lunedì 5 marzo 2018

#leimeritaspazio: Mary Shelley

17:59
Singularly bold, somewhat imperious and active of mind.

L'11 marzo Frankenstein compirà 200 anni. Non potevo che iniziare questa settimana femminista parlando di lei, la donna che ha portato la Creatura nel mondo e ci ha regalato una delle icone più popolari di sempre.


Mary nasce Wollstonecraft Godwin.
Se conoscete un nome più figo di così fatevi pure avanti.
Wollstonecraft era il cognome della madre, una donna che ebbe un ruolo storico da nulla: fu una delle femministe più importanti della storia di Londra, con diversi saggi pubblicati e un ruolo fondamentale nella determinazione dell'uguaglianza tra uomini e donne. Uno, in particolare, sull'educazione delle figlie femmine. Siamo nel millesettecento.
Donne così è difficile sposino dei minorati, infatti il padre di Mary era un filosofo dalle idee piuttosto avanguardistiche.
La vita di Mary fu scandalosa già prima di iniziare: la madre rimase incinta fuori dal matrimonio. Lei e Godwin si sposarono giusto per tutelare la figlia dalla società malpensante. Fu cresciuta dal padre e dalla seconda moglie, insieme ad una serie di fratelli dai genitori variabili. Una famiglia allargata nel senso più classico del termine, solo duecento anni prima del previsto.

Mary, quindi, non è certo cresciuta in un ambiente bigotto e conservatore.
Non sorprende, quindi, che abbia continuato sulla stessa strada. Come si dice, la mela non cade mai lontano dalla sua pianta. A sedici anni, infatti, si innamora di un uomo sposato. Non abbiamo comprensione (io per prima, chi è senza peccato, eccetera eccetera) di una cosa simile ora, figuriamoci duecento anni fa.
Nella sua vita arriva Percy Bysshe Shelley, poeta.
L'amore tra i due viene contrastato dal padre di lei, e gli amanti ne sono talmente scossi, talmente provati...che caricano due stracci e se ne vanno in Italia. Nel dubbio, si portano pure la sorella di lei, con tanti cari saluti all'opposizione paterna.
Senza Shelley, forse non avremmo Frankenstein oggi, perché è l'incontro con lui che conduce Mary alla celeberrima e celebratissima sera di Ginevra.
Celeberrima e celebratissima ma ne parliamo comunque, perché magari esiste ancora qualcuno sulla faccia della Terra che non conosce le origini di Frankenstein.

Siamo in Svizzera, sul lago Lemano, in una casa affittata dal mad, bad and dangerous to know Lord Byron. Quella del 1816 è un'estataccia: allora non lo sapevano ancora, ma un'eruzione sull'Oceano Indiano aveva scombussolato tutto il clima dell'anno e faceva un freddo cane. Morale della favola: quattro penne brillantissime sono chiuse in una casa tutte insieme e devono ammazzare il tempo.
Scelta terminologica non casuale, perché i quattro si accordano e decidono di scrivere storie di fantasmi.
Mary prende la faccenda sul serio: ci mette due anni, ma quando finisce sbaraglia la concorrenza.
Bello eh, Il vampiro di Polidori, caposaldo della narrativa dell'orrore. Ma la signorina, all'epoca appena diciottenne, ha cambiato direttamente la storia, della narrativa dell'orrore. Siamo nel 2018 e in lavorazione c'è un nuovo Bride of Frankenstein.
L'unica donna 'in gara', quindi, anzichè ricamare sottane e merletti, ha cucito braccia e gambe di cadaveri insieme, per ricostruire, da lì in avanti, un genere intero. Avrebbe potuto lasciar giocare gli uomini con l'orrore, che non è certo faccenda da signorine, ma lei ha usato il carico da mille, e li ha annientati: cadaveri dissotterrati e fatti a pezzi, creature nate dalla follia umana e, infine, una tragedia immensa.
Quella del mostro di Frankenstein è, infatti, una storia straziante, una tragedia dolorosissima in cui il solo ego umano è stato in grado di causare non altro che sofferenza. Io ogni volta ci lascio anche le lacrime che non ho, di fronte a questo gigante che non ha chiesto altro che amore. E, a dirla tutta, anche di fronte al suo creatore, che si è lasciato scappare di mano una situazione più grande di lui. Sarebbe stato facile puntarla solo sull'estremismo del gesto, ma Mary ha scelto la strada più difficile e ha creato un romanzo con un sottotesto immenso, con infiniti piani di lettura e altrettanti punti che varrebbe la pena approfondire.

Ma quindi, perché #leimeritaspazio? L'autrice del più grande gotico di sempre non è certo sconosciuta, verrebbe da pensare.
Non è andato tutto sempre bene, alla vecchia Mary, però.
Il romanzo è stato pubblicato per la prima volta anonimo, si dice che Mary temesse addirittura che per colpa della sua creazione le potessero venire tolti i figli. Per un po' si è vociferato che il romanzo fosse del marito, che ne aveva scritto una prefazione, e lei non ha fatto nulla, almeno all'inizio, per smentire questa voce. Il merito se lo è preso solo con l'edizione del '22. Nella versione pubblicata nel 1831, poi, ha dovuto scrivere una prefazione in cui giustificarsi. Ma come, una donnina così giovane che fa pensieri così osceni? Così indicibili? le chiedevano.
E lei, allora, privandosi di ogni merito, scriveva che non aveva colpe, la storia le era venuta in sogno così e lei l'aveva solo trascritta.
Oggi, allora, in questo spaziettino sull'internet, le lascio tutto lo spazio del mondo, a lei che, del mondo, è stata una delle più grandi.

mercoledì 28 febbraio 2018

#leimeritaspazio: un'introduzione

15:44
All'inizio dell'anno Bossy, il sito sulla parità di cui vi parlo molto spesso, ha lanciato l'hashtag #leimeritaspazio.
A questo link l'articolo nel quale spiegano l'iniziativa.
Non potevo tirarmi indietro.

L'immagine, ovviamente, è di Bossy
La prossima settimana, quindi, qui nella Repubblica di Redrumia parliamo di donne.
A modo mio, ovviamente, quindi ci saranno donne del cinema e della letteratura, mentre su facebook, nella rubrica #unacanzonealgiorno ci mettiamo anche le cantanti, per non fare torto a nessuno.
Il mondo è pieno di storie di donne straordinarie, che magari hanno anche fatto cose di ben altra rilevanza rispetto magari ad un film o ad un libro.
Ma questo è quello di cui ci occupiamo qui, quindi nella settimana della Giornata Internazionale della Donna parliamo di donne dell'arte, in una specie di Storie della buonanotte per bambine ribelli in pieno stile Redrumiano.
Sangue, maciullamenti e orrore sono in arrivo.
Prendete i popcorn.

martedì 27 febbraio 2018

Oscar 2018: le speranze di un cuore agitato

14:19
Una volta UNA che la mia persona preferita del cinema è candidata a qualcosa di superciccione, ecco che l'annata si rivela una delle migliori delle ultime edizioni, presentando in gara una serie di titoli davvero enormi.
Apriamo quindi questo film con una premessa: sono priva di ogni oggettività, per quanto mi riguarda va tutto a del Toro. Anche quello a cui non è candidato. Anche il corto d'animazione. Anche il documentario.
Un solo, enorme, Oscar in groppa a Guillermo del Toro e tutti a casa, ciao. Al posto dello show, una proiezione speciale di The Shape of Water.



Siccome però ci sono stati davvero tantissimi bei film, mi piacerebbe parlarne un po' di più, imponendo come sempre la mia non richiesta opinione. Non su tutte le categorie, ma quasi.
Questo post finirà per essere la mia ennesima sviolinata su The Shape of Water?
Può essere.
Mi tratterrò per questa consapevolezza?
Mmmh.


Miglior Film


Che annata magnifica.
Di questa sfilza gli unici a non avermi soddisfatto sono stati Call me by your name e Lady Bird. (miglior film? Lady Bird? Ma seri?). Ho amato moltissimo tutti gli altri, e se ci sono state annate in cui per me è stato più facile prevedere la scelta dell'Academy, quest anno davvero non lo so.
So solo che Spielberg mi ha commosso più di (quasi) tutti gli altri e che Darkest hour mi ha rapita e che Three Billboards è stato peggio di una palata sul muso.
Lo sapete, però, a chi vorrei andasse il premio.

Miglior Regia



Mi piacerebbe poterla argomentare, questa.
Potremmo dire che Phantom Thread è magnifico, e che Dunkirk per me altrettanto.
Ma è l'anno di Del Toro. Potrebbe perdere tutti gli altri dodici, e ne soffrirei un pochino, ma questa è la volta buona. Questo è l'anno della consacrazione, dello spettacolo, dell'innalzamento del mio cuorone al registro dei Grandi.
Non sono nemmeno aperta a discussioni.

Miglior Attore Protagonista



Io sono qui che penso a come Daniel Day-Lewis se lo sia chiamato dichiarando che Phantom Thread è il suo ultimo lavoro, e non riesco a smettere di pensare che, per quanto sia davvero bravissimo, a me quella nomination a Gary Oldman fa battere il cuore.
Vi ricordo che il mio mondo e la mia immaginazione ruotano intorno ad Harry Potter. Quando ho visto, mesi fa, il primo trailer, e ho visto il mio Sirius (uno dei casi di casting migliori della saga) trasformarsi nell'amato Winston Churchill, avrei suonato la vuvuzela in sala. Lui non mi ha delusa, è stato immenso. Tifo per te, vecchio mio, per i tuoi occhi brillanti e per il tuo lavoro perfetto.

Miglior Attrice Protagonista



Quando sono uscita dalla sala dopo avere visto Tre manifesti ho pensato che Sally Hawkins avrebbe dovuto fare qualcosa di gigante per strappare l'Oscar alla McDormand.
Ora, io amo la McDormand, è na matta che non si riesce a contenerla, è stata gigantesca e se lo merita come poche altre persone nella storia del mondo.
Ma Sally Hawkins....quanto può essere stata brava?
Il momento in cui parlando con i suoi gesti manda a fare in culo Michael Meraviglia Shannon è bel lis si mo, perché lo sguardo della Hawkins, lì in particolare ma in realtà per tutto il film, è micidiale. Non ha la parola, ma usa tutto il resto di sè per regalarci una Elisa di una dolcezza senza precedenti ma mai naive. Il momento in cui, altro esempio, usa tutto il corpo per convincere l'amico Giles che salvare la creatura è fondamentale e potente, e mai per un secondo si avverte in lei come personaggio e nella Hawkins come attrice la mancanza della comunicazione verbale.
Sono solo molto dispiaciuta che in mezzo a queste due interpretazioni leggendarie si sia piazzata Margot Robbie. Se fosse capitata in un altro anno sarebbe stata sicuramente una potenziale vincitrice, perché in I, Tonya è stata davvero eccellente. Il film è molto, molto carino in generale, peccato sia finito in un'annata senza pietà.

Miglior Attore Non Protagonista



Scrivo prima di avere visto All the money in the world, e anche se ho letto dell'interpretazione di Plummer come di un qualcosa di surreale, io voto Sam Rockwell. Bravissimo Harrelson, adorabile Jenkins, Dafoe è una certezza che non devo certo celebrare io, ma non posso non tifare Rockwell, sto esaurendo gli aggettivi ma anche di lui direi immenso, magistrale, eccellente, bravissimo.

Miglior Attrice Non Protagonista



Se in una qualsiasi nomination a qualsiasi cosa uno dei nomi è Octavia Spencer io voto Octavia Spencer. Punto.
Menzione d'onore, però, per Mary J. Blige, che in Mudbound è stata magnifica, inserita in un film pesante come una sassata e davvero, davvero memorabile. Ho pensato a Mudbound per molto tempo dopo averlo visto e una delle scene che più mi è tornata in mente è uno specifico sguardo che il personaggio della Blige rivolge al figlio Ronsel. Inaspettatamente bravissima.

Miglior Sceneggiatura Originale



Confermo la mia perplessità su Lady Bird. A parte ciò, che sia la categoria in cui Get Out si porterà a casa qualcosa? Tiferei per lui, se in alto a destra non ci fosse quel signore lì. Certo, mi mette in crisi anche Tre manifesti.
Faccio schifo a fare ste cose, perché mai mi ci sono messa?
Non so prendere decisioni.

Migliori Costumi



Phantom Thread, non c'è gara.
Se vince Beauty and the beast sarò molto, molto delusa. Molto. Delusa.
Minaccia a vuoto perché non farò altro che guardare lo schermo con il broncio, ma tant'è.

Miglior Scenografia



Miseria che lotta.
Lo voglio dare a tutti quanti, uno a testa per non scontentare nessuno.
Ne dico uno? Ne dico uno.
Blade Runner 2049.

Migliori Effetti Speciali



Eccolo qua, un altro di quelli facili.
Posso tifare per Star Wars che vi ricordo ho amato molto e che spero si porti a casa una cosina in nome del bene che gli voglio? Con il mostro di Villeneuve in gara è impegnativo, ma lasciate che il mio cuore speri.
I pronostici ragionati e consapevoli non fanno per me a quanto pare.

Miglior Fotografia



Questa selezione è la prova provata che questa annata per GDT sia sfortunata. Guarda che magnificenza.
Però continuo a tifare per lui, non sono capace di alcuna obiettività. Sono disposta però ad accettare Blade Runner e ad ogni premio che vincerà farò una violenta e crudele spernacchiata a chi 'Non sarà mai come il primo!'.
Lancerò spernacchiando un segnale forte.

Miglior Montaggio



Io qua, oltre ad ogni mia aspettativa, voto Baby Driver.
Non so che dire, mi è piaciuto in una maniera esagerata, al minuto tre ero rapita e Baby ancora non mi ha lasciata. Che figata immensa. Che tripudio. Edgar Wright, ti mando baci appassionati a distanza.


Edit
Di questi giorni la polemica su un presunto plagio di cui si sarebbe macchiato GDT nei confronti di una storia scritta negli anni '60 e poi trasformata in un paio di trasposizioni.
Ora, GDT e la Fox negano il plagio, e puzza un po' di marcio l'accusa lanciata giusto prima degli Oscar quando il film gira da un po'. Questo articolo de Il Post riassume bene (come sempre) la vicenda e giunge alle mie stesse conclusioni.
Il film, tra l'altro, è talmente tanto del Toro che trasuda la sua poetica in ogni singola inquadratura. Io sono chiaramente di parte, è diventato prepotentemente uno dei miei film preferiti, ma qualunque sia la sua posizione e la sua parte di colpa, questo non gli toglie un minimo di magnificenza.
La qualità del film è oggettiva e talmente grande che se cortesemente il signor Zindel (figlio dell'autore della storia 'originale') vuole spostarsi un attimo a destra, grazie, che qui noi abbiamo un paio di Oscar da ritirare.

giovedì 22 febbraio 2018

Il morso della reclusa, Fred Vargas

10:20
Si intonino cori di angeli, si sventolino le bandiere della pace, si innalzino i cuori al cielo: HABEMUS NUOVO VARGAS!
Uscito in Francia a maggio dell'anno scorso e piovutoci addosso solo il mese scorso, è finalmente giunto tra le mie tremanti mani Il morso della reclusa, l'ultima indagine del venerato commissario Adamsberg.

L'ho detto una quantità di volte infinita: per me Vargas è praticamente la sola giallista che valga la pena leggere. Se siete amanti del genere gli autori interessanti sono un po' di più, ma se come me ne foste un po' pieni lei è la regina indiscussa, la sola che valga ancora la pena aspettare come un bambino aspetta il Natale.


Ne Il morso della reclusa Adamsberg, che si era rintanato in Islanda insieme al figlio, viene richiamato a Parigi per un caso un po' complicato. Con i suoi metodi poco convenzionali lo risolve rapidamente per poi inciampare, però, nel caso delle recluse.
Le recluse sono ragni non particolarmente pericolosi diffusi in Nord America. Pare piuttosto strano, quindi, che si siano registrate in pochi mesi diverse morti per morso di reclusa in Francia.
Adamsberg ha un prurito sulla faccenda e, come Lucio insegna, i pruriti vanno grattati fino in fondo o faranno prurito per sempre.
Lucio, per intenderci, è il vicino di casa di Adamsberg. Gli manca un braccio ma gli prude sempre, non aveva finito di grattarlo.

Siccome Il morso della reclusa è un perfetto romanzo di Vargas, che raccoglie tutti i motivi per cui le voglio un bene dell'anima, provo a dirvi in qualche punto perché per me lei è la numero uno.
Lista a punti perché sono pazza e mi piacciono le cosine ordinate fatte bene.

1. I casi
Sono generalmente, i suoi, casi piuttosto classici. Omicidi, violenze, vendette. Quello che li rende molto più interessanti dei classici Mary Higgins Clark o Patricia Cornwell, però, è che manca del tutto la banalità. Non sono mai casi folli, sono anzi tutti molto credibili. Quello che Vargas aggiunge è sempre un elemento che se vogliamo possiamo chiamare di 'disturbo'.
Piedi mozzati, fantasmi, cerchi disegnati per terra, tridenti come armi del delitto, il ritorno della peste...
Insomma, tutto normale, verosimile, quotidiano.
O forse no.

2. Lo stile
Il modo in cui scrive Vargas è tutto suo.
Non ha alcun bisogno di usare uno stile pomposo o un vocabolario ricercatissimo, ma è di un bravo...
Riesce ad essere semplicissima e accattivante, posarla è impossibile. Spesso rido a voce alta, spesso mi commuove per una frase soltanto. Il suo modo di comunicare è immediato, la storia si costruisce tutta intorno a te come un disegno e quando sollevi lo sguardo dalle pagine è come buttar giù un muro di nuvole, e tutto torna opaco e reale intorno.
Persino i titoli dei suoi romanzi sono stupendi.
Magnifica, magnifica, magnifica.

3. Jean-Baptiste Adamsberg
Il cuore pulsante delle storie, il commissario, il protagonista indiscusso di una saga magnifica.
Adamsberg è lo spalatore di nuvole che ha rubato il cuore a chiunque l'abbia incrociato nella propria vita da lettore. Affascinante, caotico, confuso e confusionario, ha picchi di dolcezza immensi e non si fa alcun problema a prendere a pugni il suo più caro collaboratore (di lui parliamo dopo).
Il suo nome fa tremare i telefoni di tutta la polizia di Parigi, non si scappa di fronte ad una chiamata di Adamsberg, e palpitare i cuori. Parla fin troppo per metafore e fuma solo se le sigarette sono rubate. Indimenticabile.

4. Il XIII arrondissement
Il commissariato di cui Adamsberg è a capo diventa presto casa. Popolato di strane abitudini, bizzarri personaggi e un gatto che non deambula in autonomia, è un magnifico luogo in cui tornare.
I casi sono sempre presi sul serio, ma le persone no. Il rapporto che lega i poliziotti tra loro è pieno di schiettezza e qualche botta ogni tanto. La stima è indiscussa e la premura con cui ognuno si prende cura dell'altro è dolcissima.
E poi c'è la divina Retancourt, che è la regina del commissariato, dei lavori duri e del gatto.

5. Adrien Danglard
Se domani per qualche trauma cranico subito dall'autrice i libri della saga di Adamsberg cominciassero a fare schifo io continuerei a leggerli in nome dell'amore che mi lega a Danglard. Il vice, il più vecchio collaboratore di Adamsberg, il mio personaggio del cuore.
Danglard è un uomo magnifico, che commuove immensamente.
Ha una cultura sconfinata che coltiva grazie alla sua memoria incredibile, parla spesso per citazioni e maschera il suo non essere bellissimo con l'eleganza. Ha cinque figli ed è stato abbandonato dalla moglie. Beve un po' troppo. Il suo pessimismo è inimitabile, la sua mancanza di fiducia nel mondo e nelle persone è ineguagliabile. Vive nell'eterna convinzione di non essere mai amato, di non essere mai abbastanza, fa degli errori e magari se ne accorge pure, ma a volte è troppo tardi e perde il controllo della situazione. Mi ricorda così tanto me, a volte, che leggerlo è quasi difficile.
Mi commuove come nessun altro, e per me è ancora meglio del suo capo.
Il paladino dei pessimisti, degli sbagliati, degli imperfetti e degli insicuri, dei fragilissimi e di chi si tutela dietro i libri letti e le nozioni imparate.
Quanto vorrei esistessi, Danglard.

Leggere Vargas è il modo migliore per regalarsi un momento fuori dal mondo.

Piccola postilla sull'edizione Einaudi.
Il volume costa VENTI EURO. Copertina flessibile, impaginazione quasi illegale. Il volume è lungo più di 400 pagine con un'impaginazione da telefono Amico Brondi per gli anziani.
Per carità, l'esperienza di lettura ne esce senz'altro semplicissima e per nulla affaticante, ma sono sempre venti benedetti euro (tre ore di lavoro per me che sono una barista) per una copertina flessibile di un libro in b/n lungo 400 pagine che sarebbe potuto esserne cento di meno.
Ci penso su bene prima di acquistare.
Poi acquista il mio moroso, che non fa il barista.
Io, però, rimango perplessa.

sabato 17 febbraio 2018

Indiscrete domande cinematografiche

17:27
Qualche giorno fa Giulia aka La collezionista di biglietti mi ha taggato in uno di quei tag che circolano sul webbe e che a me piacciono sempre assai. Grazie, Giuly!
Potevo quindi non ammorbarvi con 25 risposte sui gusti miei?
Potevo, ma vi è andata male.


1) Il personaggio cinematografico che vorresti essere.
Questa domanda esce ad ogni tag di ogni tipo, ma ogni volta non ho la risposta. Una roba che mi tortura.

2) Genere che ami e genere che odi.
Amo con tutto il cuore di cui dispongo ogni cosa che rientra nel fantastico. Mi sono anche lasciata abbindolare dalla fantascienza, da tanto che il mio amore è in espansione. Mi trovo meno a mio agio invece con le commedie in generale e in particolare con quelle romantiche. Non fanno per me, con le dovute eccezioni.

3) Preferisci i film in lingua originale o doppiati?
Dipende. Se sono in inglese li preferisco in lingua originale, ma siccome dalle mie parti l'offerta in sala è quasi solo in italiano mi divido tra le due opzioni. Potessi scegliere, però, solo in originale.

4) L'ultimo film che hai comprato?
Non compro film! Evito l'accumulazione, quindi zero dvd (ne posseggo letteralmente 5) e meno libri in copia fisica possibile.

5) Sei mai andato al cinema da solo?
Non mi è mai capitato. Abito in campagna, il cinema più vicino è a 30 km e andarci è sempre un qualcosa che faccio accompagnata.

6) Cosa ne pensi dei Blu-Ray?
Che non acquistando film non considero nemmeno loro! Ben venga, però, la miglior qualità possibile.

7) Che rapporto hai col 3D?
Nessuno, lo evitavo volentieri quando era una moda e l'ho dimenticato facilmente ora che non lo è più. Trovo che non abbia portato migliorie nell'esperienza in sala, quindi per quanto mi riguarda va bene così, a mai più risentirci.

8) Cosa rende un film uno dei tuoi preferiti?
Il cuore, solo lui. Tanto per ora di tecnica non so moltissimo, cerco di imparare e interessarmi ma non è necessariamente la cosa che valuto di più. Trova l'equilibrio giusto per scombussolarmi le viscere senza scadere nel miele che non mi appartiene e sono tua tua tua.

9) Preferisci vedere i film da solo o in compagnia?
In compagnia selezionatissima, sono una rompimaroni che lo so solo io.
E poi quasi nessuno dei miei amici vuole vedere i film che voglio vedere io.

10) Ultimo film visto (al cinema oppure no):
The Shape of Water 💓💓💓💓💓💓💓💓 Sono passati giorni, ancora non me lo sciaquo via. Vi prego, date i vostri soldi a GDT, che è la mente più bella del mondo.

11) Un film che fa riflettere
In un modo o nell'altro se sono bei film fanno riflettere tutti quanti. Qualche giorno ci spariamo un listone tematico.

12) Un film che fa ridere
A me pochi, perché faccio schifo, ma sul finale dei Blues Brothers credo di essermi dovuta tenere la pancia perchè mi stavo facendo venire i crampi dal ridere. Banale? Forse, ma ci sarà un perché. Perché fa spaccare. Di recente, invece, Smetto quando voglio. 

13) Un film che fa piangere.
Nel senso bello del termine vedi risposta 10. Nel senso di pianto brutto e isterico, Manchester by the sea. Lo stavo guardando in casa e mia madre è dovuta venirmi a chiedere cosa stesse succedendo. Usate con me l'arma del senso di colpa se volete annientarmi una volta per tutte.

14) Un film orribile
La parola orribile si definisce da sola, bruttina bruttina. Ultimamente ho affinato i miei gusti al punto da vedere difficilmente cose che finiscono per farmi proprio schifo. Sono spesso delusa, ma di recente non ho visto cose oscene, In generale, però, evito e malsopporto i film che si prendono troppo sul serio (spesso nell'horror) e quelli che fanno i furbetti.

15) Un film che non hai visto perché ti sei addormentato:
Ma un milione! Ho la sveglia ogni giorno alle 4 e mezza, mi addormento senza preavviso nel bel mezzo di qualunque cosa. Un esempio su un milione: Monuments Men. Addormentata in tempo record e risvegliata dal riaccendersi delle luci in sala.

16) Un film che non hai visto perché stavi facendo le 'cosacce':
Non scherziamo. I film e le cosacce sono cose serissime da tenere ben distanti. Giù le mani e occhi sullo schermo. Al massimo si mette in pausa.

17) Il film più lungo che hai visto:
Via col vento mi sa!

18) Un film che ti ha deluso
Giusto gli unici due di questa stagione di Oscar: Lady Bird e Call me by your name.

19) Un film che sai a memoria:
Dirty Dancing!

20) Un film che hai visto al cinema perché ti hanno trascinato:
Ogni cinecomic insieme al moroso, ma memorabile la visione di 50 sfumature di nero con le colleghe, in cui l'attrattiva maggiore era la mia collega cubana dal tono di voce incompatibile con la sala cinematografica e con un po' troppe domande sul sesso da fare.
I ragazzi seduti di fianco a me hanno smesso di commentare le auto per spaccarsi dalle risate.

21) Il film più bello tratto da un libro.
Io lo so che starò qui ore a torturarmi su questa domanda.
Di getto devo dire la saga de Il signore degli anelli. Un lavoro magistrale, insuperato.

22) Il film più datato che hai visto:
Freaks?

23) Miglior colonna sonora:
Only lovers left alive, Pride and Prejudice, Hair, e se come canzone singola ne trovate una più eccezionale di I see fire di Ed Sheeran per non ricordo più quale Lo Hobbit fate un fischio.

24) Miglior saga:
Star Wars
Sottolineo per la millesima volta che non avrei mai creduto potesse arrivare un giorno in cui io avrei dato questa risposta eppure eccoci qua, penso ancora a C3PO.

25) Miglior remake:
Aiuuuto.
La cosa?
Banale anche questa?

Io con queste cose vado nel pallone perché mi conosco e so che una volta pubblicato il post mi verranno in mente mille altre risposte migliori di queste.
Pubblico, va là, o finisco per passare il pomeriggio davanti allo schermo del pc, pensando a cosa mi sto dimenticando.
 Per quanto mi riguarda, come sempre, siete tutti taggati principalmente perchè sono curiosa come una scimmia e voglio sapere le risposte di tutti!

giovedì 15 febbraio 2018

La forma dell'acqua

08:59
Mi sono chiesta a lungo se alla fine un post su La forma dell'acqua l'avrei scritto o meno.
Ma tale e tanta è stata l'attesa, e tanto vi ho rotto l'anima ultimamente, che mi sembrava giusto mettere un punto a questa attesa che è sembrata infinita.
Ma soprattutto, voglio con tutto il mio cuore unirmi al coro quasi unanime di voci che ha parlato del miracolo firmato Del Toro.
Perché La forma dell'acqua è un miracolo, di quelli potentissimi e talmente evidenti da regalare la fede anche a chi non l'ha mai avuta.


Saltiamo la noiosissima parte della trama, questa volta, il trailer è sufficiente.
Che Guillermo del Toro sia il mio regista preferito non è certo un mistero. Lo considero proprio il mio regista, quello che parla direttamente a me e al mio cuore, e spesso me lo sono custodita gelosamente.
Che sofferenza, però, vedere un talento che ai miei occhi è sempre stato così ovvio e immenso, così snobbato. Lui, che ha sempre fatto film dalla dolcezza potentissima, venire trattato così male, dalla gente che non lo guardava in sala, penalizzandone gli incassi, e dalla critica.
Lo stavamo per perdere, mi sa.
Il cinema sarà anche arte, ma è arte costosissima e se non ci sono i soldi, amici miei, arrivederci e grazie.
Allora lui si è rimboccato le maniche. Ha deciso che era ora di mostrare di cosa è capace, e ha buttato il carico da mille. Mi ha aperta in due, esattamente come sapevo che avrebbe fatto, con un baule carico di un'emotività così strabordante che avrò bisogno di giorni, settimane per smaltirla.
Anche se quello che sento adesso, quella magnifica patina che i film incantati lasciano sulla pelle, non vorrei sciacquarla via mai.

I titoli di testa del film sono un'ovattata ripresa della casa di Elisa sott'acqua. Sotto l'acqua è tutto morbido, sinuoso, leggero. Non dirò che è l'atmosfera di tutto il film, perché sapete bene che quando GDT mette i cattivi li mette cattivissimi.
Ma quella cosa lì, quell'aria lì, è Elisa.
Una donna delicatissima, minuta come un giunco, silenziosa e con un viso dolcissimo. Si è circondata di personaggi adorabili che compensano facilmente la sua mancanza di parole, ma è tutto intorno a lei.
Fino a ieri sera ero certa che la McDormand si sarebbe portata a casa l'Oscar. Ci avrei scommesso tutti i soldi che non ho. Ma Sally Hawkins è stata un incanto, con la sua gestualità e il suo viso così fine e così magnificamente comunicativo, un corpo intero al servizio di un film in cui la comunicazione verbale non serve a niente.
Perché, ve lo ricordo, questa si innamora di una creatura marina che per ovvi motivi non parla.
E quindi si incontrano questi due, con nient'altro che occhi e mani con cui parlarsi, a cui però non manca nulla. Basta una mano appoggiata piano piano su un vetro, e si dice già tutto.
Io ogni tanto me lo dimentico, che basta così poco.
Ma come sempre, del Toro mi ricorda che spesso il 'così poco' è invece un tantissimo, un tutto.
Tutto quello che serve.

Non avrete da me la solita scheda tecnica che vi racconta di colori, regia, musica, il lavoro strepitoso di un Doug Jones che merita molta più attenzione di quella che ha. E nemmeno un'apologia del diverso e dell'apertura all'altro. Se avete mai visto un film di del Toro lo sapete già, che è un maestro. Il più grande di tutti, per quel che mi riguarda.
Avrebbe potuto rassegnarsi ad una vita di Pacific Rim e sequel di zarrate sui vampiri, e avrebbe fatto forse più soldi.
Questa volta, invece, ha deciso che era ora di mostrare anche a tutti quelli che lo ignoravano, a tutti quelli che non lo prendevano sul serio, che ha sempre avuto ragione lui. Che il Cinema è questo, è tutto il cuore del mondo preso e messo in un mare d'acqua, insieme a due amanti che ballano, ignari delle differenze, del dolore, delle gocce d'acqua che cadono nel cinema di sotto, colmi solo di quella cosa grande e indefinita che lui nemmeno ci prova, a definire.
Aveva ragione lui, e ora non possiamo che chinare il capo e scusarci, per non averlo mai ascoltato abbastanza.

mercoledì 14 febbraio 2018

L'amore bugiardo, Gillian Flynn

16:35
Io mi rendo conto che parlare di questo film nel giorno di San Valentino possa suonare quantomeno cinico, ma non posso farci molto: pur amando moltissimo il 14 febbraio non sono una di quelle che impazzisce per le cose che parlano d'amore.
Oggi, quindi, niente storie romantiche nè dolcissime, per quello ci penserà stasera Del Toro quando sarò a vedere il film più atteso di tutta la mia vita.
Oggi, qui, parliamo di amori fedifraghi, vendicativi, cattivi, malati.
E buon San Valentino a tutti!🎔


Amy e Nick sembrano la coppia perfetta: bellissimi, intelligenti e dalla vita brillante e piena di interessi. Stanno benissimo e sono l'ideale della coppia libera e senza vincoli da scimmie ammaestrate, come si divertono a dire dei loro amici più gelosi.
Peccato che non sia proprio così, e alla prima difficoltà esca tutto il marcio di chi vuole mantenere una facciata di perfezione e un sottosuolo di menzogne, crudeltà e violenza.
Tutto questo ben di dio esce allo scoperto quando Amy scompare.

POST CON ANTICIPAZIONI, MA DEL TIPO CHE PROPRIO VI ROVINO TUTTO.

Arrivavo al romanzo avendo già visto il film, quindi conoscevo bene la storia e il finale.
Eppure, mi ha fregata.
Amy Dunne, la Mitica Amy, mi ha fregata come la peggiore delle bambocce.
Andiamo con ordine.
Il romanzo è narrato in prima persona da entrambi i punti di vista.
Di Amy leggiamo il diario, mentre Nick racconta la vicenda dal suo punto di vista.
Sapendo chi sia davvero Amy e cosa abbia davvero fatto, mi sarei aspettata di arrivare alla lettura un po' più sgamata. Niente da fare, a pagina 100 ero talmente affranta per lei, talmente sofferente che ero piena di comprensione.
Dopo, solo dopo, quando la Flynn ci ha ricordato che anche il diario era fasullo, sono rinsavita. La Flynn per me è stata bravissima.
Sarebbe stato facilissimo fare di Nick un uomo terrificante. Poteva essere un violento, farci passare tutte dalla sua parte e meritarsi ogni singolo secondo della sua vendetta. Invece no, Nick è solo un povero coglione. Irrispettoso e detestabile, ma non una cattiva persona. Ben Affleck per questo ruolo è stato perfetto, poco da dire, proprio in virtù del suo non essere un attore eccezionale. Un tonto con piena coscienza dei suoi difetti, però. Ogni mossa falsa di Nick (e dio solo sa quante ne fa, roba da ceffoni), è preceduta o seguita dal momento in cui si realizza l'errore, e ogni azione più o meno giusta necessita di troppo, troppo lavoro dietro per poter essere considerata 'naturale'.
Per questo motivo, per me, la Flynn è stata bravissima. Io ho provato per la trascurata Amy delle prime pagine un'empatia fortissima. Il dispiacere che provavo per lei era serissimo.
Mi capita spesso, con il mio ragazzo ma anche nelle altre relazioni con le persone, di non sapere cosa fare. Parlo? Sto zitta? La paleso questa mia perplessità o la tengo per me? Mi lamento o mando giù per passare da brava personcina che non si lamenta mai? Qual'è la cosa giusta? Cosa è meglio fare? Dove sta l'equilibrio?
Ho dovuto fotografare pagine intere nelle quali mi sentivo rappresentata come poche altre volte mi era successo.
Poi Amy è sparita.
Non ero shockata dagli eventi, ovviamente, ma ho provato un sincerissimo dispiacere che Amy non fosse quella che io avrei voluto fosse. Il che forse fa di me una seconda Nick.

Ormai lo sapete, non amo i gialli.
Ma la Flynn esplora le relazioni con profondità e sincerità, non ha paura di farci vedere i lati peggiori dello stare insieme, sia che si tratti di donne folli che vogliono incastrare il marito sia che si tratti di cose più semplici ma non meno dolorose, come un tradimento. Lo fa con una storia tesa, dolorosa e sfaccettatissima, impossibile da posare anche se non si ha la curiosità della fine.
Che comunque, quando arriva, un po' di male lo fa lo stesso.

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