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mercoledì 24 agosto 2022

Redrumia summer compilation

18:52

 Io lo so che questa pausa non l'avevo annunciata, ma nemmeno sapevo che avrei preso una pausa dal blog. Sono semplicemente stata inglobata da un'estate caotica e con molte più ore di lavoro di quante avrei desiderato farne. Quindi adesso mi ricompongo, tolgo le ragnatele da questo posto e parliamo di tutte le cose (che sono poche per i motivi di cui sopra) che ho fatto, guardato e ascoltato in questa frenetica estate.


il solo mare che ho visto quest'anno e se sentite vibrazioni nella Forza sono io che bestemmio per questo

PODCAST

Quest'estate sono stata una di quelle persone che ha fatto calare gli ascolti dei podcast, e me ne vergogno molto perché io non mollo mai l'abitudine di avere persone che parlano nelle mie orecchie h24. 
Avevo parecchie playlist da creare e ho finito per ascoltare molta più musica del mio solito.
Oltre ai nuovi episodi dei miei grandi classici, quindi, ho solo due podcast nuovo che ho ascoltato e che voglio segnalare.
Il primo è Così si fa l'Italia, un percorso che attraversa la storia del nostro Paese dal referendum del '46 fino alla storia più recente. Secondo me è fondamentale ascoltarlo proprio oggi, alle porte delle elezioni, perché quello che siamo arriva da quello che abbiamo vissuto. Poi un giorno la scuola imparerà quanto è fondamentale insegnare la storia recente, ma fino a quel momento abbiamo i podcast. Sempre siano lodati.
È un esclusiva Spotify a cura di Lorenzo Pregliasco e Lorenzo Baravalle.
Il secondo podcast è La bomba, a cura del Post. Per questo ci vuole un trigger warning grande come l'Internet intero: parla di abusi su minori nel mondo della Chiesa Cattolica. È rispettosissimo delle vittime e dà loro voce direttamente e sebbene sia la cosa giusta da fare è anche giusto dire che è difficile da ascoltare e se per qualche ragione la cosa vi turba prestate attenzione. Il punto del podcast non è solo parlare del problema, ma piuttosto capire come sia possibile che in Italia questa faccenda non sia lo scandalo che dovrebbe. Perché tutti sappiamo eppure non cambia nulla? Perché questa verità è costantemente sotto gli occhi di tutti eppure nessuno tutela i bambini? Se penso a tutti gli anni in cui ho trascorso letteralmente tutte le mie giornate in oratorio mi viene la pelle d'oca. Sono solo stata molto fortunata. Ed è ora che si faccia qualcosa perché quelle come me siano la norma e non le fortunate.

LIBRI

Presente che tutte le persone del mondo in estate leggono di più, tutte le rubriche sulle riviste e sui social di consigli di lettura, le liste e le classifiche?
Non la vostra amica qui presente, nossignore. Lei ha letto pochissimo e pure male.
Ho letto un Lansdale e un Atwood che non mi hanno colpita particolarmente nonostante gli autori, un romanzetto d'amore (One true loves) per uscire dal blocco del lettore, che ho sì divorato in poco tempo ma che altrettanto poco mi ha lasciato. Io lo so che con le storie rosa finisco sempre così, non lo so proprio perché sporadicamente torno qui quando so benissimo che per il blocco del lettore la mia soluzione è sempre la saga di Malaussène, non lo so proprio. Mi sono fatta infinocchiare perché parlava della perdita dell'amato che è una delle cose su cui proprio io mi lascio andare ai pianti peggiori (sì, è ovvio che è tutta colpa di Moulin Rouge!), e invece non mi ha nemmeno fatto piangere.
Sto però leggendo adesso L'ospite di Sarah Waters, un gotico che avevo iniziato un milione di anni fa e poi abbandonato quando il mio primo lettore ebook aveva abbandonato me. Al momento sono molto coinvolta, vi faccio sapere.

FILM

Ho smesso di guardare i film come intrattenimento più o meno quando ho aperto il blog, perché mi prendono troppo perché io possa usarli come diversivo e sebbene mi manchi un pochino la sensazione di "staccare il cervello", sono sempre così intrigata che a questa, di sensazione, non rinuncerei mai. Questo però significa che quando sono molto presa e con la testa altrove finisce che di film ne vedo ben pochi.
Quelli di quest'estate li trovate riassunti su instagram, qua mi limito a esprimere di nuovo tutto l'amore possibile per Nope, il nuovo magnifico film di Jordan Peele, che ancora oggi a distanza dalla visione occupa i miei pensieri. Non lo saprei dire se la considero la sua cosa migliore, perché questo ad ogni film che fa pare voglia schiaffeggiarci con il suo talento. Però questo modo che ha avuto di associare l'esistenza intera all'essere visti mi ha proprio toccato dentro, e continuo a pensare a quanto io stessa viva la mia vita con il pensiero fisso sullo sguardo altrui: lo rifuggo costantemente, eppure cerco di essere in ogni istante pronta alla sua analisi spietata, non ne sono mai libera anche se scappo costantemente. E poi mi accorgo di essere sempre più attenta al mio, di sguardo, sul mondo dell'intrattenimento ma anche sul mondo reale, e mi spaventa un po' non averci mai prestato così tanta attenzione prima.
Bravo, bravo, immenso, Jordan Peele.

SERIE TV

Ci ho pensato a lungo, sul fatto di scrivere o meno un post su quella che è indiscutibilmente la mia serie dell'anno, The Sandman. Ci sono milioni di cose su cui posso accettare di essere banale o di riportare l'attenzione sulle cose di cui già parlano tutti, ma l'impatto di Neil Gaiman sulla mia vita è stato così forte che di parlare di lui ho paura. 
Provo a farlo molto brevemente, per convincere almeno una persona che ancora non l'abbia fatto a vedere la serie. Il fumetto è un mastodontico capolavoro punto e basta. Non solo storia del fumetto, ma storia delle narrazioni tutte. L'epopea di Morfeo e dei suoi fratelli è lo standard che applico a tutte le altre cose di cui fruisco, il punto di riferimento per stabilire se qualcosa sia o meno nelle mie corde, perché le mie corde in Sandman cominciano e da Sandman si estendono. 
Mi interessava principalmente che la serie fosse fedele all'atmosfera, perché non sono (più, sigh, lo sono stata e non ne sono fiera) una di quelle che usa la fedeltà all'opera originale come metro di giudizio. 
Volevo che la serie fosse oscura e magica, misteriosa e grigia, bella per gli occhi e calda per il cuore.
Lo è.
E del resto se l'è adattata da solo, Neil Gaiman, e non c'erano dubbi: era roba sua e roba sua è rimasta, e la roba sua è magnifica.
Parla di cosa significhi essere, di cosa ci determina per quello che siamo, del ruolo che scegliamo di continuare a rivestire nel mondo o da cui proviamo ad allontanarci, per diventare quello che sentiamo esserci più autenticamente vicino. E lo fa parlando di personaggi imprigionati in un ruolo da cui dipendono le sorti del mondo, e così facendo ci ricorda che noi siamo nulla, che da noi non dipende nulla se non quello che decidiamo di lasciare di noi nel mondo. E che quindi tanto vale esserlo come lo vogliamo.
È poesia, Sandman, e la serie lo sa e ce lo ricorda benissimo.
Non vedo l'ora di vedere i prossimi volumi sullo schermo.
Se non arriviamo a Vite Brevi ve lo buco, sto Netflix.

The Sandman a parte, sono in preda a un furioso rewatch di Modern Family, perché sono agitatissima in questi giorni e mi serve il mio comfort, che di solito sono MF, Brooklyn99, The Office. Friends se proprio mi serve un amarcord. Quest'estate mi andavano i ricconi incapaci di parlare delle proprie emozioni e costantemente riportati sulla terra dalle persone che gli vivono intorno. 
Se Gloria non è il vostro personaggio preferito non siamo più amici.

Nelle mie maratone trash da ora di pranzo invece mi sono vista la terza stagione di The Home Edit, perché le case sono sempre una grande passione della vostra, Uncoupled, che mi ha fatto schifo e infatti ho visto che è di Darren Star e ho capito perché mi ha fatto schifo, e infine Uno di noi sta mentendo, ennesima serie thriller con adolescenti vivi e uno morto. Sono tutte uguali, da Pretty Little Liars in poi, e onestamente a me sta bene così. Questa è meno trash di quanto l'avrei voluta, ma fa una cosa buona: mostra una relazione tossica dal punto di vista della ragazza che la sta vivendo. Nelle prime scene è magnifica, una storia d'amore da videoclip. Poi qualcosa comincia a puzzare di anomalo. Poi è sempre più palese, e infine il fidanzato d'oro non è d'oro proprio per niente, e quello che sembrava romantico è solo manipolatorio. Mi piace che cose così siano sempre più nelle serie per i giovani. Poi naturalmente parliamo di un prodotto figlio di Pretty Little Liars. Sono tutte uguali, ma in fondo va bene così, è quello che cerco quando metto su una cosa di questo tipo.

TRUE CRIME

La vostra amichevole Leosini della mutua anche in questa estate non si è trattenuta dal guardare prodotti in cui si parla di omicidi. Buona parte della cena del mio addio al nubilato è stata una sequela di teorie sui casi di cronaca italiana più famosi, che vi riassumerei con: Franzoni innocente, Stasi colpevole come Caino, opinioni contrastanti sulla famiglia Misseri. 
Quest'estate ho guardato Ho ucciso mio padre, miniserie di Netflix su un ragazzo di 17 anni che ha ammazzato il padre. La serie non ha particolari guizzi creativi, come non lo ha quasi nessuno dei prodotti di questo tipo, ma è agghiacciante. Parla di come la società sia sempre colpevole in casi come questo: il protagonista è un giovane completamente abbandonato dal mondo, con una storia shockante alle spalle che non rivelo perché è interessante vederla svelarsi sullo schermo ma che è la prova provata che la violenza genera violenza, che le situazioni di disagio profondo sono sempre colpa di un mondo che si gira dall'altra parte e non osserva il prossimo.
Le situazioni di profondo disagio, sia esso economico, sociale, o entrambe, sono dimenticate da dio, e le persone che le vivono sono invisibili. E quando accade loro quello che accade a questo ragazzo, non può finire bene. Il documentario si chiude su una nota dolce, perché il giovane ha avuto l'immensa fortuna di trovare qualcuno che conosceva bene l'invisibilità degli ultimi e che lo ha aiutato. Giusto per dirci, ancora una volta, che la società nel suo complesso fa schifo, è una mostruosità aberrante, ma che se ancora come specie non ci siamo estinti è per la bontà del singolo. Motivo per cui se quel singolo non siamo noi è bene ricordarci che facciamo schifo tanto quanto il resto.
Una storia devastante di abbandono e violenza, ma che è importante raccontare.

IRL

Quest'estate c'è stata una cosa che mai avrei creduto di poter dire: la mia prima presentazione di un libro! Una deliziosa bibliotecaria della mia zona ha letto Una storia vera successa altrove e le è piaciuto, quindi ha pensato di invitarmi in biblio da lei per parlarne un po'. La mia amica Martina (la Martina Malcontenta che trovate nell'header) mi ha fatto da moderatrice, così che io potessi sentirmi un pochino più a mio agio e alla fine è stata un'esperienza buffa! Non sono solita parlare delle cose che faccio perché ho sempre molta vergogna, però avevo intorno la mia decennale rete di supporto e le cose sono andate bene. Così bene che nel frattempo ho finito il libro numero 4! Così, presa dall'entusiasmo del momento. Appena Martina ha finito di editarlo ne riparliamo.
Quest'estate, poi, ho visto Paolo Nutini dal vivo, che può sembrare solo una notizia di un concerto come un altro, ma se lo ascoltate sapete che sto tossico demmerda da 7 anni che era sparito nel nulla. Pensavamo fosse morto, c'erano account twitter dedicati agli avvistamenti perché davvero non si sapeva che fine avesse fatto.  E invece, dal nulla, boom, tour in Italia. È stato un sogno, lui è di una bravura che fa piangere. E ha fatto Iron Sky, quindi siamo a posto.
Tutto il resto della mia estate è stato concentrato in frenetici preparativi per il matrimonio. Abbiamo deciso di fare tante cose in casa, perché sono una maledetta control freak che vuole fare tutto da sola quindi sono tre mesi che spendo ogni secondo del mio tempo libero a ritagliare con la taglierina, fare grafiche su canva, plastificare cartoncini, bucare fogli, stampare cartelli, creare playlist su Spotify. Senza tutto il tempo speso su Etsy, le camminate sulle scarpe nuove per spaccarle, la pianificazione della vacanza che faremo la settimana dopo in attesa della luna di miele e le ore passate a fissare due rossetti perché non so decidere un cazzo mai.
Sono davvero first world problems, vero?

Ci risentiamo a settembre, quando ripartirà tutto: le live, il podcast, il progetto sulla storia (anche se ridimensionato). È ora di riprendere in mano l'agenda.

sabato 26 dicembre 2020

Bilancio di Santo Stefano

12:26

 Su questo blog abbiamo fatto di rado classifiche di fine anno, perché scegliere è per me la cosa più difficile del mondo e perché hanno molto poco senso nella vita di qualcuno che non segue le ultime uscite né editoriali né al cinema. 
Siccome siamo comunque reduci da un anno anomalo, lasciamo che sia anomala per una volta anche la Redrumia, e vediamo insieme le cose più belle dell'anno passato.


Foto di William Iven su Unsplash


Partiamo dai libri. Ho letto molto meno di quello che mi sarei aspettata avrei fatto in una situazione di lockdown forzato, ma ho letto quasi solo cose bellissime. Ormai crescendo ho capito cosa mi piace e infatti è per me stato l'anno dei Ferrante "minori", ovvero di quello che ha scritto prima della saga di Lenù e Lila, è stato l'anno in cui ho letto per la prima volta Morante (anche grazie al micro gruppo di lettura che ho con la mia amica Martina, in cui esploriamo i classici italiani del '900), Starnone e Bulgakov ed è decisamente stato l'anno in cui ho capito che spesso i grandi casi editoriali non incontrano i miei gusti, come è stato per Bazzi, la maledettissima Sally Rooney e la saga di Dabos, L'attraversaspecchi. 

Rileggendo adesso l'elenco dei libri che ho letto, però, quello che mi è rimasto più nel cuore è Dio di illusioni, di Donna Tartt. I suoi detestabili personaggi sono così vividi che dopo mesi li ricordo tutti nel dettaglio, la vicenda è così ben strutturata che se possibile ne avrei letto per sempre. Un romanzo bellissimo (e atroce) che mi accompagnerà per sempre. 

Il vero lato negativo delle letture del 2020 è che ho letto pochissimi fumetti, e con pochissimi intendo letteralmente 3. Però sono stati 3 capolavori, quindi forse vale di più. Scheletri, Watchmen e Il porto proibito non hanno scalfito il podio delle mie opere a fumetti preferite (che sono sempre Saga e Sandman) ma sono indiscutibilmente dei gioielli illustrati, delle storie che, in modo diverso l'una dall'altra, mi hanno parlato al cuore. Zerocalcare in realtà mi fa sempre sentire come se mi fossero passati sopra con un camion, ma è solo perché sa mettere in parole quello che penso e che vivo come non lo sa fare, oggi, nessun altro. E poi è una persona meravigliosa e attendo la sua serie per Netflix solo con l'ansia che riservavo a Bly Manor.


Ed eccomi servito sul piatto d'argento il collegamento per parlare di serie tv.

Nemmeno lo sto a ripetere che la cosa più bella dell'anno è stata la seconda (e, sembra, ultima) stagione di quell'immensa opera d'arte che è The Haunting. Sebbene per ragioni esclusivamente affettive quella dei Crane continui ad essere la mia stagione del cuore, la seconda non ha perso un briciolo del fascino e, soprattutto, dell'immenso cuore, che Flanagan aveva messo nella prima. Non riesco nemmeno a parlarne: io, con The Haunting, non sono manco razionale, perché è la serie che più di tutte ha coinvolto i miei sentimenti, in tutta la storia dei prodotti seriali. 

Se il mio cuore è lì, cementato a questa serie come Han Solo in Empire Strikes Back, il 2020 è per me l'anno di The Office. Ci sono cose su cui devo riflettere e cose che devo analizzare per bene, e appena la finiremo (ammetto che è difficile andare avanti senza Michael Scott, siamo alle ultime stagioni) dovrò sedermi e ammettere che mi è piaciuta una serie prodotta da quell'uomo agghiacciante e ripugnante che è Ricky Gervais. Prometto che argomenterò. Continuo ad odiare comunque il black humor, tanto per ricordare che state sempre parlando con me.

Menzioni d'onore a cose belle che sono state messe nell'ombra dai due giganti di cui sopra: The Crown, sempre una favola, Umbrella Academy, perché è molto molto più bella di quanto credessi, Sex Education, perché è sì carina e tenera ma sa anche essere molto importante, una serie fresca e senza paura, Supernatural, che abbiamo messo in pausa ma a cui si vuole davvero un gran bene, maledetti cazzoni di Winchester che non sono altro. 


Il mio cinema del 2020 è stato un viaggio incredibile. Per quanto riguarda l'orrore ho interrotto il progetto Horrornomicon perché scrivere post come li avrei voluti e con la frequenza in cui li avrei voluto mi avrebbe portato via una quantità di tempo che non avevo, e il risultato sono stati post mediocri. Voglio riprenderlo ma con tempi mooooolto più dilatati, per fare le cose per bene e con calma. Il risultato però è stato che soprattutto nella prima metà dell'anno ho visto cose straordinarie che negli anni avevo sempre schivato per via della soggezione che ancora oggi il cinema mi mette. 

La mia vera stupenda rivelazione è stato Bong Joon-ho. Sì, mi sono svegliata con Parasite, ma a mia discolpa devo dire che nessuno mi aveva avvisato che il signore qua era un compagno. Mi ci sarei avventata prima. Oggi è diventato una delle mie voci preferite, perché il modo che ha di prendere i generi e di plasmarli tra le sue magiche mani per lanciare messaggi che sposo sempre e completamente è unico al mondo. Lui prende il cinema e ci fa sempre e comunque quello che vuole, anche quando dalla Corea lo prendono e lo portano negli Stati Uniti. Poteva finire male e invece è finito Snowpiercer. Chi legge questo blog sa che quel film lì è una mia piccola ossessione. Non che il resto non sia sempre e comunque un capolavoro, sia chiaro. Non ce n'è uno solo che abbassi la media della qualità della sua produzione, viaggiamo dritti spediti come dei treni (ve l'ho detto che è una mia ossessione) sulla tratta dell'Olimpo dei Grandi e non ci schiodiamo da lì.

Per quanto riguarda il mio genere del cuore per me l'anno si conclude con il podio tutto dedicato alla saga di Scream. Avevo già visto il primo un numero imbarazzante di volte e finalmente ho finito. E di fronte a Wes Craven in questa casa si alzano le mani al cielo in segno di sempiterna devozione. Se nell'horror sono rimasta nella mia comfort zone (esclusa l'infelice escursione in Argento e, appunto, quella felicissima in Scream), godendomi prevalentemente gotici e fantasmi, è in tutto il resto che mi sono data alla pazza gioia dell'esplorazione. Del resto convivo, e se voglio vedere quello che va a me ogni tanto devo concedere all'uomo con cui divido la vita di guardare cose che piacciono a lui. A volte mi va peggio (ho dovuto cedere a Men in Black), ma a volte è stato incredibile. Io e lui abbiamo un progetto in corso dall'inizio dell'anno, ovvero un recuperone dei classici dell'azione che mi mancavano. Se abbiamo aperto l'anno con Rambo (ma che filmone strafottente è Rambo?), siamo finalmente arrivati alla visione che ci siamo volutamente riservati per Natale: Die Hard. 

Lo sapevo già, perché ci sono cinefili del web che seguo con ammirazione che tessono le lodi di questo film da sempre, però guardarlo è tutta un'altra cosa: Die Hard è il perfetto film d'azione. Non potrei trovargli un difetto nemmeno se mi impegnassi, ci penso da ieri sera e continuo a dirmi che se da bambina avessi ascoltato mio padre e avessi guardato con lui il Ciclo Alta Tensione di Italia Uno sarei arrivata a trent'anni sapendolo già, che Trappola di cristallo è una bomba senza fine. 

Sempre uscendo dalla mia calda copertina dell'orrore, uno dei miei film dell'anno è quella meraviglia di Emma. Se solo la mia amata Jane fosse sempre stata portata al cinema così! Un film divertentissimo, fresco, adorabile. Una resa magnifica di un romanzo difficile perché con una protagonista ingestibile, portata in carne ed ossa da una splendida Anya Taylor-Joy che su questo blog osanniamo da quando era la piccola Thomasin di The Vvitch. C'è anche un Mr Knightley perfetto. Bellissimo. 

Ammetto anche che la saga degli X-Men è meritevole di una visione. Ha per me dei difetti di scrittura che la rendono poco fluida agli occhi di chi non abbia mai letto i fumetti vista soprattutto la mole di personaggi. Ammetterò anche senza alcun problema di detestare con intensità Xavier (mi seguite su Twitter? Ci sono diversi sfoghi su quanto odi Xavier) e di non essere riuscita a digerire il fatto che Banshee sia un UOMO (bansheeeeeee, un uomo, ok), però è una saga che trovo affascinante, i poteri dei mutanti sono interessantissimi e Giorni di un futuro passato è diventato uno dei miei cinecomic preferiti. No, non per Fassbender. Qua siamo purtroppo team James McAvoy e il suo Xavier di merda. 

Ultima, inaspettatissima, sorpresa del 2020, Hamilton: un cavolo di musical di 3 (T R E) ore su una manica di schiavisti americani che è diventata una delle mie ossessioni. Come? Non lo so, ma sono passati mesi e io ancora, ogni giorno canto che Alexander Hamilton, my name is Alexander Hamilton. 


Il true crime è diventata una passione di quest anno. Mi spacco di podcast e documentari sul tema, ho le mie precise idee su diversi casi della cronaca italiana come se fossi Zenigata e non mi stanco mai di parlarne. Ho amici molto pazienti. Chicche dell'anno: il documentario American Murder (occhio agli oggetti di casa, a fine visione avrete voglia di romperne un paio) e oltre al mille volte citato podcast Bouquet of Madness, c'è l'italiano DPEN Crimini, ma soprattutto il capolavoro del giornalismo investigativo in formato podcast Veleno. Un ottimo, ottimo lavoro. Ammetterò che avrei voluto saperla fare io, una lavorata così, le host sono state bravissime. 

Se restiamo in tema podcast, non ripeterò sempre i miei preferiti che trovate nei post sull'argomento, ma questo è stato l'anno del magnifico Paura e Delirio, che la mia amica Lucia tiene insieme a Davide Mana e che parla di cinema nel modo in cui piace a me, e di cose meravigliose come Astronomiti. Continuo ad apprezzare tantissimo la forma del podcast per imparare cose nuove, e ho finito per mettere molto da parte la musica per lasciare tempo e spazio a gente interessante che mi spiega le cose.


Infine, tutto il resto. Numero 1: sono finalmente diventata vegetariana dopo anni di tentennamenti. Numero 2: continuo a scrivere libri per bambini che vendono onestamente molto poco e vengono recensiti ancora meno, ma a giugno ho creato il mio sitello e la mia newsletter. L'obiettivo del 2021 è continuare a creare cose nuove, dove con 'cose' intendo proprio un termine generico e vago, per lasciare spazio a tutto quello che la mia mente vorrà propormi. Fortunatamente ho un lavoro che mi consente di avere tempo da dedicare alle cose che amo, tra cui appunto i miei libri e il mio blog.
Siccome però sono un'animo inquieto e non riesco a stare ferma mai, ecco che mi è venuta la fissa di imparare a cucire, quindi il tempo sarà poco ma pieno di cose da fare, imparare, leggere, guardare, studiare. L'obiettivo del mio anno nuovo, ma anche del decennio in cui sono appena entrata, i 30, è di non smettere mai di imparare. Il mondo è pieno di cose che non conosco e che non vedo l'ora di scoprire.


Che l'anno nuovo sia così anche per voi tutti. Pieno di scoperte (e anche riscoperte), di ambizioni, di nuovi hobby e vecchi passatempo, di nuove cose da imparare e di vecchie conoscenze da condividere, di persone nuove con cui confrontarsi e di vecchi cari da tenere stretti, di piccoli goal quotidiani da raggiungere e grandissime aspirazioni a cui avvicinarsi giorno per giorno, mattoncino dopo mattoncino.

E soprattutto, che sia felice.


giovedì 25 ottobre 2018

Preferiti della Redrumia: Ottobre 2018

11:24
Qua si lavora al post di Halloween, ma per non lasciare la blogosfera senza le mie indispensabili parole, anticipiamo di qualche giorno il post dei preferiti, giusto perché chiacchierare qui mi manca un po' e non mi va di aspettare la settimana prossima.



Signore e padrone del mese per me è stata Hill House, come penso per tutto il mondo. E a ragione, perché è uno di quei casi in cui possiamo usare una delle parole più odiate dei cinefili: Capolavoro con la maiuscola.
Ma di quella, appunto, parliamo per Halloween.

L'orrore però è stato comunque protagonista di ottobre (e, come sempre, del mio cuore) perché finalmente ho visto Hereditary.
Sì, ci ho messo troppo. Ma il momento è giunto e la paura più fredda e totalizzante ha preso anche me, e mi ha trascinato negli inferi nei quali evidentemente questo film è stato scritto. Quanta benedettissima paura può fare un film? Dovrei saperlo già, ma ogni volta mi sorprende come la prima. Come mi piace, come mi cago sotto.
Hereditary ha una scrittura che ha dell'incredibile, una regia ipnotica e attori benedetti dalla grazia di una qualche divinità cinematografica. C'è una scena, a mezz'ora dall'inizio. Lo sapete di che scena parlo, voi che avete visto il film. Oltre ad avere lasciato il pubblico con il bisogno di un paio di sedute di terapia per riprendersi, ci ha regalato una prova attoriale che non dimenticherò mai. Alex Wolff, classe millenovecentonovantasette, sta seduto in auto. Sguardo fisso davanti a sé, immobile, incapace di voltarsi per prendere coscienza di quello che è successo. Ma lo sa. Lo sappiamo anche noi, motivo della terapia di cui sopra.
I nostri cuori sono spezzati irrimediabilmente, le nostre menti ammaliate da una scena straordinaria e da un giovane attore che senza fare nulla fa tutto, le nostre anime votate ad una nuova, sfolgorante, divinità: Ari Aster.

Per i podcast è stato, finalmente, il mese di Serial.
Praticamente il più famoso della storia del mondo, e io ci arrivo solo ora.
Un true crime che racconta della morte di una giovane studentessa statunitense e del suo presunto assassino. Che forse assassino non è, o forse sì. Di certo sta scontando una pena che lo terrà per tutta la vita chiuso in un carcere, in uno Stato nel quale grazie al cielo non c'è la pena di morte.
I racconti sono completissimi, approfonditi, ma narrati con il tono di chi, a questa condanna, non crede molto. Immagino sia difficilissimo avere a che fare con giovani condannati senza cercare di vedere in loro almeno un barlume di innocenza, soprattutto quando sono cordiali e disponibili come Adnan Syed.
Un lavoro sopraffino e che immagino sia stato complicatissimo, poco ma sicuro. Il sito è completissimo, tutti i documenti di cui si parla sono a disposizione dello spettatore e chi si appassiona può continuare a 'giocare al detective', se lo desidera. Ma a me non ha lasciato niente, emotivamente, non mi ha coinvolto troppo la storia e non sono riuscita ad empatizzare con i suoi protagonisti. Serial è lungo, articolato, impegnativo.
Solo per veri appassionati di true crime.

Quest estate, poi, è arrivato il nuovo libro di Joyce Carol Oates.
Lei è una dea, lo sapete tutti bene, per me. Lei è il mio nome del cuore quando si parla di Nobel. Lei di solito sa entrarti sotto la pelle con l'inquietudine sporca delle cose brutte e cattive, e non ti lascia più.
Il collezionista di bambole è una raccolta di racconti, uno più cattivo dell'altro, uno più subdolo e viscido dell'altro.
Per quanto mi pesi il cuore ammetterlo, però, non ha fatto su di me lo stesso effetto miracoloso di altri lavori della mia amata, l'ho letto in una seduta che è stata sì bella angosciante ma altrettanto rapida nello scivolare via di dosso a lettura terminata.
Per me un'occasione sprecata.

Su cos'altro ho perso tempo questo mese?
Ah, sì, su un documentario in otto parti.
Su Youtube.
A proposito di Jake Paul.
La cosa divertente?
Non seguo Jake Paul.
Ma Shane Dawson, autore del documentario, sì. Ecco, quindi, come sprecare intorno alle 7 ore della propria vita davanti al pc. Con un documentario su Jake Paul. 
Non me ne capacito.

Vi saluto così, con un'ammissione di idiozia.
Ci sentiamo per Halloween.




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