Visualizzazione post con etichetta zombie. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta zombie. Mostra tutti i post

venerdì 6 maggio 2022

Gli anni '30: White Zombie e l'origine dei ritornanti

17:29
In questi primi due decenni di ricostruzione della storia del cinema dell'orrore abbiamo visto quasi tutte le creature che ci accompagneranno per tutto il percorso: demoni, streghe, vampiri, scienziati pazzi...
All'appello, però, insieme ad altri amici che conosceremo settimana dopo settimana, mancano i più politici di tutti: gli zombie. 
Questo perché fino al 1932, anno di uscita di White Zombie, dei ritornanti non si era ancora parlato, o almeno non nei termini che utilizziamo ancora oggi.
Oggi, quindi, vediamo insieme la storia e le conseguenze di un film piccolo e anche un po' odiato, una delle rarissime incursioni di casa United Artists nel mondo del cinema dell'orrore.


manco la faccio la gag per farvi indovinare di chi siano sti occhi da ossesso



Le origini del mito


Mi verrebbe fin troppo facile riassumere la nascita della figura dei morti viventi con un semplice "i bianchi fanno schifo", ma è un po' come dire che l'acqua è bagnata ma non spiegare perché disseta, quindi mi impegno un po' di più. 
Per quanto il concetto di ritorno dalla morte sia effettivamente parte di più di una cultura, è all'Haiti del diciassettesimo secolo che dobbiamo la figura dello zombie il più simile possibile a quella che intendiamo oggi. E dico che i bianchi fanno schifo perché naturalmente Haiti era una colonia francese. E colonia = schiavitù. E schiavitù = metodi diversi di gestire l'immensità della situazione da parte delle persone che la subivano. Nascono credenze popolari, suggestioni, che vogliono la possibilità del ritorno dalla morte come qualcosa di tutto fuorché positivo. Chi moriva e poi tornava lo faceva in uno stato di totale assenza dell'anima: a tornare erano solo i corpi. Questo portava ad una maggiore oppressione, una totale cessione del corpo al volere dell'altro. Se non esisti come umano ma solo come corpo sei maggiormente comandabile, la sopraffazione su di te è totale. Lo zombie, quindi, è il frutto della paura più grande, della peggiore delle realtà possibili. Il più rappresentativo simbolo dell'ingiustizia sociale.

Non ci sono molte fonti riguardanti la figura del ritornante precedenti la Rivoluzione Haitiana, quella per l'abolizione della schiavitù e la liberazione dal governo francese, avvenuta tra il 1791 e il 1804. Sappiamo che la parola compare per la prima volta nel 1697, in un testo autobiografico di Pierre-Corneille Blessebois (non chiedetemi mai quante volte ho fatto un controllo sul modo corretto di scrivere il suo nome), intitolato Le Zombi du Grand Pérou, considerato oggi il primo romanzo coloniale francese. 
Dopo la Rivoluzione, le condizioni di vita ad Haiti non sono migliorate, almeno per i membri delle classi inferiori (una grande sorpresa per nessuno): politica instabile, differenze di classe, leader affamati di potere. Il risultato è che la schiavitù è stata sì abolita, ma non la supremazia dei ricchi sui poveri, che restano pesantemente controllati. Fu inevitabile, poi, l'interessamento degli Stati Uniti verso una nazione fragile ma ricchissima. Nel 1910 gli USA ottengono il monopolio economico della nazione, e il resto è storia. 
È dopo la Rivoluzione che lo zombie di Haiti diventa parte della religione Voodoo e non solo elemento folkloristico: sono gli sciamani , gli stregoni chiamati bokor, a crearli, di nuovo per far svolgere loro mansioni di varia natura. 
Per i poveri morti non c'è pace.

Punto di svolta nella narrazione degli zombie haitiani arriva nel 1929: William Seabrook, noto occultista americano, pubblica un testo che è un resoconto di un periodo trascorso sull'isola, The Magic Island, oggi accreditato come principale ispirazione per il film di cui, giuro tra poco, parleremo. Nel testo accenna a loro come a soulless human corpses, cadaveri umani senz'anima. Racconta di pratiche Voodoo, di stregoneria, di pozioni con erbe e incantesimi. Non ne parla con toni negativi, non le paragona a pratiche primitive e superate, ma piuttosto come di un elemento spirituale molto potente e sentito, a suo dire perduto nella comunità da cui proviene, gli Stati Uniti. Parla però anche di lavoratori defunti, ma non nel senso di morti bianche: proprio di morti che continuano a lavorare. Gli viene offerta la possibilità di conoscere "uno zombie", opportunità che il nostro coglie felicemente. Pare lo abbiano direttamente portato in una sugar factory, tanto lo zombie stava di turno.
È questo testo che porta alla nascita del film, e sarà il film a creare l'immaginario intero degli zombie che ci portiamo ancora appresso. La figura del ritornante non prende subito piede, però: dopo il film del '32 c'è un sequel, quattro anni dopo, e infine i tentativi di Tourneur nel decennio successivo, ma si tratta di tentativi sporadici, non di un filone vero e proprio.
Per quello ci tocca aspettare Romero.


Il film


Ormai, grazie anche al lavoro di Seabrook, il pubblico conosceva il concetto di ritorno dalla morte: perché non lucrarci su? Il primo tentativo arriva nel '32. L'horror sta facendo soldi buoni, è un rischio tutto sommato limitato. 
I fratelli Halperin hanno un budget limitato (50mila dollari), qualche studio a disposizione, la presenza (tutto sommato economica, con grande rimpianto dell'attore) di Bela Lugosi e la possibilità di girare solo di notte. Si portano a casa il film in poco più di 10 giorni. Haiti all'epoca entrava nel diciassettesimo anno di occupazione americana ed è proprio durante l'occupazione che il film è ambientato. Racconta di Madeline e Neil, una coppia felicemente in procinto di sposarsi, proprio ad Haiti, in prossimità della piantagione di proprietà di Charles Beaumont. Beaumont, però, è follemente innamorato di Madeline ed è disposto a tutto per averla tutta per sé. Bisogna sempre stare attenti a quello che si desidera, però, perché ad aiutarlo c'è Murder Legendre, il personaggio di Lugosi, che ha tutto fuorché buone intenzioni.

Oggi riconosciuta come una delle rappresentazioni più fedeli dello zombi in senso haitiano, il film fa un buon successo di botteghino ma non di critica: viene quasi all'unanimità criticato principalmente per le interpretazioni, il che a me oggi fa un po' ridere perché uno è Lugosi e l'altra una zombie, viene da chiedersi cosa ci si aspettasse. Non solo, il film fa un grande uso dei silenzi, che mi ha nostalgicamente riportato ai giorni del cinema muto, e secondo me ci gioca molto bene, con una recitazione che rimandando agli antichi fasti non è certo debole. Ma questa è solo un'opinione mia. 

Quando si dice che il film parla bene degli zombie di Haiti è perché è principalmente un film che parla di schiavitù. Nonostante il focus sia su Madeline e l'amore malato che Beaumont prova per lei, il problema vero è che l'intera piantagione è sostenuta da zombie. C'è una scena agghiacciante di una morte sul lavoro che fa impallidire il cinema drammatico di oggi. Gli zombie sono ripresi sul lavoro, mentre silenziosi, lenti e obbedienti, creano la ricchezza di Beaumont. La morte del loro compagno non è nemmeno vista, si prosegue nella fatica come se nulla fosse successo. Nel senso più tradizionale dello zombie, questi non sono morti e ritornati, sono vittime di un incantesimo che li annienta e li rende solo corpi lavoratori. Il film è uno specchio del colonialismo americano e dei suoi disastri. 

Leggenda vuole che la distribuzione del film abbia invitato i singoli esercenti a utilizzare cittadini neri, preferibilmente in abiti tradizionali, se poi per favore possono anche cacciare qualche urlo animalesco, grazie, ci fareste molta pubblicità. Andarono così spietatamente contro tutto quello che il film così aspramente criticava. Voleva essere un modo per lanciare questa storia di magia nera, è stato solo l'ennesimo caso di lurido razzismo. Anche in questo caso, sorprendendo nessuno.
Ancora più agghiacciante per lanciare proprio un film che fin dalle sue prime scene mostra che il mostro è l'oppressore. Quando la coppia sta arrivando a destinazione subisce una brusca battuta d'arresto: in mezzo alla strada c'è un funerale. 
Alla richiesta di spiegazioni, l'autista della carrozza (si chiamano autisti anche se guidano le carrozze?) racconta che le persone del luogo sono costrette a seppellire i propri morti per la strada, dove passi sempre gente, per paura che qualcuno (aka il bianco oppressore del cazzo) se li vada a riprendere.
Come poi gli americani siano riusciti anche a rovinare il lancio di questa roba mi è inspiegabile. Non ce la fanno manco se glielo disegni. 

Siamo molto lontani dallo zombi a cui devi sparare in testa, da quello che parla di società e capitalismo, da quello che diventa narrazione della malattia e del fine vita. Certo, lenti son lenti anche questi.
Quello che abbiamo, però, è un amarissimo ritratto dello sfruttamento, dell'oppressione, della schiavitù, della totale disumanizzazione dello schiavo, di una società capace di prendere un'intera fetta dell'umanità e trasformarla in vegetale a proprio piacimento. Gli esseri umani qui sono macchine da lavoro, bestie da soma, vuote di occhi e di voce. Naturalmente allo stesso modo sono trattate le donne: Madeline è oggetto del desiderio malsano di Beaumont, a cui poco importa del contenuto: il guscio è bello e lo voglio io. Quando capisce che gli esseri umani sono qualcosa di più non è solo troppo tardi, è pure limitato: non posso andare a letto con lei, non vedi che è vuota? Lo schiavo no, quello tienilo che mi occorre ancora. 

In barba alle sue critiche, per me White Zombie è fondamentale, durissimo, angosciante. 
È pubblico dominio, non avete scuse: lo trovate qui.




Le fonti di questo post:
(come sempre, asterisco significa link affiliato Amazon, grazie se lo userete!)

Fay, Jennifer, Dead Subjectivity


martedì 8 febbraio 2022

Nuovi Incubi - La Horde e The Pack

10:00
Come ci siamo ripetute fino alla nausea, la New French Extremity si conclude in bellezza con Martyrs. E del resto, dopo un lavoro come quello, era difficile immaginare che potesse andare avanti a lungo.

A me e a Lucia, però, piace fare le cose per bene, e siccome il cinema francese ha altre cose di cui per un motivo o per l'altro vale la pena parlare, abbiamo ancora qualche episodio da fare per arrivare alla fine della prima stagione del nostro podcast.
Restateci in campana, però, che la seconda stagione la dovete decidere voi e io ve lo dico, non sarà una scelta semplice. Motivo per cui la deleghiamo ad altri.




Questa settimana, come la foto della nostra sacerdotessa qui sopra può farvi intuire ci siamo dedicate alle prime due volte in cui nel cinema francese di anni 2000 sono arrivati i ritornanti: La Horde e The Pack. Per capire quale tra i due ci sia piaciuto di più bisogna ascoltare l'episodio, che secondo me fa anche molto ridere.

Soprattutto, però, in questo episodio Nuovi Incubi goes National Geographic, e rivela ai suoi ascoltatori la straordinaria scoperta di una nuova specie, assetata di sangue ma in modo nuovincubisticamente adorabile: gli zombie talpa.

Non posso dire di più, ma ascoltateci per altre rivoluzionarie scoperte!

martedì 5 settembre 2017

George Romero Day - Il giorno degli zombi

15:41
C'era una volta George Romero.
C'era, e oggi non c'è più. Ci ha salutati a luglio. Lui e la sua deliziosa faccetta andavano commemorati, e quando con gli altri blogger ci si è organizzati per questa giornata non mi sono tirata indietro.
Pausa ai vampiri, quindi, per oggi.
C'è un Maestro da omaggiare.



Il giorno degli zombi narra di un mondo completamente in rovina. Non abbiamo assistito all'apocalisse z, ne vediamo solo le conseguenze. Gli zombie sono ormai padroni del mondo e i pochi umani superstiti vivono sottoterra. Conosciamo gli abitanti di una base militare, in cui un gruppo di scienziati, con l'aiuto di alcuni militari, sta lavorando sulla possibile soluzione al problema dei ritornanti.


Per questa recensione commemorativa avrei potuto scegliere La notte dei morti viventi. Sarebbe stato facilissimo perché sarebbe stato niente più che un altarino di parole ad uno dei miei film preferiti di sempre. La cattiveria del finale de La notte, però, è stata presa, dilatata un po', aggiustata qua e là, e messa ne Il giorno degli zombi. 
Davvero, se è una brutta giornata, se non vi sentite benissimo, se avete perso la fiducia, guardate altro per l'amor di dio che non voglio avervi sulla coscienza.  Perché il terzo film del ciclo degli zombi è di un pessimismo estremo. Non pensate che vi siano segnali di miglioramento, di speranza, di happy ending. Non c'è NIENTE, NIENTE di positivo in questo film maledetto. Non un momento di respiro, di leggerezza (e quelli che ci sono, brevissimi, sono di un'amarezza spaventosa), mai uno spiraglio di luce. Il mondo è perduto e noi con lui.

I due grandi mondi ritratti nel film ne escono annientati. La scienza, che diventa ossessione, non guarda più in faccia nessuno, si fa beffe di qualsiasi etica e punta dritta all'obiettivo, regalandoci con il personaggio di Bub una delle scene più strazianti mai viste in un film sui ritornanti. Se però è chiaro che gli uomini di scienza ci vengono comunque presentati come 'i buoni' (ammesso che simile scemenza esista), per i militari davvero non c'è pietà. Sono barbari, sporchi, malvagi, egoisti fascistelli con un chiaro microcefalo, un po' troppa patata in testa per il contesto in cui sono e ben poco rispetto per il prossimo. Avesse potuto avrebbe diretto il film con ACAB scritto in fronte col sangue finto.

Estremo, di un gore notevolissimo che non lascia indifferenti, con un inizio storico e una posizione precisissima e nessuna paura di urlarla al mondo, Il giorno degli zombi mi pareva il modo migliore per salutare George Romero.

Negli ultimi 50 anni abbiamo avuto un film sugli zombi di Romero indicativamente (molto indicativamente) ogni 10 anni. Ha visto la società cambiare, non sempre in meglio, e, con lo sguardo acuto dei più intelligenti tra noi, l'ha criticata violentemente, con secchiate di sangue e viscere allo scoperto. Vederli oggi è interessante non solo perché sono film eccezionali, ma perché conosciamo la storia avendola vista da occhi esterni, quelli del futuro.
Avere la possibilità di guardare il marcio di oggi attraverso i suoi occhi sarebbe impareggiabile.
Un privilegio di cui siamo stati privati.
C'è una sola fortuna, in tutto ciò.
Gli uomini non cambiano mai.






I miei amici che insieme a me oggi ricordano quello che GR ci ha lasciato:

Delicatamente Perfido - La notte dei morti viventi

White Russian - La terra dei morti viventi

Non c'è paragone - La città verrà distrutta all'alba

Combinazione casuale - Martin

Una mela al gusto pesce - Bruiser

Pietro Saba World - Monkey Shines - Esperimento nel terrore

The Obsidian Mirror - George of the dead

Bollalmanacco - La metà oscura

lunedì 13 febbraio 2017

Nina Forever

15:42
Ogni anno quando si avvicina San Valentino cerco un film per parlare d'amore in un modo che non sia 'convenzionale'. Quest anno ha vinto Nina Forever, horror comedy che è anche una superba lezione di come si fa a parlare di temi profondissimi con un tono leggero ma che non distrae mai.

La Nina del titolo è la defunta fidanzata di Rob. Dopo la sua morte lui ha lasciato andare il suo futuro, i suoi rapporti, la sua vita. Solo due anni dopo, nel supermercato in cui lavora, conosce Holly, e se ne innamora. Nina non la prende benissimo.


Ogni tanto quando scrivo post su argomenti particolarmente intensi, come questo, mi ritrovo a leggermi smelensissima e non mi piaccio. Soprattutto, non mi piacerei in questo contesto, in cui il film fa l'esatto opposto del piangersi addosso e del creare commozione forzata. Nina Forever è buffo, dolce, nostalgico, e fa ridere. Parlando di cordoglio e ossessione, ma fa ridere. Perchè è così che si fa, mica come quel benedetto Colpa delle stelle che se potessi lo brucerei. 
Elemento di grande ironia è Nina stessa, che compare durante il primo rapporto tra Rob e Holly. Avrebbe potuto scegliere qualsiasi altro momento della loro relazione per ostacolarla, ma lei no, lei fa la sua apparizione in scena ogni volta che si fa sesso, e la cosa pare anche divertirla molto. Nina è sarcastica fino all'esagerazione, sicurissima di sè e forte del suo ruolo, la fidanzata morta. È una carta potentissima da giocarsi, non si vince contro il ricordo della morosa morta è un asse di briscola. Non è solo divertente il modo in cui ciò ci viene detto, è anche di una verità assoluta. Nessuna sarà mai Nina. 
Se Rob sembra avere accettato e superato questa realtà (d'altronde è lui quello che si è fatto i due anni di lutto), è Holly a non sembrare in grado di prenderne coscienza. O meglio, Holly c, i morti sono intoccabili, ma cerca di eliminarla. Butta le sue cose, diventa la prima complice di Rob nell'eliminare le tracce del suo passaggio, sia di quelle della Nina viva sia le pozzanghere di sangue lasciate dalla Nina defunta. Poi però si fa un tatuaggio per onorarla.
Rob, dal canto suo, è spiazzato. Gli si vuole bene dal momento due, più o meno. È sofferente, ha chiuso le porte al suo futuro mollando gli studi e accontentandosi di un lavoro onesto ma non sufficiente per lui, non è più in grado di costruirsi delle relazioni, vive quasi in funzione delle visite domenicali dai genitori di lei.
La relazione tra le due contendenti di Rob, quindi, finisce per diventare la cosa più interessante del film. L'ossessione di Holly, le costanti frecciatine di Nina, gli improbabili amplessi a tre, l'interessante risvolto finale. Le due si sfidano costantemente per un uomo ancora così provato dalla vita da non essere in grado nè di capire dove stia il problema nè tantomeno di provare a risolverlo. Rob vivacchia mentre le cose gli scorrono intorno. Non mi sento di biasimarlo. 
In un angolino, poi, il padre di Nina. Se per tutto il film siamo stati intrattenuti con leggerezza, ecco che alla fine compare un suo sfogo, fatto di poche parole, che ci riporta nella disperazione di cui il film è permeato. Alla fine anche le nostre risate svaniscono: arriva la consapevolezza di avere visto un film pieno di disperazione. 
Solo che non ci è mai fatta pesare, e non potrei essere più grata per questo.

venerdì 29 gennaio 2016

Mi metto in pari: Maggie

11:56
Questa cosa che gennaio sta giungendo in dirittura d'arrivo deve finire.
Io ho cose da fare, il tempo non può permettersi di scappare così.
Intanto, però, sto continuando a guardare film dell'anno scorso, tanto per avviarmi verso i prossimi undici mesi senza troppe carenze.
Da blogger professionale e con una precisa strategia (lol) vi ricordo anche che sulla pagina Facebook (che sta qua) ogni tanto ci scappano recensionine ultrarapide su film random.


C'è un momento ben preciso, in Maggie, che mi ha fatto dubitare della necessità di questo post.
Meg si dondola sull'altalena, ripensa all'attacco che ha subito. Nello stesso momento, la compagna del padre è in casa a cucinare, e ascolta le persone che alla radio parlano di come andrebbero trattate le persone che stanno per trasformarsi. Chi parla usa una gelida terza persona plurale, quel 'loro' che priva di ogni umanità, che unisce tutti in un terrificante insieme di esseri da eliminare.
Eppure Maggie è lì, è sull'altalena. È sempre lei.
Si sentono i conduttori dire che chi viene morso va ucciso, punto. Sono pericolosi. Nel fotogramma dopo, la compagna del padre corre fuori, e siccome fino ad un secondo prima aveva in mano un coltello, il collegamento è immediato: prova ad ammazzarla.
Invece no, sta correndo a soccorrerla, Maggie è caduta, sembra ferita.
È stato un colpo piuttosto forte: percepite la freddezza di chi da questo virus evidentemente non è mai stato colpito e poi di colpo lei, che dà il titolo al film, che di questo virus ne è vittima. Ed è umana, è come me, ma quelli che parlano di soppressione mica lo sanno. O meglio, mica ci pensano.
A fronte di un momento così intenso, cosa possono le mie parole?

Quale recensione potrà mai rendere giustizia al grandioso Arnold, che guarda negli occhi i suoi vicini di casa, ormai zombie, e li chiama per nome? Li implora di parlare, perché non c'è niente di più umano della comunicazione. Se avesse sentito le loro voci non li avrebbe mai uccisi.
Quale frase potrà spiegarvi quello che si prova nel vedere l'ultimo abbraccio tra due amiche cresciute insieme, che ci è mostrato in una scena così delicata e forte allo stesso tempo, il momento in cui per la prima volta Maggie e suo padre si lasciano andare alle più inconsolabili delle lacrime.
Così come è inspiegabile la situazione di chiunque li circondi. intrappolato nell'incapacità di dire qualsiasi altra cosa che non sia il solito 'Mi dispiace.'
E questi infiniti primi piani di un padre sofferente sono difficili da sostenere. Se un tempo, nei suoi cultissimi action i sottili occhi di Arnold contribuivano a quell'aria da duro che tanto lo avrà aiutato nella sua carriera, qui sembrano appesantiti dal dolore, e vederlo piangere è quasi un'esperienza mistica.


Ognuno in Maggie ha ragione: hanno ragione i poliziotti che hanno una città da proteggere, ha ragione Caroline a scappare, nonostante i suoi innumerevoli tentativi di stare vicino ai suoi amati.
Ma al cuore cosa importa di chi ha ragione? Come si va oltre l'amore più grande che si possa immaginare per fare la 'cosa giusta'?
La mia mente si rifiuta di affrontare un pensiero simile, ci ho provato, ma scappo.
Il colpo di grazia me l'ha dato, di nuovo, Arnie, quando, durante un attacco, la supplica 'non ancora'.
Chi glielo va a spiegare che il momento giusto non arriverà mai?

Lasciate perdere gli sgozzamenti, orde di zombie uccise con precisi colpi alla testa.
Vi sfido a guardarli di nuovo con gli stessi occhi, dopo tutto questo.

giovedì 29 gennaio 2015

Dead snow

11:20
(2009, Tommy Wirkola)

Due giorni fa si celebrava la giornata della memoria.
Io, però, non me la cavo bene a gestire queste cose: non so mai cosa dire.
Io uso l'ironia, per demolire chi non reputo degno del mio rispetto.
E infatti.

Quando ho scoperto dell'esistenza di questo film ho pensato che l'idea degli nazizombie fosse assolutamente geniale. Rispecchia in modo abbastanza preciso l'immagine dei nazisti che ho creato nella mia poco seria e storicamente imprecisa mente.
Persone prive di anima e cervello che avanzano lentamente ammazzando quanti più esseri umani gli riesce.


Ecco, c'è da dire che questi, di zombie, corrono.
E corrono per ammazzare un gruppo di universitari che trascorreva le vacanze in una baita, in montagna, in mezzo alla neve.

Non c'è altro che serve sapere per godere di questa chicca che rasenta l'idiozia.

Se inizi un film con il grande classico gruppo di giovani-vacanza-niente linea telefonica-qualcosa va storto, hai più possibilità:
  • fare un Film Di Cacca scegliendo di portarti a casa solo tutti sti clichè comodamente in fila indiana e non portando niente di nuovo/interessante (scelta tutto somamto comoda, ma vigliacca)
  • puntare su un elemento in particolare, che sia la violenza, o la caratterizzazione dei personaggi (ciao Wolf Creek, tvb), o checcavoloneso
  • non prenderti sul serio.

La Norvegia ci soprende con mirabolanti effetti speciali scegliendo di percorrere l'ultima strada.
Il risultato è uno dei film più cazzari, sanguinolenti e hakuna matata che ho visto di recente.
E' una scelta rischiosa, i puristi degli zombie movie potrebbero non prenderla bene, ma che ridere che fa.
Sceglie di percorrere la strada dell'ironia e la conserva come luce ispiratrice come le madonnine sugli specchietti retrovisori delle auto. Si parte poco seri, si continua poco seri e finisce poco seri ma morti.
Morti peraltro nei modi più disparati, e se pensate che questo sia uno spoiler vuol dire che non avete mai visto un film di zombie, o che siete degli inguaribili speranzosi.

Teste mozzate che volano sui rami spogli degli alberi, dita negli occhi (con tanti cari saluti a Scotty e a Sam Raimi), motoseghe, mitragliatrici e soprattutto tanti, tantissimi zombie che spuntano dalla neve come tanti piccoli e forti fiorellini che sopravvivono alle intemperie nordiche.
Mescolate il tutto con amore e un po' di sadismo, incorporata lentamente una bella colonna sonora e quello che sfornerete sarà un filmaccio.

Un filmaccio, ma a cui si vuole un bene esagerato.


Disclaimer

La cameretta non rappresenta testata giornalistica in quanto viene aggiornata senza nessuna periodicità. La padrona di casa non è responsabile di quanto pubblicato dai lettori nei commenti ma si impegna a cancellare tutti i commenti che verranno ritenuti offensivi o lesivi dell'immagine di terzi. (spam e commenti di natura razzista o omofoba) Tutte le immagini presenti nel blog provengono dal Web, sono quindi considerate pubblico dominio, ma se una o più delle immagini fossero legate a diritti d'autore, contattatemi e provvederò a rimuoverle, anche se sono molto carine.

Twitter

Facebook