. E poi è un po' weird, con questi personaggi anomali e allo stesso tempo così reali.
E quel balletto finale, degno del Sundance, quanto potrà essere adorabile?

  • Kill Bill  (2003/2004, Quentin Tarantino)

Io LO SO che i cinefili seri e competenti quando pensano a Quentin dicono che i suoi film migliori sono altri.
Lo rispetto, eh, anche io amo praticamente ogni cosa esca dalle sue manine dorate, gli vogliamo tutti un bene dell'anima.
Ma Kill Bill è una BOMBA.
E' Uma Thurman STREPITOSA, è tonnellate di sangue, è i Santa Esmeralda, è il Pussy Wagon, è intrattenimento intelligente e citazionista, è cinema allo stato brado, è goduriosissimo.
Decisamente il mio preferito.

lunedì 29 giugno 2015

Almanacchorror: Giugno 2015

11:24
E' quasi ridicola la quantità di film straordinari che sono usciti a giugno.
State a vedere:

8 giugno 1984: i patatonissimi mogwai diventano fenomeno di culto. Esce Gremlins. Tutto quello che ho da dire sul film si trova qui, nella recensione che ne avevo scritto.


12 giugno 1968: release di Rosemary's baby. Mica l'avevo amato, alla prima visione. Poi, ecco, ho guardato bene.

16 giugno 1958: vediamo per la prima volta sir Christopher Lee indossare i panni di Dracula. Il film si chiama Dracula il vampiro. Vorrei saper dire qualcosa di adeguato sulla scomparsa del grande gigante gentile, ma sarebbe niente a confronto di quanto lui con il suo immenso lavoro ha dato a noi.

16 giugno 1960: altra release IMMENSA. Psycho viene portato sul grande schermo. What else?

20 giugno 1975: un nemmeno trentenne Spielberg porta sullo schermo un'icona. Esce Lo Squalo. Potrei fingere di saperne a pacchi, ma in realtà non lo rivedo da tanto, troppo tempo. Per questo motivo vi invito a leggere un altro post, scritto da Lucia de Il giorno degli zombi (qui), che è sicuramente più appassionato e sincero di quanto non sarei io. A me basta dire che son passati 40 anni, ma i brividi sentendo le note della colonna sonora li avete ancora tutti.

22 giugno: compie gli anni oggi quella superba e adorabile faccia di tolla che porta il nome di Bruce Campbell. 
 
 
25 giugno 1982: avete un colpevole. Qualcuno a cui attribuire la colpa delle migliaia di parole con cui vi ammorbo da più di due anni a questa parte. Signori miei, La cosa vede la luce. Il film che ancora oggi terrorizza la persona che mi ha trasmesso la passione che mi porta a rendere pubbliche le mie non richieste opinioni. Mio padre, muratore 56enne, è uno di quegli uomini a cui ti rivolgi per qualsiasi cosa. Costruisce tutto, sistema tutto, risolve tutto, mai spaventato in vita sua, mai niente che lo intimorisca, non ha il minimo senso del rischio nè dell'autorità, è anche abbastanza strafottente. Ma Carpenter è riuscito a mettergli paura. Gliene mette tutt'ora. Forse è quasi più questo a fare paura a me che non il film stesso. Un pezzo di storia della mia casa e della mia infanzia. Il fatto, poi, che sia un film straordinario di quelli che solo il Maestro sa fare, passa quasi in secondo piano rispetto al legame affettivo che provo nei suoi confronti.

26 giugno 1997: L'Off Topic del mese è dedicato al grande amore della mia vita. In UK usciva oggi Harry Potter e la pietra filosofale. E mi fermo qui, vi ho già parlato abbastanza di HP qui.

lunedì 11 maggio 2015

Maripensiero: Harry Potter

18:34
(Questo è un post abbastanza personale. E con abbastanza intendo molto. Prendete quello che ne uscirà con le dovute precauzioni, poi la prossima volta torniamo a fare i cazzoni come sempre che è il motivo principale per cui MRR esiste)

Più volte mi sono detta che avrei davvero dovuto parlare anche di Harry Potter, qui sul blog. E ci ho provato, eccome se ci ho provato. Ho scritto tonnellate di parole che poi sono finite nel cestino in tempo record.
Niente era mai abbastanza. Niente era sufficientemente poetico, o adeguato, o significativo. Quindi via, nel dimenticatoio.

Poi ho capito dove stava il problema.
Per parlare di qualcosa di così tanto amato non posso usare espedienti ricercati, non posso cercare di creare qualcosa all'altezza.
Niente potrà mai essere all'altezza di Harry Potter perché, semplicemente, Harry Potter non è in alto.
Sta quieto in basso, in mezzo a noi, con l'umiltà e la tenerezza che contraddistinguono la sua splendida autrice.

Come tonnellate di altri bambini al mondo, sono arrivata ad Hogwarts nel 2001, con l'uscita in sala del primo film, Harry Potter e la pietra filosofale. Mi ci aveva portato un'amica di mamma, la zia Stella. Rimasi talmente folgorata da desiderare il libro immediatamente (la mia passione per i libri è nata molto prima di quella per il cinema). E così via, libro e film, libro e film, libro e film, per DIECI ANNI della mia vita.
Il caso ha voluto che nel 2001 io avessi 11 anni. Come Harry.
Ne ho avuti 12 quando ne ha avuti 12 lui, e siamo venuti su insieme fino al momento in cui crescere non era più rimandabile.

Facciamo un passo indietro.
A 11 anni non ero una bambina felice.
Non sono stata felice a 12 anni, nè a 13, e non posso certo dire di esserlo ora.
La mia famiglia mi ha sempre fatta partecipe degli eventi che ci accadevano, fin da quando ero piccolissima. Ho convissuto in piena coscienza con problemi non indifferenti fin da quando so parlare.
Se state scrivendo un commento a proposito di queste affermazioni, fermatevi, per favore. Non è certo la vostra commiserazione il motivo per cui sto scrivendo questo ma per farvi comprendere a fondo il clima in cui la saga della Rowling si è trovata impiantata.
Perché questo ha fatto. Si è impiantata, come un seme. Il terreno a disposizione sembrava inaridito, iniziavo ad coltivare il cinismo che oggi porto con orgoglio. Ma una bambina di 11 anni non può mai essere cresciuta del tutto. In mezzo al terreno inasprito c'è sempre un angolino di prato verde. La Rowling l'ha trovato e ci ha coltivato su. Come un radbomante ha trovato il luogo in cui stava l'acqua e in cui la sua pianta sarebbe riuscita a crescere.
Il giovane prescelto a 11 anni scopriva che la sua orribile vita stava cambiando per sempre. Scopriva la magia! Scopriva che qualcuno gli aveva voluto bene. Di quel bene immenso che porta tua madre a morire pur di permettere a te di vivere. E proprio io, che vivo nel complesso di non essere mai amata da nessuno, che sono l'eterna seconda, che non riesco a dare per 'dovuto' nemmeno l'amore di mia madre, guardavo questo piccoletto rinascere forte dell'amore che anche lui aveva avuto, mentre un uomo gigante impiantava a sua volta una coda di maiale nel sedere del cugino.
E poi, l'arrivo a Diagon Alley, lo sguardo spalancato di Radcliffe affamato di bellezza, di inaspettato, di nuovo. Lui e io, insieme, guardavamo al domani come a qualcosa di meraviglioso, qualcosa di magico.

Passavano gli anni, e le cose continuavano a succedere nella mia vita. Ma, da quel Natale del 2001, ho avuto un'altra casa in cui rifugiarmi quando le pareti della mia sembravano stritolarmi sul letto: Hogwarts.
E se pensate che un libro non sia un'evasione sufficiente dai problemi, è perché non avete mai permesso ad un romanzo di entrarvi dentro.
Soprattutto se quel libro non ha pretesa di grandezza alcuna. Non ha pretesa di cambiare la vita, entra in punta di piedi nel tuo mondo, qualunque esso sia, ma finisce inevitabilmente per prenderne totale possesso.
E tu stai lì, a cercare di stare in equilibrio tra tutte le cose che ti accadono intorno, e pensi che vorresti solo stare chiuso in un angolo a piangere fino a perdere la voce. Ma perchè farlo? Ron non si lamentava, di vivere in una famiglia povera che non gli poteva garantire la lussuosa divisa nuova di pacca come quella di Malfoy. Hermione, vittima del 'bullismo' per via delle sue origini Babbane, non stava chiusa in bagno a piangere su se stessa.
Perché avrei dovuto io?
Indirettamente Harry Potter mi ha mostrato l'inutilità del piangersi addosso. Allo stesso tempo, mi ha illuminato su come una grandissima percentuale delle cose che accadono dipendono dal mio modo di prenderle. Lentamente, nel corso degli anni, si è insediato come principale spunto educativo, laddove figure più concrete di Albus Silente avevano fallito in precedenza.

Mi rendo conto che leggere certe parole sapendo che sono rivolte ad un mondo fittizio possa suonare bizzarro agli occhi di chi questo amore non l'ha vissuto. Ma Harry Potter è stato lì nel momento in cui avevo bisogno di appoggiarmi a qualcosa per non cedere, è stato il modo in cui ho appreso che se Hermione Granger poteva avere dei difetti, io potevo provare a perdonarmi per i miei. (Non ci riesco ancora, ma quanto ci provo). E' stato lì quando i miei problemi famigliari venivano surclassati da quel dolore che a 16 anni sembra immenso e che provi quando un determinato lui non ne vuole sapere di te. O quando litigavo con un amica e pensavo di avere perso il mio mondo.
Ma soprattutto, è a Harry Potter che devo la capacità (sempre in lavorazione, non si finirà mai di costruirla) di gestire il dolore.
Il dolore di non conoscere la propria famiglia, di non sentirsi apprezzato, di sentirsi solo, di incontrare finalmente quanto di più vicino ad un genitore e perderlo, di nuovo.
C'è tantissima sofferenza, in 7 libri.
Perchè sono la vita, in ogni suo aspetto.
E, facendoti sempre sognare la magia (anche ora, a 24 anni), sono stati l'amico costante, quello più vicino, quello che, pur non conoscendoti, ti conosce meglio di chiunque altro.

Non è mai atto solo un libro, è stato il mio rifugio.
Ed è per questo che quando la Rowling dice, alla prima dell'ultimo film, che 'Hogwarts will always be there to welcome you home', so esattamente che per me sarà sempre così.

mercoledì 2 ottobre 2013

The Apparition

16:02
(2012, Todd Lincoln)



Un solo motivo mi ha spinto alla visione di The Apparition.
Draco Malfoy.
Chi ha detto Tom Felton? Tom Felton è un'allucinazione collettiva, esiste solo Draco. Il quale chiaramente ha subito un forte trauma in seguito all'apparente risurrezione di Harry e alla conseguente sconfitta del Signore Oscuro, perchè non saprei come spiegarmi altrimenti la sua partecipazione a questa robaccia.

Kelly e Ben sono la classica lovely couple. Vanno a convivere, ma lei non sa che il suo boy anni prima aveva giocato a fare il ghostbuster con i suoi friends, e si sa che queste cose non hanno mai un happy ending. Ma ora Ben sta scappando dai fantasmi del suo passato (ah ah, i fantasmi, son proprio una cabarettista!) e quando il suo amico Patrick lo chiama per metterlo in guardia sul pericolo che sta correndo, lui lo ignora.
Poi dici che uno non se le cerca.



Partiamo subito da Ben, dato che l'unica cosa da dire è che oltre a interpretare un personaggio idiota lo interpreta pure da cani. Gli si legge proprio la paura scritta negli occhi, sì. La paura che qualcun altro lo assuma dopo questo film.
Continuando seguendo il fil rouge dell'idiozia, il secondo posto spetta all'ectoplasma. Con tutto quello che avrebbe potuto fare grazie alla sua condizione di invisibile e incosistente, decide che la cosa più terrificante da fare sia aprire la porta del garage. AH.

Poi vi chiedete perchè sono cinica, ma me le tirano proprio fuori.

Appurato che il fantasma, in quanto nullafacente, non può fare paura, cosa ci riserverà il regista?
Atmosfera? No.
Inquadrature suggestive? Mmmh, nemmeno.
Dialoghi interessanti e perspicaci? Gnan a mòrer, si dice dalle mie parti.
Un escamotage talmente fuori di testa da rendere la baracca interessante? NO.


 E a proprosito di inquadrature, volevo spiegare a Todd Lincoln che se mi tieni la camera per 5/6 secondi a inquadrare la serratura, io LO SO GIà che accadrà qualcosa alla porta, quindi non può spaventarmi. Tutto chiaro?
 Ma soprattutto, Todd, la suspance. NCS, non ci siamo.
Questa ve la devo raccontare. Crescendo musicale, movimenti lenti, qualcosa sta per succedere. La protagonista si blocca, fissando qualcosa di terribilmente spaventoso che è avvenuto nel suo armadio. NOOOOOOO! Tutti i vestiti stropicciati!! Cattivo, fantasma, cattivo!
(E comunque non basta fare una scena nella doccia per omaggiare Hitchcock, dato che certe inquadrature sembravano omaggiare Oren Peli per citare un altro grande dell'horror.)



Certo, poi ci sono scene memorabili, come la fuoriuscita dell'entità dalla lavatrice, immagine che dà un significato tutto nuovo al concetto di Desperate Housewives.

Complessivamente quindi abbiamo: attori scadenti che interpretano personaggi scadenti che dicono battute scadenti su un fantasma scadente, il tutto per condurre a un finale che spiega perfettamente il termine 'scadente'. Bah, è solo un FDC.

E con questo apriamo la rubrica 'La posta del cuore'. Ma voi ragazze, lo mandereste a dormire sul divano il vostro moroso/convivente/marito/animale da compagnia quando c'è uno spirito in camera? Parliamone insieme.




domenica 5 maggio 2013

The woman in black, James Watkins

13:51

Titolo originale: The woman in black

Anno: 2012

Durata: 95 minuti

Trailer:



Prima di tutto chiariamo una cosa. Io con Harry Potter ci sono cresciuta. Ho letto il primo che avevo la stessa età dei protagonisti, sono venuta su con un libro all'anno, è stato la mia più grande passione per anni. E parlo dei libri prima di tutto, i film sono solo una conseguenza.

Detto ciò, sono perfettamente consapevole del fatto che Daniel Radcliffe sia un attore mediocre, e qui si conferma tale.

In questo caso, interpreta Arthur Weasley Kipps, un aspirante avvocato che viene spedito a risolvere alcune questioni legali legate ad una casa rimasta vuota che necessita di essere venduta. Pare che la casa in questione sia stata dimora di un ragazzino poi morto affogato. Il resto immaginatelo voi.

La prima cosa che devo fare è togliermi un sassolino fastidiosissimo dalla scarpa.

Arthur sta partendo e saluta suo figlio. Gli dice: 'Hai gli stessi occhi di tua madre.'

NO. ENNE O. Mi ribello, mi oppongo, mi divincolo. No. Harry Potter non dice a suo figlio che ha gli occhi di sua madre, no.

Oh, lè.

Diciamo prima le cose positive.

Tutti gli ambienti son belli. La casa di Kipps, il villaggio, per arrivare alla palude, la stazione e, soprattutto, la casa della donna in nero.
Una meraviglia. Ricorda il castello di Casper, o meglio ancora, il video della canzone Ghost di Michael Jackson. Spettacolo.



Passiamo alle cose negative. Prima di dirle, però, vi voglio comunicare che questo film è l'horror inglese che ha avuto più successo negli ultimi 20 anni (c'è una fonte per questa affermazione, solo che non la ricordo). E ci lamentiamo se le cose di qualità sono poche.

Comunque.

La trama in sé puzza di già visto. E questo sarebbe un difetto perdonabile, se il tutto fosse ben reso, cosa che chiaramente non accade. In ogni caso la vicenda in sé non è male.
Gli attori sono stati insipidi tutto il tempo. Ed è una cosa tremenda, perchè se almeno fossero stati pessimissimi almeno mi avrebbero fatto ridere. Invece niente. Nemmeno il dolore dei genitori che perdono i loro figli è riuscito a coinvolgermi, ed è tutto dire.
I film di fantasmi, poi, si presterebbero benissimo a fare una paura dannata. E, ormai lo saprete, io mi spavento con NIENTE. Ma qui, orez. Il vuoto.





Mi spiego meglio: nell'ultimo post avevo scritto che il non visto fa più paura del mostrare troppo. E lo confermo. Ma c'è una differenza sottile tra il 'non mostrare quello che succede' e il 'non far succedere nulla'. Qui succede poco e niente, e tutto quello che succede ti viene comunque preannunciato chiaramente.

Esempio: Arthur davanti ad una finestra, ci resta per talmente tanto che sai che apparirà qualcosa, e ovviamente appare. Come faccio a spaventarmi se mi avvisi 10 minuti prima?
 

E poi, sta finestra. Ci sta sempre. Ci passa delle ore, intorno a quella fnestra. Da dentro, da fuori, di traverso. Ma cosa guardi? Cosa pensi di vedere che sei immerso in una palude nel nulla?

Complessivamente, la visione di The woman in black è tranquillamente evitabile. Non è spazzatura, non è buono, è solo abbastanza inutile. È tutto così così.

Quello che più dispiace è che Eden Lake, l'opera prima del buon James, è un semicapolavoro, un filmone bastardissimo e quasi perfetto. Diciamo che è uscito leggermente di carreggiata dai.

Attendiamo tue nuove, Watky. Fai il bravo.


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