martedì 18 ottobre 2022

Nuovi Incubi: Nope

12:00

 



Per la prima volta in questo primo anno di podcast abbiamo ricevuto una richiesta, e proprio a questa richiesta non avremmo mai potuto dire Nope.
Chiedo scusa a tutti per questa.
Ricominciamo.
Il nuovo film di Peele meritava un episodio non solo per la richiesta (a proposito, grazie!) ma anche perché è uno dei film dell'anno. La azzardo: del decennio? 
È potente e spaventoso e bellissimo, proprio come una creatura che ancora non conosci ma che dal primo incontro ti fa capire ti averti in pugno. 
Allo stesso tempo è importante, perché dice cose giuste nel modo giusto, perché ci mette di fronte a quello che siamo e a quello a cui, volenti o nolenti, contribuiamo. 
Però è pur sempre un film di Jordan Peele e quindi in mezzo a tutto questo fa pure ridere.
Ne parliamo qui.

Se quello che facciamo vi piace potete aiutarci ed essere parte della piccola famiglia felice di Nuovi Incubi, condividendoci, dandoci il vostro parere su Apple Podcast o qualche stellina su Spotify, oppure mandando i nostri episodi alle vostre amiche che non amano ancora il cinema dell'orrore ma solo perché nessuno aveva mai detto loro che era roba da ragazze. 

martedì 11 ottobre 2022

Redrumia32: parte 1

19:15
 Se siete da queste parti da un po' conoscete la tradizione del mese di ottobre, che non è solo la spooky season ma anche il compleanno della Vostra. Se non lo siete ve la racconto: condivido casa e vita con una persona a cui piace guardare i film ma che degli horror ha spesso paura quindi guardarli insieme significa spesso scendere a compromessi. Non mi dispiace, mi fa uscire dalla mia comfort zone e mi fa conoscere cose nuove, ma ad ottobre non transigo, e questo è l'unico regalo di compleanno che chiedo: un horror al giorno. 
Lui generosamente me lo concede e io ogni settimana - circa - faccio qui sul blog un riassunto delle cose a cui l'ho sottoposto. Ammetterò che questa settimana non abbiamo proprio azzeccato dei gran titoli, ma ve li racconto comunque. Giuro che di solito non sono cattiva così.







Siamo partiti con Umma, la storia di una donna che vive semi isolata con la figlia adolescente, con la quale gestisce un'azienda che produce miele. Lo zio la trova per portarle la notizia della morte della madre, e da quel momento la vita delle due smette di essere tranquilla.

Questo ha un intento semi buono, ma è pur vero che sappiamo bene di cosa sono lastricate le strade per l'inferno. Mi sta bene che si scelga di parlare di - resto volutamente vaga per evitare il rischio spoiler - di problemi delle donne di cui per ora ancora si parla poco, ma l'avrei tanto voluta vedere gestita meglio. Umma, la nonna, è una donna vittima di una circostanza che non ha cercato, che le ha lasciato traumi così grandi da renderla una persona diversa. Siamo sicuri, però, che la scelta di renderla la cattiva sia il modo giusto di farlo? Perché è passata a me come una faciloneria, un modo superficiale di gestire situazioni che superficiali non lo sono e non lo saranno mai.
Per dare un giudizio nel complesso, però, l'ho trovato tutto sommato dimenticabile.


si trova su Prime Video


Abby e Gretchen sono migliori amiche, con quella relazione da anime gemelle. Durante un weekend tra amiche, in una casa nei boschi, però, a Gretchen succede qualcosa di orrendo e da quel momento non sarà mai più la stessa. Possessione demoniaca o tremendo trauma? Abby farà di tutto per aiutare la sua amica.

All'inizio dell'anno avevo letto il romanzo da cui il film è tratto. Era una storia che prima di tutto parlava di differenza di classe (un lato di me però ricorda che Abby fosse anche nera, il che porta anche tutta una serie di altre implicazioni, ma se ricordo male correggetemi!). Gretchen era la bionda bambolina milionaria, figlia di una famiglia per bene con un nome e un'immagine da mantenere, Abby arrivava da una famiglia ben più umile. Frequentavano la stessa scuola, un prestigioso istituto privato, che Abby poteva permettersi solo grazie a borse di studio, che metteva a rischio cercando di aiutare la sua amica.
Questo elemento c'è anche nel film, che è tutto sommato piuttosto fedele per quanto riguarda il semplice svolgimento dei fatti, ma che pecca parecchio nel focus. Le differenze tra Gretchen e Abby, il privilegio di una e le difficoltà dell'altra, sono il cuore del libro. Qui sono solo accennate. Ci sono la perfetta bambolina che si libera dalle aspettative della famiglia da un lato e la disgraziata che non ha (quasi) niente da perdere ed è pronta a tutto per liberare la sua amica dalla nuova cosa che la infligge dall'altro, ma mi sembra si sfiori il punto senza mai toccarlo veramente.
Poi per carità, è una visione graziosa. Io però cercavo qualcosa d'altro.


lui invece è su Disney+


Norman e Claire hanno il matrimonio perfetto: sono bellissimi e ricchi, hanno una figlia modello che parte per il college e hanno superato con successo le difficoltà del loro passato. Dalle finestre della logo incantevole magione, però, Claire assiste alla vita dei vicini, ben lontani dalla loro perfezione, e se ne appassiona, al punto che quello che vede finisce per avere ripercussioni anche per la sua, di vita.

Lungi da me dire qualcosa di negativo su Zemeckis. Non sono ancora impazzita, e nel complesso mica si può dire che questo sia un brutto film, anzi. Fa quella cosa sempre attuale di mostrare come il marcio stia spesso nascosto alla luce del sole con delle sembianze luccicanti. Però diciamo che si nel periodo di Halloween andasse di vedere qualcosa di suo c'è sempre La morte ti fa bella. 
Con quello non si sbaglia mai.




La famiglia di Rini è colta da una serie di spiacevoli sventure: la madre si ammala e la famiglia si blocca per prendersi cura di lei, i proventi della sua precedente carriera da cantante sono ormai un ricordo del passato, e in casa ci sono anche i bambini più piccoli a cui badare. 
La morte della madre non migliora per nulla la situazione.

Io lo so che la devo chiudere qui con il cinema asiatico. Non ne ho nessuna cultura, avrò visto meno di venti film a voler restare abbondante, e tutte le circa venti volte me la sono fatta sotto senza pietà. Lo so che Indonesia e Cina e Giappone e Thailandia sono nazioni ben diverse ed è come mettere insieme il cinema francese con quello dell'Estonia, lo so. Ma la mia esperienza è stata questa, e temo abbia molto a che fare con la totale mancanza di familiarità. È tutto distante da me e da quello che conosco, non ho una competenza che mi renda qualcosa più accessibile e finisce puntualmente che sono annientata sul divano senza essere più capace di muovermi. 
Che cazzo di paura.
Fine della recensione.




Father Max è un prete farlocco che fa delle live in cui pratica esorcismi. Naturalmente è tutto uno show, tenuto in piedi dai due amici Max e Drew, ma fa un successo insperato. Le donne di tutto il mondo si strappano i capelli alla vista del prete belloccio, perché siamo pur sempre tutte le sorelle di Fleabag, e i due si godono il momento di gloria. 
Fino a che non va tutto malissimo, e lo show diventa più reale del previsto.

Allora, questo è buono. Rientra in quel filone che a me piace sempre tanto dell'horror social, in cui la nuova comunicazione diventa protagonista. Mi piace che metta tutto in discussione - anche se il discorso sull'autenticità è vecchio come il mondo stesso dell'intrattenimento - e che lo faccia questa volta con il sottogenere con cui più di tutti ho un rapporto di amore-odio: quello demoniaco. Naturalmente quando a dover recitare è la fidanzata di Drew la possessione diventa reale e tutti cominciano a farsela sotto, noi spettatori compresi.
Il posseduto seduto sulla sedia sotto lo sguardo di tutti non è una novità, lo avevamo già visto (visto si fa per dire, con le mani davanti agli occhi) in quel piccolo gioiello terrificante che è The Atticus Institute, un film da cui buon dio mi sono ripresa dopo settimane. Questo non fa altrettanta paura, ma ha una piacevole discesa verso gli inferi, un graduale ma efficace peggioramento della situazione che è stato molto piacevole da vedere. 
Sono solo rimasta leggermente delusa dal finale, è come se avesse costruito una strada molto carina da percorrere per arrivare ad un punto in cui la vista non è granchè.


è un originale Netflix


Il giovane Craig viene assunto dal vecchio miliardario Mr Harrigan perché gli legga delle storie. La relazione tra i due dura anni, ed è Craig ad iniziare l'anziano alle meraviglie degli smartphone. Il vecchio ne godrà per poco, perché morirà di lì a breve, e durante il funerale il suo giovane amico lo farà seppellire con il suo telefono in tasca. Tutto molto tenero, almeno fino a che il telefono di Craig inizia a ricevere dei messaggi che arrivano proprio dal telefono del signor Harrigan.

Questo è insipido. Come mangiare dell'insalata scondita: saziare ti sazia, ma che noia. Avrei voluto più tenerezza nella relazione tra i due - che pur c'è ma solo accennata - nella prima parte e ben più angoscia nella seconda. L'ho trovato ammosciato, insignificante. Poteva essere un coming of age interessante, un racconto di crescita e di distaccamento dal passato. Invece sono usciti i titoli di coda e io e il Moderatore siamo rimasti davvero sconcertati che potesse davvero finire così. Sembra nemmeno concluso. 
Quando King scrive qualcosa di poco adattabile lo sapete già che c'è Flanagan da chiamare, perché perdere tempo così?


si trova al canale di Midnight Factory


Ecco questo invece mi ha un po' fatta arrabbiare. 
Taylor e le sue amiche decidono, contro il volere della cugina Emma, di andare a fare uno scherzo alla nuova vicina che nemmeno conoscono, Julie, e la faccenda finisce molto male.

Lo so che la trama è scritta male, ma la colpa è del film. 
A me piacciono i film in cui capisci che tutto sta andando in merda, è pericolosissimo e fa tutto paura ma ancora non si capisce perché. Mi diverte, crea un'ottima atmosfera, gioca con l'immaginazione dello spettatore. Però ad un certo punto bisogna tirare le fila di quello che sta effettivamente succedendo in scena, perché va bene l'immaginazione dello spettatore, ma il film mica te lo devo scrivere io. 
Mi starebbe pure bene l'eccesso opposto: non dire nulla di nulla, lascia che tutto sia terrificante e spaventoso e finisca male senza che noi si sappia nulla del perché.
È questa ridicola via di mezzo che non ho tollerato. C'è una bambolina che compare e scompare in giro per casa. C'è un papà che ha commesso una cosa tremenda. C'è una signora indisposta per via della suddetta cosa tremenda. C'è Julie. C'è il gruppo di amiche. Tutto ammassato, tenuto insieme con lo sputo e la speranza e coperto di urla isteriche che ci ricordano che le cose stanno andando male.
Sono io che l'ho frainteso, sto film?
O è lui che è scemo?




QUESTO È BELLO!
Shawn è un influencer caduto in rovina: ha fatto una cappellata e il suo video di scuse non è servito a recuperare l'affetto dei suoi follower. Il suo successo era nato con una rubrica in cui affrontava le sue paure facendo cose matte tipo lanciare i sassi alle guardie (cosa che comunque non disapproviamo) e quindi ha deciso di tornare a far parlare di sè affrontando la sua paura più grande: i fantasmi. 
Armato di attrezzatura che costerà come la mia casa ma che comunque i grandi nomi dei social statunitensi si possono permettere, parte per passare da solo una notte in una casa infestata. Il tutto, ovviamente, in live streaming.

Lo ammetto, dopo una settimana come quella che avete letto fin qui, sono partita prevenuta. Ero pronta alla stronzata. E forse lo è. Ma è la stronzata più bella e divertente che ho visto nell'ultimo periodo. Il protagonista è un povero imbecille e il film non fa nulla per mascherarlo, si lancia in questa cosa da solo prendendo nessuna precauzione per la propria sicurezza e lanciandosi nel vuoto (una volta anche letteralmente e ho quasi rischiato di soffocare dalle risate). La prima metà del film è un insieme disordinato e caotico delle sue urla isteriche, perché non ha mentito e se la fa davvero sotto dalla paura.
È però anche vero che la paura è contagiosa, e mentre Shawn scappa a chiudersi negli armadi intanto cominciamo a farcela sotto un po' anche noi. Quando poi le presenze appaiono, perché appaiono eccome, il film diventa un omaggio ai grandi, quelli che il cinema lo facevano proprio sporchissimo e disgustoso. La casa è ripugnante perché abbandonata da decenni e quindi lurida, elemento che in pochi prima di lui hanno sfruttato, e le presenze disgustose. Ci sono dita nel naso, acque torbide, pipì in bocca. E non si smette mai, mai di ridere, anche quando è inquietante. Fa un uso molto intelligente del mezzo social, perché essendo un live stream abbiamo modo di assistere anche alla chat degli utenti connessi - che il film sfrutta benissimo - e questo contribuisce a dare al film e allo spettatore un elemento in più con cui giocare. 
Si prende gioco bonariamente ma in modo affilato del fenomeno degli influencer, della visibilità online, del rischio che si corre quando si è disposti a tutto. Ha un ritmo che non molla mai, è frizzante, spiritoso, ripugnante. Ne ho adorato ogni istante, mi sono spanciata dalle risate. 
So già che lo riguarderò spesso.


lunedì 10 ottobre 2022

The Midnight Club

16:51
 Qualche giorno fa ho chiesto su Instagram se fosse meglio parlare della nuova serie di Mike Flanagan, arrivata il 7 ottobre su Netflix, per iscritto, qui sul blog, oppure in live il prossimo mercoledì, il 12 ottobre. Ha vinto la terza opzione, quella di discuterne in entrambe le sedi, quindi eccoci qui. Se vi interessasse partecipare anche alla live il link è qui di fianco, nel banner. 
Ho deciso che qui faremo una chiacchierata più emotiva, sulle sensazioni a caldo che la serie mi ha lasciato, mentre in live cercherò di arrivare più preparata per una chiacchierata più strutturata. Un altra differenza sarà nella presenza di spoiler: questo post non ne avrà, la live sì.

Questa distinzione fa sì che io in questa sede mi permetta di iniziare la chiacchierata con una piccola parte di fatti miei, che per forza di cose influenzano quelle sensazioni a caldo di cui sopra. 
Il cancro fa parte della mia vita da quasi due anni. È entrato nella mia famiglia con calma, quasi come se lo stessimo aspettando. È uno di quei tumori causati dalla vita, dagli errori di chi oggi se lo porta appresso, ed è quasi come se l'avessimo visto arrivare. Adesso è qua e pare non abbia intenzione di terminare il suo soggiorno a breve, il che per forza mi ha reso una spettatrice di The Midnight Club particolarmente provata. 
È stata una visione impegnativa, ma del resto Flanagan semplice non lo è mai.




La serie, tratta da un romanzo omonimo di Christopher Pike, racconta di un gruppo di ragazzi colpiti da diverse malattie, tutte allo stadio terminale. Per avere un fine vita il più confortevole possibile vivono in un hospice, dedicato agli adolescenti e gestito dalla dottoressa Stanton. Ogni notte, a mezzanotte, si svegliano e si radunano in una sala, con il vino - o la camomilla - e un camino acceso a scaldarli, per raccontarsi delle storie. Lo chiamano il Midnight Club.

Everybody likes a great story.


Già da quel poco scritto su, avrete riconosciuto il primo grande tema del Nostro: la morte. È dai tempi di Absentia che vediamo Flanagan parlare in modi diversi dell'assenza di chi amiamo. La morte è stata un elemento fondamentale di quello che ha fatto finora, ma in questo caso fa un cambiamento radicale: sposta il focus. Se finora abbiamo l'abbiamo visto parlare del fine vita dal punto di vista di chi sopravvive, adesso rivolta completamente la faccenda, per dare tutta l'attenzione a chi sta morendo. 
È molto più facile - da spettatori - confrontarsi con questa visione della morte, perché è quella che conosciamo. In un modo o nell'altro abbiamo incontrato questo aspetto dell'esistenza. Molti meno di noi, invece, sono stati messi di fronte al fatto che la propria vita stesse finendo. Se finora il suo parlare di morte ci ha aiutato a convivere con i nostri lutti, quelli della vita reale, questa volta ci ha messo di fronte a qualcosa che la maggior parte di noi, quella fortunata, non conosce se non per vie traverse.
Lo ha fatto spostando la morte un po' più in là, ma dichiarandola subito. Apre la serie dicendoci nei primi minuti che la protagonista non sopravviverà, e come lei nessuna delle persone che la circonderanno nel corso degli episodi. 
Sebbene la morte sia l'unico elemento comune di tutte le esistenze, tendiamo a mettere da parte il pensiero che ci sia perché possiamo permettercelo. È costante, ma distante. Ai protagonisti di Midnight Club questa distanza non è concessa, e immediatamente il pensiero che potrebbe avvenire da un momento all'altro cambia l'aria che si respira nella serie. L'atmosfera è cupa e pesante perché si respira la morte. È una cappa che sta sospesa sulle loro vite. È per via della morte che stanno tutti lì, è per via della morte che questa famiglia stupenda e scassata e affettuosa è nata. 
Quando la morte è un po' più vicina il pensiero non si cancella mai. Sta lì, come un avvoltoio che ti osserva da lontano mentre prosegui nella tua quotidianità. E loro, dell'avvoltoio che li guarda, non ne parlano quasi mai.
I ragazzi stanno insieme tutto il tempo che hanno a disposizione, perché ne hanno poco e se lo divorano tutto. Si presentano con i nomi delle loro malattie "Ciao, cancro alla tiroide.", "Ciao, leucemia." ma poi riprendono a parlare delle cose degli adolescenti normali: le ragazze, le relazioni, la playstation. Ma un momento di tregua, Flanagan, di reale alleggerimento, questa volta non ce lo concede mai. Se abbiamo avuto momenti, nelle serie precedenti, di distaccamento dal dolore, in questo caso non c'è pietà.
Nell'hospice ci sono tutto il giorno. Se escono per fare esperienze da giovani sani, queste saranno sporcate dal rapporto della società con la malattia. Se cercano relazioni, saranno influenzate dalla malattia. Se trovano una comunità che somiglia loro, non se la potranno godere, per via della malattia. Ci sono momenti di sollievo, di sorrisi (risate mai), di miglioramento, ma tutti sono insozzati dalle diagnosi. 
Nella mia esperienza, è davvero così. Stai bene, pensi ad altro, crei buoni ricordi. Alla sera, però, quando fai un bilancio di come sta andando, niente va mai bene davvero.
Non che io possa davvero identificarmi, perché qui Flanagan fa qualcosa di fondamentale: non solo sposta il focus ma elimina del tutto chi circonda i malati. Non è di loro che gli importa parlare. Questi giovani hanno delle famiglie, alcune molto belle e altre molto problematiche, ma non si parla quasi mai di loro in relazione alla malattia, o al fatto che i propri ragazzi stanno morendo. C'è una scena molto significativa in questo senso, quella della famiglia di Kevin per intederci con chi abbia visto la serie, che resta su questo tema, ma è quasi l'unica. Anche in quella, però, non è di Kevin come individuo che si parla, ma solo della sua eredità sul fratellino minore (perché sapete che MF ha pure una fissa per i fratelli). Lui non conta. Il padre affidatario di Ilonka non vuole affrontare il tema, per lui è troppo. I genitori di Cheri non si ricordano manco di avere una figlia. La madre di Spencer ha un problema con l'omosessualità del figlio, ma del fatto che lui stia morendo non ne parla. Anya è sola. 

I ragazzi, quindi, sono mollati a se stessi. Il supporto della dottoressa Stanton non è quello di cui hanno bisogno. Poiché stanno per mancare, è di raccontarsi che hanno bisogno, e lo fanno con le loro storie. Chiusi in una stanza, lontano dalla Vita Vera, quella che scorre di giorno senza che nemmeno ce ne rendiamo conto, hanno bisogno di esplorarsi, perché sono proprio in quell'età in cui stanno diventando persone complete e indipendenti, e poiché non è previsto per loro un futuro pieno di tempo in cui conoscersi, lo fanno di notte. Danno nomi inventati a personaggi di cui hanno bisogno per darsi un volto e guardarsi da fuori, per descriversi agli altri cercando di mantenere la giusta distanza per "vedersi" meglio. In un momento in cui il loro corpo li sta tradendo, la loro mente ha ancora bisogno di costruire, elaborare. Alcuni di loro hanno un passato difficile con cui devono fare i conti, e lo lasciano sulle spalle dei loro personaggi, perché il loro carico sia meno pesante. Altri hanno bisogno di perdonarsi. Altri ancora non sono in grado di guardarsi con lucidità, e sono attanagliati dai sensi di colpa. 
Sono ragazzini pieni di vita interiore, pieni di cose da dirsi, con le gole riempiti delle parole che non avranno tempo di dire. E quindi giocano, esplorano, si spaventano e si consolano. Usano le storie come la più suprema delle cure palliative, anche se finisce sempre che piangono tutti quanti. Ogni tanto si fischiano se la storia non funziona.
Quello che sta accadendo loro è troppo, e quindi lo si affida a qualcun altro, ad un alter ego di finzione, che il cancro non ce l'ha per davvero. Aprono se stessi ai loro amici come spesso gli adulti non sono in grado di fare, concedono al piccolo pubblico i propri pensieri più intimi, mascherati da favola della buonanotte. Si fanno paura, si coccolano, si intrattengono.
Sperano.

Gli otto protagonisti sono in stadi differenti dell'accettazione della malattia. Sono persone diverse che, in quanto tali, affrontano quello che gli sta accadendo in modo diverso, eppure non si giudicano mai. Ilonka non ci può convivere, con questo pensiero, Anya nasconde un dolore grande quanto il mondo intero dietro ad un muro di ostilità e diti medi. Spencer ha un carico così impegnativo sulle spalle, che non deriva solo dalla malattia ma da tutta la sua storia, che il fatto di essere malato è quasi secondario. Cheri è sola, sola, sola. Circondata di oggetti, ma con così tanto gelo intorno da doversi costruire delle storie anche di giorno, per sopravvivere alla straziante solitudine di una ragazzina che sta male e non ha nessuno con cui piangere per la propria condizione. Kevin è l'adulto del gruppo: è sereno, convive pacificamente con quello che gli succede, sorride a tutti con un candore commovente e tutta la sua tranquillità cerca di donarla a chi lo circonda, perché è uno splendore di essere umano. Natsuki, invece, è clinicamente depressa, eppure è quella che parla dall'interfono alle amiche in isolamento, per non farle sentire sole. Sandra ha il suo Dio, la sua fede, ad aiutarla a gestire questo cammino.
Sono diversi, sono capitati insieme per caso o per destino se ci credete, eppure nessuno guarda agli altri con sdegno, invidia, giudizio, malizia. Sono così aperti a comprendersi, ad abbracciare l'uno il modo dell'altro di sopravvivere, giorno per giorno, all'esatto opposto di sopravvivenza. Quando ci sono screzi, perché sono pur sempre 8 adolescenti chiusi a vivere insieme nella stessa casa, sono presto risolti. Si vogliono troppo bene perché qualcosa li allontani davvero.
Quando qualcuno inizia a mancare, e non è spoiler perché è pur sempre un hospice, non si lasciano andare a gesti estremi nel manifestare il proprio dolore - cosa che comunque non avrebbero giudicato - ma cercano l'uno nell'altro il supporto necessario per continuare a vivere, un altro po'.

Flanagan ha così a cuore questi ragazzi e le loro tristi storie, che ce le racconta con la stessa cura che hanno loro nel raccontare se stessi. Non c'è niente di sorprendente, in questo: che fosse un narratore di sorprendente eleganza lo sapevamo già. Che fosse in grado di toccare l'anima di chi assiste alle sue opere lo avevamo già sperimentato. In questo caso abbatte ogni muro. Non solo non c'è niente di male a piangere, ma bisogna farlo. Bisogna soffrire e buttarle fuori, quelle cose brutte che abitano nella mente e nel cuore quando stiamo male, perché non c'è niente di valoroso nel soffrire in silenzio. Chi ha il cancro (come anche tutte le altre malattie di cui la serie parla) non è un guerriero. Non serve, come lo fa chiamare dalla Stanton, il linguaggio da guerra. Non c'è valore nel tenersi dentro la sofferenza, non c'è debolezza nel dire, a chi lo si desidera, che si sta male. 
La vita non può e non deve essere una battaglia, e non deve esserlo nemmeno la morte.

Ogni volta di più Flanagan mi insegna come devo fare, per deporre le armi. Ho parlato a lungo della malattia di mio papà con una persona della mia vita che a sua volta l'ha conosciuta da vicino, e che si è sempre spesa in parole splendide nei miei confronti, complimentandosi per la mia forza. 
Mike, però, lo sa bene che non sono forte per niente. Che Anya è più forte quando si lascia andare, Ilonka quando accetta, Kevin quando lascia andare il senso di colpa, Cherie quando esce dalla stanza.
Io, che da tanti anni tengo il fucile sempre sottobraccio, ci devo lavorare ancora un po'.

martedì 4 ottobre 2022

Nuovi Incubi: Twilight + Warm Bodies

11:20

 



Ormai l'ho detto in tutte le salse ma lo ribadisco anche quest'anno: Halloween è la sola festa che conta. Quella in cui tutto il resto del mondo, per una volta, è accogliente verso la community dell'horror, in cui per una volta tutto è dedicato a noi. Le piattaforme ci regalano le sezioni e gli speciali, ci sono i teschietti dappertutto e finalmente non dobbiamo vagare nei meandri dell'internet per trovare una maglietta che ci piaccia. Halloween è il nostro Natale.

Oggi, però, Halloween è il nostro San Valentino. 
Io e Lucia abbiamo in mente un mese di ottobre pieno di episodi speciali, e dovevamo aprirlo con un episodio che parla sì di teen girl, che è pur sempre il tema della stagione in corso di Nuovi Incubi, ma con un pizzico di romanticismo. 

E poi sì, l'episodio su Twilight ce lo meritavamo tutti quant3. 

Lo potete ascoltare qui.

giovedì 29 settembre 2022

Le (poche) cose preferite di settembre

12:40
A me questa cosa che l'estate è finita non piace manco per niente, io stavo bene con i miei 40 gradi da bravo rettile quale sono e adesso già mi sento mancare dal freddo.
Mi consolerò con immagini romantiche sull'autunno che non corrispondono alla realtà dell'autunno padano e nel frattempo tengo impegnati anche voi con il consueto post sulle cose viste e successe nel mese di settembre.



PODCAST

Anche questo mese la situazione podcast è stata magra. Ho cambiato luogo di lavoro, ed essendomi avvicinata a casa ho meno tempo alla guida da dedicare alla scoperta di cose nuove. Unica novità del mese, suggeritami da amici, è stata Black Minds, un podcast sui più famosi autori di gialli e noir del panorama internazionale, che ho iniziato ad ascoltare perché ha un episodio dedicato a Fred Vargas, la mia giallista del cuore.
Se poi Fred quando vuoi hai una storia nuova raccontarci fai pure, noi stiamo qua in grazia ad aspettarti. 

LIBRI

Settembre è stato un buon mese almeno da questo punto di vista: ho letto Lizzie, di Shirley Jackson, l'allontanamento dal gotico dell'autrice che ha deciso che era giusto invece parlare di una donna spezzata e così spezzare anche noi che tanto siamo tutte col cuore di pietra; poi mi sono inflitta la sofferenza di Midnight Club per prepararmi a Flanagan e infine ho letto L'enigma della camera 622 di Joel Dicker. 
Quest'ultimo è stato forse quello meno appassionante dei 3, ma avevo bisogno di un giallo senza pretese che mi portasse via un pochino la mente dalle giornate. Ambientato negli ambienti del lusso e delle banche, un pochino prolisso nella parte centrale se vogliamo e con una conclusione che richiede un notevole sforzo di immaginazione, il romanzo di Dicker alla fine mi è piaciuto nonostante questi difetti, perché la sua è la classica scrittura senza troppi fronzoli che porta a casa la faccenda e in breve tempo mi ha portata alla fine della sua mole importante.
Naturalmente la cosa migliore che ho letto è stata Jackson ma perché purtroppo quando c'è lei la gara con gli altri è impari, e Lizzie è una storia così commovente e frustrante, che la gara in pratica nemmeno esiste. Io non lo so se Jackson con questa storia ci volesse più tristi o più incazzate, nel dubbio con me hanno fatto presa entrambi i sentimenti. È una storia di frustrazione, di appassimento, di annichilimento dell'anima, e delle inevitabili conseguenze disastrose. Elisabeth crede di stare bene nella vita comoda che si è scelta, fino a che una parte di lei decide di liberarla, dimenticandosi che spesso la libertà arriva con un costo. È anche la storia della vita delle donne, costrette a sedare sentimenti e a placare animi impetuosi per rispetto di una società che ci vuole mansuete. E quindi io, alla fine, ero triste e anche arrabbiata. Non con il romanzo e nemmeno con le sue protagoniste. Ero arrabbiata e triste per loro.
Al momento, poi, sto concludendo Problemi, il libro di Jonathan Zenti ispirato al suo omonimo podcast. È esattamente come me lo aspettavo: bellissimo, brillante, approfondito, pungente ma senza mai crogiolarsi nel gusto per la provocazione fine a se stante. Zenti è un ottimo autore, ma questo lo sapevamo già dal suo lavoro nel mondo dell'audio, ed è la persona che vorrei mi insegnasse a stare al mondo.

FILM

A breve arriverà (se non è già arrivato mentre leggete) un reel su instagram che riassume le visioni del mese, in questa sede mi sento di lamentarmi perché ho visto molte meno cose di quelle che avrei voluto. A mia discolpa in casa Redrumia si è appena ricominciato un rewatch del Signore degli Anelli, come al solito in versione estesa, e abitualmente in quel tempo di film normali ce ne vedo 7. 
Però ho comprato casa con una persona che circa una volta l'anno mi fa tornare nella Terra di Mezzo, e capirete bene che per uscirne poi è lunga. Molto lunga. Lunghissima.

SERIE TV

Continua in casa Redrumia il rewatch di Modern Family, siamo alla sesta stagione, li amo tutti quanti come se fossero la famiglia mia e quando lo finiremo mi mancheranno molto. Il senso di gigantesca e profonda appartenenza che ci regalano serie come questa non finirà mai di stupirmi. Qualcuno l'ha studiato, questo fenomeno? Perché io ogni tanto mi chiedo come sta Jake Peralta, mi chiedo se Angela ha nuovi gatti, se Chandler ha rinnovato l'abbonamento alla sua rivista. E torno a trovarli spesso, riguardando mille volte le stesse serie togliendo tempo a quelle nuove, perché finiscono per creare questa forma di attaccamento che a me per esempio impedisce di giudicare la serie come un prodotto di finzione. L'ultima di The Office non è piaciuta? Ah, non a me. Io l'ho amata, perché sono tornata a trovare i miei amici. Parlando di dinamiche relazionali così intime finisce per vincolarmi con quel senso di familiarità che a me colpisce in un modo fatale. Amici sul lavoro? Famiglia per scelta? La mia emotività ci fa a nozze, con cose così.
Sapete con cos'altro sta da dio la mia emotività? L'amarcord dell'adolescenza. Come tutti, immagino. Io sono stata adolescente nei primi anni 2000, quindi adesso che è arrivato One Tree Hill su Prime, io sto inchiodata sul divano ad ogni pasto che faccio da sola. Sarà nei post dei preferiti dei prossimi mesi.

IRL

Perché così poche cose, Mari, in questo post dei preferiti? A settembre ho avuto un po' la testa impegnata, c'è stata una cosina che mi ha preso un po' di tempo, testa e cuore.

io e il mio vestito da fantasmina vittoriana


Dopo undici anni passati insieme, io e Erre abbiamo deciso di fare le cose ufficiali e diventare marito e moglie. Ed è stata una giornata bellissima, con i nostri amici tutti vestiti a modino, la musica dal vivo, i parenti che per un giorno non sono le persone che conosci ma la loro versione più piacevole, Augustone con il papillon di velluto e tanta voglia di festeggiare questa cosa qua che ogni giorno costruiamo insieme e che profuma di futuro. E delle lasagne gigantesche.
Abbiamo posticipato all'anno prossimo il viaggio di nozze, per quest'anno, però, ci siamo concessi qualche giorno in montagna per staccare un po' dalla frenesia pre matrimoniale. Siamo stati in Valsesia, in Piemonte, dove per la prima volta ho visto il Monte Rosa. Per vederlo più da vicino possibile in poco tempo (Augusto ha un'età ormai, e dovevamo tornare presto in hotel da lui) ho dovuto affrontare la mia acrofobia e prendere la cabinovia, mezzo di trasporto ideato da Satana in persona e tanta e tale è la mia paura di questo strumento infernale che ho pensato di metterlo tra le cose importanti del mese, perché se solo ci ripenso sento il cuore calarmi nello stomaco.
Però è anche la prova che quelle nozze qua s'erano proprio da fare, perché in mille modi diversi il Moderatore mi spinge sempre fuori dalla mia comfort zone. 
A volte la prendo male, come quando insisteva perché io mangiassi il pesce, a volte sono stata più fortunata, come quando mi ha spinto ad aprire un blog di cinema.

martedì 13 settembre 2022

Nuovi Incubi: When animals dream & Wildling

13:54

 



Finalmente è successo: Nuovi Incubi ha iniziato a dare fastidio ai poteri forti.
Google, Zoom, Discord, si sono tutti impegnati a far sì che il nostro ritorno dopo le vacanze non arrivasse. Ma nulla, nemmeno i signori dell'internet possono fermare la voglia che abbiamo di gridare al mondo quanto ci piacciono i film con le lupe.
Che in questo caso non sono proprio lupe, ma per conoscere meglio la loro natura vi tocca ascoltare, il punto era farvi capire che siamo tornate e più cariche di prima.
Il nuovo episodio è in compagnia di Ornella, che cura il blog e il profilo instagram Horror Vacui, che come sentirete dall'episodio vale la pena seguire. 
Come sempre, ricordatevi di condividerci con le vostre amiche maoiste amanti dell'orrore.
Ci trovate qui ma anche negli altri posti in cui ascoltate i podcast.

mercoledì 24 agosto 2022

Redrumia summer compilation

18:52

 Io lo so che questa pausa non l'avevo annunciata, ma nemmeno sapevo che avrei preso una pausa dal blog. Sono semplicemente stata inglobata da un'estate caotica e con molte più ore di lavoro di quante avrei desiderato farne. Quindi adesso mi ricompongo, tolgo le ragnatele da questo posto e parliamo di tutte le cose (che sono poche per i motivi di cui sopra) che ho fatto, guardato e ascoltato in questa frenetica estate.


il solo mare che ho visto quest'anno e se sentite vibrazioni nella Forza sono io che bestemmio per questo

PODCAST

Quest'estate sono stata una di quelle persone che ha fatto calare gli ascolti dei podcast, e me ne vergogno molto perché io non mollo mai l'abitudine di avere persone che parlano nelle mie orecchie h24. 
Avevo parecchie playlist da creare e ho finito per ascoltare molta più musica del mio solito.
Oltre ai nuovi episodi dei miei grandi classici, quindi, ho solo due podcast nuovo che ho ascoltato e che voglio segnalare.
Il primo è Così si fa l'Italia, un percorso che attraversa la storia del nostro Paese dal referendum del '46 fino alla storia più recente. Secondo me è fondamentale ascoltarlo proprio oggi, alle porte delle elezioni, perché quello che siamo arriva da quello che abbiamo vissuto. Poi un giorno la scuola imparerà quanto è fondamentale insegnare la storia recente, ma fino a quel momento abbiamo i podcast. Sempre siano lodati.
È un esclusiva Spotify a cura di Lorenzo Pregliasco e Lorenzo Baravalle.
Il secondo podcast è La bomba, a cura del Post. Per questo ci vuole un trigger warning grande come l'Internet intero: parla di abusi su minori nel mondo della Chiesa Cattolica. È rispettosissimo delle vittime e dà loro voce direttamente e sebbene sia la cosa giusta da fare è anche giusto dire che è difficile da ascoltare e se per qualche ragione la cosa vi turba prestate attenzione. Il punto del podcast non è solo parlare del problema, ma piuttosto capire come sia possibile che in Italia questa faccenda non sia lo scandalo che dovrebbe. Perché tutti sappiamo eppure non cambia nulla? Perché questa verità è costantemente sotto gli occhi di tutti eppure nessuno tutela i bambini? Se penso a tutti gli anni in cui ho trascorso letteralmente tutte le mie giornate in oratorio mi viene la pelle d'oca. Sono solo stata molto fortunata. Ed è ora che si faccia qualcosa perché quelle come me siano la norma e non le fortunate.

LIBRI

Presente che tutte le persone del mondo in estate leggono di più, tutte le rubriche sulle riviste e sui social di consigli di lettura, le liste e le classifiche?
Non la vostra amica qui presente, nossignore. Lei ha letto pochissimo e pure male.
Ho letto un Lansdale e un Atwood che non mi hanno colpita particolarmente nonostante gli autori, un romanzetto d'amore (One true loves) per uscire dal blocco del lettore, che ho sì divorato in poco tempo ma che altrettanto poco mi ha lasciato. Io lo so che con le storie rosa finisco sempre così, non lo so proprio perché sporadicamente torno qui quando so benissimo che per il blocco del lettore la mia soluzione è sempre la saga di Malaussène, non lo so proprio. Mi sono fatta infinocchiare perché parlava della perdita dell'amato che è una delle cose su cui proprio io mi lascio andare ai pianti peggiori (sì, è ovvio che è tutta colpa di Moulin Rouge!), e invece non mi ha nemmeno fatto piangere.
Sto però leggendo adesso L'ospite di Sarah Waters, un gotico che avevo iniziato un milione di anni fa e poi abbandonato quando il mio primo lettore ebook aveva abbandonato me. Al momento sono molto coinvolta, vi faccio sapere.

FILM

Ho smesso di guardare i film come intrattenimento più o meno quando ho aperto il blog, perché mi prendono troppo perché io possa usarli come diversivo e sebbene mi manchi un pochino la sensazione di "staccare il cervello", sono sempre così intrigata che a questa, di sensazione, non rinuncerei mai. Questo però significa che quando sono molto presa e con la testa altrove finisce che di film ne vedo ben pochi.
Quelli di quest'estate li trovate riassunti su instagram, qua mi limito a esprimere di nuovo tutto l'amore possibile per Nope, il nuovo magnifico film di Jordan Peele, che ancora oggi a distanza dalla visione occupa i miei pensieri. Non lo saprei dire se la considero la sua cosa migliore, perché questo ad ogni film che fa pare voglia schiaffeggiarci con il suo talento. Però questo modo che ha avuto di associare l'esistenza intera all'essere visti mi ha proprio toccato dentro, e continuo a pensare a quanto io stessa viva la mia vita con il pensiero fisso sullo sguardo altrui: lo rifuggo costantemente, eppure cerco di essere in ogni istante pronta alla sua analisi spietata, non ne sono mai libera anche se scappo costantemente. E poi mi accorgo di essere sempre più attenta al mio, di sguardo, sul mondo dell'intrattenimento ma anche sul mondo reale, e mi spaventa un po' non averci mai prestato così tanta attenzione prima.
Bravo, bravo, immenso, Jordan Peele.

SERIE TV

Ci ho pensato a lungo, sul fatto di scrivere o meno un post su quella che è indiscutibilmente la mia serie dell'anno, The Sandman. Ci sono milioni di cose su cui posso accettare di essere banale o di riportare l'attenzione sulle cose di cui già parlano tutti, ma l'impatto di Neil Gaiman sulla mia vita è stato così forte che di parlare di lui ho paura. 
Provo a farlo molto brevemente, per convincere almeno una persona che ancora non l'abbia fatto a vedere la serie. Il fumetto è un mastodontico capolavoro punto e basta. Non solo storia del fumetto, ma storia delle narrazioni tutte. L'epopea di Morfeo e dei suoi fratelli è lo standard che applico a tutte le altre cose di cui fruisco, il punto di riferimento per stabilire se qualcosa sia o meno nelle mie corde, perché le mie corde in Sandman cominciano e da Sandman si estendono. 
Mi interessava principalmente che la serie fosse fedele all'atmosfera, perché non sono (più, sigh, lo sono stata e non ne sono fiera) una di quelle che usa la fedeltà all'opera originale come metro di giudizio. 
Volevo che la serie fosse oscura e magica, misteriosa e grigia, bella per gli occhi e calda per il cuore.
Lo è.
E del resto se l'è adattata da solo, Neil Gaiman, e non c'erano dubbi: era roba sua e roba sua è rimasta, e la roba sua è magnifica.
Parla di cosa significhi essere, di cosa ci determina per quello che siamo, del ruolo che scegliamo di continuare a rivestire nel mondo o da cui proviamo ad allontanarci, per diventare quello che sentiamo esserci più autenticamente vicino. E lo fa parlando di personaggi imprigionati in un ruolo da cui dipendono le sorti del mondo, e così facendo ci ricorda che noi siamo nulla, che da noi non dipende nulla se non quello che decidiamo di lasciare di noi nel mondo. E che quindi tanto vale esserlo come lo vogliamo.
È poesia, Sandman, e la serie lo sa e ce lo ricorda benissimo.
Non vedo l'ora di vedere i prossimi volumi sullo schermo.
Se non arriviamo a Vite Brevi ve lo buco, sto Netflix.

The Sandman a parte, sono in preda a un furioso rewatch di Modern Family, perché sono agitatissima in questi giorni e mi serve il mio comfort, che di solito sono MF, Brooklyn99, The Office. Friends se proprio mi serve un amarcord. Quest'estate mi andavano i ricconi incapaci di parlare delle proprie emozioni e costantemente riportati sulla terra dalle persone che gli vivono intorno. 
Se Gloria non è il vostro personaggio preferito non siamo più amici.

Nelle mie maratone trash da ora di pranzo invece mi sono vista la terza stagione di The Home Edit, perché le case sono sempre una grande passione della vostra, Uncoupled, che mi ha fatto schifo e infatti ho visto che è di Darren Star e ho capito perché mi ha fatto schifo, e infine Uno di noi sta mentendo, ennesima serie thriller con adolescenti vivi e uno morto. Sono tutte uguali, da Pretty Little Liars in poi, e onestamente a me sta bene così. Questa è meno trash di quanto l'avrei voluta, ma fa una cosa buona: mostra una relazione tossica dal punto di vista della ragazza che la sta vivendo. Nelle prime scene è magnifica, una storia d'amore da videoclip. Poi qualcosa comincia a puzzare di anomalo. Poi è sempre più palese, e infine il fidanzato d'oro non è d'oro proprio per niente, e quello che sembrava romantico è solo manipolatorio. Mi piace che cose così siano sempre più nelle serie per i giovani. Poi naturalmente parliamo di un prodotto figlio di Pretty Little Liars. Sono tutte uguali, ma in fondo va bene così, è quello che cerco quando metto su una cosa di questo tipo.

TRUE CRIME

La vostra amichevole Leosini della mutua anche in questa estate non si è trattenuta dal guardare prodotti in cui si parla di omicidi. Buona parte della cena del mio addio al nubilato è stata una sequela di teorie sui casi di cronaca italiana più famosi, che vi riassumerei con: Franzoni innocente, Stasi colpevole come Caino, opinioni contrastanti sulla famiglia Misseri. 
Quest'estate ho guardato Ho ucciso mio padre, miniserie di Netflix su un ragazzo di 17 anni che ha ammazzato il padre. La serie non ha particolari guizzi creativi, come non lo ha quasi nessuno dei prodotti di questo tipo, ma è agghiacciante. Parla di come la società sia sempre colpevole in casi come questo: il protagonista è un giovane completamente abbandonato dal mondo, con una storia shockante alle spalle che non rivelo perché è interessante vederla svelarsi sullo schermo ma che è la prova provata che la violenza genera violenza, che le situazioni di disagio profondo sono sempre colpa di un mondo che si gira dall'altra parte e non osserva il prossimo.
Le situazioni di profondo disagio, sia esso economico, sociale, o entrambe, sono dimenticate da dio, e le persone che le vivono sono invisibili. E quando accade loro quello che accade a questo ragazzo, non può finire bene. Il documentario si chiude su una nota dolce, perché il giovane ha avuto l'immensa fortuna di trovare qualcuno che conosceva bene l'invisibilità degli ultimi e che lo ha aiutato. Giusto per dirci, ancora una volta, che la società nel suo complesso fa schifo, è una mostruosità aberrante, ma che se ancora come specie non ci siamo estinti è per la bontà del singolo. Motivo per cui se quel singolo non siamo noi è bene ricordarci che facciamo schifo tanto quanto il resto.
Una storia devastante di abbandono e violenza, ma che è importante raccontare.

IRL

Quest'estate c'è stata una cosa che mai avrei creduto di poter dire: la mia prima presentazione di un libro! Una deliziosa bibliotecaria della mia zona ha letto Una storia vera successa altrove e le è piaciuto, quindi ha pensato di invitarmi in biblio da lei per parlarne un po'. La mia amica Martina (la Martina Malcontenta che trovate nell'header) mi ha fatto da moderatrice, così che io potessi sentirmi un pochino più a mio agio e alla fine è stata un'esperienza buffa! Non sono solita parlare delle cose che faccio perché ho sempre molta vergogna, però avevo intorno la mia decennale rete di supporto e le cose sono andate bene. Così bene che nel frattempo ho finito il libro numero 4! Così, presa dall'entusiasmo del momento. Appena Martina ha finito di editarlo ne riparliamo.
Quest'estate, poi, ho visto Paolo Nutini dal vivo, che può sembrare solo una notizia di un concerto come un altro, ma se lo ascoltate sapete che sto tossico demmerda da 7 anni che era sparito nel nulla. Pensavamo fosse morto, c'erano account twitter dedicati agli avvistamenti perché davvero non si sapeva che fine avesse fatto.  E invece, dal nulla, boom, tour in Italia. È stato un sogno, lui è di una bravura che fa piangere. E ha fatto Iron Sky, quindi siamo a posto.
Tutto il resto della mia estate è stato concentrato in frenetici preparativi per il matrimonio. Abbiamo deciso di fare tante cose in casa, perché sono una maledetta control freak che vuole fare tutto da sola quindi sono tre mesi che spendo ogni secondo del mio tempo libero a ritagliare con la taglierina, fare grafiche su canva, plastificare cartoncini, bucare fogli, stampare cartelli, creare playlist su Spotify. Senza tutto il tempo speso su Etsy, le camminate sulle scarpe nuove per spaccarle, la pianificazione della vacanza che faremo la settimana dopo in attesa della luna di miele e le ore passate a fissare due rossetti perché non so decidere un cazzo mai.
Sono davvero first world problems, vero?

Ci risentiamo a settembre, quando ripartirà tutto: le live, il podcast, il progetto sulla storia (anche se ridimensionato). È ora di riprendere in mano l'agenda.

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