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martedì 5 gennaio 2016

Mi metto in pari: Goodnight Mommy

13:41
HO TRATTENUTO PER SETTIMANE QUELLO SPOILER Lì GIGANTESCO, FATEMI FARE ALMENO QUESTO QUA.

Siamo a gennaio e se come me siete usciti da un tempo (relativamente) breve dalle scuole ricorderete che a gennaio si inizia la maratona per recuperare i debiti.
Su MRR, quindi, approfittiamo del primo mese di questo nuovo anno per recuperare tutto quello (se va beh, tutto) che ci siamo persi l'anno scorso.
Iniziamo con Goodnight mommy, film quasi assente dalle vostre classifiche di fine anno. Il Bradipo, però, lo ha messo tra i migliori. Ad accrescere ulteriormente le mie già notevoli aspettative arriva il trailer.


Due gemelli,  una madre che è la loro ma forse no, una splendida villa immersa nella natura austriaca, pochissime parole (di cui una, 'Lukas', ripetuta fino allo sfinimento), solo un numero impossibile da contare di sguardi.
Un minimalismo incredibile, che in altre circostanze mi avrebbe condotta dritta dritta tra le braccia di Morfeo e che invece questa volta mi ha massacrata emotivamente.

È di una lentezza impegnativa, eh, sto Goodnight Mommy, ma è altrettanto pieno di fascino. È un film in cui si entra nel vivo del dolore, nel punto in cui la ferita fa ancora malissimo, e ci si ficca un gigantesco coltello dentro, e lo si gira, lo si continua a girare con incredibile sadismo.
Non che sia un film bastardo, eh.
Non è di quelli che alla fine ti fanno venire voglia di prendere il dispositivo su cui lo hai guardato per fargli fare la fine della Gabbianella a cui il Gatto ha insegnato a volare.
È piuttosto uno di quelli che ti fa credere di essere una cosa per poi rivelarsi tutt'altro.


Sembra quasi un home invasion, sembra che una sconosciuta si sia presa quel ruolo di madre che non era il suo. E invece è la storia di una donna a cui il ruolo di madre è stato strappato violentemente. E le resta solo la parte più difficile, la ricostruzione di quello che resta a chi è sopravvissuto. Deve farlo in quanto madre, anche se posso solo provare ad immaginare quanto possa essere stato doloroso continuare a preparare i pasti anche per il figlio morto, solo per assecondare il desiderio di quello sopravvissuto.
Ci sono piccoli dettagli che, tornati in mente a fine visione, fanno presa sul cervello e sul cuore: per esempio il momento in cui la mamma per dimostrare l'evidente assenza di Lukas mostra ad Elias come ci sia solo un cambio di vestiti, e mostrare a noi spettatori che quel singolo cambio lo indossano a turno entrambi i gemelli, scambiandosi poi l'abbigliamento a metà film, è stato commovente.

Il centro del tema dell'identità del film sembrava essere questa donna bendata (funzionano un casino ste bende, che angoscia), ma si rivela poi essere Elias, che deve ricostruire se stesso come individuo a sè stante, e non più come fratello di Lukas.
Straziante ed inimmaginabile.


Siamo dalle parti di The Orphanage, qui lo dico e qui non lo nego.


martedì 8 luglio 2014

A l'interieur

15:29
(2007, Alexandre Bustillo e Julien Maury)





Ci sono tante belle cose che si possono fare invece di vedere un film.
Se siete incinte, o avete intenzione di esserlo a breve, per esempio, io questo film lo eviterei per lasciar spazio nel cervello allo studio dell'uso del Chupa Chups nelle civiltà precolombiane.

Questo perchè A l'interieur è CATTIVO CATTIVO CATTIVO.
CATTIVO.
CATTIVO.
BRUTTO E CATTIVO.

No, brutto no, affatto.
Ma Bruttoecattivo tutto attaccato sì.

La signora che vedete nella miniatura del video qui sopra si chiama Sarah. Mentre aspetta il suo primo figlio ha un brutto incidente in macchina, in cui lei e il piccolo che porta in grembo restano illesi. Muore invece il papà del bambino.
Qualche mese dopo, precisamente la sera prima del giorno previsto per il parto, una strana donna suona il campanello di casa di Sarah, e quello che vuole non è solo fare una telefonata.

Toccare le donne incinte è pericolosissimo, un tema che va trattato con pinze dorate e guanti d'argento.
I due registi francesi lo trattano con un paio di forbici insanguinate e un casino di sadismo.
Ma ce la fanno, funziona.
Portano a casa un filmone di quelli difficili da dimenticare.

Devo riconoscere che Sarah non è un personaggio per cui sono impazzita da subito. All'inizio la vediamo soffrire molto una perdita terribile, e poco altro ci è mostrato di lei, a parte che ha una madre degenere e cretina che dopo che la figlia ha perso il compagno da soli 4 mesi le chiede se si fa il capo. Ma insomma, a parte ciò, poco altro vediamo.
Forse è voluto, perchè nel film quello che ci interessa non è tanto Sarah nella sua complessità di donna e blablabla, ma Sarah-mamma che tira fuori un bel paio di coglioncini quando l'incolumità del figlio è messa a repentaglio. Potrebbe anche essere una donna con poca personalità, ma in questo contesto non ce ne frega assolutamente niente. E' una donna che prende a pugni lo specchio per farci uno spuntone con cui colpire l'altra donna, l'assalitrice, ovvero il personaggio che da solo avrebbe potuto reggere il film.

Di lei, la cattivona, non sappiamo niente. Non ha nemmeno un nome. Eppure è terrificante.
Arriva di soppiatto, guarda dalle finestre, poi sparisce, poi spunta dietro di te, e una volta entrata in casa è impossibile fermarla dall'ottenere quello che vuole.
Personaggione di quelli potentissimi, di cui vediamo chiaramente il volto per la prima volta solo illuminato dal fuoco della sigaretta (in una scena gigantissima, spettacolare, me la sono fatta sotto).
Questa squinzia qui fa una paura maledetta, perché è un pazza isterica.
Davvero, non per dire.
Non ha organizzato un piano preciso per andare a prendersi da Sarah quello che vuole, ha alzato le chiappe ed è andata a prenderselo. Guidata solo dai sentimenti è entrata in casa e l'ha presa a forbiciate e si è pure lasciata andare a sfoghi isterici da donna con la stizza premestruo quando non ci è riuscita.
Il che la rende molto più pericolosa.

Giocano un po' a guardie e ladri in giro per la casa, perlopiù in bagno, c'è tanto di quel sangue da cominciare a fare un po' di impressione anche a me che di solito resto quasi indifferente, ci sono un bel po' di morti, ma fino alla fine ci sono loro due a sfidarsi, entrambe decise a non cedere, guidate da quello che dovrebbe essere il migliore dei sentimenti, il più forte.

Unica pecca sono state secondo me le scene del feto che non ho capito che effetto volessero dare, che sensazione volessero dare allo spettatore.
Se lo scopo era farci dire 'Oh mioddio no povero bimbo' credo abbiamo proprio sbagliato film e pubblico.
Se non è questo, non capisco quale possa essere.

A parte questa piccolezza, film incredibile, con due attrici da applausi e inchini.

Poi però si arriva alla fine.
LO SO che non poteva che finire così e che qui non stiamo guardando l'ultimo film di Barbie.
Però con quella scena finale, miei simpatici amici francesi, vi siete appena digievoluti da Bruttiecattivi a MALEDETTI BASTARDI SCHIFOSI.

Fate dei gran bei film, però.
Cià.

lunedì 24 marzo 2014

The last will and testament of Rosalind Leigh

09:13
(2012, Rodrigo Gudino)



Ho da poco iniziato a lavorare in una casa di riposo.
Appena gli anziani hanno un po' di tempo per parlare (o meglio, appena IO ho un po' di tempo da dedicare all'ascolto) le parole più frequenti sono 'mio figlio', 'mia figlia', 'i miei figli'.
Spesso si lamentano della loro mancanza, di quanto poco gli fanno visita, spesso raccontano aneddoti, spesso li lodano.
Ma quella dei figli, anche di quelli che non vedo venirli mai a trovare, è una presenza tangibilissima.

Per questo, quando ho visto Rosalind Leigh non ho fatto altro che pensare ai miei amati nonnini, e a tutti i nonnini che non conosco ma che nutrono la stessa adorazione per i propri figli che spesso sono troppo presi dalla loro vita per rendersene conto.


Come Leon, per esempio, un uomo la cui madre viene a mancare dopo molto tempo che i loro rapporti si erano allentati.In seguito al decesso il figlio erediterà tutti gli averi della defunta e si reca nella casa di quest ultima per gestire le varie questioni.

Un'ora e mezzo di film che ruota interamente intorno ad un solo attore (nemmeno troppo bravo, ad essere sinceri) e una sola location. C'è poi, a nuotargli attorno, la presenza di questa strana madre, personaggio che si rivelerà per quello che realmente è solo alla fine.
Inizialmente ci viene fornita l'immagine di una fanatica religiosa, appartenente ad una setta che idolatra l'immagine degli angeli, ed anche un po' fuori di testa (che poi per me lo siano tutti gli estremisti religiosi è un altro discorso), nonchè pessima madre. Abbastanza agghiacciante è il racconto del gioco delle candele a cui sottoponeva il povero figlio già da piccolo dichiaratamente ateo.


Su questa immagine costruita della iperreligiosità della madre, la casa è un ambiente spaventoso, pieno di statue, icone, immagini sacre, candele, scura, cupa, fa una paura dannata. Ed è in questo ambiente inquietante che anche il figlio rivela di non stare troppo bene, le conseguenze di un siffatto genitore si fanno sentire nelle sue debolezze che emergono man mano che la sua permanenza trascorre.

La luce del sole si vede poco e niente, è tutto buio e scuro, come se la solitudine schiacciante di queste due persone non lasciasse scampo alla luce della speranza. Perché è intorno a questo che ruota tutto il film. Se si stia parlando di fantasmi o di persone che non stanno troppo bene con la testa non è mai troppo chiaro, il confine è volutamente annebbiato. E questo non fa altro che incrementare la paura in quei due o tre spaventi ben assestati che il regista ci infligge. 


Certo, i film perfetti sono sicuramente altri, ma forse quando un film ti ricorda che un 'ti voglio bene' può salvare una vita, allora ha sicuramente fatto un gran bel lavoro.

domenica 5 gennaio 2014

Maripensiero: Le mamme al cinema

16:23
Io non sono mamma.
E nemmeno papà, ma tant'è.
Premessa dovutissima, perchè tutto quello che sto per scrivere viene da una persona che quell'amore lì, che voi genitori decantate, ancora non l'ha provato e nemmeno ha intenzione di provarlo, per ora.

Però ieri ho guardato Wolf Children e, aldilà della completa e totale meraviglia che mi ha lasciato dentro, la cosa principale che ho notato è il ruolo di una donna che a causa della vita che non sempre è simpatica, si è tirata su le maniche, anche letteralmente e ha tirato su due figli che possiamo definire 'difficili'.

Sono rimasta così affascinata da avere l'ispirazione per questo post, perché le mamme sono la figura più controversa, complessa e articolata da rendere senza scadere nel qualunquismo e nei luoghi comuni.

Le mammerda

Dici mammerda e pensi a Margareth White. No, non quella che vedrete al cinema tra qualche giorno, che lì di merda c'è solo l'interpretazione. Stiamo parlando della mamma di Carrie, del film di Brian DePalma, ovviamente. Mamma che con il suo fanatismo religioso inquietante, con la sua scarsa sanità mentale, con le sue manie, tarpa le ali ad una figlia già fragile. Il suo nascondersi dietro le porte, il suo rinchiudere la figlia nello sgabuzzino, hanno tolto a noi qualche ora di sonno e a Carrie qualche ora di VITA. Una Piper White inavvicinabile, per la peggiore tra le madri mai rese sullo schermo. E se muore male, gli sta solo bene.



Altro membro onorario della categoria è la mamma di Frank Zito, il Maniac del film omonimo. Per colpa di sta disgraziata e delle violenze che perpetuava sul suo bellissimo bambino quest ultimo è cresciuto non perfettamente sano e assassino. Alla faccia del trauma infantile. Sulla falsa riga della signora Zito mettiamo la mamma di Kyle di American Horror Story Coven. Pure lei non finisce bene, quindi, mammerde, è ora di finirla. Tanto morite tutte.







Le mamme di quasi tutti i film horror
Questo esemplare di mammifero si contraddistingue per i seguenti atteggiamenti: urla disperate, pianti a dirotto, esclamazioni significative quali 'La mia bambiiinaaaaa!' e similia.
Sono generalmente innocue, una volta ritrovato il loro bambino (e si ritrova quasi sempre) tutto si sistema e loro si zittiscono.
Fino a quando il bambino in questione ricomincerà a parlare con i morti, e allora giù di urla di nuovo.





Le mamme che preferiresti non avere
Quelle morte, per esempio.


O le assassine.





Le mamme che preferiresti avere
Ricollegandomi a quanto detto su, la mamma che tutti meriterebbero è lei:




Hana, studentessa che lascia tutto per crescere due piccoli uomini lupo,che sono sì la cosa più ADORABILE mai portata sullo schermo, ma che sono anche pieni di problemi a causa della loro diversità. Lei molla tutto per loro, li accetta completamente e li ama per quelli che sono, sinceramente. Sa qual'è la cosa da fare e la decisione da prendere, anche se è molto difficile e ti si spezza il cuore. E sorride, sempre.

O lei:





La splendida Mia Farrow (che col suo essere splendida magari ti dà pure qualche gene buono e vieni fuori figa pure tu) in Rosemary's Baby. Madre esemplare, che si lascia guidare dal suo istinto, che combatte incredibilmente per tutelare il figlio ma che, soprattutto, una volta fatto il danno sceglie di restare con lui. Pazzesca.

O ancora lei:




il cui scopo nella vita è uccidere lo stronzo che ha fatto fuori la figlia. Ed è di un'epicità tale che sfido chiunque a non volere una mamma così.  




Le mamme umane
Qui ci sono due sottogruppi.
Appartengono alla prima categoria le mamme che si trovano a vivere con problematiche leggere e quotidiane. E qui ne approfitto per parlare di una cosa per me inusuale.
Ma voi lo guardavate 'Una mamma imperfetta' su Rai2?
Per una volta la tv italiana offre una sit-com brillante, ben scritta ma soprattutto ben interpretata, e divertente, sulla quotidianità di una mamma alle prese con la vita quotidiana ma soprattutto alle prese con la convivenza con se stessa, dotata di insicurezze, paranoie, sensi di colpa, e tanta ironia.






L'ultima categoria è quella delle mamme umane che hanno problemi ENORMI.
Tilda Swinton, per esempio, in quel film grandioso che è We need to talk about Kevin.




Un figlio incredibilmente problematico, una tragedia, e una donna che da sola si trova a dover gestire tutto quanto. Chi lo sa cosa ti passa per il cuore in quei momenti? Cosa ti dà la forza di alzarti dal letto la mattina? La Swinton gioca con un range di sentimenti vastissimo, e ce ne fosse uno che fa male. All'inquadratura finale l'unica cosa che si può pensare è: 'Cosa avrebbe potuto fare? E' suo figlio.'


E sta qui il centro di tutto, l'amore di una madre per i figli, che il Cinema ha spesso celebrato, raccontato, documentato, spesso in modo assolutamente incredibile.
Certo, come le raccontava Hitchcock, le mamme...




 





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