Una cosa divertente che non farò mai più, David Foster Wallace
Mari.
16:00
Nei giorni scorsi ho riflettuto, grazie a Ridley Scott e Denis Villeneuve sull'umanità.
(Nota a margine: andate a vedere al cinema Blade Runner 2049 che è una perla)
L'ho fatto grazie ad un'analisi intensa, piena di cuore e intelligenza sopraffina.
Poi è arrivato DFW, che in nemmeno un centinaio di pagine quella stessa umanità l'ha vivisezionata, scoprendola proprio nel momento in cui questa è meno controllata (in vacanza), e l'ha presa violentemente, ferocemente, brillantemente, per il culo.
Nel 1996 Harper's Magazine ha chiesto ad una delle menti più brillanti di questi tempi di andare in crociera, godersi la vacanza e poi scriverci un articolo.
Mandare una persona con depressione conclamata in mezzo all'oceano circondato dalla bizzarra selezione di umani che frequentano il mondo delle crociere è una scelta quantomeno azzardata. Questo poteva togliersi la vita prima del tempo (sob) o fare una strage. Per nostra grande fortuna, però, il modo di DFW di sfogarsi era la scrittura. Era in una situazione per lui probabilmente fonte di disagio, e quindi ha trovato il modo di prendersene gioco, trascinando giù con essa i piccoli vizi degli uomini.
Si poteva cadere miseramente nel rischio di uno sguardo cinico e infarcito di superiorità, con un mix del genere. Prendere David Foster Wallace e buttarlo in uno spazio chiuso in mezzo a migliaia di persone, non son cose che si fanno. Wallace, però, era partito pronto. Mai per un istante il suo tono brutalmente ironico è scambiabile per superiore perchè la prima vittima della sua ironia è lui stesso. Lui che si è messo alla prova e si è lanciato in iniziative a dir poco distanti dalla sua quotidianità (il tiro al piattello, per dirne una sola, in cui si è rivelato pessimo), che si è nascosto nei corridoi per vedere quanto velocemente intervenisse il servizio di pulizia delle camere, lui che ha conosciuto il suo lato viziato e invidioso e ce l'ha raccontato senza pudore alcuno.
Ha spalancato i suoi occhi svegli su quello che lo circondava e ce lo ha trasmesso con la semplicità del primo sguardo ma la profondità di chi come primo sguardo ha quello attentissimo di chi scrive per vivere. I dettagli più piccoli, a partire dalla descrizione della nave fino ad arrivare ai costumi dei bagnanti, sono riportati fedelmente per portarci all'interno dell'esperienza. Un'esperienza all'insegna del vizio, della coccola, dell'ozio.
Un sogno incantato, o un incubo terrificante.
L'ennesima conferma di come DFW sia fatto su misura per me, con il suo sentirsi così distante da tutti noi e allo stesso tempo così uguale a tutti gli altri.
Come scriveva lui, però, pochi altri.
Basta guardare cosa è in grado di fare con un water.
(Nota a margine: andate a vedere al cinema Blade Runner 2049 che è una perla)
L'ho fatto grazie ad un'analisi intensa, piena di cuore e intelligenza sopraffina.
Poi è arrivato DFW, che in nemmeno un centinaio di pagine quella stessa umanità l'ha vivisezionata, scoprendola proprio nel momento in cui questa è meno controllata (in vacanza), e l'ha presa violentemente, ferocemente, brillantemente, per il culo.
Nel 1996 Harper's Magazine ha chiesto ad una delle menti più brillanti di questi tempi di andare in crociera, godersi la vacanza e poi scriverci un articolo.
Mandare una persona con depressione conclamata in mezzo all'oceano circondato dalla bizzarra selezione di umani che frequentano il mondo delle crociere è una scelta quantomeno azzardata. Questo poteva togliersi la vita prima del tempo (sob) o fare una strage. Per nostra grande fortuna, però, il modo di DFW di sfogarsi era la scrittura. Era in una situazione per lui probabilmente fonte di disagio, e quindi ha trovato il modo di prendersene gioco, trascinando giù con essa i piccoli vizi degli uomini.
Si poteva cadere miseramente nel rischio di uno sguardo cinico e infarcito di superiorità, con un mix del genere. Prendere David Foster Wallace e buttarlo in uno spazio chiuso in mezzo a migliaia di persone, non son cose che si fanno. Wallace, però, era partito pronto. Mai per un istante il suo tono brutalmente ironico è scambiabile per superiore perchè la prima vittima della sua ironia è lui stesso. Lui che si è messo alla prova e si è lanciato in iniziative a dir poco distanti dalla sua quotidianità (il tiro al piattello, per dirne una sola, in cui si è rivelato pessimo), che si è nascosto nei corridoi per vedere quanto velocemente intervenisse il servizio di pulizia delle camere, lui che ha conosciuto il suo lato viziato e invidioso e ce l'ha raccontato senza pudore alcuno.
Ha spalancato i suoi occhi svegli su quello che lo circondava e ce lo ha trasmesso con la semplicità del primo sguardo ma la profondità di chi come primo sguardo ha quello attentissimo di chi scrive per vivere. I dettagli più piccoli, a partire dalla descrizione della nave fino ad arrivare ai costumi dei bagnanti, sono riportati fedelmente per portarci all'interno dell'esperienza. Un'esperienza all'insegna del vizio, della coccola, dell'ozio.
Un sogno incantato, o un incubo terrificante.
L'ennesima conferma di come DFW sia fatto su misura per me, con il suo sentirsi così distante da tutti noi e allo stesso tempo così uguale a tutti gli altri.
Come scriveva lui, però, pochi altri.
Basta guardare cosa è in grado di fare con un water.