martedì 14 marzo 2023

Gli anni '50: il decennio delle donne mostruose

12:16
 Abbiamo appurato in tante sedi diverse che l'arrivo dell'Altro - alieno, mostro, o comunista - significa per il cinema americano la distruzione della famiglia tradizionale. Mariti sostituiti da mostri mutaforma, figli scambiati in culla, esperimenti volti a rovinare la squisitezza della società. 
Cosa succede, però, quando a essere mostri sono proprio le donne, che del focolare domestico sono state da sempre (ehm) considerate gli angeli? Quando crollano le fondamenta, cosa succede al resto della società?
Negli anni '50 ci sono stati un po' di film per raccontarcelo, e ne parliamo insieme.




L'ho accennato parlando degli anni '40 ma lo ripeto velocemente qui: nel dopoguerra le donne sono spaventose. Hanno imparato a portare sulle spalle la società intera mentre gli uomini erano in guerra, hanno preso posizioni lavorative che fino a quel momento non erano loro concesse e si sono allargate all'interno del mondo, prendendosi spazi che fino a prima del conflitto erano loro preclusi.
Non stupisce quindi che, una volta conclusa la guerra, si sia cercato di riportare la società su territori conosciuti. Negli anni '50, quindi, il cinema diventa a sua volta un continuo racconto di conflitti, solo che questa volta bisogna cercare nemici "universali". 
Come possiamo peggiorare l'immagine di questi invasori, di queste creature spaventose che interrompono le nostre vite per trasformarle in qualcosa di sconosciuto? Le rendiamo femmine.
E allora arriva The She - Creature, The Leech Woman - che includiamo anche se tecnicamente è del '60 - The Wasp Woman, di Corman, e così via. Un insieme di femmine il cui aspetto diventa raccapricciante e i cui sentimenti solo votati alla violenza.
Sono, questi, quasi sempre film punitivi per le loro protagoniste: Marla e Mrs Starlin, le protagoniste di The Leech Woman e The Wasp Woman sono aspramente giudicate perché vanitose. In entrambi i film ci si rivolge a conoscenze altrui (scienziati o culture esotiche) affinché regalino il segreto dell'eterna giovinezza, e questo diventerà per loro fatale. La cura per il proprio aspetto è un elemento negativo, sia che nasca dalle protagoniste stesse, come è nel caso della donna-vespa, o sia imposto da uomini controllanti, come il marito della povera Marla, e pertanto le conseguenze saranno gravissime. Poco importa se siano donne di successo, come Mrs Starlin, fondatrice di una casa cosmetica di grande successo, o se siano a tutti gli effetti vittime di una relazione malsana, il desiderio di gioventù, reale o anche solo ricreata grazie a creme o rituali, non si confà ad una donna di famiglia per bene e pertanto le conseguenze sono da pagare prima di tutto con l'aspetto. Ecco che quindi donne bellissime diventano mostri disgustosi, ma soprattutto pericolosi.
L'aspetto mostruoso è anche la punizione per la protagonista di The She-Creature, Andrea, forse il più popolare dei tre, colpevole solo di non ricambiare un amore ossessionato. 
La donna che si concentra sul proprio aspetto è pericolosa perché non spende se stessa per la famiglia, e infatti nessuna delle nostre tre protagoniste fa parte di un nucleo familiare classico e funzionante. La signorina Starlin è nubile, per quello che ci è dato capire, Marla è vittima di un matrimonio infelice che l'ha resa vittima di dipendenze e costante frustrazione, Andrea esiste solo in virtù del suo ipnotizzatore e naturalmente nulla a che vedere con una relazione classica. 
In The Leech Woman ci si spinge addirittura a creare un personaggio femminile che sembra avere tutte le intenzioni di distruggere il solo legame che rimandi ad una tradizionale visione del mondo. 
Tutte e tre finiscono per uccidere: le donne sono diventate a tutti gli effetti dei mostri, per colpa della scienza impazzita (siamo pur sempre dalle parti dell'horror fantascientifico degli anni '50) o di rituali e tradizioni di popoli lontani che gli occidentali volevano andare a prendersi e fare propri. 
La tragedia è sola fine possibile, quindi, ed è colpa delle stupide femmine che altro non vogliono se non la pelle liscia. (Per chi passa di qua per la prima volta, sono sarcastica).

Questi non sono film eccellenti: sono molto "semplici", privi di guizzi particolari o di grandi ambizioni, ma sono rappresentativi della solita vecchia storia, declinata in questo caso nel linguaggio conosciuto del cinema degli anni '50: le donne sono spaventose.
A loro è andata male, noi oggi non abbiamo bisogno che sia uno scienziato fuori controllo a renderci mostri: lo diventiamo da sole, e la paura la facciamo di proposito.

lunedì 6 marzo 2023

Rileggere Harry Potter a 32 anni

18:19
Non ho mai fatto mistero, sebbene ne parli pochissimo, della mia relazione con Harry Potter. Nonostante provi un profondo imbarazzo per la sua autrice, che si è rivelata una persona che speravamo tutti non fosse, sono molto legata ai romanzi. Non fraintendetemi, quindi, questo che prevedo sarà un post fiume non serve in alcun modo a difendere né Rowling né chiunque condivida i suoi miserabili pensieri e anche il suo atteggiamento da povera vittima della woke generation.
Ma torniamo alle cose belle. Letti per la prima volta da bambina, esattamente coetanea dei personaggi che mano a mano sono cresciuti con me, Hogwarts è stata casa quando tanto avevo bisogno di averne una. Ho con i libri quindi un rapporto molto intimo, mi legano a loro un profondo affetto e ricordi dolcissimi. Ne sono pure piuttosto gelosa.
Erano anni, però, che non rimettevo piede nel mondo magico, e siccome ho preso questa abitudine di scrivere libri per bambini mi sembrava che rileggere la saga dal successo più straordinario di sempre potesse essere una buona idea. Lo è stata, nonostante tutto. 
Ne parliamo insieme, vi va?




Non ho pretesa, in questa sede né altrove, di fare un'accurata indagine di mercato per comprendere e analizzare le ragioni per cui questa serie di libri sia diventata il fenomeno travolgente che è ancora oggi, non ne ho proprio le competenze e lo trovo anche un po' noioso. Il mio vuole essere solo, come di solito da queste parti, un post a sentimento, una chiacchierata insieme su qualcosa che tanto mi sta a cuore.
Certo, riletta con occhi più maturi la saga ha una serie di problematicità che oggi sono evidenti ma che da piccola non avevo mai colto. Una su tutte: una vera e propria ossessione per il peso dei personaggi, che è sì coerente con il periodo in cui è stato scritto, ma che oggi agli occhi del lettore stona parecchio. I personaggi grassi si dividono in due categorie: i cattivi, come Dudley che non ha altre caratteristiche fisiche che non siano il suo peso sempre crescente o la Umbridge, e i materni, come la signora Weasley, Hagrid e in un certo senso anche la Signora Grassa, che con il suo ruolo e la sua posizione in un certo senso "protegge" i Grifondoro. 
A costo di sollevare delle ovvietà, è una saga completamente priva di rappresentazione, in cui tutti i personaggi sono bianchi, abili, etero - con l'eccezione di Silente, volendo, anche se questa è una cosa che non sta nei romanzi ma solo nelle dichiarazioni della sua autrice fatte pure, a mio parere, in modo furbetto e disonesto. Parlando ai giovanissimi, non sono problematicità da nulla: stiamo dicendo loro che se non rientrano in queste caratteristiche non sono i protagonisti, e che questa saga non parla a loro. Noi che siamo della generazione che con Harry Potter è diventata grande siamo vittime storiche dell'ossessione per la magrezza malsana che i primi anni 2000 ci vendevano come sola possibilità di essere accettabili, e la saga ha rinforzato quello che tutti gli altri ci dicevano. Sebbene nei romanzi successivi questo costante rimando al peso vada leggermente scemando, il danno ormai era fatto. Tutto il resto, invece rimane invariato, dal primo al settimo.
Eppure, e mi perdonerete per l'eccesso di miele, non ha perso la sua magia. Riletti oggi, i romanzi di Harry Potter si sono confermati tra le più straordinarie storie per ragazzi mai scritte, e proverò a spiegarvi, ma soprattutto a spiegarmi, il perché.
Quello che funzionava allora e funziona oggi è il potentissimo senso di appartenenza. La costruzione così dettagliata dell'universo magico porta a totale immedesimazione. Come dicevo, nel momento della mia vita in cui mi ci sono approcciata avevo bisogno di un luogo a cui appartenere, e Hogwarts me lo ha dato, perché lo diventa per i suoi studenti. Diventa casa, è accogliente e calda, è familiare e dolce, è un caldo abbraccio in cui rifugiarsi. Il modo in cui il castello da solo prende il posto della famiglia, fin da quando i suoi studenti sono poco più che bambini, è candido e radioso. Si sale su un treno che ti porta in un castello magnifico che per tanto tempo finirai per chiamare casa, e funziona perché all'interno del castello si ricreano esattamente le dinamiche familiari che hai da poco lasciato. Hai amici che diventano fraterni perché non hai scelta, insegnanti che non diventano mai vere e proprie figure genitoriali ma che almeno riportano l'aspetto autoritario in un luogo che altrimenti ne è completamente privo. Non ci sono educatori o figure alla pari che si occupino dei bambini quando le lezioni sono finite. Si fa affidamento sugli altri studenti, che vengono premiati con piccoli ruoli di autorità, come i Prefetti e i Capiscuola, ma tutto sommato non appena si sale sul treno viene richiesto agli studenti di diventare grandi nel modo più dolce possibile: appoggiandosi gli uni agli altri.
Questo è per me il vero, immenso, punto di forza: il valore dell'Altro. Lo so, lo so, conoscendo oggi la sua autrice è quasi ridicolo, ma sto cercando di separare opera e autore. 
Harry Potter è speciale senza avere fatto nulla per esserlo. Non è il più intelligente ma neppure quello che lo è di meno. Non ha poteri particolari, doni che lo rendano diverso. Lo è in virtù di quello che qualcun altro ha fatto per lui (di nuovo, il valore dell'Altro), ha un potere che gli è stato donato senza alcun merito. E questo è magnifico, è rincuorante, è anti performativo. In un mondo che ci chiede costantemente di provare quanto siamo meritevoli delle cose che abbiamo, Harry ha tanto senza avere fatto niente, ma soprattutto è circondato di amore. E su questo ci torniamo.
Tornando sul discorso del tanto famigerato world building, invece, quello che mi ha dato la sensazione di essere l'elemento vincente è composto da due cose: familiarità e rispetto.
Quando parlo di familiarità intendo che fa riferimento costante alla vita che i lettori conoscono così bene. Hogwarts è una scuola, e pertanto ha regole, lezioni, compiti. Ha momenti di divertimento, di quelli che ti porti appresso per la vita intera, e altri rognosi da cui desideravamo scappare, come il professore che pensiamo ci detesti o la materia in cui facciamo schifo. Lo sport ha un ruolo fondamentale, al punto che non solo il Quidditch è stato creato dal nulla con un complesso sistema di regole, campionati e capacità richieste, ma ha anche un peso importante in termini di pagine spese per parlarne. A partire dai primi volumi, dalla lunghezza più contenuta, capitoli interi sono dedicati a partite, allenamenti, squadre. Alcuni eventi fondamentali succedono a bordo campo, durante le partite, in grandi occasioni come la Coppa del Mondo. La vita di un qualsiasi ragazzino - inglese ma non solo - è portata in scena in modo realistico, ma migliorato. La vita comune subisce il più bello degli upgrade: la magia.
E quindi gli elementi più tradizionali del mondo magico come lo conoscevamo già prima nella cultura popolare diventano parte dell'esperienza comune dei ragazzini, creando sulla carta la vita dei sogni. 
In questo senso però non tratta come stupidi i suoi giovani lettori, e qui andiamo nella parte sul rispetto. Considera chi legge alla pari degli adulti e pertanto anche la costruzione del mondo magico adulto è reale: ci sono un Ministero, con tutti i problemi di elezione e successione, Tribunali, con annessi problemi di corruzione, banche, istituzioni burocratiche, prigioni. Col passare degli anni i lettori sono introdotti a tematiche più "mature", che però fin da La pietra filosofale sono pronti solo per essere esplorati. È tutto stato sempre lì, serviva solo il tempo di conoscerlo per bene. 
Ovviamente a rendere il tutto molto buono è la "premeditazione", la costruzione a tavolino di un mondo complesso e completo ma alla portata di lettori di ogni età, che hanno la sensazione di leggere qualcosa che parli a loro ma che li faccia sentire grandi.

A toccare il mio cuore, però, sono altri due elementi.
Come dicevo prima, l'Altro. Harry Potter da solo è un simbolo, nulla più. Fin dalla sua nascita, però, è stato graziato da un gruppo di persone che lo hanno amato a prescindere dal suo ruolo, e crescendo ha saputo costruirsene uno suo, di gruppo, che lo amasse altrettanto. Non c'è una sola circostanza in cui se la cavi da solo, in tutti i libri, a partire dai primi bisticci con Draco fino alla magnifica Battaglia di Hogwarts. Harry vive in una nuvola di amore, che lo protegge e lo incoraggia, che lo supporta e lo rimprovera quando necessario. Sono innumerevoli, nei romanzi, gli abbracci stretti, quelli che ti dai solo quando pensavi che non avresti mai più rivisto qualcuno, le mani intrecciate di nascosto per incoraggiarsi, le parole sussurrate alle orecchie per aiutarsi. È un mondo fatto di quell'intimità che hanno solo le persone che potrebbero perdersi da un momento con l'altro, e quello è proprio un amore diverso da qualsiasi altro. Poiché la perdita nei romanzi esiste, e anche frequente, quell'amore qua si fa sempre più forte. 
Sì, il trope della famiglia per scelta è uno di quelli che tanto mi emozionano, e questa saga ne è la quintessenza. La sola famiglia tradizionale, i Weasley, non fa altro che aprirsi agli altri, allargando questo piccolo mondo in cui quel poco che c'è è di tutti, e in cui la profonda dignità della povertà impedisce di lamentarsene. Molly non è solo quella che cucina per tutti, è quella che ama tutti come se li avesse messi al mondo lei. È preoccupata per tutti allo stesso modo, è protettiva e accogliente, senza un istante di cedimento. Siamo su questa barca insieme e insieme remiamo per arrivare alla destinazione.
L'altro elemento, infine, è l'Ordine della Fenice. Anche questo non è un mistero per chi ha già letto questo blog, ma i ribelli mi straziano il cuore. Quelli che in pochi, barcamenandosi tra il nulla che possiedono, muoiono per un ideale. Quelli che hanno una missione più importante della vita stessa, ovvero liberare il mondo dall'oppressore. L'Ordine vecchio, decimato dai primi anni di Voldemort, che si ricostruisce e fa spazio ai nuovi membri, tutti insieme con la paura di perdersi ma con un nemico da combattere per liberare il popolo intero. Con i vecchi caduti nel cuore e le nuove generazioni da proteggere. I ribelli, come piccola pentola di fagioli che sobbollisce al di sotto del frastuono del male, che si fa spazio in un mondo in cui il cattivo si è preso le istituzioni e la libertà. E quindi le riunioni di nascosto, le parole d'ordine per accedere, un nascondiglio segreto, modi creativi per comunicare, tutti piccoli momenti che mi scaldano il cuore e mi fanno sempre credere che, comunque vada, un piccolo gruppo di ribelli da qualche parte sta combattendo per qualcosa di più importante del mondo intero. Mi piace pensare che avrei il coraggio di essere una di loro. 

Harry Potter è stato costruito a tavolino per funzionare con chiunque, persino con i ragazzini dalla vita privilegiata, perché riconoscono aspetti che sono familiari anche a loro e hanno una bella avventura magica. È nei ragazzini a cui la vita ha riservato un po' di iella, però, che si prende uno spazio immenso nel cuore. Perché ti dice che quel tipo di amore lo puoi avere anche tu, anche se non sei niente di speciale ma solo perché esisti, perché quel tipo di famiglia lì lo puoi trovare anche tu, quando incontri qualcuno che ti assomiglia e gli lasci modo di scoprirti, perché ti racconta che casa non è un'abitazione, e se lo è non è una reggia lussuosa: è il luogo in cui senti che puoi dormire la notte sapendo che per un po' il male non ti può venire a prendere.
Per me, oggi, è ancora un po' quel luogo sicuro lì: in mezzo a mille tribolazioni, so sempre che alla fine "all was well", e ricomincio a respirare per un po'.

martedì 31 gennaio 2023

Le cose viste e lette a gennaio

19:09
 Anno nuovo, rubrica vecchia.
Mi piace sempre, però, raggruppare a fine mese, in un unico post, tutte le cose di cui ho fruito nel periodo, per raccontarle senza accollarmi troppo. 
Quindi, con le nostre solite categorie, cominciamo!



Podcast

Dopo un periodo di stanca, risollevato solo dall'ascolto di Carla, una ragazza del novecento, a cui ho dedicato un post intero, finalmente ho trovato un po' di cose nuove da ascoltare.
Primo su tutti Nella trappola della setta, un podcast a cura di Giorgia De Carolis che affronta il tema delle sette e dei culti, e che nello specifico si sofferma sul caso Un Punto Macrobiotico, fondata negli anni '80 da Mario Pianesi. Il podcast, di soli 6 episodi, cerca di analizzare, anche grazie all'intervento di esperti, le dinamiche sociali e psicologiche che rendono alcune persone vittime di quelli che sono veri e propri crimini. Il lavoro di De Carolis è approfondito, parte da un'esperienza personale e finisce per ampliarsi, fino a chiedere un feedback anche ai diretti responsabili. A voi il piacere di scoprire che cosa hanno da dire. È molto doloroso, parla di persone che hanno buttato anni di vita, e compromesso in alcuni casi la propria salute, solo per aver riposto la propria fiducia nelle persone sbagliate. Interessante e molto ben curato.
Ho scoperto poi Mystery Pot, in cui una coppia di amiche si racconta fatti misteriosi. Da Nostradamus, ai Warren, fino ad Anneliese Michel. Le due ragazze sono simpatiche, hanno evidentemente un bel rapporto che rende piacevolissimo ascoltarle.

Videogiochi

Questo mese in live abbiamo giocato a due cosette. Il primo, folle e disperato, è The Textorcist, l'indimenticabile avventura dell'esorcista sconsacrato Ray Bibbia, che lavora in una Roma ormai completamente succube del potere del Vaticano. Ma poi, quel Vaticano lì, sarà ancora in piedi come lo conosciamo? Lo scoprirete affrontando demoni e posseduti, che combatterete digitando sulla tastiera le parole del rito dell'esorcismo. O siete dei portenti, o ci dovete giocare in due, perché mentre digitate dovete pure scappare. Non è facile. Ma quanto fa ridere.
Sapete invece cosa non fa ridere? The Vanishing of Ethan Carter, in cui nei panni dell'investigatore Paul Prospero dovrete scoprire che fine ha fatto il giovane Ethan che, come da titolo, è scomparso. 
È un gioco bellissimo, non fraintendetemi, ma sto cominciando a chiedermi fino a che punto sono disposta a lasciare che le storie dell'orrore si prendano gioco di me e della mia - già di suo malconcia - emotività.

Serie tv

Mese intenso da questo punto di vista. Abbiamo recuperato Lovecraft Country, e mi si spezza il cuore nel dire che mi ha lasciata piuttosto tiepida. Più ero coinvolta dalle vicende personali dei personaggi, dalla componente, passatemelo, "reale", meno lo ero da quelle soprannaturali, e ad una serie che si intitola così non sono sicura di volerlo perdonare. L'ho trovata un pochino messa insieme con lo scotch, forse perché parte di un progetto più ampio che non potrà vedere la luce ora che è stata cancellata? Ma in un'epoca come questa, in cui cancellano più serie di quante ne producano perché il mercato sta messo come sta, è ancora perdonabile concepire una stagione di una serie che da sola non stia in piedi? Non ne sono sicura.
Il tutto, però, si è presto dimenticato, da queste parti, perché abbiamo proseguito il mese con Yellowjackets, di cui il web parla da mesi. E ne parla da mesi a ragione, ovviamente, perché sebbene tanti lamentino il già visto io l'ho trovata una bella ventata d'aria fresca, paradossalmente. Soprattutto per il modo in cui parla delle relazioni tra le amiche adolescenti, mostrando le zone grigie di un periodo della vita in cui tutto è bianco o nero. Mi piace vedere donne così diverse volersi bene ugualmente, nel modo complesso in cui si vive il volersi bene. L'ho trovata intensa e di strepitoso intrattenimento, e bramo la seconda stagione tanto quanto bramo il caffè dopo pranzo.
Infine, mi sono dedicata a Ginny&Georgia, uno dei prodotti più popolari di Netflix. Le protagoniste sono mamma e figlia, e, come in tutte le storie di questo tipo, i loro problemi nascono quando le due non capiscono che devono comunicare meglio. Georgia deve accettare che Ginny non sia più bambina e Ginny deve accettare - anima candida -  che ci sono cose di cui al momento ha il privilegio di non doversi preoccupare. Il modo in cui parla della povertà è reale, in alcuni momenti così tanto che mi è mancato il fiato. Soprattutto, però, ho apprezzato il modo in cui parla di autolesionismo (potentissimo tw), che è uno dei temi principali soprattutto della seconda stagione. È una serie in cui due genitori bambini non sanno come essere adulti insieme alla loro figlia adolescente senza riversarle addosso responsabilità che non ha - terreno molto familiare alla Vostra - e che cercano gli strumenti per lasciarsi alle spalle un passato che decisamente alle spalle non ci vuole stare. È una storia che parla di quanto si è disposti a fare per il bene dell'altro, ma anche di che cosa significhi davvero, il bene dell'altro. Dove sta il confine tra giusto e sbagliato, ammesso che ce ne sia uno. Il tutto ovviamente trattato con grandissima leggerezza, perché è una serie comedy che non ha pretesa di trattato morale ma solo, mi è parso di capire, di far nascere un dialogo.
Infine, per la categoria true crime, ho visto Vatican Girl, la serie Netflix su Emanuela Orlandi. La vicenda la conosciamo quindi lo sapete già che dovete arrivarci con la voglia di strappare gli alberi a mani nude dalla terra secca. Per quanto riguarda la struttura della serie, invece, ho solo un piccolo appunto: si dedica davvero tanto tempo ad un personaggio a cui davvero io non avrei dedicato più di 5 minuti. La vicenda Orlandi è gigantesca e complessa, non c'è bisogno di far parlare i buffoni mascherati. (Non) parlano a sufficienza quelli col volto scoperto.

Libri

Come sempre mi accade, gennaio è il mese in cui leggo di più. Oltre al libro del mio progetto di lettura (i dettagli sono sul mio Instagram), ho concluso la seconda metà de Le nebbie di Avalon. L'immenso lavoro di Marion Zimmer Bradley è diventato il mio libro preferito. L'ascesa e la caduta di Camelot raccontate dal punto di vista delle sue donne è uno straordinario viaggio che non parla solo di storia, ma che usa le religioni come spunto per parlare di società, di cultura. L'antico culto di Avalon e la religione cristiana diventano le due lenti attraverso cui le nostre signore leggono il mondo, e decidono delle sorti di Britannia. Un mondo fatato in cui le battaglie sono sempre sullo sfondo, mentre il presente è deciso da chi la battaglia la governa da lontano: le donne. 
Ho poi letto Niente di vero, di Veronica Raimo, che è un divertentissimo racconto familiare, una disamina della famiglia dell'autrice, che prendendosi molto poco sul serio ci racconta dei suoi. Perfetto per le persone della mia età, che cominciano a costruirsi una famiglia propria e hanno strumenti nuovi per analizzare quella di origine. Tanto vale che ci ridiamo su.
E siccome in questo periodo sto un po' così così ho deciso di concedermi una lettura che non facevo da anni: Harry Potter. Per un decennio della mia vita questi libri sono stati il mio conforto, il mio scudo contro il mondo, la mia casa. Sì, le storie hanno quel potere immenso qua. Li ho abbandonati per un po', perché la fame di parole nuove mi ha lasciato poco tempo. Quest'anno, però, l'ho cominciato con un po' di difficoltà, e ho pensato che fosse il momento buono per tornare un pochino nell'abbraccio caldo di chi mi ha consolato tante volte. Essere grandi è difficile, e io avevo voglia di tornare piccina ancora un po'. Al momento sono al quarto. 

Dei film che vedo parlo sempre su instagram quindi vi rimando a quello se vi va di leggere che cosa ho guardato vi rimando a quello, il link è sempre qua di fianco.

IRL

Senza il minimo dubbio, la cosa più bella di gennaio è stata l'aver visto finalmente dal vivo Notre Dame de Paris. Dopo una quindicina d'anni passati a cantare con tutto il dolore che conosco che "la parola bella è nata insieme a lei" da sola nella mia cameretta, ho finalmente visto e soprattutto sentito le voci del cast originale cantarla con tutta la disperazione della storia più tragica della letteratura. La storia di Quasimodo mi appassiona in tutti i suoi formati, compreso quello edulcorato di casa Disney, perché non esiste descrizione più sincera del dolore, e dell'amore, e di quanto nonostante il primo valga sempre la pena del secondo. 
Ho pianto come se fossi stata lì da sola, a cantare inni di passione e libertà. Di una bellezza che non ha senso raccontare.



venerdì 30 dicembre 2022

Carla, una ragazza del novecento: il podcast

15:32

 



In tanti anni di blog non credo mi fosse mai capitato di dedicare un post intero ad un podcast, ma sono reduce dall'ascolto dell'ultimo episodio di Carla, una ragazza del '900, il prodotto di Sara Poma, e ho tanta voglia di parlarne. 
Che questo mi sia di lezione, tra l'altro, perché ho giusto appena pubblicato il post sui preferiti dell'anno e subito dopo scoperto il miglior prodotto audio del periodo.

Carla, composto da - soli, sigh, 8 episodi, è il racconto di una vita. Carla è la nonna materna di Sara, la creatrice del podcast. Nel 1992 ha deciso di raccontare la sua vita in un testo, scritto a mano e corredato di fotografie. Anni dopo la nipote ha deciso di raccontare la storia che ha trovato nel quaderno, che è una storia ordinaria e, proprio per questo, straordinaria.
Viene da riflettere, ascoltando questo lavoro magnifico, che ruolo abbiamo nel mondo. In un pianeta abitato da miliardi di persone, in cui io spesso mi sento il carico dell'enormità dell'umanità, di fronte al quale mi sento piccola e invisibile, viene da riflettere sulla nostra presenza, sul nostro - eventuale - impatto, su cosa conta essere così piccoli in un mondo così grande. La storia di Carla è la storia di una donna qualunque, ammesso che tale concetto esista davvero, che esistano persone qualunque. 
Eppure ci arriva da qualcuno che Carla l'ha molto amata e di conseguenza la rende la sola storia degna di essere raccontata. Allora, forse, tenendo presente tutto questo amore, tutto assume un significato differente. I piccoli membri delle storie ordinarie diventano una rete intera, composta di esistenze congiunte che, insieme, formano l'umanità intera. E quindi, di qualunque, non c'è proprio nessuno.

Nel racconto di Carla incontriamo anche altre vite: quella del marito Felice e del fidanzato Beppe, della figlia Marisa, del genero, del padre, delle nipoti. Insieme, una piccola società, di quelle che, messe tutte insieme, sorreggono sulle spalle il peso del mondo. I due racconti, il manoscritto e il podcast, sono tutti basati sull'immenso amore che ha legato le persone coinvolte. Anzi, non sull'amore, sul bene. Carla, parlando degli uomini che hanno segnato la sua vita, non parla mai di innamoramento, se non in un breve passaggio sul marito che l'ha lasciata vedova troppo presto. Usa spessissimo l'espressione voler bene. Forse è una scelta dettata da differenze di espressione, ma in un momento storico (il mio da ascoltatrice) in cui siamo soliti gridare all'amore furioso, sguaiato, folle, questo modo più umile se vogliamo di riferirsi al sentimento che sorregge le sorti del mondo mi ha scaldato il cuore. In un momento in cui l'amore era un privilegio (per capire cosa intendo, Jennifer Guerra nel suo Il capitale amoroso ne parla approfonditamente), sapersi voler bene era un grande dono. E Carla, di bene, ne ha voluto tanto. Nel suo manoscritto non parla di vicende romanzesche, di amori selvaggi e tormentati, ma racconta la magnificenza dell'ordinarietà. Racconta di relazioni iniziate al bar di paese, di un marito conosciuto tramite amici comuni, di incontri casuali. Parla di relazioni in cui non ci si gridava parole di passione, ma in cui si vivevano situazioni comuni, quotidiane, spesso tribolate. 
Anche nel parlare della figlia, quello che emerge non è una narrazione moderna della maternità, ma piuttosto una definizione concreta e dolorosa di cosa significhi volere il bene dell'altro. La sua Marisa è cresciuta con i nonni, perché il lavoro la teneva lontana da casa. Si sono tanto amate (volute bene) ma si sono vissute poco. E persino riferendosi ai suoi genitori, quello che emerge è senso di colpa, eterna riconoscenza, bene. 

Questo perché Carla ha vissuto in un momento in cui quelle come lei, cresciute e vissute senza una lira, non avevano il privilegio della scelta. Ha preso il primo lavoro disponibile, che nonostante condizioni che oggi riconosciamo essere di grave sfruttamento le piaceva molto, ma ha vissuto lontana dalla sua famiglia tutta la vita. È stata sottoposta a umiliazioni, orari indecenti, richieste scandalose da vicini di casa molesti. È stata una donna in un momento in cui esserlo era ancora di più difficile di quanto non lo sia oggi. Mai una volta, però, nel suo racconto, si respira un momento in cui si concede di lamentarsi. Riconosce grandi momenti di sconforto, racconta la difficoltà e i momenti complessi, con lo stesso tono molto consapevole di quando racconta che col coltello tra i denti li ha superati tutti quanti.
Nelle ultime righe, quando il suo racconto volge alla conclusione, Carla si fa quasi un plauso. È stato difficile, ma ha vinto tutto. È riuscita a condurre una vita dignitosa, ad essere persino, in qualche momento, felice. Ma soprattutto è fiera di sé, di essere, prima di tutto, una persona buona, capace di farsi rispettare quando necessario ma col cuore sempre aperto per gli altri, per la sua grande capacità di volere bene. 

Gli ultimi momenti dell'ultimo episodio sono condotti solo dalle parole di Sara, che ricorda cosa ne è stato di Carla dopo la stesura del diario, e come sono passati i suoi ultimi anni. Infine, ci lascia con quelli che sono stati gli ultimi momenti con questa nonna bella e buona e il dolcissimo amore con cui la ricorda mi hanno, insindacabilmente, convinta che in quel tipo di bene lì stia tutto il senso della nostra permanenza qui. 

giovedì 22 dicembre 2022

2022: Un post sui preferiti

19:37

 Se già abitualmente non sono una maestra nel fare bilanci, questo 2022 mi sta mettendo molto alla prova. Alcune cose sono state magnifiche, altre hanno messo molto alla prova il mio traballante equilibrio e sto per questo rassegnandomi all'idea che questo sia, semplicemente, il modo in cui va l'esistenza e che sia compito mio imparare a convivere con l'instabilità che ne consegue. Mi creerò gli strumenti adatti strada facendo, come immagino facciamo tutti quanti per stare a galla.

Siccome però siamo qui per parlare dei prodotti di cui fruiamo, bisogna riconoscere che da questo punto di vista siamo in un momento glorioso che ricorderemo con gioia. Andiamo quindi con il nostro solito elenco per punti per vedere che cosa ho amato di più.



PODCAST

A metà dell'anno, complice un trasferimento lavorativo, ho cominciato a macinare molto meno chilometri di quanti non ne facessi prima, e per questo ho di molto ridotto la quantità di podcast che riesco ad ascoltare. La mia rivelazione dell'anno, però, sono sicuramente quelli de Il Post, almeno quelli disponibili anche senza l'abbonamento. Ho ascoltato La bomba, La fabbrica dei soldi e, naturalmente, ascolto con religiosa fiducia Indagini. Sono naturalmente lavori professionali, curatissimi e dall'evidente impronta giornalistica, che però non mi dispiace nonostante sia una più da chiacchiere tra amici. Nello specifico, Indagini si distingue dal marasma di podcast true crime per il modo in cui si allontana da narrazioni morbose e irrispettose - e, lo sapete, lo dico da appassionata del genere - perché si concentra su due aspetti: come si sono svolte le, appunto, indagini, e come i media hanno gestito la narrazione. Davvero un lavoro ottimo, pulito nei modi e negli intenti. 

LIBRI

Se parliamo di narrativa dell'orrore, due sono i titoli che a mesi di distanza mi porto ancora dentro. Il primo è Civitas Dei, di Vincenzo Disalvio, di cui vi ho già parlato abbondantemente in questo post e che continuo a consigliare. Un viaggio magnifico nel Sud più profondo e nell'italianità più autentica. Il secondo, invece, è L'ospite, forse l'opera più famosa di Sarah Waters. Un gotico molto classico, dal sapore che arriva dritto da altri tempi ma che appassiona con moderna freschezza. Una storia di donne non credute, di case e realtà che cadono a pezzi, di amori sbagliati e di responsabilità che nessuno ha davvero mai chiesto. 

Se usciamo dal mio genere del cuore, ecco che invece l'anno se lo è preso Almarina, una storia di donne, di nuovo, che si trovano e capiscono passo dopo passo come fare a costruire una vita insieme. Una madre in potenza e una figlia da aiutare, in una realtà che sarebbe complicata anche per i più forti degli spiriti, ovvero quella del carcere minorile. Una prosa indimenticabile, il mio 2023 sarà tutto dedicato alla scoperta di tutto il resto che Valeria Parrella ha dato alla luce.

FUMETTI

A qualche anno dall'ultimo volume, che ci aveva piantati in asso con un finale da togliere il fiato, è tornato il mio fumetto preferito di ogni tempo: Saga. Arrivati al decimo volume, abbiamo resettato tutto e siamo come ripartiti, con tanti volti nuovi da conoscere ed imparare ad amare. Eppure, quel modo lì che aveva di raccontare un universo in subbuglio non lo ha perso, e ritrovare Hazel e tutti quelli che la amano è stato come tornare in un abbraccio familiare. I problemi sono nuovi, i mondi sono nuovi, e crescendo la bambina crescono le cose che le accadono, ma la spiccata sensibilità con cui ci vengono raccontati non è andata perduta. Non si sono scordati come sapevano farci ridere, come una frase soltanto era sufficiente a commuovere, come raccontare un universo in guerra porti per forza di cose con sé tanto dolore, che però non è mai gratuito. Una splendida conferma. Quanto mi eri mancato, Saga bello.

SERIE TV

Io con le serie tv non riesco a stare al passo con le uscite. Troppe, ovunque. E mi rendo altrettanto conto che le mie scelte tra i preferiti dell'anno siano molto banali ma converrete con me che queste sono proprio state delle serie della madonna: The Sandman e The Midnight Club
La prima, un tentativo tanto ambizioso quanto ben riuscito, di adattare una delle opere a fumetti più grandi della storia del mondo, la seconda l'ennesima conferma che Mike Flanagan può disporre di me come più gli aggrada tanto ormai mi ha ridotta ad un guscio vuoto privato dell'anima e dei sentimenti.
Se invece parliamo di docuserie, Netflix quest'anno ha tirato fuori due cose secondo me parecchio interessanti, sullo stesso angosciante tema: I crimini di Jimmy Savile e Jeffrey Epstein: Filthy Rich, che parlano entrambe di due pedofili milionari. La prima è un ottimo lavoro di analisi della società che ha consentito al pedofilo in questione di restare una delle persone più celebri della nazione nonostante il suo reato fosse cosa nota, la seconda affronta lo stesso rema spostandosi dalla Gran Bretagna agli Stati Uniti. Savile lavorava da solo, mentre la storia di Epstein e del ributtante circo che teneva in piedi è ben nota. Non sono storie facili da guardare, e quando si parla di certe cose raccomando sempre la giusta cautela, ma trovo che Netflix racconti queste storie con il rispetto di chi è stato vittima ma senza risparmiare i giusti colpi a chi ha concesso a queste storie di durare nel tempo. Mi sono sembrati molto buoni.

FILM

Per ovvie ragioni in questa sede non parleremo dei miei horror dell'anno, non voglio certo rovinare l'episodio dedicato di Nuovi Incubi, ma a tutto il resto possiamo dedicarci, perché quest'anno ho avuto la fortuna di vedere molte più cose del mio solito.
Anche qui non stupirò nessuno dicendo che le cose più belle dell'anno le ha dirette il mio solo Signore Guillermo del Toro, che ha pensato di graziarci con non uno ma ben due nuovi film, molto diversi tra loro ma altrettanto suoi. Se Nightmare Alley ha segnato una momentanea uscita dal soprannaturale, Pinocchio è al 100% una creatura sua, magica. Sono film quasi antitetici: il primo parla della discesa negli inferi di una persona perduta, il secondo della bellezza della vita ordinaria, della straordinarietà della quotidianità. Stanton e Pinocchio erano entrambi alla ricerca di altro da sè. Una vita migliore, qualcosa che li rendesse diversi da quello che conoscevano. Eppure uno dei due ha conosciuto solo rovina, l'altro, che complice il cuore bambino si è aperto al mondo, la salvezza. Il primo punisce l'ambizione quando si alimenta dei fallimenti altrui, il secondo la coccola, perché la inserisce in una microsocietà fatta di amore e rispetto per l'altro, nonostante le tribolazioni. Due diverse esaltazioni della vita, nel modo sincero di chi ancora guarda al mondo con meraviglia. 

Certo, quest'anno un altro grande signore è tornato al cinema: Elvis di Baz Lurhmann è esattamente quello che ci si aspettava fosse. Brillante, colorato, barocco, potente, vitaminico. Un'esaltazione di una carriera e un ritratto di fragilità. Il mondo dello spettacolo messo sotto i riflettori, la magia della finzione che si schianta contro la realtà. Vederlo al cinema è stato come andare al parco giochi, un tripudio.

Infine: quanto mi sono divertita con Do revenge? Madonna se ho ancora 16 anni, guarda.


VIDEOGIOCHI

Dei sei giochi che abbiamo giocato in live su Twitch quest'anno, uno solo si è preso il mio cuore e parlo ovviamente del magnifico Martha is Dead. Non so ancora nulla del mondo videoludico, quindi prendete come sempre quello che dico sul tema come un'opinione personale e non un'analisi. La storia però è stata un viaggio magnifico, nella campagna toscana durante la Seconda Guerra Mondiale. Non mi ci sarei staccata mai. Scoprire la causa della morte della gemella, i partigiani, le foto, la cura maniacale per i dettagli, la ricostruzione fedelissima e nostalgica delle case di campagna di una volta. Un'esperienza magnifica, se i videogiochi fossero tutti così non potrei fare altro nella vita.

IRL

Potrei avere fatto a tutti una testa tanta con questa storia, ma quest'anno mi sono sposata il mio Moderatore. Adesso, quindi, una bella carrellata di foto, così, tanto per condividere nel mio decennale bloggettino una cosa così gigante che è successa nella vita della sua autrice.








Che bello avere uno spazio di condivisione. Grazie se in questo anno avete letto, guardato o ascoltato qualcosa di mio. Io, di vostro, ho letto, guardato e ascoltato tanto, ed è sempre una ricchezza.
Buone feste a tutti, in qualsiasi modo le celebriate, qualsiasi sia il vostro credo. Siate felici in ogni modo possibile.

martedì 13 dicembre 2022

Idee regalo per i vostri amici blogger a cui davvero non sapete mai cosa prendere

17:35


 


Questo, amici miei della blogosfera, non è un post per voi. Questo è il post che invierete per errore ai vostri cari per farvi finalmente regalare qualcosa che desiderate e non il solito paio di calzini. 

A meno che, ovviamente, non siano calzini cinematografici, come per esempio questi di Happy Socks per gli amanti Disney nelle vostre vite.


ABEditore
si è fatto notare negli ultimi anni come l'editore da regalare per eccellenza. I loro libri sono delle piccole delizie per gli occhi, molto economici anche per fare solo un pensierino, e contengono raccolte di racconti da gustarsi come piccoli dolcetti. Per l'amic3 amante dell'orrore è pieno di piccole gemme, tutte contenute nella collana Ombre e Creature, che trovate a questo link, ma la delizia che vi consiglio è invece la collana Piccole Guide Tascabili, che contiene quelle piccole dolcezze che vedete in foto. Li adoro, li vorrei stringere tutti tra le mani come se fossero piccoli gattini.




Sempre per l'ossessionat3 all'orrore delle vostre vite: House of Psychotic Women è uno dei libri culto sul tema. Quest'anno ha compiuto 10 anni, e per l'occasione ne è uscita una versione tutta nuova, espansa, piena di fotografie da guardare quando la lettura si fa troppo impegnativa. La trovate qui. La desidero con la bramosia con cui desidero il caffè la mattina.




Makeup Revolution è un brand di trucchi super low cost che negli ultimi anni ha sfornato alcune collezioni cinematografiche che sono una meraviglia, tra Il Grinch, Shrek, Game of Thrones e Coraline, c'è solo da preoccuparsi di non riempire troppo il carrello. Segnalo per esempio la palette della Fata Madrina di Shrek 2 che mi fa spaccare dal ridere, se siete in grado di usarla senza cantare Cerco un eroe in fondo non siamo anime poi così affini. Il link sta qua.



Per l'amico scrittore, quello che vedete sempre crucciarsi perché ha una roba nel cassetto - o più verosimilmente nell'hard disk - che non riesce a concludere: Fabula. Un mazzo di carte che dovrebbero aiutare a portarsi a casa la missione. Esiste anche nella versione kids per i più piccoli. Il link qua.



Per il master delle vostre vite, a cui davvero non sapete come dire che si potrebbe fare un po' di meglio nella prossima campagna del vostro gioco di ruolo c'è un libro che può farlo per voi, dal titolo autoesplicativo. Lo trovate al link.





E a proposito di giochi di ruolo, a Modena Play ho la fatto la conoscenza di Need Games e dei loro giochi di una bellezza senza senso. Io e il Moderatore abbiamo comprato Chtulhu Confidential, un gumshoe one-2-one, a cui quindi si può giocare in due, un master e un giocatore. CC è un noir lovecraftiano, ambientato negli Stati Uniti degli anni '30. Qua vi consiglio gli altri due che i bravissimi ragazzi dello stand ci avevano fatto vedere a Modena e che ovviamente rimangono nel mondo dell'orrore. Il primo è Achtung! Chtulhu, ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale. Se amate molto la persona a cui state per fare il regalo c'è questa edizione che contiene sia Guida del giocatore e Guida del Gamemaster. Il secondo, invece, è Il re in giallo, composto da 4 volumi giocabili separatamente oppure insieme per una campagna più lunga.



Io lo so che ormai i funko pop stanno stancando, che li hanno tutti, che sono banali. Dite quello che volete, non mi importa. Quello di Vincent Price con in braccio il gattino ce lo meritiamo tutti quanti. Ha anche le rughine intorno agli occhi e lo amo intensamente. Sta qui.




Per l'amica strega e amante della letteratura, il perfetto connubio: i tarocchi delle scrittrici. Un pensiero regalo troppo bello perché io non lo condivida. Sono al link.




E con questo, amic3, spero di avervi dato qualche consiglio un po' simpatichello per non rovinare il Natale all3 vostr3 blogger del cuore. Nel dubbio, c'è solo un modo per non sbagliare: i buoni del Libraccio. Giuro, sono il solo modo per farci davvero felici.



lunedì 5 dicembre 2022

Le cose preferite di ottobre e novembre

12:26

 Il mese scorso ho saltato completamente il post sulle cose belle, quindi recuperiamo questa volta con una double feature, per unire tutto quanto di piacevole ho visto/sentito e amato in questo autunno.




Salterò a piè pari la sezione podcast, principalmente perché non ho fatto nessuna nuova scoperta. Non solo, sono pure un po' in carenza di materiale. Ascolto i soliti noti, ma sono un po' in una fase di calma piatta. Se avete cose interessanti da segnalarmi, seguirò volentieri i vostri consigli. Tranne il podcast su Federico Aldrovandi di cui sta parlando il mondo intero, quello non lo ascolto perché già la vita è dolorosa così. È forse giunto per me il momento di darmi agli audiolibri? Non mi sento di escludere questa possibilità. 
Approfitto però della sezione podcast per affrontare il tema del mio, di podcast, che è ovviamente Nuovi Incubi. Io e Lucia siamo state in questi giorni sepolte d'amore, perché sono giorni di Spotify Wrapped e tanta gente ha il nostro piccolo prodotto tra i preferiti, ed è una gioia immensa. Lo diciamo nel prossimo episodio ma lo volevo dire anche in questo spazio: grazie di ascoltarci, di apprezzarci, di condividerci. È una gratificazione stupefacente.

Per quanto riguarda invece le letture, in questi due mesi mi sono lanciata in una maratona R.L.Stine. Sul mio instagram è salvata una diretta in cui insieme alla mia amica Martina parlo di uno dei miei libri, Una storia vera successa altrove. In quella circostanza avevo parlato di una grande ambizione, ovvero creare una mia collana di horror per ragazzi, una sorta di Piccoli brividi all'italiana. E come farlo, senza studiare prima il re delle narrazioni dell'orrore per i più piccoli? Quindi sono partita ovviamente con i Piccoli brividi più famosi, per finire infine alla saga di Fear Street, di cui per ora ho letto i primi due capitoli, The new girl e The surprise party. 
Sarò sincera, e sono pure disposta ad ammettere di non avere compreso qualcosa: leggere Stine da adulta non è stato piacevole come lo desideravo. Le narrazioni per ragazzi che funzionano (e attenzione, non sto di sicuro parlando delle mie in un eccesso di autocelebrazione, è un discorso generale) sono buone anche per gli adulti, ne è un clamoroso esempio il nostrano Davide Morosinotto, le cui avventure per i giovani sono letture travolgenti e divertentissime. I libri di Stine invece sono piccole macchinette costruite con un preciso meccanismo sempre identico, fatte per funzionare. E funzionano, ovviamente, il suo successo parla per lui. Però io non vi ho trovato alcun cuore, e se non lo mettiamo neppure in quello che facciamo per i piccoli, allora l'arte che senso ha? Mi spiego nel dettaglio. Tutti i Piccoli brividi hanno una struttura identica: capitoli brevi costruiti solo sui dialoghi, tutti che si concludono con un cliffhanger (problema che tendo ad avere anche io quando scrivo), con una risoluzione felice e sporadicamente un'ultima frase ad effetto tanto perché forse poi così felice non lo era. 
Fear Street è identica nella struttura, ha solo temi da adolescenti come le cotte, le prime relazioni, i primi limoni, e poco altro, almeno per i volumi che ho letto io. 
Qualche mese fa io di Stine avevo seguito la Masterclass. Tutte queste caratteristiche lui non solo le riconosce, ma le rivendica come qualcosa di ricercato. Non c'è niente di male nello scrivere libri che siano piccole ricette costruite a modino per funzionare, e dalle mie vendite è decisamente qualcosa che io non so fare e lo accetto, però da lettrice cerco altro. Comprerò ugualmente ai miei figli tutti i volumi possibili? Ovviamente. Da lettrice, però, speravo in qualcosa di diverso. 

Per quanto riguarda le letture da persona, invece, a novembre ho fatto la conoscenza, finalmente, di Valeria Parrella. Ho letto il suo Almarina, e mi ha fulminata. È la storia di due donne le cui vite si incontrano in un momento in cui entrambe hanno bisogno di qualcosa di salvifico. Elisabetta è un'insegnante di matematica presso un istituto di detenzione minorile, recentemente rimasta vedova. Almarina è una sua studentessa, finita lì perché la vita e la società fanno schifo. Il romanzo è il loro incontro, la nascita di un affetto immotivato e potente. E, per restare sempre a parlare di me, la prosa di Parrella è esattamente quello che vorrei fosse la mia. È potente il modo in cui parla di ambienti e cuori, di solitudine e di rapporti nuovi, del modo in cui ci si guarda senza ancora conoscersi e di come gli sguardi diventano sempre più familiari, sempre più casa. Mi sono immediatamente procurata altro di suo, ho la sensazione che Parrella e io passeremo tanto tempo insieme.

A ottobre, poi, ho letto parecchi fumetti, e naturalmente la cosa più bella è stata la nuova uscita di Zerocalcare, No sleep till Shengal. Ormai Michele Rech e il confederalismo democratico viaggiano insieme, e il lavoro che fa per raccontare agli occidentali di che cosa si tratta è sempre puntale e molto emozionante. Questa volta è andato in Iraq a conoscere la comunità ezida. Si allontana quindi dal popolo curdo per conoscere come questo modello di "stato" (passatemi il virgolettato) si applichi anche in zone e comunità differenti. Il modo in cui ogni volta prende l'accetta e distrugge tutte le convinzioni - e le convenzioni - occidentali è maestoso. Reportage a fumetti come questo e Kobane Calling sono diversi dalle storie in cui racconta le nostre generazioni attraverso storie ben più familiari, ma la sua personalità, i suoi ideali, il modo in cui osserva il mondo sono sempre quelli, e lo rendono il più bravo sulla piazza. Io riconosco di non essere un'esperta del mondo comics e riconosco anche che siamo in un periodo magnifico in cui gli autori italiani eccellenti sono tantissimi ed è un piacere scoprirli, però questo ragazzo qua ha un modo di parlare di noi che, per ora, non ho trovato in nessun altro. Gli voglio bene come se lo conoscessi.

Per quanto riguarda il tema serie tv, ho già ampiamente parlato in più sedi di quella che è stata indubbiamente la mia preferita dei due mesi, ovvero The Midnight Club. In realtà poi c'è stata anche la chiacchierata Cabinet of Curiosities, curata ovviamente da Guillermo del Toro. Per me è stato un progetto riuscitissimo, ben equilibrato e con episodi notevolissimi, con quello di Jennifer Kent che spicca sugli altri in maniera notevole e che avrei voluto diventasse un film intero. 

Dei film visti ad ottobre ho ampiamente parlato in tutti i post sui film visti per il mio compleanno, ma indiscutibilmente il mio preferito è stato quella gemma di Deadstream, di cui ho già ampiamente parlato ovunque ma che voglio elogiare anche in questa sede: è il film più divertente degli ultimi anni, che omaggia i giganti rendendo l'esperienza spassosissima. Non voglio nemmeno descriverlo a chi non lo avesse ancora visto, dirò soltanto che è un film su una casa infestata. Fa così ridere da doverlo mettere in pausa. E poi, alla fine, quando ci si è scompisciati, si va a fare la pipì da soli e ci si accorge che, porca miseria, fa anche una bella paura. Decisamente nella mia top dell'anno. 
A novembre, invece, il mio cuore è stato rapito da due visioni fatte una in fila all'altra che mi hanno proprio coccolata: The Curse of Bridge Hollow e Wendell&Wild.
Il primo è un delizioso horror per ragazzi, e la prova di quanto dicevo su a proposito dei racconti per i più giovani. Bridge Hollow è una cittadina con una maledizione, e la nuova famiglia che vi si trasferisce deve farci i conti. Protagonisti sono la figlia della famiglia e il suo oppressivo padre, che è tanto simpatico quanto ostacolo alla crescita individuale della figlia, che per tutta la vita non ha fatto altro che compiacere il papà. Lei aperta e ottimista, lui cinico e scettico. Insieme, devono spezzare la maledizione e salvare le sorti della città, che rischia di trasformare la notte di Halloween in un incubo eterno. È davvero una delizia, una di quelle cose coccoline, fatte di buoni sentimenti (ma buoni davvero, però, e quindi a volte scomodi) e di bei personaggi. Piacevolissimo.
Il secondo è il ritorno - inspiegabilmente in sordina - di Henry Selick, prodotto e sceneggiato da Jordan Peele (anche voce di Wild). Parla di una ragazzina rimasta orfana e diventata mezza criminale che torna nella propria città natale per frequentare un prestigioso istituto scolastico che ha proprio un programma per aiutare "quelle come lei" e che finirà per scoprire la verità su quello che nasconde la cittadina insieme ai due demoni che danno il titolo al film e che lei finisce per evocare per errore. 
Di nuovo, a costo di essere ripetitiva: viva il cinema per i giovani che diverte così. I demoni sono stupendi, affascinanti stupidoni, la protagonista è il sogno di ogni adolescente che guardi il film. Ribelle, nasconde la sua sofferenza dietro i piercing e le cinture con le borchie, è incurante del sistema e delle regole. In più, fa un ritratto stupendo dei giovani, cosa che ormai sapete essere una mia fissa: le altre ragazze della scuola non la trattano come un'outsider come sarebbe stato se questo fosse stato un film degli anni '90, ma anzi la amano da subito, la coinvolgono, le ronzano sempre intorno. Bellino davvero.

Insomma, due mesi di comfort, in cui mi sono chiusa in cose che sapevo mi avrebbero accarezzato il cuore e consolato un po' dal freddo autunnale. Vediamo cosa ci riserverà il periodo delle feste.


Disclaimer

La cameretta non rappresenta testata giornalistica in quanto viene aggiornata senza nessuna periodicità. La padrona di casa non è responsabile di quanto pubblicato dai lettori nei commenti ma si impegna a cancellare tutti i commenti che verranno ritenuti offensivi o lesivi dell'immagine di terzi. (spam e commenti di natura razzista o omofoba) Tutte le immagini presenti nel blog provengono dal Web, sono quindi considerate pubblico dominio, ma se una o più delle immagini fossero legate a diritti d'autore, contattatemi e provvederò a rimuoverle, anche se sono molto carine.

Twitter

Facebook