mercoledì 23 dicembre 2020

I 200 di Rue Morgue: The Innocents (Suspense)

10:28

 In questa casa Flanagan è, come ormai saprete benissimo, il nome a cui si rivolgono le preghierine la sera. I personaggi della sua serie The Haunting (entrambe le stagioni) mi mancano ogni giorno in cui non li vado a cercare. Per questo, nel progetto dei 200 di Rue Morgue, che vi racconto con calma qui questa volta ho dovuto rivedermi la storia di Flora e Miles: perché il mio cuore pensa a quei piccoli bambinetti stupendi almeno una volta al giorno.


lo so che non è la locandina originale ma quanto è bella?


SPOILER ROVINAFILM

La storia del Giro di vite di Henry James, ispirazione di questo film e ovviamente della serie tv, è più che nota, ma facciamone comunque un riassunto per chi non sapesse di cosa stiamo parlando. Miss Giddens viene assunta da un ricco scapolo di città come istitutrice per i suoi due nipotini orfani, Flora e Miles, nella grande tenuta di Bly, dove vivono insieme al resto del personale. Miss Giddens ama i bambini ed è molto entusiasta del nuovo lavoro. Il suo entusiasmo sarà presto messo a tacere da quello che succede, o lei pensa succeda, a Bly.


Per quanto io ami tantissimo gli horror a me contemporanei, ogni tanto sento il bisogno di una cosa del genere: un raffinatissimo film gotico in bianco e nero, in costume, lento, elegante e atmosferico. Sono film che sono come una coccola, un morbido maglione di cashmere dai colori naturali da sentirsi tutto intorno. Anche la paura che fanno è più avvolgente, ruota nell'aria della stanza senza mai diventare fragorosa, si accomoda dietro il collo per dare giusto giusto quella sensazione di angoscia che diventa così di classe che mamma mia mi sento cinefila francese con il basco e la sigarettina sottile. 


Questo, però, è davvero un capolavoro. Uno di quelli che già durante la visione ti fa pensare che stai guardando una cosa grande che segna quello che viene dopo e soprattutto segna te. La storia, che ormai mi era ben nota, è qui sviscerata con una tale maestria (e non a caso è scritta da Capote) che mi è comunque sembrata fresca. Separandosi da libro, serie tv e, scopro da internet, anche dallo spettacolo teatrale che io non conosco, introduce la novità che lo rende il grandissimo lavoro che è: l'ambiguità. Io, allora, che sono appassionata di parole, mi sono andata a cercare come si può intendere l'ambiguità al cinema. Non è mai il caos o la non chiarezza. Non si risolve l'ambiguità con gli spiegoni. Piuttosto, è il contrapporsi di due situazioni chiarissime e plausibili: questi fantasmi, questo Peter Quint e questa Miss Jessel, ci sono davvero o sono frutto di una mente disturbata? Posto che io, con ogni probabilità influenzata da quello che ho letto e visto prima, ho guardato il film certa che i fantasmi fossero reali, quello che funziona è proprio che siano i protagonisti a non capirlo. Per quanto alla fine Miss Giddens usi la sua autorità per fare quello che crede (e poi ne parliamo), anche lei stessa è confusa. Si fida della sua mente, da subito convince anche la governante Mrs Grose di quello che le sta succedendo, ma non mancano scene (come quella in riva al lago con Flora) in cui è la sola a vedere i fantasmi e la cosa la disturba. Quando Flora scoppia in lacrime tra le braccia della dolcissima Mrs Grose, Miss Giddens fa uno sguardo che sembra davvero dire "Guarda cosa ho fatto, sto impazzendo". 

E poi c'è il discorso dell'autorità, ovviamente. Già dalla prima scena, quella del colloquio, lo zio dice chiaramente all'istitutrice che lei sarà a capo della gestione della casa e dei bambini. Questo complica le cose quando c'è una mente fragile di mezzo. Se crediamo che i fantasmi ci siano stati davvero, a Bly, allora tutto ok: Miss Giddens è stata molto coraggiosa e li ha affrontati da sola, ha salvato la collega e la bambina con il terribile prezzo da pagare della morte del bambino. Se invece crediamo che i fantasmi non ci siano e sia tutto frutto della sua immaginazione, qua diventa un casino. Lo zio non vuole essere disturbato per nessuna ragione al mondo e la persona a capo della situazione ha perso il senno. Nessuno ha l'autorità per darle contro, nessuno può impedirle di fare quello che crede e quando lei lo fa, Miles muore. Sono entrambe possibilità reali, plausibili, ed è questo che rende il film così pieno di fascino. 


Peter Quint e Miss Jessel, i fantasmi, sono personaggi attivi e vivissimi pur essendo solo nominati da altri e, soprattutto, pur essendo morti. Miss Jessel è stata tutto quello che Miss Giddens non riesce ad essere: libera, innamorata, un po' fuori da quelle che erano considerate le righe giuste. L'amore malato tra i due è più di quanto l'istitutrice abbia mai mostrato di avere mai avuto. Il racconto delle loro "malefatte" la sconvolge ma la intriga, e loro due per lei diventano un'ossessione. Che ci siano realmente o meno, sta a noi deciderlo, esattamente come Clayton, il regista, aveva chiesto alla bravissima Deborah Kerr (Miss Giddens) di fare, perché in fondo non ha alcuna importanza. 

Questo smettere di volere risposte a tutti i costi mi ha spalancato modi di vedere e godere del cinema che per anni non ho conosciuto. Un film come questo è così pieno di sfaccettature e piani di lettura e considerazioni da fare che non ne voglio una sola. Voglio poterlo rivedere di nuovo pensando solo a Miss Giddens come ad una povera mente distrutta e poi un'altra volta ancora pensando a che donna coraggiosa e forte sia stata e poi una terza volta ancora senza pensare nessuna delle due ma godendomi solo l'avvolgente inquietudine che, diciamocelo, sono solo i gotici a dare.


Per me le storie di fantasmi sono sempre le più belle e tristi di tutte, mi riempiono di emozioni e riescono sempre, anche quando sono brutte, a farmi paura.

E in fondo sono qui per questo.

giovedì 10 dicembre 2020

I 200 di Rue Morgue: Full Circle (The Haunting of Julia)

14:05

 Prosegue il mio viaggio attraverso i consigli di Rue Morgue. Dopo la storia dell'uomo falena, di cui abbiamo parlato qui, stavolta mi sono fatta comprare dal "The Haunting". Se qualcosa o qualcuno è haunted da qualcosa o qualcuno io mi ci lancio dentro di testa.




Il film è del '77, diretto da Richard Loncraine, che non conoscevo, ed è tratto da un romanzo di Peter Straub che non ho letto. Che premesse sfavillanti per parlare di un film. Non solo non conoscevo il regista, ma questo film era proprio passato alla larga dai miei (seppur miopi) radar. Parla di una madre che subisce il più temuto dei lutti e che in seguito alla tragedia si separa dal marito e prende casa da sola. Figuriamoci se le cose potevano andarle bene.


Cercherò di non fare impietosi confronti con Rosemary's baby oltre a questo primo paragrafo, che faccio giusto per mettere in ordine i pensieri. Tra il film di Loncraine e quello di Polanski le similitudini ci sono e sono parecchie, delle quali Mia Farrow come protagonista è proprio l'ultima. Si parla in entrambi i casi di una madre disperata, condotta sull'orlo della follia e che inizia a dubitare di se stessa, vessata da un marito ripugnante e che deve cercare da sola risposte alle sue domande. In entrambi, poi, il finale è molto bello e da un certo punto di vista molto simile.

Detto ciò, è forse ingiusto da parte mia paragonare un film che è sì interessante e piacevole ad uno dei miei preferiti della storia del mondo. The Haunting of Julia non può essere messo a confronto con la raffinatezza del film che lo ha preceduto, ma ha comunque qualcosa da dire.

Si apre con una scena che temo farà piangere di angoscia ogni genitore dall'altra parte dello schermo: è una mattina qualunque e la figlia di Julia sta facendo colazione, quando qualcosa le va di traverso e la soffoca. La madre, colta di sorpresa, non fa la cosa giusta per aiutarla e la ragazzina muore. Ha angustiato anche me che genitore ancora non sono, perché è molto veloce. Vediamo la famiglia serena solo per qualche istante prima che si consumi la tragedia e in pochi istanti è tutto finito, vite rovinate. 

Julia quindi decide che la cosa giusta per lei sia finalmente liberarsi di un marito con il quale le cose non andavano più bene da tempo. E qui arriviamo all'orrore vero e attualissimo del film: il marito. Julia già deve gestire un lutto grosso come il mondo, non ha bisogno di un uomo incapace di accettare che lei, in quanto libera cittadina, abbia deciso di lasciarlo. Non solo non lo accetta, ma cerca in ogni modo di farla passare per una donna instabile, incapace di prendersi cura di se stessa, malata. La storia più vecchia del mondo: la donna è pazza. L'uomo che invece commette reati e violenze per "riaverla" è perfettamente in possesso di tutte le proprie capacità. Non le viene legittimata la possibilità di prendere in autonomia una decisione per il proprio benessere, la sua volontà viene sminuita, la sua dignità calpestata. Magnus (che nome da zarrogante bastardo) lo avrei ammazzato con queste mani piccole e rovinate che mi ritrovo.

In questo c'è un'ulteriore aggravante: il fantasma. Questa povera donna deve gestire: una figlia morta, un marito da galera e un fantasma in casa, che capirete da voi non aiuta la sua causa. Deve dimostrare di essere perfettamente in grado di badare a se stessa ma allo stesso tempo dimostrare che non si è inventata nulla e che non è solo tutto frutto della sua mente disturbata: in casa c'è qualcuno, qualcuno di ben poco amichevole. 

Il resto della storia è una storia di fantasmi piuttosto canonica, con la consueta ricerca di informazioni che porta a scoperte spiacevoli sul passato, a conoscere persone poco propense alla collaborazione e alla fine infelice di quelle che la collaborazione l'avrebbero data volentieri. Non mi stupisce che sia tratto da un libro di Straub, in effetti, e lo dico in modo positivo. Le ghost stories sono sempre le mie preferite e le sue sono classiche, senza tempo. (Mi sono già procurata il libro? Forse. Me lo leggo dopo quello del mothman.)


Il finale è bellissimo. Qualcuno storcerà il naso al suono di 'Niente di nuovo!' ma da queste parti troviamo la novità un po' sopravvalutata. Una madre che è stata privata del senso del suo ruolo che pian piano accetta di ritrovarlo anche in modi poco convenzionali, che cerca così di mettere una pezza sopra al buco che ha nel petto, che accetta quello che la vita le ha messo davanti. Ammetterò che è una scelta, quella di concludere le storie così, che mi emoziona sempre.

Julia è una donna tormentata, inquieta, instabile solo per colpa del dolore non per mancanza di lucidità. La sua storia è molto dolorosa e il film le rende la giustizia che merita. 

Che belle, sempre, le storie di fantasmi.



venerdì 4 dicembre 2020

I 200 di Rue Morgue: The Mothman Prophecies

11:37

 Rue Morgue è una di quelle mitologiche riviste di cinema che non hanno mai visto la luce nelle edicole italiane. Internet, però, è una fonte illimitata di sapere e quindi anche i numeri di Rue Morgue sono lì che aspettano di essere letti mentre vi fate asciugare lo smalto, come la sottoscritta. Nel 2012 se ne sono usciti con un numero speciale, con 200 horror meno noti ma che vale la pena vedere. Poiché la sottoscritta ne ha visti un numero vergognosamente basso, eccomi qua a recuperare col capo cosparso di cenere.

Se foste interessati a vedere l'elenco di tutti i film che Rue Morgue ha selezionato, me ne sono fatta una lista su Letterboxd, la trovate al mio profilo, che sta qui di fianco. 


Ho iniziato con l'uomo falena per una ragione ben specifica, anzi due: è su Prime e quindi non ho dovuto smanettare per cercarlo (è diventata più dura la vita dei frequentatori di torrenti da quando ci sono mille servizi di streaming legale) e soprattutto perché dopo avere ascoltato la storia del Mothman in Bouquet of Madness (uno dei miei podcast preferiti, ne parlano all'episodio 13) mi ci sono appassionata.




Richard Gere è John, un giornalista del Washington Post. Ha una vita meravigliosa e un matrimonio felicissimo con Mary. Si trova proprio in auto con lei quando qualcosa la spaventa e le fa perdere il controllo dell'auto. In seguito all'incidente i medici le diagnosticheranno un gravissimo tumore che lascerà John vedovo nel giro di pochi giorni. Il pensiero della cosa che ha spaventato Mary, e che lui non ha visto, però, lo tortura, e due anni dopo, in circostanze del tutto separate, vi rientrerà in contatto. 


Ora, io sono la più scettica del pianeta e non credo a niente però insomma a me sto uomo falena piace un sacco ed è forse una delle poche cose al mondo su cui mi faccio delle domande. Io e R ne parliamo spesso perché anche lui è affascinato e devo dire che il film si è rivelato una piacevole sorpresa su cui non avrei scommesso neppure i 2,50€ che ho nel portafoglio in questo momento. 

Mi verrebbe da dire che mi sarebbe piaciuto comunque perché è proprio la storia ad affascinarmi ma ripensandoci non è così: sono super intrigata dal caso del passo Dyatlov ma il film che ne parla (su Prime anche lui) è orrido comunque, quindi forse non sono nemmeno troppo di parte. Solo che il mio scetticismo e Richard Gere mi avevano fatto partire ingiustamente prevenuta.


The Mothman Prophecies parla sì di apparizioni di un gigante con gli occhi rossi proprio prima di eventi disastrosi, però parla anche di elaborazione del lutto e di come ricostruirsi. John ha perso la moglie e ha cercato di ritrovare se stesso buttandosi nel lavoro, ma non si è mai "risolto" fino a che non ha risolto il tarlo che lo torturava. Avrebbe potuto lasciarsi tutto alle spalle e continuare in qualche modo a vivere, ma quella pulce nell'orecchio lì lo avrebbe torturato per tutta la vita. Ci si è ritrovato in mezzo quasi involontariamente ma ha poi scelto di andare fino in fondo, di affrontare una cosa dolorosa e spaventosa.  

Non c'erano finali giusti o sbagliati alla storia di John. Risolvere il caso non avrebbe potuto comunque riportargli la moglie (e quelli morti nel frattempo) e lasciar perdere non lo avrebbe fatto vivere sereno. 

L'ho trovato molto onesto nel suo scegliere di non dare una conclusione netta. Gli eventi accaduti a Point Pleasant sono reali e il film sceglie di ripercorrerli, ma avrebbe potuto non farlo e dare una fine più definitiva alla faccenda. Non lo fa, e con questa scelta prosegue la linea inquietantissima che ha percorso tutto il film. Salvo un paio di momenti di spaventello divertenti, il film è più in generale un manto freddo di inquietudine, una sensazione che a quelli come me piace sempre tantissimo ritrovare al cinema. Vediamo la creatura poco e male, ma vediamo sempre il terrore negli occhi di chi lo ha visto, e tanto basta. Come sempre accade quando si parla di credenze del folklore locale, non è importante che siano reali o meno, è il solo credere che siano possibili a fare paura, e il Mothman non è da meno. In più lui è una figura controversa: avvisa dei disastri o li causa? Ci aiuta o ci ammazza? 
Potrei parlarne per giorni. Ho guardato persino un film con Richard Gere pur di parlare ancora dell'uomo falena.

Perché falena, poi? Perché non gufo, barbagianni, arpia? (quella dell'arpia è ancora la mia teoria, ma Erre me la smonta sempre perché non sono animali notturni. Porto avanti con forza la mia tesi.) So che ha qualcosa a che fare con un nemico di Batman ma la scelta mi lascia perplessa comunque. Perché proprio lì, poi? So che è poi stato visto in tutto il mondo ma perché cominciare proprio lì?

Sono intrigatissima.

E il film è pure stato bellino.

lunedì 23 novembre 2020

The Crown - stagione 4

12:16

Avevo scritto un lunghissimo post su Megan is missing che ho poi deciso di prendere e cestinare. Magari ne farò un riassunto su Letterboxd, mia croce e delizia. Se vi andasse, qua di fianco c'è il link al mio profilo, spesso scrivo qualcosa su quello che sto vedendo. Il punto è che faccio ancora fatica ad avere un'idea precisa sul film e quindi siccome avevo comunque voglia di scrivere un post ho pensato di farlo su una cosa bellissima: The Crown.

Ho scritto post anche sulle stagioni precedenti e lo ripeto con tutto l'entusiasmo che ho: è una serie bellissima che vorrei guardaste tutti a prescindere dal vostro interesse per i reali inglesi. Che loro siano persone reali (nel senso che esistono, non nel senso della nobiltà) fino alla scorsa stagione contava poco e nulla. In questa stagione cambia tutto, e poi ne parliamo, però non cambia quello che penso: è un lavoro meraviglioso.





La quarta stagione ci porta negli anni '80, e negli anni '80 succede la cosa che per me cambia tutto l'approccio alla serie: arriva Lady Diana. Questa donna si è presa un posto così grande nei cuori delle persone che quella distanza che poteva esserci con le prime stagioni viene qui completamente annullata. Mia madre (casalinga della provincia di Cremona) ha pianto guardando i funerali di Diana, me lo ricordo come fosse successo ieri, e non solo per la presenza e la canzone del nostro venerato Elton John. Era proprio commossa come se fosse morta una sua conoscente. Io ero troppo piccola e non ho vissuto questo 'affetto' che il mondo aveva per lei, però vi basta fare un giro tra i commenti su app come TvTime. La gente in questa stagione è impazzita. 

Ora, la serie lo sapeva bene cosa sarebbe successo, perché è una serie scritta da persone intelligenti. Il modo in cui Diana è presentata è perfetto, la metafora del cervo è stata perfetta, l'equilibro che sono riusciti a trovare tra quello che la gente voleva - un primo piano sulla relazione che ha fatto parlare per 15 anni il mondo - e il senso della serie, ovvero ripercorrere la storia della Gran Bretagna attraverso gli occhi di chi vi regna. Elisabeth non è mai messa in ombra da Diana, nella serie, perché sono stati in grado di trovare il modo giusto di raccontare entrambe, ma basta un dialogo tra Philip e Diana a ricordare come funzionano le cose: tutto è sempre e comunque in funzione della Corona. 

Questa stagione è stata per me dolorosissima. Se prima di oggi non avevo mai bene compreso l'appeal di Diana sulle persone, oggi è un po' più facile. Sempre ricordando che si parla di una serie tv e non della realtà, il ritratto della Principessa che viene fatto è straziante. Una ragazzina che dal giorno alla notte si è trovata in una situazione straordinariamente più grande di lei, in un mondo sconosciuto e in cui non le era concesso di essere quello che avrebbe voluto essere. Vedere i sogni romantici di una ragazzina di manco vent'anni distruggersi in così poco tempo è stato tosto. Vederla sbattere fortissimo i piedi per stare a galla lo è altrettanto, e vedere le conseguenze che quello che ha vissuto hanno avuto sul suo corpo e sulla sua mente è stata la batosta definitiva. Ho pianto tanto, in caso non l'avessi fatto intuire. Diana è così umana che non riesce a mescolarsi in quella rigidità di sentimenti e di vita che la Corona impone. E vederlo succedere è davvero doloroso perché la serie ha da sempre messo in chiaro come vengono vissute dai reali le persone che non sono in gradi di contenersi. Margaret da quando è nata combatte contro la vita che le viene imposta, Charles ci ha provato, ma era meno forte della zia. Edoardo VIII ha dovuto fare una storica rinuncia per colpa della famiglia. Diana si è trovata in questo mondo così severo, non ci è cresciuta. Laddove tutti gli esempi citati su erano ben consapevoli di quello che li circondava, perché ci erano cresciuti, lei si è lanciata nella gabbia del leone senza sapere che il leone non era ammaestrato. La serie ci dice che lei, in realtà, nella vita avrebbe sempre voluto essere più di quanto fosse, e di certo lei non arriva nella suddetta gabbia del leone spaventata. Ci ha pensato la vita a ridimensionarle gli entusiasmi. 


Certo, nello stesso periodo la Gran Bretagna stava assistendo anche all'ascesa al potere di un'altra donna che oggi ricordano ancora tutti: la Thatcher. Ecco, questo forse in effetti spiega perché cercassero consolazione nella principessa Diana. Io di brave attrici in questa serie ne ho viste tante, vi ricordo che Olivia Colman è la mia attrice preferita della vita nonché persona preferita dello showbiznez, ma questa stagione ha proprio deciso che voleva mettere il carico da 11 e vincere la briscolata. Quella pazzesca di Gillian Anderson fa la Thatcher, e come la fa bene lo sa solo lei. Di una bravura incredibile. Ora, io sono una bimba della Anderson da Sex Education (per favore, se non lo avete visto lo guardate? è bellissimo lo amo tanto), non da X-Files che - ehm - non ho mai visto, però giuro che il mio amore è recente ma sincero. Ma quanto si può essere bravi? Che lavoro incredibile ha fatto sulla voce? Difficile odiare la Iron Lady se a farla è lei. Poi si odia comunque, cosa vuol dire, però viene dopo, ecco. 

Parliamo anche di Emma Corrin che fa Diana, quando volete. Sta ragazza è del '95, un talento meraviglioso di cui spero sentiremo parlare tantissimo perché a volte la somiglianza fa quasi impressione. 

Le donne si confermano il cuore della serie, anche in un sistema dove sono gli uomini vecchi con i capelli grigi a comandare. 

Poi va beh la sottoscritta deve avere un problema con tutti gli interpreti di Philip perché laddove il mio amore per Matt Smith è immutato e immutabile, Tobias Menzies è bravo, eh, non gli si può dir niente, ma non è il motivo principale per cui lo si nota, ecco. Era una info inutile ma valeva la pena di essere condivisa. 


The Crown è sempre, sempre, sempre una gioia. I colori, la musica, i paesaggi, gli abiti (!!!!!!!gli abiti!!!!!!), l'accuratezza, i suoi eccellenti interpreti, l'intelligenza della scrittura, la pacatezza che riesce sempre e comunque a trasmettere, anche quando parla di cose tutt'altro che pacate. Una serie deliziosa, che adesso vorrei ricominciare da capo perché mannaggia a sti reali maledetti e crudeli, mi mancano tutti. 

Anche la Thatcher.

lunedì 9 novembre 2020

Menzogna e sortilegio, Elsa Morante

18:39

 Da quanto tempo che non parlo di libri sul blog! Vediamo se sono ancora capace.

Consueta intro di fatti miei: io e la mia amica Martina ci siamo rese conto che, pur leggendo fino a perdere la vista, avevamo entrambe una vergognosa lacuna in tutto quello che riguarda la letteratura italiana del '900. Quindi, armate di pennarelli colorati e voglia di rimetterci a studiare, ci siamo create un mini gruppo di lettura composto solo da me medesima e lei nel quale ci leggeremo, in modi e tempi assolutamente casuali e caotici come siamo noi, i classici che ci mancano. Partiremo con la sacra trinità composta da Morante - Moravia - Calvino e proseguiremo dove ci condurranno i cuori.

Siamo partite, leggere come sempre, con le 700 pagine che hanno segnato l'esordio di Morante.




Brevissimo ma necessario accenno di trama perché, come è risaputo, le autrici donne a scuola non si studiano e se non ci si avvicina da sé non si sa manco di cosa hanno scritto. 

La narratrice è Elisa, e quella che ci racconta è la storia della sua famiglia e di come lei, rimasta sola, sia finita a vivere da una prostituta che l'ha accudita come una figlia. Ripercorriamo le vicende partendo da nonna Cesira, attraversando mamma Anna, il suo primo amore Edoardo e il futuro marito, papà di Elisa, Francesco. 


DA QUI SPOILER

Sapevo che avrei amato questo libro, nonostante della Morante avessi letto solo L'isola di Arturo, perché c'è una cosa di lei che stanno dicendo tutti: è piena di elementi in comune con Ferrante. Chi è una delle mie autrici preferite della storia del mondo? Ferrante, esatto. Sapevo già che questo tipo di storie parlavano dritto ai miei sentimenti e che c'erano anche grandi probabilità che avrei sofferto come un cane. 

Spoiler: ho effettivamente sofferto come un cane.

Posto che non sta a me dirvi l'importanza, nella letteratura del '900, di Morante e di un libro come Menzogna e sortilegio, parliamo di come una lettura del genere può segnare il singolo lettore più che tutta la letteratura successiva. Forse il fatto che oggi Ferrante pianti i picchetti sulle classifiche e non si schiodi da lì per settimane qualcosa, comunque, ce lo dice. 


Quando si parla di saghe familiari si parla di una e si parla di tutte, soprattutto quando lo si fa come lo fa Morante qui. L'approfondimento con cui i suoi personaggi ci sono presentati è tanto dettagliato, tanto accurato, che riesce quasi difficile credere che siano inventati. Non c'è clemenza nel ritrarre queste persone, non si indora mai la pillola: sono persone difficili, che vengono da contesti difficili. Non c'è mai distinzione di classe, in questo. Laddove Anna e Francesco vengono da realtà umili con tutto quello che questo comporta, Edoardo viene invece da una famiglia ricchissima, ed è tanto difficile quanto gli altri. La differenza principale sta nella possibilità di scelta: Edoardo ha avuto modo di fare la vita che desiderava, di muoversi nel mondo a suo piacimento, di fare delle persone quello che più gli aggradava, sempre. Anna e Francesco, come Cesira prima di loro, sono stati costretti ad una vita di scelte. Di studi, di relazioni, di lavori. Nel loro caso sono sempre stati i soldi il pilota della vita: mollare gli studi per andare a lavorare, sposare una persona detestata per avere almeno da mangiare, vivere con persone che non si amano per avere un tetto sopra la testa. 

Pur non giudicando mai attivamente i propri personaggi, Morante riesce a mostrare come sia proprio il rapporto con la povertà a distinguerli uno dall'altro. La sporca, degradata, dignità di Damiano, padre di Francesco, e lo spirito di sacrificio pieno di amore di Alessandra, la madre, si contrappongono alla vile inettitudine di Anna, che rifiuta di dare qualsiasi contributo economico per contribuire al sostentamento della famiglia, ripudiando l'idea del lavoro fin dall'infanzia. Eppure, Damiano viene ignorato, umiliato, lasciato, e Alessandra abbandonata, mentre Anna è destinataria di un amore cieco e disperato, proprio da parte delle persone che odia di più.

In ognuno di loro tutti abbiamo qualcuno da riconoscere. Un dettaglio, un modo di dire, un atteggiamento. Sono così comuni eppure così rari, così vivi eppure così lontani nel tempo, che sta a noi poi applicarli in quello che conosciamo. E una volta fatto, sono ovunque. 

Quello che fa Morante è mostrarceli così come sono. Elisa è un narratore non affidabile per forza di cose, perché parla di cose troppo care a lei per essere sempre completamente oggettiva, ma è talmente lucida su cosa influenzi il suo giudizio che alla fine il ritratto che fa di tutti ne esce comunque onesto. 

Nei giorni in cui leggevo la parte sull'infanzia e la gioventù di Francesco sono stata parecchio messa alla prova. Non entrerò più di tanto nei fatti miei dei quali può anche giustamente fregarvene molto poco, ma ha colpito in punti così chirurgicamente precisi, facendo ritratti a me così familiari di una situazione umile in cui si cerca disperatamente di restare dignitosi che a volte ho dovuto accantonare la lettura. Quel tipo di distanza che Elisa ha dovuto prendere per analizzare le cose io ancora non sono pronta a prendermela. 


Per cui sì, penso sia evidente che un libro del genere vada letto e studiato a scuola. Da singola lettrice, però, mi sento di consigliarvelo con cautela: ci potreste trovare da un momento all'altro la vostra vita dentro. 

martedì 27 ottobre 2020

Redrumia Halloween Party

18:43

 Io mi rendo perfettamente conto che la maggior parte di noi in questo momento non abbia proprio niente da festeggiare, anzi. Sto per scrivere un post frivolo ben consapevole che la testa di un sacco di gente in questo momento sia altrove e che di festeggiamenti non se ne abbia proprio voglia. Se vi andasse una giornata per allontanare anche solo un attimo la testa da quello che ci sta succedendo intorno, però, siete nel posto giusto. Halloween è la Festa Nazionale della Repubblica di Redrumia. 

Posto che feste con ospiti non si possono fare, bisogna cercare il lato positivo, e quello che personalmente è l'aspetto che mi aiuta è la mancanza di ansia. Se non ho ospiti non mi sento sotto pressione e posso fare tutto quello che mi va senza il rischio di scontentare nessuno. 

Quello che farò con questo post è raccogliere mille idee prima di tutto per me medesima, e poi per condividerle con voi, affinché si possa festeggiare come si deve il natale redrumiano. Sarà un post molto lungo.




I film.


Questo è l'argomento principale, perché la cosa più importante da fare è la maratona di film dell'orrore. Il resto può passare in secondo piano, ma si devono guardare i film giusti, il che forse è un modo per dire che darò consigli banali. Personalmente sono un po' ossessiva e i miei film devono avere un collegamento, perché se devo scegliere a caso passo la nottata a scorrere Prime. Di seguito qualche proposta, ogni altra idea nei commenti sarà più che benaccetta. Di fianco ad ogni titolo vi segnalo, se lo trovo, il servizio streaming in cui potete trovare il film gratuitamente.


Guillermo del Toro night. 

Ogni scusa è buona per riguardare il Regista Preferito della Redrumia. Si parte durante l'aperitivo con Blade 2, che è bello caciarone. Si prosegue con Cronos, per dei vampiri tutt'altro che convenzionali, e poi il momento lacrime, una volta che l'alcool sia già in circolazione: La spina del diavolo e naturalmente Il labirinto del fauno. Consiglio di concludere con Crimson Peak perché la notte fonda è il momento dei gotici. 

La GdT night può anche essere, per esempio, una bella visione dei film che del Nostro Signore e Padrone sono stati ispirazione o che in qualche modo siano ricollegabili a lui: Il mostro della laguna nera, per esempio, o Il fantasma dell'opera con Lon Chaney. O ancora, una bella raccolta delle cose che ha prodotto, come l'adorabile Scary stories to tell in the dark (NowTv), La madre (Netflix, NowTv e RaiPlay), The orphanage (Netflix, NowTv e RaiPlay). Tutto quello che gira intorno al suo bellissimo facciotto è perfetto per Halloween. 


Horror sì, ma comedy. 

Poniamo che la persona con cui condividete la casa, se c'è, sia un po' ostile al genere. Per accomodare i gusti di entrambi ci pensano le horror comedy, che sono delle tatonerie che non ci si crede. 

Oltre ai grandi classici (Shaun of the dead - Prime - è sempre sempre sempre la mia preferitissima), guardare What we do in the shadows (NowTV) metterebbe di buonumore anche i sassi. Così come Deathgasm, adorabile. Oppure ancora, uno di quelli che diventerà un classico moderno: Quella casa nel bosco (Netflix, Prime ed Infinity). L'ho rivisto di recente, è sempre incredibile, lo adoro e ci si diverte come i matti. Chris Hemsworth nelle parti comiche dà il meglio di sé. Film recente e simpaticissimo anche Happy death day (Infinity), che se non siete stanchi ha anche un sequel che sta invece su Prime. The babysitter e il suo sequel sono su Netflix, il primo è carinissimo ma il secondo ancora mi manca.


Paura vera

Io ho paura di tutto, quindi questa è la lista più facile da fare. Secondo la per nulla democratica classificazione della me stessa medesima, un breve elenchino di cose che mi hanno sconvolta dalla paura, e che è sempre un piacere rivedere per Halloween. 

  • Shutter, quello originale thailandese. Si trova su Prime. Se ci penso non posso stare a casa da sola. Il film che mi fa più paura di sempre.
  • Hereditary. (TimVision) Se sopravvivete illesi al primo sconvolgente colpo di scena arriva la seconda parte. E a quella non si sopravvive.
  • The descent. (Prime) Anche qui il terrore vero è nella seconda parte. E quando ci si arriva...
  • The Atticus Institute. Di default le cose che riguardano le possessioni mi fanno paura, anche se sono brutte. Questo è un film incredibile e fa una. Paura. Della. Miseria.
  • REC. Rec è maledetto, eh. Funziona tutto, dal primo istante. Quando arrivi alla fine e pensi ci possa essere per te un briciolo di sollievo ecco che arrivano i dieci minuti peggiori della tua vita. E tante care cose alla tua serenità.
  • V/H/S 2. Nello specifico il terzo corto, Safe Heaven. Simpatico. Simpaticissimo. Davvero la cosa più simpatica del mondo.

Tutto è bene...

I finali sono delle brutte bestie. Il fil rouge di questo piccolo elenco è il fatto che dobbiate tenere in mano il telefono, per filmare le reazioni di chi sta con voi e magari vede il film per la prima volta.
  • Martyrs. (Prime) Buona fortuna con questo, non vi dico altro.
  • Rec The descent rientrano in questa categoria per forza di cose.
  • Us. (NowTv) Jordan Peele al suo secondo, strepitoso, lavoro. Un film meraviglioso, con un milione di piani di lettura e, soprattutto, un finale enorme. 
  • The house of the devil. Ma ve lo ricordate quando credevamo che Ti West sarebbe diventato il nostro nuovo messia? Ah, anime candide. Questo film rimane però bellissimo e con un finale da sbattere la testa contro il muro. 
  • The Invitation. (Prime) Quelle maledette lucine.........
  • The VVitch. Starebbe bene pure lui nella categoria sopra, ma ha un finale che non potevo escludere da qua.
Cibo!

Tutti sti film necessitano di energia: dobbiamo mangiare. Siccome sono a dieta passo le ore a guardare su pinterest le cose che non posso mangiare, e dal mio girovagare per quel girone dell'inferno che è quel social maledetto, ecco qualche idea. (Cosa ascoltare mentre si cucina? Questa playlist.)

  • Questa cheesecake del Guardian con la ragnatelina. Un po' di info su moi: la cheesecake è la mia torta preferita in ogni modo in ogni luogo e in ogni lago e sa dio se le voglio assaggiare tutte. Questa è piuttosto basic e a prova di incapace in cucina.
  • Devo avere un debole per le cose da mangiare con le ragnatele perché questi cupcake sono un amooooore. Nella landa deserta in cui vivo ci sarà il colorante alimentare arancione? Sono disposta ad esplorare.
  • Questi biscotti sono la cosa più basica del mondo: pasta frolla e nutella. Come dite? Questa è la ricetta del paradiso? Non posso darvi torto.
  • Di questi pazzeschi cupcake neri non dirò nulla. Li bramo.
  • Per dovere di completezza aggiungerei anche dei cupcake alla zucca perché è stagionalissima e fa subito autunno.
  • Questi cupcake red velvet sono i miei preferiti e il motivo per cui lo specifico lo leggerete sotto.
  • Questi biscotti stupendi che sembrano usciti da Dexter.
  • Questa torta che ciaaaaooo.

Niente ricette di cocktail, in questo blog, alla sottoscritta basta del vino rosso per essere felice (e ubriaca).

Il mio programma, che sogno già da oggi che è solo martedì, è di sparpagliare tutta la casa di candele warm chashmere di Yankee Candle che sono il profumo che deve avere il paradiso, buttarmi in un fortino di coperte e cuscini in mezzo al mio tappetone giallo e guardare un film dopo l'altro riempiendomi di cappuccini fino a notte fonda (per aiutarmi a star sveglia, se no alle 9 mi addormento) e mangiando indicativamente otto quintali di pizza prima e cupcake poi.  
Se esiste vita dopo la morte, voglio che la mia sia così.

Doverosa colonna sonora:






Edit per la persona che sarà costretta a vedermi nello stato terrificante in cui mi sono descritta per la notte di Halloween: hai la possibilità di scegliere una delle categorie di film e uno dei dolci. 
Scegli bene.





giovedì 22 ottobre 2020

Redrumia30: settimana tre

01:00

 Non sono pronta ad ammettere che ottobre sia quasi finito, perché il privilegio di scegliere sempre il film mi piace un po' più di quanto sarebbe carino facesse e perché mi pare di percepire in Erre un pochino di stanchezza.  Per ora continuo a godermi la mia piccola coccola dell'orrore finché dura.


Relic


Ogni tanto succede un film che fa esplodere l'internet. Blog, social, podcast, il mondo intero parla di quel film e solitamente Redrumia arriva alla festa per ultima. La sola aggiunta che possa fare alla faccenda è facilmente riassumibile nella cosa che tutti dicono quando parlano di orrore: un film deve funzionare bene a prescindere dalla componente spaventosa. Relic lo fa alla perfezione: è una storia nerissima, dolorosa come solo quelle vere, piena di curatissimi e dolorosissimi dettagli che messi insieme conducono ad un finale in di men ti ca bi le. Tre attrici enormi che reggono da sole un film difficilissimo, che rappresenta (se ci serviva) una ennesima prova di una cosa: quando le donne si mettono in testa di girare un horror..........


Stoker




Il mio primo Park Chan-wook!

E mi sa che ho sbagliato. Cioè, ho iniziato e ancora mai finito Oldboy, quindi non conta, vero?

Questo pecca di una sceneggiatura fiacchissima, merito del tizio di Prison break. Nella prima metà mi aveva quasi fregato, perché India è un bel personaggio, una delle rappresentazioni più fedeli delle adolescenti che ho visto al cinema, però ho iniziato con un roll eye potentissimo da un certo punto in poi, arrivando con gli occhi in fiamme nel finale. 

Il sospetto che ho avuto è che con maggiore libertà questo avrebbe potuto essere un filmone one one. E invece è roba già vista, stanca ancora prima di debuttare. Non mi fermerà dal vedere il resto, però uffa.

Del resto, non tutti i registi asiatici che arrivano negli States possono tirare fuori Snowpiercer. 

L'ho già detto, vero, che amo Snowpiercer? Lo amo tantissimo.


Il silenzio degli innocenti




Questo per me avrebbe dovuto essere un rewatch, che abbiamo fatto grazie ad un mese di prova di NowTv. "Avrebbe dovuto" perché ho giusto sentito la battuta del Chianti e poi sono crollata addormentata nella frazione di divano che i miei coinquilini mi riservano. Quindi ne segnalo comunque la visione, e vi riporto la recensione approfondita che Erre ne ha fatto a visione ultimata: "Bello, dobbiamo vedere anche gli altri." 


Il signor Diavolo




Gli horror di Pupi Avati sono nel mio cuore e lì rimarranno sempre. Quando è stato annunciato Il signor diavolo, come libro prima e come film poi, mi sono quasi commossa. Ho amato tutto. Posto che il cinema italiano ha evidenti difficoltà che non starò qui ad elencare perché c'è gente che lo sa fare molto meglio e molto più approfonditamente di me, questo film fa la cosa che io amo di più nel cinema nostrano: sfrutta il cattolicesimo.

Ora, se qualcuno legge questo blog da un po' sa che io sono Peppone: la comunista atea che si scotta se tocca l'acqua santa e nel caso fa anche gare di vodka. Sono cremonese, cat vegna un cancar, sempre per ricordare gare di vodka, è il nostro modo di darci il buongiorno. Questo per dire che ci sono poche cose al mondo che mi inquietano più del cattolicesimo. Quello estremo, fervente, malsano, febbricitante, ossessionato e ossessionante degli anni '50 e '60 non mi fa dormire la notte. La sola estetica del cattolicesimo mi mette a disagio. Le croci, i santi, le candele, le vesti dei sacerdoti...

Ebbene, Il signor diavolo prende il micidiale mix di credenze popolari, ignoranza, folklore e fede che tanto sento vicino (sono cremonese, e per lo più di provincia, quella ruralità lì che Avati mette spesso in scena la sento vicinissima, è il mio pane quotidiano, il luogo in cui sono cresciuta e vivo) e li porta, di nuovo, al cinema.

E, di nuovo, io lo adoro. 


Scream 2




Non c'è una sola, nemmeno mezza, parola negativa che io sia disposta ad accettare su Scream 2. 

Il dialogo sui sequel, l'inizio al cinema, gli omicidi, l'identità dell'assassino. 

Lo amo, tutto quanto. 


Ho ancora nove giorni di bonus. Devo giocarmeli bene.
Non ero tesa così nemmeno per il mio esame di maturità.


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