lunedì 12 febbraio 2018

Aspettando The Shape Of Water: Il mostro della laguna nera

14:22
Ci siamo quasi.
Sono andata contro le promesse che mi ero fatta e ho resistito: non ho guardato in modo illegale La forma dell'acqua. 
Non è la prima volta che aspetto un film di Del Toro in sala, ma l'attesa di Crimson Peak è stata niente di fronte al travaglio che è stato attendere questo film.
Ogni premio, ogni recensione estasiata, sono stati pugnali nel cuore. Questi ultimi giorni saranno interminabili e non riesco a dirvi quanto entrerò in sala gonfia di tutta l'emozione di vedere il mio regista del cuore, quello ignorato, quello snobbato, quello che non fa soldi manco a chiederglielo per cortesia, finalmente trionfare come merita e ha sempre meritato.
Vorrei davvero che provaste l'emozione che ho provato io ascoltandolo a Venezia, che provaste tutti un'emozione gigante come quella che ho provato ascoltandolo nominato per tutto il possibile ai prossimi Oscar.
Se una passione non vi rende felici così, non è quella giusta.


Per celebrare la settimana di La forma dell'acqua, allora, torniamo insieme alle origini del Gill-Man.
Lo so che tutti avremmo voluto la storiellina d'amore per Abe Sapien, ma non è così, mettiamocela via.

Il mostro della laguna nera è una creatura marina, il Gill-Man, appunto, che vive in Amazzonia. Nuota felice nella sua laguna, indisturbato fino all'arrivo di un gruppo di scienziati.
Esattamente come il mio gatto Elia, non si infastidiscono le creature selvagge.
Mai.

Sono passati più di 60 anni dalla comparsa sul grande schermo del Gill-Man.
Sarà anche invecchiato, ma è uno di quegli anziani che sembrano vecchiotti appena li conosci poi quando inizi a farci due chiacchiere li scopri più attivi e arzilli di te che a 27 anni hai la cervicale e le ossa rotta e le mani spaccate.
L'uso della seconda persona singolare a sottolineare che non stavo assolutamente parlando di me.

In questi giorni ho visto molti film, perché sto preparando il post sulle speranze per questi Oscar in arrivo. Ho visto film splendidi e un paio un po' meno.
La conclusione a cui sono giunta è che se mi ha commosso di più la storia di un anfibio che ama da sott'acqua una splendida scienziata in costumino bianco rispetto ad una (dolcissima, lo riconosco) storia d'amore estivo tra due bellissimi giovani, o io sono una creatura di ghiaccio che si scongela solo con i mostri oppure Il mostro della laguna nera è un film capace di parlare di mostri umanizzandolo come ormai nemmeno più gli umani veri.

Il povero, tragico, Gill-Man, che vuole sfiorare Julie Adams e invece si trattiene, che osserva da lontano, che nuota sinuoso sotto di lei, mi ha emozionato più dei due ragazzi di Guadagnino.
Non sappiamo nemmeno chi sia, da dove venga, se sia l'unico della sua specie. Sappiamo solo che vive nella laguna nera da cui nessuno sembra mai avere fatto ritorno e che, in quella laguna, ci muore.

Non è che non li capisca, sti umani. Al loro posto sarei semplicemente morta dallo spavento lasciandogli modo di mangiarmi e tanti cari saluti. Ma da spettatori non amarlo è impossibile, e non soffrire per la sua morte altrettanto.

Non lo so se Del Toro gli renderà la giustizia che merita o se, per la prima volta in vita sua, prenderà una sola. Non ve lo dico nemmeno cosa credo succederà, ma sto provando ad essere oggettiva.
Dovesse anche, questa Forma dell'acqua essere un film deprecabile, avremo almeno l'occasione di vedere per la creatura un minimo di riscatto, e ne sarà comunque valsa la pena.

Non crederei comunque ad un brutto film di Del Toro nemmeno se ce lo avessi davanti agli occhi, tanto per mettere le cose in chiaro.

sabato 10 febbraio 2018

Tutto il blu di Thomas Danthony

18:28
Io e la mia ignoranza in fatto di illustratori passeggiamo spesso su Pinterest.
Un giorno scorro la bacheca e incontro un'immagine tutta blu. Un po' noir, un po' misteriosa.
Mi innamoro.
Esploro il suo creatore e scopro che non fa una e una sola immagine che non sia così bella.
Le mie preferite qui di seguito.










venerdì 9 febbraio 2018

Your Name

12:57
Sono in piena maratona pre Oscar. Non sono mai stata agguerrita come quest anno, proprio l'anno in cui non mi so decidere perché mi sta piacendo tutto quanto. Siccome agli Oscar verrà dedicato un post a parte, però, devo riempire buchetti di programmazione qua e là, e oggi tocca ad una promessa che ho fatto a mio fratello.




Mitshua e Taki sono una ragazza e un ragazzo. Vivono distanti e non si conoscono nemmeno, fino a che un giorno scoprono che durante la notte riescono a scambiarsi i corpi. Lui in quello di lei, e viceversa. La situazione è problematica, ma loro trovano il modo di comunicare, lasciandosi messaggi in giro per il cellulare, e di non essere troppo un problema uno per la vita dell'altra.
Il loro rapporto si fa molto stretto, e Taki decide di partire per andare a conoscere Mitshua.

Questa è la terza volta che provo a buttare giù qualcosa su questo film, perché Kevin, mio fratello, ci teneva e io avevo paura di deluderlo. Quando si scrive di qualcosa che si sa essere così amato da qualcuno di caro è difficile.
La cosa che mi rende il compito meno gravoso è che Your Name è davvero l'incanto che tutti, Kevin compreso, dicono.

Non che la pensassi sempre così.
A metà film ero dispiaciutissima al pensiero di dovergli dire che a me sto film stava dicendo poco e niente. Una commediola body swap carina e buffa, ma niente di più.
Questa prima parte, però, serve giusto a farci mettere a nostro agio, comodi. Non pensiamo che di lì a poco saremo distrutti dalle emozioni, non ci mettiamo in posizione di protezione.
Quando quindi succede qualcosa di grande grande il nostro cuore non se lo aspetta e cade in frantumi. Io, poi, che del film non sapevo davvero davvero niente, mi aspettavo una storiella buffa su due innamorati destinati ad incontrarsi.
Non è così semplice, qui.

Lo so che ormai il film lo avete visto tutti e io sono l'ultima ad arrivare alla festa, ma ero riuscita a salvarmi dalle anticipazioni. Non lo sapevo cosa sarebbe successo quando finalmente Taki sarebbe andato a cercare Mitshua. Non lo sapevo, quindi cuore infranto e fine di tutte le speranze. La delicatezza con cui un certo lato del Giappone riesce a distruggere te e tutto ciò che hai di più caro non finirà mai di sorprendermi. Non è solo una questione di animazione (che è splendida e non ve lo devo certo dire io. Your name è proprio bellissimo), è proprio il modo di strutturare una narrazione complessa e che va ben oltre la classica storiella di due amanti dal destino avverso che combattono per stare insieme.
È una storia di ricerca anche di sè. Se io sono te e tu sei me, cercandoti trovo anche un po' di quello che sono io. Il Taki che torna da Itomori non è lo stesso che ha lasciato Tokyo. La storia tra i due, anche solo lo scambio di corpi, li trasforma, li rende migliori, più sicuri, meno adolescenti traballanti e più giovani adulti consapevoli e maturi. E se un rapporto ti trasforma così, è impossibile lasciarlo correre via.
Gli ostacoli del tempo e dello spazio sembrano nulla. 
E in una favola come questa, non possono che diventare nulla, di fronte all'enormità del poter stare insieme.
Insieme, e migliori.

Grazie, Kevin, per questa meraviglia.

mercoledì 7 febbraio 2018

La sfolgorante luce di due stelle rosse

13:55
Sono tornata nella mia bibliotechina del cuore dopo mesi di assenza.
Ogni volta che vado mi perdo nella sezione per ragazzi, e anche questa volta sono uscita con una perla.


La sfolgorante luce di due stelle rosse è un romanzo di Davide Moronisotto, ed è bello da morire.

Nadya e Viktor sono due gemelli e vivono a Leningrado durante la Seconda Guerra Mondiale. Non storcete il naso, non è uno di quei volumoni che pensate sia. Però la guerra c'è, e i due vengono allontanati dalla loro città e dai loro genitori. Per errore vengono separati in stazione e finiscono per perdersi. Si promettono, però, di continuare a scriversi su dei quaderni che il papà ha dato loro, per potersi dire cosa è successo loro una volta che si saranno ritrovati.
Non dubitano nemmeno per un istante di ritrovarsi.

Che ventata d'aria fresca, che bellezza, che cura meticolosamente meravigliosa per i dettagli.
Quello che noi leggiamo è il racconto che i gemelli si fanno di quello che accade loro a partire da qualche giorno prima della loro partenza e per tutto il tempo della loro separazione. Questi quaderni sono finiti in mano alle autorità, che li riempiono di commenti su ogni singolo reato commesso dai due.
Indovinate un po'?
I reati che due bambini possono commettere in guerra e in un regime rigido come quello russo sono molti.

La storia che racconta Moronisotto è magnifica.
Non solo ci ricorda che la Seconda Guerra Mondiale ha coinvolto molti più paesi di quelli che sono soliti essere ricordati, in particolare nella narrativa per ragazzi, ma non ha paura di raccontare fatti tremendi. Ci sono morti, il freddo micidiale, la fame, i nemici. Non è una storia edulcorata nè addolcita. I ragazzini sono perfettamente in grado di capire e tollerare cosa ci sia nel mondo e Moronisotto lo sa. Ci sono bambini lasciati soli a se stessi che si muovono a piedi nell'immensa Russia solo con la speranza di sopravvivere.
Bello intenso.

Dall'altro lato, però, ci insegna che i ragazzini quando vogliono e quando il mondo degli adulti glielo impone, sono fatti di acciaio, e se hanno un forte motivo per sopravvivere non solo sopravvivono, ma si salvano a vicenda e creano famiglie estemporanee nell'attesa di ritrovare la propria.
I ragazzini, qui, sono importanti non solo in quanto, ovviamente, protagonisti, ma perché vengono ascoltati. Viktor si impone come leader del piccolo gruppo e cerca sempre di far sentire la sua voce agli adulti, Nadya ha ottime idee e nessuna paura di alzare la mano e dirle.
Sono furbi, provati dalla situazione ma brillanti e coraggiosi.
L'esempio che vorrei i bambini avessero nei libri.
Si vogliono un bene di quelli grandi e insegnano a chi li circonda a volerne, sono umani, pasticcioni, convinti di essere sempre nel giusto e inclini a fare a pugni.
Ma va bene così, perché bisogna sopravvivere in guerra, e qua nessuno ha intenzione di soccombere.

Come se questi non fossero motivi sufficienti per lasciarsi trasportare dall'avventura dei gemelli, il libro è esteticamente bellissimo e sì, io mi faccio fregare.
Ci sono i testi scritti con colori diversi, appunti laterali come in quella mastodontica magnificenza di S - La nave di Teseo, ci sono foto, immagini, mappe, biglietti, articoli di giornale, i dettagli sono curatissimi (con tanto di font simil-cirillico buttato qua e là) e tanto, tantissimo rosso.
Il libro perfetto per piccoli compagni in erba.

mercoledì 31 gennaio 2018

La sovrana lettrice, Alan Bennett

13:30
Su Twitter impazza l'hashtag #LettureBrevi.
Ecco il mio richiestissimo consiglio.

Come al solito con i libri, partiamo da una situazione tipo.
Domenica mattina. State facendo una colazione placidissima, con la vestaglia di pile, il tè fumante e il gatto appollaiato sui piedi. Ve la sentite super regale.
Tiè, libriccino sulla monarchia.

Elisabetta II nel sorriso rassicurante con cui la conosciamo
La regina Elisabetta scopre, casualmente, che per Buckingham Palace gira un furgoncino - biblioteca. Ne fruiscono spesso i suoi dipendenti, e decide di prendere un libro a sua volta.
Così, per provare.
Nasce in lei una passione bruciante e quasi invalidante, che la rende inadatta al suo ruolo e assolutamente priva della voglia di fare qualsiasi cosa non includa la presenza di un libro.
Quando sei la Regina di una delle nazioni più importanti d'Europa, però, non è così facile sottrarti ai tuoi doveri.

In una cinquantina di pagine Alan Bennett tira fuori il meglio di sè.
La storia della passione di Elisabetta per i libri è spassosissima, con scene iconiche che vi torneranno in mente ogni volta che vedrete il suo volto, con una cura per i dettagli della vita di corte importantissima ma che passa in secondo piano rispetto all'assurdità, verosimilissima, della vicenda.
Ci sono impegni pubblici, navi da varare, personalità internazionali da incontrare, politici da ascoltare e una famiglia di sfondo di cui occuparsi.
Ma niente, niente, ormai conta più per Elisabetta.
Il sacro fuoco della lettura si è acceso, e ci sono anni, decenni, di lacune da colmare.
In breve tempo chiunque inizia a detestare la Regina, che non solo non fa altro tutto il santo giorno, ma che inizia a mettere a disagio chi questi libri non li conosce proprio. Domande inquisitorie, interrogatori, giudizi. Chiunque entri a contatto con la principale degli Uncommons (uno dei motivi per cui il libro si chiama così) è posto sotto il suo insindacabile giudizio. Se non leggi o non conosci uno degli autori preferiti della Regina, considerati fuori.
Se le rompi le scatole, considerati fuori.
Che vita meravigliosa, Lilibeth.

Oltre alle buffissime situazioni in cui Bennett pone la Regina, il libriccino è una lettera d'amore per la letteratura di una bellezza delicatissima.
Senza lo snobismo tipico di chi legge e se ne vanta, Bennett parla con grande amore dei grandi del passato (Eliot, Proust, Shakespeare...) ma strizza l'occhio ai nostri contemporanei, come Alice Munro, Kazuo Ishiguro e, figuriamoci se poteva mancare, Philip Roth, con un particolare accenno al fatto che forse Il lamento di Portnoy non è una lettura adatta alla Regina in persona.
Con una sola frase celebra i benefici della lettura, e la fa dire proprio ad Elisabetta, che riflette sulle conseguenze della sua nuova passione, e con le sue parole vi saluto, che tanto tutto quello che conta sta scritto qui:
È possibile che io mi stia trasformando in un essere umano. Non sono convinta che si tratti di un cambiamento auspicabile.

lunedì 29 gennaio 2018

So cosa hai fatto

12:53
Quando l'atmosfera dentro la mia testa è pesante cerco consolazione negli horror scemi, se sono con gli adolescenti più scemi ancora meglio. Sono facili da guardare, sollevano il morale, soddisfano la ricerca di un po' di gore che è sempre un buono sfogo, funzionano, anche quando sono brutti.
Netflix lo sa, e come quell'amica alla quale non hai bisogno di dire cosa ti serve, mi ha proposto So cosa hai fatto.
Sorpresa, è più bello del previsto.




Gli adolescenti scemi questa volta sono due coppiette innamorate. Di ritorno da una festa investono un uomo e lo uccidono. Preoccupati per i loro radiosi e ormai segnati futuri decidono di liberarsi del corpo e fingere che non sia mai successo niente.
Spoiler: le cose non vanno mai come vorremmo.
In particolare se ammazziamo una persona.

Io questo l'ho adorato, un nuovo mio piccolo cult personale.
Sarebbe bello dire che riserva magnifiche sorprese e sputa in faccia a tutti i suoi simili, che a fine anni '90, dopo Scream, saranno spuntati nel prato come tante felici margheritine. Invece è solo uno slasher onestissimo, con il suo villain mascherato (che tanto dimenticherete dopo dieci minuti), le sue scelte sbagliate e il suo finale da spaventello inaspettato. Ha tutte le carte in regola per essere detestabile, io invece dopo cinque minuti innamorata di questi quattro che dio solo sa come siano amici perché davvero una fauna più diversa di così l'ho vista poche volte.

La cosa che più mi ha convinto, però, è il tanto famigerato futuro dei nostri giovini sognatori.
Il povero defunto è stato trattato con una freddezza quasi bestiale, da qualcuno più che da altri, perchè l'incidente avrebbe rovinato il loro futuro. Sport, moda, scienza...percorsi tutti in discesa a quanto pare.
Peccato che invece no.
Ognuno di loro, in un modo o nell'altro, ha visto le proprie illusioni svanire in una nuvola di cenere, nessuno è arrivato nemmeno vicino ai propri desideri e chi c'è arrivato li sta mandando in niente. Tutti bloccati in quel paesino da cui tanto sognavano di scappare, tutti disincantati, svegliati dalla delusione, accomodati nella classica vita borghesotta paesana dalla quale tanto sembravano voler fuggire. La netta sensazione è che sarebbe finita così a prescindere dall'incidente.
Non sono una cinica, non più, ma quel piccolo tocco amarissimo mi ha colpita molto e mi ha fatto pensare che sì, stavo guardando un filmettino dai meriti forse non eccezionali, ma che con me aveva fatto centro.

Mi affeziono con poco, pare.
Datemi un assassino di adolescenti e quattro cretini e io niente, parto per la tangenziale dell'amore.

sabato 27 gennaio 2018

Vivian Maier

15:05
Tra le milioni di cose di cui non so nulla c'è la fotografia.
Non conosco fotografi famosi, non so fare foto decenti (come sapete se mi seguite su instagram, cosa che dovreste davvero fare), non ho nemmeno una macchina fotografica, e va bene così.
Qualche tempo fa, però, tutto l'internet milanese è andato alla mostra di Vivian Maier a Milano, appunto, e io l'ho conosciuta così.
Sciagura a me per essermi persa la mostra a Genova quando avrei potuto e voluto tantissimo andare, perché è nato un amore.
Di seguito, come sempre, le mie foto preferite.

Questa è Vivian, amante e pioniera dei selfie

💔



Se sentite un rumore è il mio cuore, questa foto lo riempie e lui si gonfia fino ad esplodere


Quando avrò una casa tutta mia questa sarà stampata enorme, incorniciata e appesa sopra al mio letto. La amo.


Adoro tutto di questa: posa, sedia dondolante, sigaro, camicia...

Gli anziani mi mandano in pappa il cervello, che ci posso fare






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