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lunedì 7 novembre 2016

Non solo horror: In guerra per amore

10:05
Questo post non era previsto.
Ogni tanto però compaiono quei film che sono un inaspettato colpo di fulmine, e allora si butta giù qualcosa di getto sperando che 1) il tutto abbia un senso e 2) qualcuno in più magari leggendo qui si convinca ad andare in sala a dare a Pif i guadagni che merita.

In guerra per amore è la storia di uno squinternato e maldestro cameriere, che lavora a New York al servizio di una famiglia mafiosa. Ha la sventura di innamorarsi della nipote del suo capo, Flora, promessa già a Carmelo, rampollo della criminalità organizzata. Per poterla prendere in sposa ha bisogno del permesso del padre, che vive in Sicilia.
Ah, sì, siamo nel 1943.


Prima osservazione: io e R abbassavamo l'età media in sala di una buona decina d'anni.
Perché?
Io credevo, anima innocente, che Pif ai giovani piacesse. Il Testimone è quasi l'unica trasmissione televisiva che amo guardare, Le Iene sono popolarissime, le buffe pubblicità della TIM passano anche prima dei video su Youtube, dov'è il problema? Eppure in sala quasi solo persone di mezza età. Fortunatamente qualcuno aveva portato i figli, e a quei bambini avrei voluto mettere una mano sulla spalla per dichiarare solennemente la loro fortuna.
Ostilità dichiarata per quei genitori che portano i bambini a vedere solo animazione perché sì, senza notare quanto un film del genere sia arricchente. (E se arricchente non è ancora un termine della lingua italiana allora ce lo mettiamo noi.)
Si esce dalla sala più ricchi non solo di conoscenze, ma di buoni sentimenti (BUONI, non buonisti), di attenzione, di consapevolezza. Perché con il consueto tono favolistico con cui Diliberto ci ha raccontato il mondo fin da quando telecamerina a spalla girava a fare Il Testimone, questa volta ci ha accompagnato in guerra, e ci ha fatto vedere che se vogliamo spazzare via lo sporco dobbiamo macchiarci anche noi, e spesso non sappiamo quanto ci vorrà a far venire le macchie. Per conquistare anche i bambini, che per loro fortuna credono ancora che la sigla DC in Italia riguardi solo i fumetti, ci sono colori sgargianti, la bellezza straordinaria della Sicilia, musica carinissima e un tono leggero e onestamente molto divertente.


Avevo visto solo il trailer del film, avevo come mio solito evitato articoli e recensioni per arrivare neutra in sala, quindi non avevo idea di che taglio avrebbe preso il film nella seconda parte. Perché sì, In guerra per amore è una storia d'amore, ma parla di tanti amori diversi. La propria donna, la patria, la terra d'origine, la pace, l'amico, il figlio, il collega. Ma anche amore per il denaro e, soprattutto, per il potere. Commuove sinceramente senza ricercarlo, con la naturalezza di chi questo buon cuore ce l'ha davvero e non deve affatto sforzarsi di tirarlo fuori. È dolce ma mai stucchevole, o col cavolo che sarei qua a parlarne, è delicato e preziosissimo, si fa voler bene dalla prima scena.
Poi arriva la fine, con un carico di amarezza sul groppone. Quando io e la mia amica Elena parliamo di Harry Potter, cioè un giorno sì e l'altro anche, finiamo sempre a dirci che quello che funziona del settimo volume e quindi della conclusione della saga, è l'estremo realismo con cui la guerra è trattata. La guerra fa parte dell'umanità, ma fa schifo, e il prezzo da pagare per giungerne ad una conclusione è sempre altissimo. Ad Hogwarts si parlava di vite spezzate, qua si parla di altro, ma il punto è sempre quello: anche se l'obiettivo è parlare di una storia che finisce bene non bisogna mai trascurare il fatto che si sia parlato di guerra, e che non finisce MAI bene per davvero. Pif lo sa, è nato a Palermo.


Andate IN SALA a vedere questo film, dategliela questa decina di euro a Pierfrancesco Diliberto e a tutte le persone che con lui hanno collaborato per creare un piccolo gioiello di cinema italiano. Lui vedrà riconosciuti i suoi meriti, e dio solo sa quanto c'è bisogno che un talento venga apprezzato soprattutto da noi, e voi, oltre ad un bel ripassino di storia del nostro paese (e NE ABBIAMO TUTTI BISOGNO), ne riceverete tanta bellezza in cambio.

mercoledì 20 luglio 2016

Non solo horror: Diaz

21:55
Lo so che sto trascurando il genere del cuore di questo posticino.
Solo che ieri si parlava con Erica di quanto successo di recente al nostro adorato Zerocalcare: pagina oscurata quando ha dichiarato che avrebbe partecipato ad un evento a Genova per ricordare la figura di Carlo Giuliani. Oggi è tutto risolto, il più gigione dei fumettisti italiani è tornato sui social network e io sono contenta.
Ricordo di non avere mai visto Diaz, però, e quindi eccoci qua, nel giorno dell'anniversario della morte di Giuliani.

Penso che un riassunto della trama sia superfluo, in questo caso, ma se dovesse bazzicare di qua qualcuno di ancora più giovane di me, ecco in pochissime parole cosa è successo nel 2001 a Genova. La maggior parte di voi saprà già di cosa sto parlando, ci vediamo più giù quando parliamo un po' insieme del film.

[Momento spiegone in cui mi sento figa e intelligentissima
Il G8 è un incontro tra 8 nazioni, messa giù velocemente, che avviene tramite l'incontro dei loro rappresentanti, chiaramente, non è una chat di gruppo su whatsapp con tutti i cittadini, pensa le notifiche. Questo incontro, nel 2001, si è tenuto a Genova. Ad oggi è il summit più famoso di questo tipo, perché le giornate furono caratterizzate da scontri violentissimi tra le forze di polizia (intervenute e preparate proprio per fronteggiare episodi di questo tipo, che pareva fossero attesi) e diversi gruppi di manifestanti no global, quelli che ci piace chiamare black bloc. Famosissimi, in particolare, alcuni episodi, tra cui la morte del manifestante Carlo Giuliani per mano di un poliziotto, le torture nel carcere di Bolzaneto e, soprattutto, la violentissima perquisizione alla scuola Diaz, luogo in cui alcuni manifestanti andavano a dormire. In fondo al post troverete alcuni link interessanti se vi dovesse andare di approfondire la questione. Farlo è giusto, per avere un'opinione informata, per comprendere eventi importanti del nostro Paese e perché 15 anni dopo un fumettista si vede oscurato un mezzo di comunicazione (e si sente rivolgere anche insulti di una certa portata) per avere espresso la propria opinione sulla faccenda. Quindi no, Genova non è finita.]

Altra premessa dovuta perché secondo me la mia opinione sulle cose influenzerà il mio modo di vedere il film e quindi di parlarne: sì, sono di sinistra. Di una sinistra un po' più in là dell'attuale PD. Non so se definirsi comunisti nel 2016 abbia davvero senso, quindi no, non sono comunista. E sì, lo dico con orgoglio, anche se a volte mi arrabbio anche io con chi mi rappresenta. Ma no, non rientro tra quelli che affermano con forza la loro ostilità verso le divise, non mi sentirete mai dire acab o stronzate simili, non santifico Giuliani nè i movimenti a cui apparteneva e soprattutto sì, sono una piccola buonista a cui la violenza fa schifo. TUTTA. Perpetrata da CHIUNQUE. Abbandoniamo i cliché sulle zecche rosse e anche quelle su qualunque altro essere umano. Anche se, per l'ultima volta sì, in fondo troverete un link da Internazionale. Un pochino nel ruolo ci devo stare.

Partiamo dalla locandina?
Nera, scritta grande rossa, sagoma che fa sempre la sua bella scena. E sopra? La frase, ormai celeberrima, di Amnesty, che accusa l'Italia di avere compiuto la più grande sospensione dei diritti democratici in un paese occidentale. 
Pesantissimo, umiliante, una frase che mi è rimasta impressa da quando ho visto il trailer, anni fa. Sembra prendere posizione già da qui, Vicari.
Di certo è molto d'impatto.


Dopo i primi minuti di film mi sono un po' innervosita, vedendo i manifestanti, i loro capelli, i loro vestiti. Superficialità, la mia? O forse quella di Vicari? I giovani dei centri sociali son proprio tutti uguali: rasta, cannetta, zainettino, pantaloni di lino che fanno tanto anni 70, dilatatori, espadrillas, maglie di emergency . . .che noia che noia che noia.
E mentre io me ne stavo lì, a pensare ai noiosissimi vestiti dei giovini comunistelli, il primo manganello. Poi, per un numero di minuti che non saprei quantificare, ma che a me è sembrato infinito, non sono state altro che botte. da. orbi.
Botte, su botte, su botte. Dolore su dolore, denti caduti, teste spaccate, calci, pugni, senza guardare in faccia nessuno, come se non fossero più nemmeno persone.
Non so se siete mai stati al Museo del Comunismo di Praga. In una saletta proiettano un documentario sull'epoca comunista della città (ma va? al museo del comunismo?), e si sono viste immagini di botte assurde. Manifestanti macellati dai colpi.
E qui è uscita tutta la mia debolezza. Io posso vedere la gente spellata viva (non che Martyrs mi abbia lasciata indifferente, ma ci siamo capiti), posso vedere grossolane interiora uscire da improbabili orifizi, posso vedere anche qualcosina di più. Mi fa schifo, mi fa venir voglia di distogliere lo sguardo, ma finisce lì. Le botte, la gente picchiata, mi fanno venire gli incubi. Forse lo sento più reale. Diaz non ci risparmia niente, le manganellate si vedono tutte, la crudeltà (ma forse è peggio, forse è inumanità) con cui ogni colpo veniva inflitto si sentiva, fortissima, come le urla di chi stava soffrendo. Non credo che, volendo colpire così forte, il regista potesse fare altro: se vuoi colpire altrettanto forte la coscienza di chi guarda, quei pugni lì me li devi mostrare. Ma quanto male fa.

Credo, però, che accanto al gigantesco pregio di essere incredibilmente reale (il film si basa su documenti ufficiali, mica si sono inventati niente), il film abbia qualche diffettuccio, se posso permettermi di dirlo dal basso della mia (ancora troppo) scarsa conoscenza del caso: del Genoa Social Forum si parla molto poco. Si vedono sti ragazzi manifestare a Genova, ma per cosa? Perché ce l'hanno con la polizia? Sì, si nomina la morte di Giuliani, e il ripetuto 'Assassini! Assassini!' chiarisce piuttosto bene, ma non credo sia sufficiente. Immagino che i tempi cinematografici limitino parecchio le possibilità, ma nemmeno del punto di vista delle forze dell'ordine si parla per bene. Non li difenderò MAI, ma leggere la tesi di laurea che vi linkerò più in basso aiuta a fare chiarezza anche su questo, sulla pressione che era stata messa loro, su quanto fossero stati appositamente caricati come molle, pronti ad esplodere. E sicuramente esplosi lo sono.
È devastante vedere un poliziotto al telefono, parlare presumibilmente con la moglie e la figlia, rivolgersi loro con tono dolce e rassicurante, e un secondo dopo vederlo nascondersi una molotov nella giacca per incastrare dei ragazzi.

Vicari ha fatto un lavoro incredibile, devastante ed importante. Da prendere con le pinze, perché fa male al cuore, all'orgoglio per questa nazione a cui così tanto voglio bene ma che ogni tanto colpisce così duro. Fa rabbia, fa sentire impotenti, ma è fondamentale. È come studiare le brutture della storia, a scuola. Bisogna impararle, per non ripeterle.

È stata macelleria, allora?
Lo è stata eccome, e questo in teoria non dovrebbe nemmeno essere messo in discussione (l'in teoria era in grassetto, ma del caso giudiziario non posso nè voglio parlare, non dopo i recenti avvenimenti). Esseri umani sono stati brutalmente picchiati, torturati, umiliati, con una crudeltà e una volontà di colpire che fanno tremare le mani. E questo, a prescindere dalle opinioni, dalla stima che si ha per quei giovani che erano lì, non può e non deve essere dimenticato. Chi doveva tutelarci si è fatto carnefice, indossando quella divisa che dà modo di diventare lo Stato, e questo non può essere perdonato.
E qua, ormai, la politica non dovrebbe c'entrare più niente. In un mondo fatato e con gli arcobaleni una violenza così non dovrebbe avere colore. Rossa o nera, fa paura.
Io la verità in tasca non ce l'ho, non so cosa è successo davvero perché nel luglio del 2001 non avevo ancora compiuto gli 11 anni e presumibilmente quel giorno ero in oratorio con gli amichetti. Magari quelli erano black bloc davvero, magari erano pericolosi, o magari no. Magari erano prima di tutto persone. So che voglio scoprirne sempre di più, voglio che le mie opinioni siano basate sulla verità, e vorrei vivere in un mondo idilliaco in cui chi sbaglia paga sempre.
E quindi no, quel sangue lì non va pulito, deve restare bello impresso, deve colpire fortissimo e restare impresso nella memoria, deve essere un monito per il futuro.
Per quanto mi riguarda, Vicari ci è riuscito benissimo.


Qualche link (spero) utile per chiunque volesse approfondire la questione G8 e in particolare i fatti della scuola Diaz:
Quiqui e qui i lavori di Zerocalcare su Genova. Sono datati, lontani dal suo stile attuale che, onestamente, prediligo. Però da lavori come questi traspare il suo fortissimo legame con la faccenda, per cui sono imperdibili.
Qui uno dei bellissimi articoli de Il Post (in questo caso su Carlo Giuliani), da tempo la mia principale fonte di informazione. Come al solito è infarcito di fonti e imparziale. Se nella barra di ricerca del sito però cercate G8 Genova, vi si apre un mondo. Vogliate tutti un po' più bene al Post.
Qui trovate da scaricare la tesi di laurea di Irene Facheris (vi ho già parlato di lei e del suo progetto Bossy, la trovate su Youtube come Cimdrp, vi consiglio di provare ad ascoltarla, se vi va). Ha una laurea in psicologia, la sua tesi si propone di dare un approccio oggettivo, cercando di riportare testimonianze di entrambi i lati della storia. All'interno anche un'intervista al fin troppo nominato Zerocalcare.
Qui un articolo di Internazionale. Se conoscete un minimo la fonte sapete che non vi troverete di fronte ad uno scritto pacato e razionale.
Qui il bellissimo post dell'inimitabile Dottor Manhattan sul film.


domenica 24 gennaio 2016

Cinema Italiano I love You: Shadow

14:41
SPOILEEEEER! NEI SOTTERRANEI, SPOOILEEEER!
Io ve l'ho detto.


Quando i cinebloggers chiamano io sto sempre lì, in prima fila, col braccio alzato a scalpitare per partecipare sempre. Stavolta Alessandra, sempre di Director's Cult, propone il cinema italiano, tanto per ricordare a chiunque bazzichi da queste parti che non siamo solo Checcozaloni.
E io non è che mi drogo.
Shadow è un film italiano davvero, fidatevy.
Diretto dal buon Zampaglione, tanto per darvi conferme.

Premessa, io sono contenta che Zampaglione esista e si sia messo dietro la mdp.
Il catalogo italiano offre commedie che generalmente mal tollero oppure filmoni intensi e importanti pregni di significato e di denuncia sociale. E va bene, queste cose vanno bene, ci vogliono. Ma se sono solo queste è mica vero che al quarto film italiano di fila io devo sbattere ripetutamente la testa contro il muro?
CHE NOIA.
Il mio caloroso benvenuto va quindi a qualsiasi proposta che si discosti da questo percorso che chissà quali circostanze hanno contribuito a creare.


In Shadow abbiamo un reduce di guerra partire per un viaggio per l'Europa, per lasciarsi tutto alle spalle. Durante una gita in bici in montagna incontra una giovane, con la quale metterà i bastoni tra le ruote ad un paio di cacciatori che non la prenderanno molto bene.
La vera morale del film ti insegna che anche quando credi di essere il più cattivo, ci sarà sempre qualcuno più cattivo di me.
E se ti prende sono volatili senza zucchero.

Non mi sono mai messa a parlare dei significati metaforici di un film perché io poetica mai. Non inizierò certo adesso, mi limito a linkarvi questo post de Il Buio in Sala. Nono solo il buon Giuseppe fa una delle sue inimitabili analisi, ma lo stesso Zampaglione nei commenti ha illustrato i suoi intenti.
Niente di quello che potrò mai dirvi io potrà mai valere più di quello che ha detto chi 'sto Shadow l'ha creato.

Quindi, come al solito, parliamo di sensazioni a pelle. (E a proposito di pelle vi comunico che io, sempre sul pezzo, scopro la storia della pelle dei rospi solo guardando questo film, #Zampaglioneperilsociale)
La mia, di pelle, non è ricoperta di droghe, il che è utile se devi lasciarci entrare le sensazioni che ti sta trasmettendo un film. In questo caso avrei quasi preferito di essere un agglomerato di sostanze illecite, perché sotto la pelle mi sono entrati sporcizia, malanno, senso di colpa. Mi è penetrata nei pori l'aria sporca, scura, malsana che si è respirata nell'ultima parte,
Mi si è risvegliata una profonda repulsione per la guerra, che credo sia insita nell'essere umano. Mi è salita la paura, ho sentito il pianto di un bambino e mi sono venuti i brividi.
E quella palpebra tagliata, rivista con la consapevolezza che non fosse una tortura casuale è raggelante.
Con me Shadow funziona, alla grande.


E poi, lo spoiler.
Avete presente quando un film si avvicina al finale e vi ritrovate a dire: 'Adesso è tutto un sogno, eh, minimo!'
Ecco, stavolta lo è davvero.
Incredibile.

Non sono ovviamente la sola ad avere parlato di cinema italiano, però. Ci hanno pensato anche loro:
Solaris: Io sono l'amore
White Russian: Non essere cattivo
Pensieri Cannibali: Non essere cattivo
Director's Cult: Il volto di un'altra
Non c'è paragone: Basilicata Coast to Coast
In Central Perk: Maicol Jecson
Bollalmanacco: Almost Blue
Delicatamente perfido: Italiano medio

martedì 11 agosto 2015

Notte Horror 2015: Buio Omega

22:15
Ho sempre saputo che prima o poi avrei guardato Buio Omega, per una ragione assolutamente inutile come quelle che solitamente caratterizzano la mia motivazione: lo splendido, incantevole, musicalissimo titolo.
Potrei intitolare così una raccolta di poesie, se ne scrivessi.
O un negozio di libri usati.
O un'auto d'epoca.

Potrei continuare per ore, ma forse è il caso di raccontarvi che l'incontro tra me e il film del buon Joe D'Amato è avvenuto grazie alla mia iniziativa preferita tra quelle dei cinebloggers, la mitica Notte Horror.

Insomma, in Buio Omega ho fatto la conoscenza di Francesco, imbalsamatore per passione (ma che razza di passione è, poi? ma che orrore) che decide di usare le sue conoscenze per conservare anche il corpo della sua amata defunta Anna, la quale ha lasciato il mondo dei vivi perchè colpita da un rito voodoo messo in piedi dalla governante non lucidissima di Francesco, Iris.

Mixiamo il vecchio e l'attuale.
Qualche giorno fa Mika, in relazione alle frasi omofobe scritte sui poster del suo concerto, ha scritto su Twitter che "L'amore fa quello che vuole."
Nel caso del tenerissimo cantante, significa innamorarsi di chi cavolo gli pare, uomo o donna o alieno che sia, come dovrebbe essere suo diritto se vivessimo in un paese civile.
In Buio Omega questo concetto è applicabile in un senso molto più malato e marcio. Talmente marcio da far spuntare la puzza di malsano dalla ventola del pc. In questo caso forse modificherei la frase in "l'amore ti fa fare quello che vuole".


Perché per quanto possa risultare poco credibile data la mia sintesi del film, si tratta in realtà di una storia d'amore.
Messa nelle mani del sopracitato Joe D'Amato, quindi già dobbiamo ringraziare che non sia infarcita di sesso come se piovesse.
Dobbiamo però dimenticare il romanticismo, la dolcezza, le tenerezze. Qua ci toccano la follia, gli omicidi, le imbalsamazioni. Qua ci tocca una donna che pur di avere accanto a sè l'uomo di cui è innamorata, è disposta a divenirgli complice nel crimine, se non addirittura ad incoraggiarlo. Con una freddezza e una capacità di calcolo che fanno temere che in realtà questa donna non sia folle come sembrava ci fosse stata presentata, ma perfettamente in sè, pur se crudele e inumana.
Questo circolo di terribile amore non si conclude però con quello che Iris prova per Francesco, ma prosegue con quello di Francesco per Anna, che in tutto ciò era l'unica che non faceva niente di male. Questo se possibile è l'amore più malato, che impedisce a colui che rimane di accettare la dipartita dell'amata, al punto da non riuscire nemmeno a liberarsi del corpo imbalsamato di lei.

Quindi è questo che siamo, per te, Joe?
Dei corpi?
Quegli stessi corpi che, svuotati di ogni contenuto, così tanto ti hanno fruttato con la pornografia?
E' il nostro corpo che ci caratterizza per quello che siamo?


Con ogni probabilità questa è una polemica sterile senza il minimo fondamento, ma per me è importante riportarvi ogni riflessione che un film mi fa fare.
E Buio Omega me ne ha fatte fare parecchie, nel suo riflettere in modo così inusuale sull'amore e su ciò che siamo disposti a fare per esso. Certo, non starò qui a dirvi che il film effettivamente ha dei difetti grossi quanto la vasca dei lamatini dell'Acquario di Genova, perchè sono evidenti anche ad un occhio poco esperto come il mio. Principalmente è recitato dalla squadra di cuccioli del Canile del paese di fianco al mio.
Mi sento di passarci su perché è stata una visione intrigante, piena di fascino e con una colonna sonora che se per favore il signor Elfmann (che pure mi piace, eh, sia chiaro) volesse spostarsi là porta è di là, grazie.
E soprattutto è una visione per stomaci preparati.
Da tantissimo tempo non vedevo film violenti o particolarmente gore, ma in pratica con un'ora e mezza di Joe D'Amato mi sono abbondantemente rimessa in pari.

Anzi, credo di essere a posto in quanto a sangue per i prossimi mesi.

mercoledì 3 giugno 2015

Psycho Mentary

17:56
(2014, Luna Gualano)

Continuiamo a parlare di Liebster Awards.
Quando vi ho chiesto di consigliarmi un film mi aspettavo di leggere tra le vostre proposte tanti classici, tanti titoloni imperdibili.
E ci sono stati, per carità.
Ma voi, che siete mica un gruppo di pirlotti, mi avete presa per mano e mi avete condotta attraverso strade ben più inusuali del classico filmone autoriale che sapevamo già sarebbe stato grandioso.
Nico, del blog 50/50 Thriller, per esempio, mi ha parlato di un film di cui avevo solo letto qualcosa qua e là sulla blogosfera.

Psycho Mentary è un thriller - horror italiano.
Diretto da una donna.
E vi dò il colpo di grazia per farvi scappare: è un mock.
FUGGITE, STOLTI!

Tornate qua, fagioloni, che scherzavo.
O meglio, è davvero un film italiano dalle tinte belle cupe, e pure mockumentary.
Però è bello. Giuro.
Io non lo so come sia possibile, come sia successo un simile e splendido evento senza che i manifesti urlassero al miracolo, senza che il mondo crollasse, senza che si incrinassero le costole dei fratelli Vanzina.


Lucia, la figlia del senatore Silvestri, viene rapita da un uomo mascherato. Il riscatto richiesto per il suo rilascio è di un milione di euro. La somma viene rapidamente versata, ma pare che all'uomo mascherato un milione non basti più. Adesso ne vuole 10, per non uccidere una dopo l'altra tutte le altre vittime che aveva sequestrato. Facili, da trovare, 10 milioni...

Io son qui che non contengo la gioia, non so da dove è bene iniziare.
Abbiamo un mockumentary in cui ogni telecamera è giustificata! Davvero! Le riprese sono fatte dall'assassino stesso con lo scopo di mostrare le sue eroiche azioni al capitano Brunetti, che si occupa del caso, (e non solo, vedrete) per cui non ci sono motivi del cavolo a giustificare le riprese!
Davvero!
Ogni. Singola. Telecamera. ha un motivo preciso per essere esattamente dove sta.
E' una sensazione bellissima. Come una doccia fresca dopo una corsetta i primi di giugno.

Altra cosa, altra cosa.
Avete ogni tanto quella sensazione strana legata ai prodotti italiani, per cui vedere un film magari indipendente o sentire una canzone nella nostra lingua causa un disagio che ti costringe a cambiare?
Io ce l'ho.
Mi sa che si chiama imbarazzo.
Poche volte me ne salvo. Quando ascolto Mannarino, per esempio. O quando vedo film che sono ben recitati.
BEN RECITATI, capito?
Psycho Mentary ha anche ottimi attori. Non sono i soliti noti (e meno male, regà), non conoscevo i loro nomi prima di questa visione ma, signori miei (e se l'avete pronunciato come Crozza che fa Renzi high five), sono bravi.
E se pensate che stia parlando solo degli interpreti principali vi sbagliate. Sono proprio bravi TUTTI. La moglie di Brunetti, per esempio. Si vede in una sola scena, mentre parla con la sua bambina, e si potrebbe dire che nemmeno sta recitando.

Pensate che le cose positive siano finite qui?
NO.
Ce ne sono ancora, sono felice come una bimba sulle giostre.
La Gualano ci regala un paio di scene con un livello di gore abbastanza elevato, eppure sono quasi eleganti. La violenza, e il disgusto che essa suscita, non sono ostentati, nè volutamente screditati. Ci sono, e basta, quindi te li mostro in quanto tali ma non ho bisogno di cercare il tuo sguardo schifato. Non serve.
Perché il piano dell'uomo in maschera è molto più di questo, è molto più della 'solita' violenza oscena e scandalosa.
E' subdolo, è furbo, ma soprattutto è perfettamente lucido. Ogni minimo dettaglio è studiato per far sì che nessuno sia costretto a soffrire più di quanto non lo costringano a subire le scelte degli altri personaggi. In un colpo solo infierisce tremende botte al nostro Brunetti pur mantenendosi in un certo senso la coscienza pulita.
Costruendo una simile premessa, era difficile scivolare su un finale affrettato, magari troppo action come accade spesso in certi tipi di thriller. Con tutto il tempo che le occorre (e badate che parliamo di un film breve) la regista ci conduce verso la conclusione della faccenda, e lo fa in modo esemplare.

Per lasciarci poi con l'amaro in bocca.
Ora, non voglio esprimermi troppo a proposito della questione economica che incontriamo più o meno a metà film, perché non mi sono informata su quanto ci sia di reale e quanto sia invece fiction.
E' un argomento troppo spinoso perché io ne sappia davvero qualcosa.
Ma il valore della vita è inquantificabile. Il valore dei nostri affetti è inqualificabile. Una gran banalità, vero? Ci ho pensato spesso durante la visione, a come mi sarei comportata io, messa in una tale posizione piuttosto che in quell'altra. Perché mentre io me ne sto qui davanti al ventilatore a scrivere una non richiesta opinione su un film molto bello, da qualche parte nel mondo qualcuno sta morendo. I miei secondi stanno scorrendo allo stesso modo, le mie dita continuano a scrivere. Se quel qualcuno, però, fosse mio fratello, o il mio ragazzo, o qualcuno che amo, la mia vita sarebbe irrimediabilmente e inconsolabilmente spaccata.
Guardando il film, quindi, viene da chiedersi: e se potessi salvarli, fino a dove mi spingerei?
E' una domanda che al momento non ho il coraggio di farmi, perchè non ho il coraggio di ascoltare la risposta.

Unico rimprovero che mi sento di fare riguarda la scelta del cognome del nostro protagonista. Più volte mi sono dovuta correggere perché stavo scrivendo Brunetta.
Sia mai che parli bene di lui.






venerdì 24 aprile 2015

Dylan Dog - Vittima degli eventi

14:12
"Oh, ciao, cinema italiano, quanto tempo! Tutto a posto?"
"Mari, ciao, mah insomma, al solito!"
"Ero preoccupata per te, tutti dicevano che sei morto, ho sentito le campane. . .mi sono allarmata! Sei stato un giovane glorioso, era un peccato perderti così!"
"Beh, non sono in formissima. Non sono invecchiato bene. Certo, ero proprio un bel ragazzo, eh?"
"Ah, se eri bello! Te lo ricordi Mario Bava?"
"Se me lo ricordo! Oggi non viaggiamo più su certe cime, ragazza mia. . ."
"Eppure, qualcosina si muove! O no? Ho letto certi articoli interessanti su qualche progetto indipendente, qualcosina di horror. Mi sbaglio?"
"Sempre la solita, coi tuoi film dell'orrore! Però hai ragione, ci sono diversi giovani che si stanno buttando a cercar di smuovere un po' queste mie ossa arrugginite!"
"E funziona?"
"Come in tutte le cose, dipende. C'era stato quell'Evil Things, hai presente? Non era andato troppo bene."
"Ho sentito belle notizie sul tale di youtube che ha fatto un film su Dylan Dog, però, che mi dici? Merita una visione?"
"Intanto merita una visione perché te lo trovi gratis sul tubo, e lo so che sei tirchia, tutto ciò che è gratis va bene. Poi, credo potrebbe piacerti, sul serio."
"Tu dici?"
"Credo di sì, la storia è molto semplice: ragazza con visioni che si rivolge all'indagatore dell'incubo per risolvere il suo problema."
"Beh, basica."
"Sì, quello sì. Ma a fronte di un progetto così ambizioso, non è nemmeno un male. Storia semplice ma niente lasciato al caso. C'è tanta attenzione ai dettagli. E poi, lo dirige quello youtuber che tanto ti piace, Claudio Di Biagio!"
"Ah, è vero! Io Claudio lo adoro. Mi fa molto ridere quando vuole far ridere e lo trovo appassionato ed appassionante quando parla di cinema. Un talento vero."
"Si vede, si vede, questa passione che ha. E non è nemmeno un pirletto che si è messo dietro la camera dal nulla. Ha studiato, ha fatto le sue esperienze . . ."
"E la fotografia? Cosa mi dici della fotografia?"
"Ahhhhh, hai centrato subito il mio punto preferito. Bella, bellabella. Opera di un altro youtuber, Matteo Bruno."
"Ma chi, Cane Secco? MAVVA'!"
"Sì, proprio quello lì. Ha fatto davvero un bel lavoro."
"Mi fa piacere, davvero. Mi sta molto simpatico anche lui."
"Certo, non era semplice toccare Dylan Dog, eh. Potevano o essere accusati di estremo coraggio o di estrema coglioneria. Ma tutto sommato l'aria del fumetto si respira abbastanza. Forse la casa me la immaginavo più 'chiara', ma tant'è. E' il rischio che si corre con un fumetto in bianco e nero che diventa un film a colori."
"Direi che mi hai convinta a vederlo. Ma ce l'avrà un difetto, sto film?"
"Dylan Dog."
"Eh?"
"Il difetto di Dylan Dog è Dylan Dog, l'attore. Troppo serioso, quasi appesantito da se stesso."
"Peccato! Ma Groucho? Dimmi di Groucho?"
"Ecco, lui invece ha completamente vinto la sfida! Credibile, naturale, divertente. Non era semplice, eh, eppure se l'è portato a casa con una gran dignità."
"Caro il mio cinema, mi hai convinto! Vado a casa a vederlo."
"E tu, Marikì? Quando ce lo sforni un cortino, magari di tensione. . ."
"Si vede che sei invecchiato, bello, straparli! Ti tengo un posto al ricovero per quando Di Biagio & co. si ritirano!"


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