mercoledì 17 gennaio 2018

Everyman, Philip Roth

17:41
Ho concluso la lettura da un po', eppure non mi decidevo a parlare di Everyman.
Philip Roth è stato insignito del prestigioso premio Scrittore Dell'Anno della Repubblica di Redrumia Edizione 2017, però, quindi mi faceva piacere riallacciarmi all'anno scorso con un un suo romanzo.
Poi dalla settimana prossima ripartiamo con scelte letterarie dettate solo ed esclusivamente dal caso.


L'uomo del titolo è un uomo qualsiasi, che noi conosciamo nel giorno del suo funerale.
Dall'ultimo saluto il viaggio è all'indietro, nell'esplorazione onestissima e profonda di una vita come tutte le altre.

Non è facile raccontare vite mediocri.
Ci piace buttarci in avventure eccezionali e in persone straordinarie, così mentre le leggiamo immaginiamo di essere un po' speciali a nostra volta.
A Philip Roth, invece, non gliene frega proprio niente.
Non gli servono viaggi interdimensionali, scienziati illuminati, mostri orrendi o fatine magiche. Gli escono dalle mani parole in apparenza comuni per parlare di persone in apparenza comuni. Everyman è l'apoteosi di questo. Mi ha quasi ricordato Stoner, senza però, devo ammettere, toccarmi nel cuore tanto quanto il racconto di Williams.
L'uomo la cui vita viene ricostruita non ha nome. Ha un lavoro, ha una famiglia, ha un background di vita sentimentale turbolento, ma sembra non esserci altro.
Quello che c'è, invece, è un'onestà quasi tremenda sulla vita dell'uomo.
Si parte con un racconto affezionato di un'infanzia comune, di un bambino che segue le orme del padre e di un fratello con il quale i rapporti sono sempre stati ottimi. Da lì la crescita del nostro uomo comune è segnata dal suo corpo più che da quello che ci sta dentro. Il primo intervento chirurgico, la prima moglie, una vita sportiva e sana, fino all'inevitabile deperimento del corpo. È questo, più di tutto, che ci viene raccontato. Il corpo è il protagonista del romanzo, il corpo che torna in vita attraverso il racconto.
La velocità e la freschezza del corpo bambino, quasi sconvolto dall'essersi malato, il primo contatto con la morte, grande protagonista invisibile del romanzo; il sesso, come sempre amicone di Roth, ma proprio amiconi che escono ogni tanto per una birra; la malattia.
Senza alcun pudore e senza timore di essere giudicato, ché tanto è morto, il protagonista si racconta in un susseguirsi di aneddoti e storie di vita comuni, infilando in mezzo tra un infarto e un rimprovero dal capo che ti scopre farti la segretaria in ufficio, piccoli momenti in cui a parlare non è più il corpo ma il cuore, lasciandoci come sempre senza fiato.
Rapporti sbagliati con i figli, tradimenti, relazioni prive di significato, diventano tutti tasselli di un'esistenza intera, parti di quella persona che durante il commiato viene celebrata e ricordata con affetto, come sempre ricordando le cose migliori.

Everyman ci ricorda che siamo piccini piccini e che non contiamo niente, e allo stesso tempo che nel nostro essere piccini così abbiamo un valore grande e persone intorno a noi con cui condividerlo.
Solo Philip Roth poteva dirlo così.

lunedì 15 gennaio 2018

The Hitchbook: Gli Uccelli

14:30
Ho questo blog da anni, ormai, e non si è mai parlato di Hitchcock.
Come sempre, è la soggezione verso i Grandi a bloccarmi dallo scriverne, ma il mio rapporto con Hitch è diventato tanto e tale che si meritava una rubrica tutta sua.
Ogni tanto, quindi, in mezzo alla casualità che guida le mie scelte da sempre, ci satrà un posticino per Lui, che tanto se lo merita.



Ho conosciuto Alfred Hitchcock con La finestra sul cortile.
Guardato per banalissima curiosità sulla trama, mi ha cambiato il modo di vedere al Cinema. C'è una scena, in particolare, che mi ha stregata: Jeff è, ovviamente, seduto in casa, bloccato da un gesso francamente ingestibile. È al buio, e dal corridoio si sentono dei passi avvicinarsi. Sappiamo benissimo chi sta arrivando, lo sa anche lui, eppure per quella manciata di secondi lì io puntualmente non respiro. Quando si vede l'ombra dei piedi dietro la porta temo sempre il mancamento.
Una volta vista una scena così, non si torna più indietro.

Preso atto del fatto che ci sono poche persone al mondo a mettermi nello stato di tensione totalizzante di cui Hitch è capace, io sto film sugli uccelli l'ho sempre snobbato.
È per questo che parto da lui. Per redimermi.

Melania si prende una sbandata per Mitch. Con una scusa si presenta a Bodega Bay, dove lui vive.
Triste coincidenza: proprio quando Melania arriva in città, iniziano una serie di eventi quantomeno inusuali. In poco tempo la città è in mano ad uno stormo di uccelli impazziti.

Presente quando sentite i ragazzini che dicono che L'Esorcista fa ridere? Ecco, io pensavo che Gli Uccelli mi avrebbe fatto un pochino ridere. Solo un po'.
Poi sono arrivata alla scena della scuola, me la sono fatta addosso e ho deciso insindacabilmente che la prossima volta che mi prende la Snobite Acuta qualcuno di voi, magari qualcuno di grosso, è autorizzato a prendermi a cinquine in faccia e a rimettermi al mio posticino piccolo e ignorante.

Hitchcock si prende la maestosa libertà di non far succedere niente per un sacco di tempo. La coppia si conosce, Melania va a Bodega Bay, conosce la ex, blablabla. Cose, cose, cose. Ci sembrano quasi inutili e stavo iniziando a scocciarmi quando è arrivata la scena della festa di compleanno.
Bambini terrorizzati, urla, corse, uccelli famelici.
Mi sono risvegliata dal torpore.
Da allora, una discesa fino all'infernale finale.
Ci sono uccelli veri, uccelli più finti di una banconota da 3€, uccelli in animazione, eppure mai una volta che lo sguardo ci si soffermi, perché il rumore delle ali che sbattono frenetiche fa venir voglia di coprirsi gli occhi per proteggerli, per difendersi da un nemico di cartapesta.

È facile cercare tutti i modi in cui Gli Uccelli è straordinario: l'attacco è senza una motivazione, crudele, e ogni tentativo di razionalizzare viene sedato alla svelta, se serve anche a sberle; ci sono momenti di grandissimo dramma, come la maestra morta per proteggere i suoi alunni; ci sono mille livelli di lettura metaforica che generalmente io sulla Redrumia non faccio ma che sono facilmente riassumibili in una spaventosa fragilità dell'uomo e del suo mondo.
Più di tutto, però, c'è il battito insistente delle ali, e quello, finito il film, non ti lascia più.

sabato 13 gennaio 2018

Di tutte le volte che qualcuno ha rifatto la locandina de Lo Squalo

19:28
Quella de Lo Squalo è la mia locandina preferita.
È perfetta così com'è, impatto enorme e aura iconica.


Eppure, c'è qualcosa nel film che scatena la fantasia dei creativi dell'internet e ci regala cosine magnifiche che vorremmo stampate in formato parete da appendere nel salotto di casa.








Questa sembra la copertina di un romanzo dei Cazalet, è un incanto

Prefe



venerdì 12 gennaio 2018

Star Wars: Cronaca di una maratona

07:21
Farò un veloce recap per chi capita da queste parti per caso.
Intanto: ciao!
Mi chiamo Mari, e per anni, letteralmente, ho preso in giro il mio povero fidanzato Erre per la sua passione viscerale per la saga di Star Wars. 
Questo fino a poche settimane fa, quando ho visto Gli ultimi Jedi e tutti i miei più sacri ideali (niente fantascienza, niente alieni, astronavi neanche a parlarne) si sono sciolti nei litri di lacrime che ho versato.
È nato un amore.



Erre è uno di quelli che con sta roba ci è letteralmente cresciuto, l'ho sentito recitare a memoria buona parte dei film e ho preso discrete gomitate nelle costole ogni volta che doveva dirmi: «Attenta a questa cosa, che poi torna!», oppure «Guarda questi due, tienili a mente!».
Io, invece, conoscevo la storia abbastanza bene grazie ai suoi riassuntoni appassionati, ma la mia competenza finiva lì.
Il primo gennaio, quindi, questa coppia insolita si è accasciata sul divano, assumento una forma semiliquida, e ha acceso La minaccia fantasma.
Non riesco a ricordare cosa è successo tra un film e l'altro, perché non c'è stato altro. La testa e il cuore sono finiti completamente nello spazio e ci sono rimasti, perché ad oggi ogni tanto ripenso a C3PO e sorrido tra me e me.
Siamo tutti concordi, credo, nel dire che Episodio I è un filmettino mediocre. Noi ci lamentiamo tanto di questa nuova trilogia ma pensate a quelli che dopo la fine magistrale della Sacra Trilogia si sono trovati questa roba.
Son traumi.
Oggi, però, e soprattutto con il filtro dell'amore grande che stavo provando, la visione è calata liscia come l'olio. Un po' perché ho (ri)visto la nascita di C3PO che, se non l'aveste capito, è la mia cosina preferita al mondo, brutto scemone logorroico tontissimo patatone. Un po' perché Ewan McGregor è sempre uno dei miei preferiti e lo guardo sempre volentieri. Un po' perché, ehm, abbiamo mandato avanti la gara di sgusci. Insomma, è stato un riscaldamento per quello che ci aspettava, e con il senno di poi vedere il piccolo Anakin è stato bellissimo e commovente.
L'attacco dei cloni segna quella che, a mio parere nemmeno troppo umile, è la vera disgrazia della trilogia nuova: la scelta di Hayden Christensen come Anakin Skywalker. La storia di uno dei più grandi e affascinanti villain della storia del cinema ridotta ad una macchietta soapoperistica per colpa della scelta di casting più infelice che si ricordi. Ma come gli sarà venuto in mente? Ma non ci sarà stato un povero cristo lievemente migliore? Christensen, che farà sicuramente piacere alle 13enni ormonali, è piatto come l'encefalogramma di uno stormtrooper. Non ha un grammo di fascino neanche a chiedergli di fingerlo, non funziona da nessun punto di vista se non, forse, il fatto di essere portatore di geni assolutamente interessanti che, mescolati a quelli della Portman, avrebbero dato vita ai due fratelli Skywalker più belli mai visti.
Su Jar Jar non esprimerò pubbliche opinioni per evitare nuovi litigi con il mio moroso che lo odia, dico solo che prendersela con uno perché è goffo mi pare ingiusto e anche un'offesa che io e la mia goffaggine potremmo prendere sul personale. È come dare a Vittorio Emanuele III tutta la colpa della Seconda Guerra Mondiale. Avrà anche dato un contributo fondamentale, ma i nemici da fare fuori erano altri, scusate tanto.
#freeJarJar
Durante La vendetta dei Sith ho pianto, bisogna dirlo. La resa definitiva di Anakin al Lato Oscuro è stata dolorosissima, il finale mi ha lasciata in pezzi e il solo pensiero che Obi Wan abbia dovuto vivere tutta la vita con dei sensi di colpa stratosferici mi ha lasciata in una valle di dolore e sofferenza. Ewan McGregor è bravissimo e anche se questa trilogia non è perfetta (e chi lo è?) mi ha preso il cuore e me lo ha lanciato lontanissimo tra le galassie in modo che io non potessi recuperarlo mai più. La prima volta che ho visto la miniLeia, poi, mi sono emozionatona. Sapete ormai che la Principessa è il mio personaggio del cuore, vederla piccina e vederla presa da chi poteva amarla tanto mi ha scaldato il cuore e reso tanto contenta.

INTERMEZZO ROGUE ONE

Ci siamo buttati nell'ordine cronologico non per una bizzarra forma di masochismo, ma solo perché volevo tanto rivedere Rogue One, perché al cinema mi potrei (o non potrei) essere addormentata.
Ho fatto male a volerlo rivedere, perché sto film è di una brutalità senza fine.
Di tutti e sei, però, è quello che più ricalca la cosa che mi ha fatto così tanto innamorare de Gli ultimi Jedi. È un film di sacrifici e di ideali potentissimi che infondono coraggio. Un gruppetto bizzarro di persone contro il Male Assoluto, rischiando la cosa più preziosa di tutte, per il bene degli altri.
Ma quanto posso avere pianto.
E lo sapevo che sarebbe finita così, perché avevo già visto Episodio IV, lo sapevo perché ho chiaro in testa lo sguardo di Erre dopo averlo visto la prima volta, eppure sono rimasta fregata. E il Cinema fa anche questo, gioca con i nostri sentimenti e le nostre illusioni, ci fa ogni volta sperare che finisca in modo diverso e poi ci riduce in polpette.
Sentimentalismi a parte, Rogue One è un film splendido, un vero film di guerra in cui non si fanno sconti a nessuno, senza buonismi nè pillole addolcite. Si combatte, si muore, si uccide. Un cast illuminato dalla luce divina, una storia bellissima e dolorosa e scene d'azione indimenticabili.

Guardare la Sacra Trilogia è stato bellissimo.
Lancio un messaggio di speranza alle persone che, come me, temevano la palla di pietra di tre e dico tre film su combattimenti con le spade laser e le astronavi. Mettetevi il cuore in pace perché ci sono.
MA, prima di ciò c'è un divertimento fortissimo. Si ride come dei dannati e davvero non mi capacito di come si possa criticare la leggerezza dei film nuovi quando in quelli vecchi c'è la coppia del secolo. No, non parlo di Han Solo e Chewbecca, perdonatemi. Parlo di R2-D2 e C3PO, ovviamente. Ogni momento di loro insieme è stato una gioia, ho riso come una pazza. C3PO a pezzi in spalla a Chewbecca che continua a parlare è una meraviglia, R2-D2 preso a calci è pazzesco e insieme sono la più spumeggiante delle coppie.
Deve esserci qualcosa in particolare che mi fa tanto ridere nella comunicazione unilaterale. Han che parla con Chewbecca e quello che fa solo versi, R2-D2 che risponde all'altro pollo solo con i suoi rumorini...non so che dire, mi spacco dalle risate. Mi basta poco, pare.
Del momento dell'allenamento di Luke con Yoda non so che dire. Anche lì, potrei aver riso più del previsto. È così che mi ha fregata, mi sa. Mi ha fatto un ridere che lo so solo io, poi appena mi sono distratta un momento TAC! Lacrime a cascata.
Yoda è stato incredibile. Per quanto sia shockante vederlo così concio dopo averlo visto nella Trilogia Nuova, io lo adoro. Una specie di Furby con i minivestitininini da Jedi, non ce la potevo fare.
Ho osato per una volta dire una cosa del genere a Erre. Mi ha squadrata come se fossi una squilibrata e mi ha sibilato: «Scherzi? Yoda è FORTISSIMO!»
Aveva ragione, ovviamente, e ho imparato a non sottovalutarlo più pur mantenendo un infinito amore per i minivestitininini da Jedi che sono una robina bellissima.

E poi, insieme al resto, c'è Lei: Leia.
Mi ha colpita dal primo istante.
Qualche tempo fa ho sentito una persona gioire perché essendo Doctor Who finalmente una donna, le bambine quando ci giocano possono anche fare il Dottore e non più solo la companion di turno.
Leia c'è sempre stata, ad ispirare le bambine di tutto il mondo. Presa schiava per il suo corpo, sottovalutata, ignorata, sfruttata, ha sputato in testa a tutti diventando la regina indiscussa della saga. È potente, senza paura, inarrestabile. Ma anche più saggia di tutti, materna, affettuosa, coraggiosa. È un incanto vedere un personaggio femminile così.
È anche importantissimo vederla in un contesto così ritenuto maschile come la fantascienza. Lei non solo c'è, ma comanda, e rimette tutti al proprio posto.

L'aggravarsi della situazione reso evidente dal deperimento del pelo di Chewbecca

Io, invece, sono stata rimessa a posto dal finale della trilogia.
Era l'unica parte che non conoscevo, perché Erre non me l'aveva mai raccontata.
Non me lo aspettavo, non lo sapevo, non potevo immaginare.
Potevo arrivarci dal titolo dell'episodio, invece no. Sono stata ignara fino all'ultimo momento, non ho mai saputo cosa avesse abbattuto l'Impero e adesso che lo so non penso ad altro e non mi riprendo più.
È stato un viaggio tra le stelle magnifico, di quelli che ti costringono a ricordarti dove sei quando alzi lo schermo dopo i titoli di coda.
Ma io sulla Terra non ci resto a lungo.
Non vedo l'ora di tornare.

mercoledì 10 gennaio 2018

Zerocalcare & Me: a love story

07:47
Ho visto Zerocalcare di persona una volta sola. Era al Festivaletteratura di Mantova, a cui tutti dovreste partecipare perché è un tripudio di gioie, intervistato dai ragazzini dell'associazione Blurandevù. I ragazzi sono stati carini, niente da obiettare, ma per tutto il tempo ho avuto la sensazione che di tutto quello che gli stava intorno non potesse fregargliene di meno.
Gli avrei messo in spalla una coperta e lo avrei portato via di lì, lo avrei lasciato in una camera d'albergo con il wifi e nessuno intorno.
Ovviamente queste sono solo impressioni di una persona che Zerocalcare lo ama molto, non vogliono essere una specie di biografia ufficiale. Però lo sentivo parlare e mi sembrava di avere davanti una persona tanto impacciata, tanto disinteressata al clamore e alla fama, che quella che prima era solo ammirazione verso un bravo autore è diventata Amore.


Non ricordo con precisione come ci siamo conosciuti, io e Lui.
Se vi state chiedendo se ci conosciamo davvero, ovviamente la risposta è NO. Ma come le ragazzine delle medie, io sono fidanzatissima con lui e lui mica lo sa. È un rapporto unidirezionale, ma l'amore è tale da coprire la metà mancante.
Ricordo solo che ho iniziato con il blog, come la stragrande maggioranza di noi. La prima volta che ho capito che c'era di più è stato per caso. Stavo leggendo una tesi di laurea sul G8 e sugli eventi della Diaz (per inciso, è la tesi di Irene Facheris, che lei ha messo gratuitamente sul suo sito, che trovate qui) e ci ho trovato una sua intervista.
L'uomo oltre i disegnetti.
Da quella volta lì l'uomo oltre ai disegnetti ho cercato di vederlo spesso. Nelle opinioni, nelle frecciatine incandescenti, nella delicatezza del tocco, nel cuore enorme, nelle tavole a pagina piena con solo una frase, sufficiente a far sanguinare i cuori.


Andando avanti col tempo le sue storie hanno smesso di farmi solo divertire per la sua bruciante autoironia, per i disegnetti buffi e i personaggi della cultura geek. Ben presto a tutto ciò, che comunque rimane, si è aggiunto un livello di profondità inaspettato. Non che questo mancasse nelle tavole del blog e nei primi libri, sia chiaro. Credo solo che da Dimentica il mio nome in avanti si sia fatto un salto di qualità inarrestabile, che ad ogni volume porta Zerocalcare a diventare sempre più la cosa migliore sia mai nata dal web italiano.
Se già la storia familiare era di una dolcezza e di una delicatezza rare, che anzichè cozzare si sposano alla perfezione con quei suoi disegni così grossi e nerissimi, con i due successivi, Kobane Calling e Macerie Prime per me si è toccato il capolavoro.

Questa mi ha colpito tantissimo ad un livello personalissimo, è stata dura da digerire

Secondo me sono invecchiata. Sono sempre stata lievemente anzianotta dentro, ma ultimamente i temi toccati da ZC mi toccano nel profondissimo, anche quando non vorrei.
Kobane Calling si apre al mondo esterno, esce dal guscio del nostro comfort e ci porta nel pieno della guerra. Senza voyeurismo (è troppo intelligente per quello), senza la lacrimevole vicenda dei bambini morti sotto le bombe, Michele Rech ha preso lo zainetto ed è andato in prima persona a vedere cosa stava succedendo nella città di Kobane, a conoscere il popolo curdo che stava combattendo contro l'ISIS. Ce lo racconta con il suo modo che ormai abbiamo imparato ad amare, comportandosi come farebbe chiunque di noi: a fronte di persone, ragazzi anche giovanissimi che ogni giorno abbracciano il fucile e proteggono la loro casa non si può far altro che sentirsi piccoli piccoli e anche un po' scemi. L'unico modo per smettere di essere piccoli piccoli e anche un po' scemi è informarsi, conoscere, capire. Non ci renderà al pari di chi rischia la propria vita in nome di una libertà perduta, ma ci ridà quella dignità che spesso, nella nostra comodità occidentale, perdiamo. Il reportage che esce dai suoi viaggi è il modo più bello che ci sia di onorare chi l'ISIS di cui blateriamo ogni giorno lo combatte davvero. Uscire indenni dalla lettura è impossibile.

Quel cuore in mezzo alla città è indimenticabile

Per me, però, Macerie Prime è stata una sassaiola in cui io ero l'unica vittima.
È riuscito a centrare con precisione da cecchino il modo in cui mi sento, oggi, più vicina ai 30 che ai 20. Quando mi sembra di snaturarmi perché cambiano i miei gusti e i miei ideali, quando mi arrampico nel mio castello di illusioni e mi ci barrico dentro autoprendendomi ostaggio, quando devo rivalutare quello che voglio, come lo voglio e perché lo voglio. Quando penso di avere la vita in mano e arriva la stangata che ti fa rimettere tutto quanto in circolo, quella sensazione lì che ti prende alla gola e ti fa temere che non ce la farai mai, lui la mette su carta come non ho mai visto fare a nessuno prima.
E forse è solo l'età, la confusione di chi sta diventando adulto e deve capire come si fa, la paura di dover fare passi grandi e di dover prendere decisioni ancora più grandi e, in questo casino che è la crescita, delinea i grandi punti fermi: gli ideali, la coerenza, e gli amici.
Il modo in cui si parla dell'amicizia, sempre nei suoi lavori ma in Macerie Prime un pochino di più, mi fa sempre, sempre pensare al mio gruppetto scalcagnato, che è più bello che mai adesso che mi manca tanto.


ZC sembra una cosa e poi è tutt'altro. I suoi lavori sono di una delicatezza portentosa che però travolge le emozioni come un fiume in piena, e siccome di solito c'è un armadillo enorme in mezzo alla stanza, fidatevi: non è così scontato.


lunedì 8 gennaio 2018

E così l'horror è morto

13:26
Questi primi giorni dell'anno hanno fatto schifo, io ve lo dico già. Ci sono state brutte notizie e postumi di brutti eventi che mi sono trascinata e che mi hanno fatto vorticare i cosiddetti come girandole impazzite.
Ho pensato quindi di iniziare l'anno almeno nella Redrumia con un post pieno di speranze per il futuro e pernacchie sbavanti ai nostri nemici cinici.
Quindi sì, il titolo è ironico.


L'horror non solo sta benissimo, ma fa i soldoni alla faccia vostra, dove con voi intendo le mammolette frustranti che incrociano le braccia, scuotono la testa e dicono che no, signora mia, gli horror come una volta mica si fanno più.

Partiamo con il re indiscusso dell'anno: IT.
Spernacchiato, boicottato, insultato ancora mentre il buon Muschietti stava chinato a firmare il contratto. Lui si è messo i paraocchi da cavallo, ha fatto un film bellissimo e ha deciso di fare anche il colpaccio: It è diventato uno degli horror con l'incasso più alto di SEMPRE. Fa quasi ridere, oggi, ripensare ad ogni battuta, ad ogni lamentela, ad ogni rottura di maroni. Il film è costato 35 milioncini di paperdollari (che sono tantissimi) e se ne è presi in tutto il mondo quasi venti volte tanto.
Ora, io sono certa che i più competenti di me potranno stare qua ore a fare statistiche e calcoli con l'inflazione e i successi degli anni passati, ma io sono una tipa elementare: se spendo 1€ per fare una cosa e ne guadagno 20, sono stata bravissima. (Per i dettagli, comunque, io uso sempre Box Office Mojo, il link sta qua.)
Quindi, chi è stato bravissimo?
Muschietti, e tutti quelli che con lui si sono portati a casa un risultato incredibile.
Chi non è stato bravissimo, invece?
Voi, che avete frantumato l'anima e adesso meritereste di assistere ad ogni doccia in cui Andy Muschietti si lava le ascelle con le banconote da 500.

Prima di lui, però, un altro signore era stato proprio proprio bravo. Jordan Peele ha esordito alla regia con un film interessantissimo come Get Out. Il suo modo innovativo ed originalissimo di parlare di razzismo non si avvicina nemmeno lontanamente agli incassi di It, ma questo non significa nulla. Costato nemmeno 5 milioni di dollari, ne ha portati a casa venticinque. Un risultato ottimo per un film che se lo merita tantissimo, che avrebbe potuto portare in sala anche persone molto lontane dall'orrore e farle uscire soddisfattissime dalla sala.
Gli sono piovuti addosso nominations e premi di varia natura, come se i soldoni non bastassero. Perché lo so, vi vedo già carichi a scrivere che gli incassi non sono sinonimo di qualità.
Lo so bene, bestiacce. Siete gli stessi che non sono andati a vedere Blade Runner 2049?
Sicuramente soldi è diverso da qualità. Ma se il 2017 è stato evidentemente un anno preziosissimo per l'orrore principalmente per la bellezza di certe uscite, è importante anche notare che è stato l'anno in cui la gente l'horror l'ha visto, e l'ha visto al cinema. Ci serve che si vada in tanti al cinema a vederlo, altrimenti non ci distribuiscono più niente e noi dobbiamo darci all'illegalità.
È quello che vogliamo?

Passiamo poi a tempi più recenti.
Al Lucca Comics la città era tappezzata delle locandine per Happy Death Day
Midnight Factory deve essere scesa da cielo per il bene di noi italiani. Non sto dicendo che amo alla follia ogni prodotto distribuito in sala da loro, ma che la selezione delle uscite in home video è notevolissima e che il modo massivo in cui pubblicizzano è tale da volerli abbracciare tutti. Auguri per la tua morte, per esempio, me lo ritrovavo anche sulla carta igienica, ma ne è valsa la pena. Il film è stato internazionalmente un successo, con un budget di manco cinque milioni e 55 intascati. Un horror di quelli teen classici, ma carinissimo, che si è meritato ogni centesimo portato a casa e forse anche qualcuno di più.

Per motivi a me assolutamente sconosciuti la gente va ancora al cinema a vedere Saw. Nel 2017 è uscito il trentacinquesimo capitolo (in Redrumiano vuol dire l'ottavo) e si è portato a casa la sua dignitosa centinaia di milioni di euro. A me fa un po' ridere, ma siccome non voglio smentire quanto detto sopra, gioisco del suo successo e confido quei soldi vengano investiti bene e non, per esempio, in Saw 36.
Prima o poi, però, la maratona la faccio e indago. Indago sul motivo del suo successo. Divento un indagatore dell'incubo, laddove l'incubo è chiaramente il successo e non la saga.

Annabelle: Creation è stato costosino. 15 milioni investiti in un film che diviso un po' le opinioni. A me, ve lo dico sinceramente, ha fatto un paurone del dodici. Al box office se l'è cavata niente affatto male, più di 300 milioni in tutto il mondo. Immagino miriadi di ragazzini in sala a ridere come dannati, a lasciare in giro le scatole dei popcorn e a stare al cellulare illuminando a giorno la sala e poi dormire con la luce accesa.
Vi conosco, siate maledetti voi e la vostra prole.

Al di là degli incassi, però, il 2017 è stato una ventata d'aria fresca. Di fianco alle immancabili aggiunte a saghe millenarie (Rings, Leatherface, Cult of Chucky, Amityville il risveglio, Jeepers Creepers 3...) ci sono state certe chicche che, incasso o meno, sono state un sollievo per i miei vecchi occhi secchi.
Il progetto XX mi era piaciuto molto, un horror antologico tutto al femminile che ci ricorda che i filmacci li facciamo anche noi ragazzine e che li facciamo anche bene.
Di Gerald's Game è stato detto già tutto: un romanzo che sembrava impossibile si è trasformato in un film micidiale. Bello bello e ancora bello. E d'altronde, con Flanagan al timone non mi aspettavo niente di meno.
Sono solo due esempi, questi, perché come vi dicevo nel post dei preferiti ho visto davvero poca, poca roba dell'orrore quest'anno. Proprio l'anno più figo del decennio.
Ma recupero, eccome se recupero.

mercoledì 27 dicembre 2017

Il mio primo post di preferiti dell'anno!

14:42
Fare le liste mi piace un casino. Ne faccio tantissime dalla dubbia utilità, poi ogni tanto mi cimento in missioni impossibili come questa. Quando devo scegliere le mie cose preferite vado in crisi, mi dispiaccio per gli esclusi, piango un po' in posizione fetale.
Odio le scelte.
Per questo motivo, oggi, sfido il mio problema con le selezioni e faccio la lista delle mie cose preferitissime del 2017.
Se sopravvivo alla pressione della scelta ci vediamo l'anno prossimo!


MUSICA
Su Redrumia non parliamo mai di musica, ma siccome da un po' condivido sulla pagina facebook (che sono certa voi seguite) le mie canzoni preferite, butto giusto giù due righe anche qui.
A dispetto delle millecinquecento cose diversissime e bellissime ascoltate quest anno, la mia mente è sempre e solo andata a lui: Stromae.
Indovinate chi ha mollato la musica, almeno per un po'?
Ecco, appunto.
Se mancasse tantissimo anche a voi come a me, vi linko un'opera d'arte. Buona fortuna poi nel riprendere una vita normale.
La trovate qui.

PAROLE SCRITTE
Se il 2016 era stato per me l'anno dedicato a David Foster Wallace, quest anno un altro brillante signore ha fatto capolino nella mia vita: Philip Roth.
Se non lo avete mai letto, beati voi. Avete la freschezza dell'inizio e la bellezza della sorpresa. Non fate però come dicono tutti, non iniziate con le cose super portentose come Pastorale americana o La macchia umana.
Vi voglio incuriositi fino al midollo, vi voglio con gli occhi sbarrati e la risata costante: si inizia con Il lamento di Portnoy. Si inizia così, e non lo si molla mai più.
Il mio romanzo dell'anno, però, non è stato di Roth. Quest anno su consiglio di una sconosciuta ho comprato Shantaram, ed è stato un viaggio pazzesco nell'umanità più fragile e nel paese più intrigante del pianeta. Ho pensato a lungo che potesse essere lui il mio più amato, ma mentirei sapendo di mentire. Diciamo che si porta a casa la medaglia d'argento.
Il romanzo del 2017, nonché istantaneamente entrato tra le cose più amate di sempre non poteva che esserci Lui: L'Esorcista. 
Ne parlo un pochino più approfonditamente qui.
È un capolavoro punto e basta, e io ammetto che non me lo aspettavo nemmeno per sbaglio. Le parole di Blatty sono lame affilatissime ma guidate dalla mano più delicata possibile. Colpiscono profondamente ma sei talmente ammirato che nemmeno te ne accorgi e quando hai finito ti ritrovi in un angolino a leccarti le ferite.

CINEMA DELL'ORRORE
Quest anno l'ho trascurato. Mi sento come una mamma che compra un cucciolo di gatto e trascura il micione vecchio e grosso che ha da anni. Il genere horror, poi, è davvero stronzo come un vecchio gatto. A volte ti ferisce, a volte ci resti male, poi ogni tanto ti grazia con fusa inaspettate e tu ti senti la persona migliore del pianeta.
Le mie fusa personalizzate quest anno ci sono state eccome. Quasi percependo che io lo stavo ignorando, il cinema ha deciso che era l'anno buono per buttare fuori bombe dell'orrore incredibili.
La mia scelta, però, è la più banale. Il mio horror dell'anno è stato It. Per come è riuscito a farsi strada anche in un cuore inizialmente scettico come il mio, per come si è preso gioco di tutti gli haterz maledetti diventando il film di genere con l'incasso più altro di sempre, per come mi ha fatto un paurone. Per me It è stato magnifico.

CINEMA E BASTA
Che annata sto 2017. Mi gira la testa a dover fare una selezione. Ma voi ve lo ricordate com'ero quando ho aperto questo blog? No, la fantascienza mi fa schifo, no gli alieni che pena, no ma non me ne parlare di Blade Runner che non ne voglio sapè.
Fino a due secondi fa ero in crisi su cosa fosse la mia scelta, ed era tra Blade Runner 2049 e Star Wars: The Last Jedi. Giuro che mi viene da ridere per quanto mi sembra ancora assurdo che questi due possano essere i miei film dell'anno.
Ho scelto Blade Runner 2049 per un motivo: è stato un flop incredibile. La prova è che l'umanità è scema come tutto sommato già sospettavamo, e io invece punto i piedi per terra e lo scelgo come film dell'anno, perché è magnifico.
Forse esservelo perso al cinema è una punizione sufficinete per non averlo premiato quando potevate.

SERIE TV
Sono sempre stata complicata con le serie. Ne guardavo pochissime e le selezionavo come una pazza, non mi piaceva niente. Quest anno mi sono lanciata in certi binge watching a cui preferisco non ripensare. Mi sono ridotta ad un'ameba sul letto, con dolori di schiena lancinanti al solo tentativo di rialzarmi, con scatole di biscotti e una coperta disgustosamente piena di peli di gatto.
È stata un'annata seriale di emozioni enormi e pianti a dirotto, perché io sempre vado a cercare cosine easy e dallo scarso impegno emotivo.
In mezzo a donne maltrattate (e per un po' con la Atwood ho chiuso), la quarta stagione del mio immenso Sherlock e il ritorno dell'altra grande serie della mia vita, Sense8, per me il 2017 è stato l'anno della scoperta di Doctor Who. Ha cambiato il mio immaginario, le mie citazioni, le conversazioni con il mio ragazzo. L'ingresso del Dottore nella mia vita è stato impetuoso e travolgente, ha sbaragliato tutto il resto e mi ha trascinata con sè in un mondo fatto di alieni, viaggi nel tempo e avventure pericolose. Mai nella vita avrei creduto che tutto ciò mi avrebbe conquistata. E invece mi ha fregata. Maledetto Dottore, quanto ti amo.

COSE
Il 2017 è stato l'anno in cui Mari's Red Room è cambiato in aspetto, nome e contenuti. Non sono ancora arrivata al risultato che volevo, ma è un work in progress che mi sta piacendo molto. Ha seguito me e il mio cambiamento e per ora posso ritenermi soddisfatta.
Qualche mese prima, però, Per l'amor di Asgard ha visto la luce. È stata un'emozione incredibile e ancora adesso quando ci penso mi gira la testa perché mentre io sto qua dietro al pc a vivere la mia vita come prima, lui sta lì a farsi la sua vita autonoma in giro per l'internet.
Mi commuove sempre un po'.

In questo ultimo anno i miei gusti sono cambiati in maniera quasi irreale. Ho pianto ogni mia lacrima per la trilogia de Il pianeta delle scimmie, mi sono affezionata a dei robot, ho amato oltre ogni dire un film in cui una tizia comunica con degli alieni, ho guardato molti, ma molti, meno horror della mia media e ho anche letto meno. Però è stato un anno pieno di emozioni giganti e pianti importanti, ho guardato più serie tv di quante ne abbia viste in una vita intera.
Sono contenta di essere diventata un pochino meno snob e complicata e di avere lasciato che tante emozioni inaspettate mi colpissero e mi rendessero un pochino migliore.
Che per tutti il 2018 sia pieno di emozioni così!

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