mercoledì 9 febbraio 2022

La storia del cinema dell'orrore, un'introduzione

12:43

 Penso che anche i sassi abbiano vagamente intuito che io di questa cosa che mi piace il cinema dell'orrore vorrei farne una specie di lavoro. Un secondo lavoro, un lavoretto, una minuscola occupazione. 

Le novità dell'ultimo anno, twitch e il podcast (che però, lo ricordo sempre, non è stata un'idea mia ma di Lucia, ed è giusto che i meriti vadano a chi di dovere), ne sono la prova più concreta. 


mi dispiace temo userò foto di Parigi per sempre


Quello di cui non avete prova concreta e che quindi vado a raccontarvi è questo: soffro di una spietata e autolesionista forma di sindrome dell'impostore, che ammetto di combattere discretamente perché alle fine le cose le faccio lo stesso, ma che me le fa fare con una vocina costante nella testa che mi fa dire che tanto non so un cazzo e sono una clamorosa frode. 

Il modo che conosco fin da quando sono piccina per convivere con questa cosa è uno solo: leggere, studiare, informarmi più che posso. Allo stesso tempo però sono una vergognosa procrastinatrice, e il blog è proprio nato tanti anni fa per aiutarmi a fare le cose al meglio che posso. Non c'è sempre riuscito, ma io e il mio bloggettino del resto stiamo crescendo insieme, e anche lui ha fatto quello che ha potuto.

È anche vero che l'accesso che ho oggi a saggi, testi, connessione internet e film non ce l'avevo fino a qualche tempo fa, e oggi voglio essere riconoscente per questo privilegio e sfruttarlo per migliorarmi come posso. 


Insomma, questa intro per presentare anche qua in modo ufficiale il progetto di quest'anno: studiare la storia del cinema dell'orrore in modo serio ed ordinato, non nel caos che ho orgogliosamente portato avanti finora. Partiamo dall'inizio e procediamo per decenni, due mesi per decennio. Se riesco a tenere il ritmo che mi sono imposta arriviamo a circa metà dell'anno prossimo. Il piano è che dopo questa prima carrellata ne facciamo anche una seconda, però per aree geografiche, con lo scopo di uscire dalla mia occidentalissima comfort zone. Oppure un mega focus tutto sull'Italia? Non lo so, ho sempre più idee che tempo per realizzarle, ci penseremo a tempo debito.

Questo programma si tradurrà in post tematici qui sul blog, che saranno sia generici che focus più specifici sulle personalità più rilevanti, e tutti i post finiranno archiviati in una pagina dedicata solo a loro che troverete nell'header. Non determinerò in anticipo né quanti post dedicare ad ogni decennio - troppe variabili - né la frequenza con cui usciranno, perché faccio un lavoro infelice che non mi permette di fare piani a lungo termine (capito perché me ne voglio creare un altro?), ma come sempre sarà tutto opportunamente condiviso su ogni spazio del web.

L'ho specificato un milione di volte su ogni social possibile ma ci tengo a farlo anche qua: lo scopo non è nella maniera più assoluta quello di insegnare qualcosa, figuriamoci, ma solo ed esclusivamente di condividere il mio percorso di "studio", dargli un senso e un ordine, e soprattutto parlare insieme di quanto cavolo sono sempre stati belli i cinemelli dell'orrore.


Eviterò il post "accademico" sulla nascita del cinema, i Lumière e compagnia danzante, perché ok che voglio studiare per bene però vi risparmierò il supplizio di vedere me che vi racconto di treni che escono dalla stazione e di Thomas Edison, e in più di gente come Griffith su questo blog non parliamo. Partiamo venerdì (o sabato? dipende dal lavoro) con Méliès e poi fino a fine marzo ci dedichiamo al cinema muto. Alla fine di ogni mese facciamo una live su twitch per parlare insieme di come sta andando. Sarà divertente, spero. 

Parlare di questo periodo ha anche un grande lusso: è tutto di pubblico dominio e quindi è tutto sul tubo rosso. Per ogni post cercherò di fare una playlist con i film di cui chiacchieriamo, così sono belli ordinati anche loro, almeno fino a quando sarà possibile.


Ci sono tanti modi, se vorrete, di supportare questo progetto ma anche tutti gli altri, presenti e futuri, e si riassumono più o meno in tutti i disegnetti colorati che avete alla vostra destra se state leggendo questo post: iscriversi al canale twitch, ascoltare il podcast, seguire le live in differita su youtube, condividere se qualcosa vi piace, votare, spammare. Vi ringrazierò sempre e metterò una buona parola per voi con il nostro signore Cthulhu.


Grazie se vorrete fare questo viaggetto con me!

martedì 8 febbraio 2022

Nuovi Incubi - La Horde e The Pack

10:00
Come ci siamo ripetute fino alla nausea, la New French Extremity si conclude in bellezza con Martyrs. E del resto, dopo un lavoro come quello, era difficile immaginare che potesse andare avanti a lungo.

A me e a Lucia, però, piace fare le cose per bene, e siccome il cinema francese ha altre cose di cui per un motivo o per l'altro vale la pena parlare, abbiamo ancora qualche episodio da fare per arrivare alla fine della prima stagione del nostro podcast.
Restateci in campana, però, che la seconda stagione la dovete decidere voi e io ve lo dico, non sarà una scelta semplice. Motivo per cui la deleghiamo ad altri.




Questa settimana, come la foto della nostra sacerdotessa qui sopra può farvi intuire ci siamo dedicate alle prime due volte in cui nel cinema francese di anni 2000 sono arrivati i ritornanti: La Horde e The Pack. Per capire quale tra i due ci sia piaciuto di più bisogna ascoltare l'episodio, che secondo me fa anche molto ridere.

Soprattutto, però, in questo episodio Nuovi Incubi goes National Geographic, e rivela ai suoi ascoltatori la straordinaria scoperta di una nuova specie, assetata di sangue ma in modo nuovincubisticamente adorabile: gli zombie talpa.

Non posso dire di più, ma ascoltateci per altre rivoluzionarie scoperte!

lunedì 31 gennaio 2022

GenNoir: La Nuova Fiera delle Illusioni

10:32

 Ci siamo, il momento per cui abbiamo chiacchierato tutto il mese di noir è arrivato: sono andata a vedere il nuovo film di Guillermo del Toro, La fiera delle illusioni.


A beneficio delle persone che potrebbero passare di qua senza sapere nulla della sottoscritta: guardavo già al cinema con passione e con il lieve trasporto che mi contraddistingue, ma quando ho guardato per la prima volta Il labirinto del fauno ho capito che per me il senso intero dell'arte stava in quella cosa lì. 

Il cinema di Guillermo del Toro non mi ha solo mostrato cosa significhi oggi essere un autore, cosa possa essere il cinema oltre che (se pur rispettabile) semplice intrattenimento, ma soprattutto mi ha riconciliato col mondo, ha preso l'adolescente incazzata che sono stata e l'ha addolcita, perché tanto genuino è il suo sguardo buono sul mondo che non posso non pensare che, in fondo, abbia ragione lui. 

Ha sempre ritratto il peggio del mondo e della storia, ma con le mani fatate di chi ha sempre saputo leggerci le cose migliori. 

In mezzo ad un felicissimo periodo storico in cui ottimi registi proliferano, Guillermo del Toro mantiene un posto nel mio cuore che lo mette al di sopra di chiunque.

Questa intro per dire che ho paura che mi allungherò un po'.




L'adattamento del Nostro è fedelissimo alla storia originale: seguiamo Stanton Carlisle nel suo viaggio verso il successo, da semplice garzone in un circo a incantatore delle ricche folle cittadine, fino a diventare lo spiritista dei ricchissimi. Lo aiuta nel suo viaggio la moglie Molly, e la loro sembra una strada verso le stelle. Sarà l'incontro con Lilith a segnare l'inizio della fine.


A me piace tanto andare al cinema. Mi piace così tanto che quando esco dalla sala per me i film sono tutti bellissimi. Mi faccio cullare dall'entusiasmo per l'esperienza in sala e finisco per amare tutto quanto. Se devo cambiare opinione lo faccio nei giorni successivi, un po' a freddo.

Uscita dalla sala questa notte avrei solo voluto stare in piedi a scriverne immediatamente, per imprimere le sensazioni fresche. Mi sono contenuta, sono andata a letto, ma stamattina è ancora tutto qui, perché quello di del Toro non è cinema da fruizione rapida. Continua a macerare dentro finché non si riesce a mettere a fuoco quello che ha lasciato. Qua oggi ci provo un po'.


La storia di Stan non è una bella favola, non lo era nel romanzo e del Toro non l'ha cambiata. Stan è un personaggio complesso e difficile, che nel corso del film fa un percorso non solo in termini di successo ma anche di evoluzione personale che Bradley Cooper ha portato in scena in quella che è senza dubbio alcuno la miglior interpretazione della sua carriera. Il suo viso nell'ultima inquadratura non me lo dimenticherò mai, mai. Stan nasce nullità: ha bruciato tutto quello che aveva ed è partito, senza meta. Incontra Clem, proprietario di un circo itinerante, che evidentemente vede qualcosa in lui, in quella spavalderia che si porta tatuata sulla faccia, e lo assume. Il circo di Clem è un insieme di mostruosità: sebbene sia superato il momento dei freak show fatti e finiti, la gente è ancora disposta a pagare per vedere qualcuno stare peggio e lui non solo lo sa bene, ma no si fa alcun problema a coltivare questo interesse popolare, presentando, tra le altre cose, lo spettacolo dell'uomo bestia (nel romanzo il mangiabestie). 

La storia di come si crea un uomo bestia, e vederlo sullo schermo, è dura in ogni caso, perché è violento e disumano, e lo è in tutte le sue versioni. Del Toro, però, pur non cadendo mai nella commiserazione, dà alle sue tremende scene un ulteriore tocco di umanità: questo uomo bestia cerca di comunicare il suo disagio, il suo dolore. Stan lo osserva, ne è evidentemente toccato (non si fa problemi a manifestare il suo disappunto con Clem), e fa un gesto microscopico ma fondamentale. Siamo in un noir, tutti non fanno che fumare, e lui fa la sola cosa a cui gli viene da pensare: gli offre la sigaretta. Lo copre quando piove e lo abbandonano davanti ad un ospedale, lo guarda prima di correre via. 

È umanità, questa? No. È un ripetuto strappare la dignità a qualcuno che non ha gli strumenti per riprendersela, ma del Toro non voleva mica ritrarre un cattivo dal cuore d'oro. Stan non è e non sarà mai un eroe, ma è nelle sfumature, negli accenni di compassione, che costruisce un personaggio così forte. Neppure la dolce Molly ha mai uno sguardo per l'uomo bestia, neppure il protettivo Bruno, neppure la materna Zeena. Sono tutti accecati dalla consuetudine di averlo lì, e solo lo sguardo esterno al microcosmo del circo ne percepisce la crudeltà.


Nei primi momenti al circo Stan è silenzioso, riservato. Fa quello che gli viene chiesto senza pensarci troppo, si prende i suoi soldi e non rompe tanto le palle. Però è da subito che lo vediamo come un uomo deciso. Non beve, mai, e lo rivendica con orgoglio. Non accetta di lavarsi nella pozza in cui si lavano tutti. Non ascolta quando gli viene chiesto di stare lontano da Molly. Ci sono piccole sfumature che del Toro ha scelto di inserire e che mancavano nella materia originale che non fanno che dare ulteriore spessore al suo protagonista, il che ha del miracoloso. Il film è tratto da un romanzo, che per sua stessa natura offre molto più tempo per costruire la complessità di una persona, eppure è in questo adattamento che Stan diventa ancora più intenso, il suo ritratto è ancora più puntiglioso. 


Certo, quella Molly lì gli piace proprio, e lui inizia quel lavoro che fanno alcuni uomini per prendersi le donne più fragili. La convince che il circo per lei non sia sufficiente, che meriterebbe di più. Una donna sicura di sé uno così lo manda a spasso, sto dove mi pare e tante grazie. Ma Molly non è così. Vissuta a lungo sotto la protezione del padre prima e di Bruno dopo, cullata dall'amore del circo, non ha avuto modo di diventare adulta a modo suo, e questo suo restare parzialmente bambina le ha permesso di mantenere una cosa che nessuno, intorno a lei, ha più: una morale. Molly, abbindolata dal talento del marito, abituata alla truffa e all'inganno come forme di sostentamento, non riesce a portare il marito sulle stelle perché ha dei paletti morali. Ha dei valori, ha ancora lo sguardo pulito sul mondo, e nonostante la volontà di fare contento il suo uomo non ce la fa. Serve una donna come Lilith, priva di qualsivoglia pensiero genuino, per dare a Stan quello che desidera. Ma siamo comunque in un noir, e l'ambizione non è mai cosa buona. 


Si toccano tematiche strettamente femminili con delicatezza verso lo spettatore (del resto il film lo ha scritto insieme alla moglie, Kim Morgan) ma anche con la durezza necessaria a ricordarci che in quel mondo lì nessuna donna se la passa bene, neppure se sta con un riccone della società bene. Molly è protetta come se fosse di vetro ma con una sola frase ci ricorda che anche se è Ron Perlman in persona a difenderti ti possono succedere cose orrende. L'intera storia che porterà alla fine del film è la storia di una donna che ha perso contro il volere di un uomo. Hanno scelto di non dare troppo tempo ad alcuni episodi terribili, perché non serviva altro che una singola frase per identificarli come tali, e sì, naturalmente parlo di quello che Molly dice a Stan mentre si baciano per la prima volta. 


Questa, prima di tutto, è una storia sulla dannosità del potere, tema che abbiamo visto raccontato tante volte dal Nostro. In passato ha parlato tanto del potere che gli uomini esercitano sulle donne, sfruttando una posizione di inferiorità imposta dalle strutture sociali, ha parlato di donne che nascondono quello che sono, ha parlato di uomini ricchissimi con la possibilità di fare quello che pareva loro come pareva loro, nei confronti delle altre persone, delle creature, del mondo intero. Qua il potere passa da un personaggio all'altro, perché è una storia molto lunga che tocca un arco temporale piuttosto importante, e ogni persona toccata dal proprio "turno" con lo scettro in mano ha sopraffatto, sfruttato, truffato qualcun altro. Non usa giudizio negativo diretto verso le persone, ma verso le dinamiche che rendono alcune persone superiori ad altre. 


Quello che del Toro ha portato in più in una storia ormai conosciuta, è la profondità, la mancanza di giudizio, la voglia di ritrarre le persone come fenomeni complessi e mai incasellate. Ha scelto per questa varietà umana attori in stato di grazia, che parlano con gli occhi e regalano a questi circensi un calore che forse, ora che l'ho trovato qui, riconosco mi sia mancato sia nel libro che nel film del '47. Ha aggiunto dettagli, scene brevissime, accenni, frasi buttate qua e là ma che insieme al resto, ovvero una storia ottima e molto potente, hanno costruito un film incantevole. Ci ha messo la sua estetica particolarissima (dico solo: la bellezza, la bellezza, della casa degli orrori), i suoi colori magnifici (lo dovete vedere al cinema, fatemi e fatevi questo favore), il look curatissimo che tanto amo e che contraddistingue i suoi lavori da sempre, e ha raccontato un mondo in cui non esistono buoni o cattivi, esistono le persone e le circostanze della vita. Esistono gli errori, le strade sbagliate, i traumi del passato, le conoscenze sbagliate per noi, la fragilità che ti è data dall'avidità. Guillermo del Toro non poteva ridurre questa storia ad una lotta tra chi truffa e chi viene truffato, doveva costruire un ritratto realistico del mondo, in cui si diventa quello che si è e in cui non sempre è solo colpa di chi cade e sbaglia. In cui capitano incidenti, in cui si mette la morale da parte un secondo di troppo e si finisce per farsi ancora più male, in cui l'individualità è sì portatrice di cattive notizie ma in cui è anche compresa. 

E fa tutto questo in un film che, anche solo per estetica, è la cosa più bella che ho visto di recente. 


Poi va beh, ha aggiunto i feti deformi conservati nei vasetti, perché va bene che è il suo primo film senza elementi soprannaturali, ma è pur sempre del Toro e almeno un paio di creaturine doveva mettercele. E ovviamente sono bellissime pure quelle. 


venerdì 28 gennaio 2022

GenNoir: Le prime fiere delle illusioni

10:24

 Ci siamo, finalmente!

Dopo un'attesa che sembrava infinita, il nuovo film di Guillermo del Toro è uscito anche in Italia. Il mio piano è di andare a vederlo nel weekend, appena il lavoro mi concederà il minimo indispensabile di tregua.


Per concludere il nostro microviaggio nel noir, quindi, bisognava arrivare preparati alla storia di Stanton, e quindi mi sono letta il libro e vista il suo primo adattamento, quello del 1947.

Ne parliamo insieme.




Quello di Edmund Goulding è un adattamento piuttosto fedele. Film e libro parlano di Stanton Carlisle, che lavora in un circo itinerante. Conosce e frequenta Zeena, che insieme al marito ubriacone Pete ha un numero da indovina. Pete e Zeena hanno un metodo per far funzionare il loro numero che prevede una comunicazione in codice, e che ha permesso loro, ai tempi d'oro, di guadagnarsi fama e ammirazione. Stan decide di fare suo il loro metodo, e dopo essersi sposato con la giovane Molly parte alla ricerca di fortuna, imbrogliando la società per bene con i suoi trucchi da mentalista. Conoscere Lilith Ritter sarà l'inizio della sua fine.


Io con i libri ho bisogno del colpo di fulmine, perché la vita è troppo breve e i libri da leggere troppi. Se non mi conquisti entro le prime pagine ti lascio senza pietà. Il libro di Gresham il colpo di fulmine non me l'ha dato, eppure sono rimasta vincolata a lui perché me lo ero portata appresso per fare un tampone, e l'attesa si è rivelata più lunga del previsto. Io e Stanton, quindi, siamo rimasti insieme un bel po', e ho avuto modo di lasciargli più tempo del consueto per provare a conquistarmi.

Non so se ho davvero imparato a dare più chance ai libri, dopo questa lezione, ma di sicuro ho fatto bene a non mollarlo, perché una volta che la mia testa è entrata in quella di questo omuncolo, non ho più avuto scampo.


Il romanzo, per me, è ottimo. Ha una costruzione che definirei rilassata, si prende il tempo di introdurre personaggi che all'apparenza sono secondari e di accompagnare il lettore con molta calma alla conoscenza di Stan. Nello specifico, tutta la prima parte del libro è dedicata a Molly, la futura moglie, una bambina mai cresciuta, vissuta finché ha potuto all'ombra di un padre importante e protettore, che non l'ha mai davvero preparata al mondo. Morto il genitore, Molly è rimasta al circo ed è finita in sposa ad una personalità altrettanto soverchiante: Stanton è un po' l'entieroe classico del noir: nato povero, con una posizione lavorativa e sociale che non lo soddisfa, intelligente e ambizioso al limite dell'eccesso, ma allo stesso giudicante e snob con chi si trova in una posizione leggermente inferiore alla sua. 

Non esiste solidarietà tra ultimi, nel mondo di Stanton, ma solo desiderio individuale di successo. Abbiamo visto in diversi film che nel noir tutto quello che conta è il successo individuale, la voglia di farcela nonostante tutto, il desiderio di superare gli altri, e Stanton incarna queste cose alla perfezione. In una delle prime scene lo vediamo giudicare severamente il mangiabestie del circo, chiedendosi come possa un uomo ridursi così. Tyrone Power è una scelta perfetta per questo personaggio, ha uno sguardo costantemente superiore nei confronti di tutte le persone con cui si approccia: con gli ubriaconi del circo, con Zeena, che aveva una possibilità ma non l'ha più sfruttata, con la debole mogliettina, con i ricchi che inganna. Lui è migliore di tutti, è superiore a questa piccola umanità senza ambizioni e desideri di gloria.


Il romanzo cambia quasi tono, quando diventa la storia di Stan. Se l'autore guarda quasi con tenerezza a Molly e alla sua infelice storia, assistiamo all'evoluzione di Stan con uno sguardo ben più distaccato. I compagni veri il suo lo chiamerebbero tradimento di classe, per il modo sfacciato con cui abbandona la vita che lo ha cresciuto, quella del circo, alla ricerca di qualcosa di più. La sua avidità lo acceca, e quindi, naturalmente, lo rende fragile. All'incontro con Lilith nulla lo distingue da quei ricconi che ha passato anni ad imbrogliare. 


Da questo momento spoiler


Film e libro sono così vecchi che il rischio spoiler è davvero limitato, ma non so se e quanto l'adattamento dell'amoremio sia simile, quindi un alert era dovuto.


Ormai lo abbiamo visto succedere una decina di volte: l'ambizione, nel noir, viene spesso punita, e la storia di Gresham non è da meno. Stan finisce per farsi fregare, perché il mondo offrirà sempre persone più brillanti o più disoneste di noi. Persa la moglie, persa Lilith, persi i soldi e tutte le possibilità, Stan finisce sul lastrico, alcolizzato e disperato, esattamente come il Pete che ha accidentalmente ucciso all'inizio della storia. Torna alla vita del circo, dove per quelli come lui c'è un solo posto disponibile: quello del mangiabestie. 


Nightmare Alley, pur non avendo pistole, tradimenti, poliziotti e locande coi juke box, incarna alla perfezione quel poco che ho capito sul noir e, se possibile, lo rende più vicino ai miei gusti. Il racconto di Stan, di come la sua determinazione gli si rivolti contro e diventi la sua rovina, è molto umano e doloroso. Il romanzo si apre e si chiude sul racconto di come nasce un mangiabestie, di quale punto basso dell'umanità si arrivi a sfiorare perché un padrone più ricco di te possa prendere la tua dignità per farne quello che gli serve. Non si giustifica mai Stan, il suo essere un detestabile arrivista incurante degli altri, ma si racconta di come la vita sia imprevedibile e di come il giudizio affrettato verso gli altri non sia mai una buona idea. Quando la crescita personale (quella economica, almeno, Stan di sicuro non crede di aver bisogno di maturare) arriva solo attraverso lo sfruttamento degli altri, la sopraffazione, il giudizio e il sentimento di superiorità, la conclusione non può che essere il fallimento. 


Nel complesso ho amato più il romanzo del film, perché questa è una storia che ha avuto bisogno dell'approfondimento che per forza di cose le pagine garantiscono in più rispetto al film, ma trovo che Goulding abbia fatto un ottimo lavoro nel rendere giustizia al racconto di personaggi così interessanti.


Gli Stanton Carlisle hanno vita breve, in questo tipo di storie. 

Sono molto curiosa di sapere il taglio che del Toro ha dato alla sua vicenda, perché lui è solito parlare di un'umanità ben più felice di questa. Non fraintendetemi, parla di cattivi crudelissimi e di circostanze storiche tremende, ma i suoi protagonisti sono sempre i buoni. Ritrae con sentimento genuino la parte migliore dell'umanità perché ha un cuore grande davvero pieno di buoni sentimenti, e sarà interesante vedere come porterà sullo schermo la personalità di Stan, la rassegnazione di Zeena, la fragilità di Molly, la crudeltà di Lilith. Il suo modo di parlare delle persone è sempre rotondo, e non è certamente da lui classificare le circostanze della vita in una dicotomia semplicistica di bene e male. Confido sarà stato in grado di mostrare tutti gli aspetti in cui questa storia è tragica. Ho fiducia in lui più che in qualsiasi altro regista del mondo. 

Ne riparliamo questo weekend. 


mercoledì 26 gennaio 2022

GenNoir: Detour

13:33

 Per una volta nella mia vita sono stata previdente, e sono così orgogliosa di questo piccolo successo che devo condividerlo.

Di tutti i noir previsti nella mia preparazione per Nightmare Alley ce n'era uno più breve degli altri, quello di cui parliamo oggi. Me lo ero tenuto nel caso avessi avuto una giornata con dei contrattempi, e siccome alla fine quella giornata è arrivata ed è oggi, sono così contenta di essermi tenuta il film che anche se si tratta di una cazzatina volevo condividerla con voi.

Oggi, quindi, nel poco tempo che ho, parliamo di Detour. 




Il film


Diretto da Edgar G. Ulmer nel 1945, il film si è fatto una gran fama per la sua natura da b movie: girato in meno di una settimana e con un budget ridotto, soprattutto in relazione al suo buon successo di botteghino.

Parla di un pianista, Al, la cui fidanzata cantante lo ha lasciato per andare a Los Angeles in cerca di fama. Non ha una lira, il nostro, quindi per raggiungerla deve affidarsi all'incerto e pericoloso uso dell'autostop. Come prevedibile, finisce in un mare di casini. Gli offre un passaggio Charles, che però muore in auto per quello che sembra un infarto, lasciando il nostro Al con una scelta da fare: rivolgersi alla polizia, rischiando di essere accusato di omicidio oppure tenersi auto e identità del defunto e raggiungere l'amata? Al sceglie la seconda ipotesi, ma l'incontro con Vera, altra autostoppista, complicherà i suoi piani.


Al momento in cui scrivo si trova gratuitamente su Youtube, anche in italiano, a questo link.


Cosa ne ha detto del Toro


"Edgar G. Ulmer was basically a really speedy, economical B-picture type of director. There is a scene with Tom Neal where he unwittingly uses a phone cord as a manslaughter weapon. That is echoed in a scene with Lilith and Stan [in Nightmare Alley]; it's a small quote. The main thing about it is how unsparing it is.


Traduzione farlocca di medesima:

Edgar G. Ulmer era sostanzialmente un tipo di regista veloce, economico, da B movies. C'è una scena in cui Tom Neal (Al) usa senza volere il cavo del telefono come arma per un omicidio. Rimando a questo in una scena in Nightmare Alley con Lilith e Stan, è una piccola citazione. La cosa più importante del film è quanto non si risparmi.


I miei due spicci


I due personaggi principali di questo film, Al e Vera, sono la cosa che lo rende indimenticabile. Un fallito e rassegnato uomo che crede che tutte le sfortune della sua vita siano da attribuirsi ad un fato avverso e mai alle sue decisioni sbagliate, lasciato da una donna che per una volta pensa a se stessa e alla propria carriera e non al desiderio di matrimonio del proprio fidanzato, che combina un disastro dopo l'altro e passa tutta la breve durata del film (pochi minuti sopra l'ora) a lamentarsi di quanto il mondo sia ingiusto e il suo destino proprio triste.

L'altra è una donna di polso e violenza, che usa le unghie come armi per difendersi da uomini poco raccomandabili e che ha la lucidità di saper sfruttare a suo vantaggio non solo una situazione complessa ma anche un uomo complessato. Tutto il film è un confronto costante tra la testa di lui, troppo presa a farsi problemi inesistenti per essere in grado di occuparsi di quelli reali, e quella di lei, impegnata a prendere la situazione di lui e rigirarla come un calzino per il proprio profitto.


Posso ammettere? Capisco che sia un crime, che continua a parlare di persone in difficoltà, della ricerca di una vita migliore,  di crimini, omicidi e furti di identità, che come ci insegna il maestro Dwight Schrute non è uno scherzo, ma questo film è divertentissimo.

Al è davvero un meme vivente. Incazzato, deluso, col cuore infranto, prende una decisione sbagliata dopo l'altra con una frequenza che davvero è un po' preoccupante, e da guardare è un gioiello. Poi arriva lei, Vera, e ormai il film è iniziato da mezz'oretta e ci avviciniamo alla fine, e per i successivi 30 minuti lo riempie di schiaffetti morali, umiliazioni, inganni. 

Non finirà bene, perché pur sempre di cinema noir parliamo e ormai sappiamo che le facilonerie per fare soldi non finiscono bene, ma quanto è godurioso?

Senza alcun dubbio quello che riguarderei più volentieri della carrellata.

 

martedì 25 gennaio 2022

Programmazione doppia: GenNoir e Nuovi Incubi!

18:06

Oggi giornata piena di content, qui nella Redrumia!

Partiamo dalle cose entusiasmanti: è uscito un nuovo episodio di Nuovi Incubi. Era arrivato il momento di parlare di Martyrs, picco e conclusione della New French Extremity. La prima stagione del podcast non si conclude qui, però, abbiamo ancora un paio di chiacchiere francesi da fare prima della nostra prima pausa. Per ora, però, godetevi l'episodio, che vista l'occasione speciale ha la prima ospite della storia di Nuovi Incubi! La nostra amica Silvia è venuta a darci supporto emotivo, perché la materia scotta e pure parecchio, e il risultato, se ormai avete un pochino imparato a conoscerci, lo potete prevedere: abbiamo riso due ore e mezza, perché le tragedie le affrontiamo così, in leggerezza.

Potete ridere con noi a questo link.



Adesso che la cosa divertente ce la siamo giocata è il momento di tornare a parlare di gente con elegantissimi fedora che si spara. 

Oggi parliamo di Crimine silenzioso.




Il film 


Siamo nel 1958, negli anni finali dell'epoca d'oro del noir, e il film esce con il titolo originale The Lineup, per mano di una vecchia conoscenza degli amanti dell'orrore Don Siegel. 

Parla di un carico di eroina che finisce in mano a ignari trasportatori e che causa una serie di conseguenze pericolosissime per chiunque entri nella sua traiettoria. 


Al momento in cui scrivo si trova gratuitamente su Youtube a questo film.


Cosa ne ha detto del Toro


"A Don Siegel movie that even now is relentless and absolutely brutal. The characters that should not get killed get killed in a merciless way. Eli Wallach is incredible fierce with no loyalty and can turn on a dime. The film is set in San Francisco and it portrays the city in a unique way that’s full of menace. Just as Vertigo portrays it in a very romantic, gothic way this one is gritty and savage and naked. And the final chase is fantastic."


Traduzione farlocca di medesima:


Un film di Don Siegel che anche visto oggi è implacabile e assolutamente brutale. I personaggi che non dovrebbero morire vengono uccisi senza pietà. Eli Wallach (uno dei detective che si occupa del caso, N.d.T.) è feroce, privo di lealtà e che cambia repentinamente. Il film è ambientato a San Francisco e ritrae la città in modo unico e minaccioso. Proprio come Vertigo la rappresenta in modo romantico e gotico, questo è crudo, selvaggio e nudo. E la caccia finale è fantastica.


I miei due spicci


Che stavolta saranno due davvero.

Sono certa che Don Siegel dormirà sereno nel suo letto eterno sapendo che ci sono pochi film nella mia vita che mi hanno lasciato più indifferente di questo. 

Temo che sia semplicemente colpa del mio essere completamente disinteressata alle faccende di droga e spaccio, nemmeno se è internazionale, nemmeno se coinvolge poveri passeggeri ignari. In questo caso non è un giudizio sul film, figuriamoci se mi posso mettere a sindacare sulle scelte di Don Siegel. È una mera questione di gusto personale che nulla ha a che vedere con l'effettiva qualità del film.


Ormai nel mio breve periodo di incursione nel noir ho capito questo: dell'azione e del crime fini a se stessi continua ad importarmi poco, il che forse non mi rende la spettatrice ideale, ma spesso si toccano grandi punti di umanità, con ritratti, seppur elegantissimi e di gran classe, di quella che è la povertà, la difficoltà sociale. Non sono sempre storie di avidità e gola, come ingenuamente pensavo quando del genere sapevo ancora meno di adesso.

Questo cosa mi insegna? Che i miei luoghi comuni, come in tutti gli altri ambiti della vita, posso mettermeli in tasca e buttarli nella spazzatura insieme a quegli scontrini che butto troppo di rado. 

lunedì 24 gennaio 2022

GenNoir: Golfo del Messico

16:47

Com'è che dicevo?

Un post al giorno fino al 27? 

Ecco, lo dico a beneficio di chi stia passando di qua per la prima volta: mi contraddico spesso. Così tanto spesso che la "promessa" di un post al giorno l'ho fatta meno di una settimana fa e già l'ho infranta.

Ieri, però, era il mio ultimo giorno di isolamento (sono negativa, amici!) e ho voluto godermelo letteralmente lanciata sul divano con la ferma intenzione di non fare nulla.

Quelle, di promesse, in cui non devo fare nulla, sono bravissima a mantenerle.


Ma oggi torniamo a noi, che è lunedì e bisogna tutti lavorare: parliamo di Golfo del Messico.





Il film


Uscito nel 1950 con il titolo originale The Breaking Point, è diretto da Michael Curtiz, signore che potreste forse avere già sentito nominare per un certo Casablanca.

Secondo adattamento del romanzo di Hemingway (potreste avere già sentito nominare anche lui) Avere e non avere, parla di Harry Morgan, pescatore che se la passa piuttosto male. La sua attività non funziona, è pieno di debiti, e ha moglie e due figlie piccole da mantenere. È un uomo onesto, Morgan, ma quando una ghiotta occasione di fare un po' di soldi gli si presenta, è difficile non accettare. Ormai in questa rubrica lo abbiamo imparato fin troppo bene: soldi facili = è un casino.


Cosa ne ha detto del Toro


"John Garfield brings a grittiness and reality to the part. He’s a man torn between what he should or should not do and what he has and what he could have. Which are essential conflicts in noir. And they are very much acted on in Nightmare Alley. It’s directed by the great Michael Curtiz, but is based on an Ernest Hemmingway novel To Have and Have Not."


Traduzione farlocca di medesima:

John Garfield (Harry) regala coraggio e realtà alla parte. È un uomo combattuto tra quello che dovrebbe e quello che non dovrebbe fare, e tra quello che ha e quello che potrebbe avere, che sono elementi di conflittualità essenziali nel noir, e che sono elaborati anche in Nightmare Alley. È diretto dal grande Michael Curtiz, ma tratto dal romanzo di Ernest Hemingway Avere o non avere.


I miei due spicci


Parecchio doloroso, questo, che era un sentimento che finora non avevo incontrato nelle visioni di questa carrellata.

Abbiamo incrociato spesso personaggi problematici o che si portano appresso difficoltà anche notevoli, ma questo spaccato di vita reale è stato molto più intenso di quanto visto finora.

Harry ha una vita complessa, ma non tragica. 

Ha un matrimonio felice, lui e la moglie Lucy sono spesso ritratti in momenti di tenerezza, ha due figlie che sono un ritratto adorabile e caciarone dell'infanzia, quello che gli manca sono i soldi. Come sa chi ha conosciuto circostanze del genere, non c'è amore che tenga, se manca il pane in tavola. 

Lucy non è certamente una moglie esigente: vuole dare il minimo indispensabile alle sue bambine, senza chiedere nulla per se stessa, vuole che il marito resti fuori dai casini. Eppure Harry campa con questa sorta di orgoglio spaccato, si vede fallito, pur non accettando aiuti dalla moglie, e cade nella più antica delle trappole: persona con più soldi di te che capisce come stai messo e ti offre una facile scappatoia, a patto di potersi tenere la giusta percentuale.


Dal momento in cui entra in queste dinamiche pericolose e illegali, anche Harry si trasforma: da tenero padre di famiglia diventa uomo disposto a combattere, ad usare le armi, a buttare la gente in mare, pur di proteggersi e proteggere il proprio futuro. Come abbiamo già visto succedere nei giorni scorsi, la possibilità di mettere mano sul denaro, ma anche il desiderio di fregare gli altri, di risparmiare qualcosa, di imbrogliare, tirano fuori da tutti i personaggi del film il peggio, rendendolo, di nuovo, un film in cui ci si spara per soldi. È interessante che una dinamica praticamente identica sia stata, in queste poche visioni, sviscerata in maniera sempre diversa, con dettagli che arricchiscono la questione di punti di vista e di personaggi completamente diversi.


Quello che distingue Harry dagli altri uomini assetati di denaro che abbiamo visto finora è che la sua non diventa mai avidità. Questo è un uomo che deve dare da mangiare alla sua famiglia, e se il prezzo da pagare è sparare ad un criminale, beh, non ci si fanno troppi problemi. 

Il punto è che in una guerra tra poveri non se ne esce mai vincitori, e infatti come ho detto il film è parecchio doloroso. Non solo perché Harry stesso pagherà le conseguenze delle sue scelte e della sopraffazione di chi si arricchisce alle spalle dei poveretti, ma anche altri personaggi, che non ho nominato per non spoilerare troppo, finiranno vittime di queste dinamiche marce. 


Sebbene non sia la prima volta che mi appassioni a un film di questa carrellata, questa forse è la prima volta in cui mi sono emozionata così. 

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