lunedì 30 ottobre 2023

Lo shop di Nuovi Incubi!

16:40

 



È un po' difficile restare online in questi giorni, guardare quello che accade a chi non ha la possibilità di staccarsi dalla realtà solo bloccando lo schermo dello smartphone. È altrettanto vero che è impossibile immaginare un mondo in cui tutti quanti lasciamo il mondo che conosciamo per andare ad aiutare chi ha un bisogno così estremo, e quindi chi può cerca altri modi per fare la propria parte. 

Io e Lucia abbiamo pensato a questo, di modo: da oggi fino al 31 dicembre è online uno shop, con tanto merch dedicato al nostro podcast, Nuovi Incubi. Tutti i proventi delle vendite saranno destinati a Medici Senza Frontiere, che in questo momento ha così tanto bisogno di ogni piccola cosa data la situazione tragica a Gaza. Noi abbiamo pensato di metterci magliette, spille, adesivi, che con l'aiuto di chi vorrà supportarci diventeranno beni di prima necessità.

Trovate lo shop a questo link.

Il link per donare direttamente a MDF senza fare acquisti invece è questo.

Grazie.

lunedì 23 ottobre 2023

Redrumia33: settimana 3

18:15
Il fatto che sia già finita la terza settimana di ottobre è una cosa che non ho preso benissimo, prima di tutto perché vorrei fosse ottobre tutto l'anno e poi perché l'idea di arrivare alle temperature invernali davvero non mi riempie di entusiasmo. Se non altro mi sono goduta un'altra settimana piena di orrori cinematografici e mi sono divertita come una bambina sulle giostre.
Cominciamo.



Avevamo recuperato il controverso primo capitolo della saga con Taissa Farmiga per guardare il secondo, accolto ben più calorosamente. Sebbene a me fosse piaciuto anche il suo predecessore, è pur vero che il capitolo due è diverso, più intenso e più concentrato sulla storia da raccontare che sul desiderio di farlo spaventando. Il discorso sulla fede che spesso caratterizza il cinema demoniaco viene qui riproposto, ma al femminile. Non sono sacerdoti, quindi, ad avere dubbi sulla propria veste, ma suore, che devono affrontare il male per poter accogliere dentro di sé quello che considerano essere il bene. Invertire la consuetudine di genere rende il film, ai miei occhi, ancora più interessante, perché cambia il tono della riflessione e le riflessioni che se ne traggono. 
L'ho trovato più appassionato e intenso, con una Farmiga sempre al meglio delle sue capacità e una bella storia da raccontare.




A questo film ho dedicato una live che vi condivido, per non dilungarmi ancora su un film di cui ho parlato a sufficienza.







La mia ormai nota antipatia per Nicolas Cage aveva fatto sì che io rimandassi questa visione e questo è ingiusto nei confronti di un Nicholas che invece amo di amore appassionato: lo stupendo Hoult. Devo anche riconoscere che spesso i miei pregiudizi mi fanno prendere delle cantonate, ed è questo il caso: mi sono divertita come una pazza. Coreografato in modo delizioso, simpatico e con momenti interessanti quando decide di parlare di relazioni e autocoscienza, pur continuando a farlo in modo scanzonato e senza mai prendersi sul serio. Che questo non faccia pensar male: non si prende mai gioco di tematiche serie e importantissime, come la tossicità di alcune relazioni, sceglie solo un registro più leggero per affrontarle e secondo me lo fa in modo molto rispettoso.
Se Cage qui si lascia andare a fare il meme consapevole, è Hoult che si conferma adeguatissimo in questi ruoli scanzonati ma intriganti. Carinissimo.




Io e questo film non ci siamo capiti. Parla di una bambina, Mia, che dopo il suo settimo compleanno chiede alla madre di essere chiamata Alice, e sostiene di non essere più se stessa. Il nome non è nuovo a sua madre, e le richiede di scavare nel suo passato per restituire alla figlia la propria identità. 
Apre due temi molto canonici dell'horror, la maternità e il senso di colpa, solo che ho avuto la sensazione fosse un po' sfuggente e non centratissimo su nessuno dei due. Cerco di spiegarmi meglio senza fare spoiler: la prima parte vede una madre dover risolvere un problema della figlia, la seconda è quella che rivela che il problema, in realtà, è suo. La mia perplessità sta nella risoluzione. La madre ha fatto un errore, e deve pagarne le conseguenze, però non mi è chiaro perché debba essere punita nella sua maternità, completamente scollegata dall'errore che ha commesso. Non è la sua identità quella rimessa in discussione, viene punita non in quanto colpevole ma in quanto madre, e non sono sicura di essere uscita da questa visione soddisfatta. Alla fine non fa una vera riflessione sulla maternità, sul ruolo genitoriale, ma neppure una profondissima sulla colpa e l'elaborazione della stessa. Ha però alcuni momenti molto riusciti e due interpreti sopraffine. Non so, forse non ci siamo incastrati nel momento giusto.



Questo non è piaciuto a nessuno e ammetterò che io non ho grandi capacità di giudizio verso i film per famiglie però mi sono divertita. È una commedia molto classica di infestazione, con medium, scettici e vittime, quasi grottesca nei suoi eccessi ma con buone intenzioni. Alcuni momenti mi hanno fatto molto ridere perché ho l'umorismo di una di cinque anni, quindi alla medium che viene cacciata dalle scale con ancora la sedia sotto il sedere ho riso moltissimo, ma in generale l'ho trovato candido e sincero.
Ho una sola perplessità che credo sia legata al momento che sto vivendo. Molto spesso nel cinema che parla di lutto viene chiesto a chi resta di lasciar andare, e qui avviene lo stesso. Le persone sofferenti sono invitate ad andare avanti, ad abbracciare la nuova vita piena di possibilità. È un gesto che mi viene da considerare violento e non mi piace vederlo. Voglio tenermi stretto il mio passato e fare sì che mi aiuti a vivere un presente migliore e a costruire un futuro di cui essere fiera, non voglio "lasciar andare". È un concetto che non mi piace soprattutto quando viene suggerito ai bambini. Per il resto, c'è Danny De Vito, non penso serva altro.




Storico cult di fine anni '80 che a me ancora mancava e che ho recuperato perché l'ho trovato su Shudder. Queste squisitezze qui sono le cose che metto su quando mi serve del cinema confortevole: demoni, final girls, omicidi originali - molto apprezzato il braccio tranciato con una bara - adolescenti sciocchi e case abbandonate in cui fare sinistri festeggiamenti di Halloween. Qui c'è poco da spiegare, ognuno si rilassa a modo suo e niente come una roba del genere mi rimette in pace col mondo. Questo, poi, ha alcuni momenti iconici - la rapina al supermercato, un momento di rivendicazione del proprio corpo mica male, il rossetto nella tetta, potrei continuare all'infinito - e tanta, tanta voglia di fare quel cinema nato per intrattenere, senza secondi scopi, senza pedagogia, solo con la voglia di demoni e tanto sangue. Mi sono già affezionata.

lunedì 16 ottobre 2023

Redrumia33: settimana 2

15:55
Questa seconda settimana di visioni di ottobre ha subito una piccola battuta d'arresto: l'uscita de La caduta della casa degli Usher, di cui ho parlato qui in un post senza spoiler ci ha rubato una sera di cinema, e, insieme alla consueta uscita settimanale con gli amici, ha fatto sì che i film di questa settimana fossero solo cinque.
Ve li racconto.




Non mi dilungo su questo film che avevo sottovalutato perché gli ho dedicato una live, che vi lascio qui se vi andasse di vederla. Per sintetizzare: mi ha intrattenuto tanto perché la sua componente gotica è gradevolissima e bella a guardarsi, ma avrei voluto si prendesse più tempo per analizzare alcuni temi fondamentali della storia che racconta e che invece tralascia. Il resto è nella live.







Avevo una voglia matta di rivedere Ultima notte a Soho, il capolavoro di Edgar Wright, e averlo comodo su Prime mi ha convinta. Per me non è solo la cosa migliore del suo regista, che è talentuoso e molto colto, ma una delle cose migliori di sempre. 
Prende gli stilemi e le regole del giallo all'italiana per trasformarlo in una cosa modernissima, che omaggia i grandi e al tempo stesso critica senza pietà il sentimento nostalgico. Usa le caratteristiche base delle donne del giallo ma le rivoluzione, privandole completamente della componente erotica per omaggiarle di una storia completa e complessa. Usa la donna investigatrice e la donna omicida, ma entrambe sono più potenti perché la storia è su di loro che si concentra anziché sfruttarle solo per il bene del personaggio maschile. 
Per me questo è cinema perfetto, ho poco da aggiungere.




Mi sono guardata questa versione all black e moderna di Frankenstein perché è uscita su Shudder e ne sono rimasta piacevolmente colpita. Parla di una giovanissima appassionata di scienza, Vicaria, che è stanca dell'epidemia che colpisce il suo quartiere: la violenza. Vicaria, infatti, viene da una zona urbana complessa, in cui le difficoltà vengono affrontate come si può e spesso il solo modo possibile è quello dannoso. Si cerca di sopravvivere tra abuso di sostanze, violenze domestiche, attacchi da parte della polizia, istituzioni assenti o, quando presenti, solo dannose. Quando muore suo fratello lei non si rassegna, e cerca di riportarlo in vita grazie alle sue conoscenze scientifiche.
Non so bene perché mi aspettassi una commedia, o un film dai toni leggeri. Pensavo che il titolo fosse da prendersi alla leggera, e invece dice già il senso del film: The ANGRY Black Girl. Vicaria è l'eroina moderna che le giovani spettatrici dell'orrore si meritano. Non accetta di sottostare ad un clima di paura e oppressione, non teme le persone che la circondano anche quando sono evidentemente pericolose, e ha sulle spalle un carico che nessuna persona della sua età dovrebbe avere. Eppure non lo subisce, ma fa quello che può per ribellarsi ad un sistema ingiusto e prevaricatore, e sebbene faccia degli errori li fa con molta più consapevolezza di tutti gli adulti che la circondano e che, per scelta o per assenza della stessa, finisce che il sistema lo alimentano anziché combatterlo. 
E soprattutto, poiché è intelligente per davvero, cresce e impara dai propri errori, comprende cosa sia o meno giusto fare per il proprio bene e per quello degli altri, saluta quello che non può essere sistemato e si concentra sul presente. Un personaggio splendido in un film davvero carino.



Anche lui, arrivato nei giorni scorsi su Prime, lo avevo sottovalutato. Parla di una ragazzina la cui madre, ossessionata da un killer mascherato che ha attaccato le sue amiche anni fa, viene uccisa dallo stesso killer e decide di tornare indietro nel tempo nella speranza di liberarsi dell'assassino e salvare la vita alla madre. 
È strano che io abbia preso due cantonate così perché non sottovaluto quasi mai niente: sono di bocca buona, mi piace tutto ed è passata da tempo l'epoca in cui mi atteggiavo a cinefilina intellettuale con i gusti migliori degli altri (era una posa naturalmente, sono sempre stata una cretina). Invece proprio questa settimana due film a cui pensavo poco si sono rivelati piacevolissimi: Totally Killer è rumoroso ed eccessivo e prono al perculo, e mi ha divertita tantissimo. La protagonista torna alla fine degli anni '80, e anche in questo caso si prende un po' in giro l'effetto nostalgia che sembra diventare una follia collettiva ogni decennio. Questi anni '80 sono scorretti e sgradevoli, le persone si trattano malissimo e intrattenere una relazione sincera con qualcuno pare impossibile. Anche il modo in cui Jamie, il personaggio di Kiernan Shipka, li rimbrotta per la scorrettezza del modo in cui si esprimono è ben sottolineato. Qua non c'è niente di cui provare nostalgia, solo un gruppo di cafoni con la giacca di jeans da cercare di salvare prima di tutto dalla loro stessa stupidità. Mi sono molto divertita e per gli amanti di Ritorno al futuro gli easter eggs non si contano.




Ho visto in giro per il web quanto poco è stato amato il nuovo film di André Øvredal. Secondo me è proprio colpa del fatto che il nome del regista ci ha caricato di grandi aspettative, visto il notevole curriculum che ha preceduto questa uscita.
Anche se è vero che non tocca gli ottimi momenti del passato, a me è piaciuto. Il design di questo Dracula è fenomenale e mi ha spaventata come pochi prima di lui, ha un protagonista ben scritto e che suscita immediata empatia, e alcuni momenti di tensione sincera. 
Lungi dall'essere il lavoro migliore di Øvredal mi è sembrato comunque onesto ed efficace, penso si sia portato a casa con grande dignità la resa del senso di ineluttabilità tipico dei film che ti comunicano all'inizio che finiranno male. 

venerdì 13 ottobre 2023

La caduta della casa degli Usher - NO SPOILER

19:07
 Sono giorni che nelle storie di Instagram dico che per digerire Flanagan mi serve tempo, che non posso parlarne subito perché devo elaborare per bene, ma se siete mai passati da queste parti sapete bene che mi contraddico in continuazione, e quindi eccoci qua. 
Dopo qualche ora spesa a pensare agli Usher e alla fine della loro dinastia ho deciso di provare lo stesso a scrivere qualcosa a caldo. Per una riflessione più strutturata e magari anche full spoiler potrei fare una live la settimana prossima su Twitch, sempre compatibilmente col periodo infelice.
Vediamo se esce qualcosa di sensato.




Nel suo ultimo lavoro per Netflix, Mike Flanagan ha deciso di trarre ispirazione dai racconti di Edgar Allan Poe. Il livello di ispirazione è lo stesso delle serie precedenti, ovvero piuttosto vago. Dal racconto che dà il titolo alla serie prende la famiglia protagonista, ovviamente, gli Usher. Questi, di Usher, sono magnati dell'industria farmaceutica, vessati da un avvocato - Dupin, chi altro? -  che da anni prova ad incastrarli perché il loro prodotto di punta ha effetti collaterali molto più gravi di quelli dichiarati. Quando i membri della famiglia cominciano a cadere come foglie d'autunno il patriarca, Roderick,  decide di confessare a Dupin le sue colpe, in un lungo racconto che spiega perché degli Usher non sia rimasto più nessuno.

Non so quanto sia appropriato giudicare un prodotto in relazione agli altri del suo showrunner, ma penso che in casi come quello di Flanagan sia un po' inevitabile. Tutto il suo lavoro è una lunga disamina sugli stessi temi e temo che per forza di cose qui mi ritroverò a fare diversi paragoni.
Per la prima volta il regista decide di parlare di una famiglia molto ricca. Non che abbia mai davvero parlato di povertà, le famiglie precedenti sono quasi sempre state borghesi, ma è la prima volta in cui si cimenta con un discorso di classe, e questo cambia le carte in tavola perché prende le tematiche a lui molto care (lutto, famiglia, rapporto tra fratelli, l'abuso di sostanze) ma per forza di cose le affronta in un modo diverso, perché cambiano le posizioni di partenza.
Nelle storie precedenti ci ha abituato ad amori immisurabili: Hugo, il padre dei Crain, ha perso i figli per quasi tutta la vita per proteggere l'immenso amore che avevano per la madre, in Bly Manor Henry priva i bambini della sua presenza affinché mantengano un ricordo pulito dei loro genitori, e così padre Pruitt mente sulla sua identità per la figlia. Sono tutti ritratti genitoriali costruiti su una concezione straordinariamente generosa dell'amore, che vede l'amante annullare se stesso per proteggere l'amato. La vita di figli tanto amati cambia e li rende le persone che sono proprio perché benedetti da un sentimento così altruista, nel bene e nel male. Tutto l'immenso amore che ha messo nelle prime tre serie, ma che è presente anche in alcuni dei film, qui viene messo da parte. 
Gli Usher sono troppo potenti per volersi davvero bene. Tolte di mezzo le madri - frequente in Flanagan, sono i papà il centro del discorso - rimane un uomo milionario con sei figli che non ha idea di cosa fare di loro. Raggiunta un'età consona li omaggia di un'importante soglia di denaro - condizionale, però, perché viene elargita solo se c'è una buona idea di business in cui andrà investita - e limita la relazione allo stretto indispensabile. Può permettersi di farlo perché nessuno dei figli reclama la sua presenza, almeno non direttamente. Questi figli avuti in giro per il mondo con molte madri diverse sono arrivati a lui in virtù della vita agiata che lui poteva offrire e non hanno chiesto altro. Lui ha chiesto loro di tenere bene il nome della famiglia, con investimenti sensati e senza troppe scelleratezze. Un rapporto basato sullo scambio economico di cui tutti hanno beneficiato fino a che, uno dopo l'altro, i figli hanno iniziato a morire.
Roderick, dal canto suo, non aveva altro da offrire, e si sono bastati. Quando è giunto per lui il momento della confessione a Dupin, non è stato un momento doloroso per salutare i figli, ma solo l'unica chiusura possibile ad un disastro annunciato. Aveva creato delle condizioni tali per cui la storia non poteva che finire così, e ha agito di conseguenza. Questa non è la storia di Hugo Crain, in cui un personaggio pieno di disperazione ci fa fare un viaggio che lo renderà l'eroe. Queste sono persone che non si vogliono bene perché nemmeno si conoscono. Condividono il sangue ma alcuni nemmeno condividono il nome, condividono sporadicamente dello spazio senza che tra di loro scorra alcuna parola buona. Roderick coltiva questo clima ostile, ponendo i figli uno contro l'altro come in una partita a scacchi in cui il solo vincitore possibile fosse sempre e solo il patrimonio. 
Annullata questa componente, che nei lavori precedenti era fondamentale, quindi, cosa resta? Resta un discorso sociale di straordinaria importanza, perché se non è l'amore che ti guida, cosa può essere? In questi otto episodi prova a dimostrarci che la sola risposta possibile dovrebbe essere la morale, ma che non esiste morale in chi ha troppo potere per mettersi in relazione all'altro. La caduta della casa degli Usher diventa un dialogo sull'etica personale, su quali valori ti guidano quando non hai una guida.
Privati della radice principale, quella famigliare, i figli di Roderick sono smarriti. Sono persone di immenso successo, con uno sconvolgente potere tra le mani, ma quando vengono messi di fronte alla possibilità di fare la scelta giusta non sanno nemmeno da che parte cominciare e prendono la sola strada possibile: quella egoista. Ogni episodio vede un personaggio messo di fronte alla possibilità di essere una persona migliore, e nel momento in cui si capisce che queste persone sono senza speranza si ha già la risposta. E infatti che siano tutti morti non è uno spoiler, è l'inizio della serie.
La loro posizione li ha privati del contatto con l'umanità, anche il più semplice, e sono diventati mostruosi. Inconsapevolmente, mostruosi, perché per otto episodi non vedremo mai la minima traccia di pentimento. La società, che loro comandano come fossimo in un teatro di marionette, non ha posto per loro, così lontani da non riuscire nemmeno a metterla a fuoco davvero.   Questo si riflette molto nelle vite sentimentali dei figli, nessuno dei quali ha una relazione equilibrata. Gli Usher, nelle loro relazioni, sono sempre in una posizione di comando: chi si fa gli assistenti, chi ordina al marito cosa fare della propria vita sessuale, chi tratta a pesci in faccia il fidanzato solo perché può. 
La domanda principale che si pone è che cosa dà valore alla nostra esistenza. Se è chiaro quale sia la risposta dei personaggi, e nello specifico di Madeline, la sorella di Roderick, è allo spettatore che si rivolge. Loro hanno avuto tutto, ma non hanno lasciato nulla. La legacy della persona che si è stati come si valuta? Quali sono gli elementi di te che resteranno nel mondo dopo che te ne sarai andato? E se non resta niente di buono, qual è il senso di stare qui? Una volta che tu avrai avuto una vita straordinaria, fatta di successi e lussi ma senza nessuno che dopo ti te ne faccia qualcosa, ha comunque avuto senso?
Gli Usher hanno le idee chiare, e subiscono le conseguenze di quello che ritengono essere il senso del loro posto nel mondo, ma tu, spettatore? 
Non intendo certo dire che fa della facile morale: è chiaro che i soldi non sono tutto e che la ricchezza vera risiede in altro, ma Flanagan non è così superficiale, e va oltre. Sei più rilevante tu, che hai cambiato il mondo, o la persona inferiore vicina a te, che ha fatto cose più piccole? Perché in realtà gli Usher, da un certo punto di vista, non escono sconfitti: sono tutti morti dopo vite vissute al massimo. 
Non è il senso della vita, quello che rimette in discussione, è quello della morte. L'andarsene che cosa significa? Che cosa comporta? Apre o chiude qualche possibilità? Valiamo di più per quello che facciamo quando ci siamo o quando ce ne andiamo?
Gli Usher hanno messo sulle proprie teste una sentenza, ma essendo pieni di potere hanno avuto il lusso di dimenticarsene, e quindi agire come se non si morisse mai. Roderick e Madeline, che portano sulle spalle il peso di milioni di morti causate dal loro farmaco, hanno il privilegio della memoria corta. Eppure la loro morte non porta giustizia, e in questa mancata catarsi sta la differenza con alcuni dei lavori precedenti: se in Hill House la famiglia Crain trova una chiusura e trova nella verità il modo per sopravvivere ad un grande dolore, gli Usher sono talmente lontani dal vivere comune che nemmeno ne hanno bisogno, tanto è vero che muoiono tutti facendo quello che li ha identificati in vita: qualcuno si droga, qualcuno annulla se stess3 (censura per non spoilerare), qualcun3 muore facendo il lavoro che l3 appassionava. Anche la piccola nota positiva che ci regala l'unica nella famiglia che non ha la rogna, non serve a bilanciare il male fatto da loro, perché non è investita nello stesso settore ma finisce su strade diverse, e forse è giusto così, proprio per mantenere quel tono privo di speranza.
Gli Usher di tutto il mondo non pagano per quello che fanno, non rimettono in discussione il valore della loro presenza sul pianeta ma anzi cercano in chi gli è inferiore elementi per continuare a legittimare le proprie nefandezze. Flanagan lo sa, e non li tutela mai. Li mette di fronte all'orrore delle loro esistenze lasciando che ad indignarsi sia solo lo spettatore ferito, toccato da un senso di giustizia che loro non avranno mai. 

È una serie più cattiva, che centellina l'immenso cuore del suo creatore perché quando si parla di stronzi non gli puoi dire stupidini, devi dimostrare tutti i modi in cui sono stronzi, tutti i modi in cui non potrebbero essere altro che stronzi, tutte le maniere in cui la vita ha insegnato loro solo ad essere stronzi. Lo grida con tanta intensità che alla fine, ovviamente, lo spettatore con un po' di sentimenti soffre per loro, vittime dello stesso sistema di cui hanno così a fondo goduto. Poiché comunque quel cuore lì lui ce l'ha, ci mette tante ore per farti vedere che tutto quell'amore lì negato, che la serie ha tenuto chiuso fuori, era la sola cosa che serviva a tutti, e che nessuno è stato in grado di elargirla, prima ancora che di trovarla.
Stupido Flanagan, mi fa piangere anche per i miliardari. 

lunedì 9 ottobre 2023

Redrumia33 - settimana 1

11:53

 Tradizione di casa Redrumia vuole che ad ottobre si guardi un horror al giorno. Per me questa sarebbe la norma, da tenersi tutto l'anno, ma non posso rischiare il matrimonio, quindi mi limito a chiederlo come regalo di compleanno al mio povero marito che non è esattamente un grande appassionato.

Questi sono quelli che abbiamo visto in questa prima settimana.


Abbiamo naturalmente cominciato con l'horror più chiacchierato dell'anno, che mi sono persa al cinema con grande dolore. Alla fine forse per Riccardo è stato meglio così: è davvero spaventoso come il trailer ci aveva fatto intuire. Ho visto che sui social è un film piuttosto controverso quindi ci tengo a chiarire la mia posizione: sono tra quelli che l'hanno amato. 
Come ormai saprete, è una storia di possessione che vede un gruppo di ragazzi giocare con una mano che permette loro di farsi brevemente possedere. Quando permettono al fratellino di una ragazza della compagnia di partecipare, le cose si fanno ben più intense di una semplice goliardata.
Ne ho amato molti aspetti: quanto è spaventosa la prima parte, il modo in cui affronta il lutto in modo semplice ma non superficiale, il modo in cui racconta gli adolescenti, che non sono creature mostruose e senza cuore ma che a volte fanno degli errori gravissimi convinti di stare facendo la cosa giusta. È un film in cui i protagonisti sono costretti ad assumersi le responsabilità delle proprie scelte, e soprattutto vi è costretta Mia, che è in una fase delicatissima della propria vita: la mamma è morta, la sua vita sociale va malissimo, ed è la principale responsabile del disastro combinato col fratellino della sua migliore amica. Nel corso del film Mia deve imparare che spesso per mettere una pezza ai propri errori bisogna sacrificare qualcosa di proprio, e questa esplorazione conduce il film ad un finale che secondo me è magnifico e commovente. 
Un coming of age che si muove attraverso sbagli e sofferenze, in cui diventare migliori è possibile solo se prima si scivola sul terreno accidentato dell'esistenza. L'ho molto apprezzato anche se penso si perda un pochino nella seconda parte, con quel finale si è assolutamente fatto perdonare.




Questo l'ho riguardato per un progetto a cui sto lavorando e ogni volta lo apprezzo di più. Chi non lo ama non capisce il cinema degli anni duemila ed è un vero peccato, perché si perde un cinema scatenato e violentissimo, che riaccende spesso la mia fiammella di passione ogni volta che avverto un po' di calo. 
Non è stupido come ve lo ricordate, è perfettamente rappresentativo della sua epoca e al tempo stesso un'anomalia: costo ridicolmente superiore ai suoi contemporanei non ripagato dal successo che ci si aspettava, ma brutale e macellaio esattamente come tutti quelli dello stesso decennio. Non si riesce a distogliere lo sguardo, gli sono sinceramente affezionata.




Per poter recuperare il suo seguito uscito di recente e di cui in tanti mi hanno parlato bene, abbiamo recuperato il primo The Nun, che avevo ignorato alla sua uscita. Sbagliavo, ovviamente, perché per me è stata una visione simpatica. Per chi non lo conoscesse, è uno spin off del Warrenverse, in cui si esplora il passato del mio adorato Marchese dei Serpenti. Ha per me dei momenti molto buoni, di grande suggestione, ed essendo un horror religioso sapete bene che ha il mio cuore. Purtroppo avrei voluto osasse un po' di più, ma ho trovato belli affascinanti i momenti con la madre superiora e carino il modo in cui si riaggancia al suo universo narrativo. Raga io son contenta con poco.




Esattamente come col film sopra, anche Insidious 4 l'ho recuperato per poter vedere il 5, uscito quest'anno. La saga di Insidious per me è molto equilibrata, e i film sono tutti buoni. Questo, nello specifico, esplora il passato di Elise, costringendola a tornare nella casa d'infanzia, in cui il suo dono non era visto di buon grado. Oltre ad aver apprezzato la scelta di dedicare a lei e al suo percorso un capitolo intero, ho trovato questo il sequel più simpatico della saga, che dedicando un po' di spazio ai colleghi della medium dona un po' di leggerezza in una storia in cui invece di leggero non c'è nulla.
Parla bene di violenza domestica, della condanna del diverso, di come a volte l'unico modo per superare il passato è riportarlo nel presente. 
Molto carino, io faccio spesso l'errore di mettere questa saga in secondo piano e sbaglio, è tra le migliori degli anni recenti.



 
L'ultimo capitolo, infatti, lo conferma. L'esordio alla regia di Patrick Wilson è un film che riprende la storia da dove l'avevamo lasciata col secondo capitolo. Josh e la moglie hanno divorziato e lui e il figlio Dalton si sono sottoposti ad un'intervento di rimozione della memoria di quanto accaduto loro. Se Dalton ha vissuto 9 anni senza che questo avesse su di lui alcuna conseguenza, Josh è ben più provato: è un uomo smarrito, allontanato dalla famiglia, incapace di adattarsi ad una vita nuova e a recuperare una relazione sana col primogenito. Quando qualcosa nella memoria di Dalton comincia a muoversi c'è bisogno che il padre ritorni in sé, per salvare il figlio, se stesso, e quello che resta del loro rapporto.
Il modo in cui la relazione tra il padre e il figlio adolescente è messa in discussione è molto buono, anche se a tutti gli effetti la saga salva sempre i padri dando la responsabilità delle loro colpe a fattori esterni. Se si accetta questo, ne esce un film commovente, che vede un uomo doversi ricostruire dopo il momento più basso della sua vita, e che, come la medium nel film precedente, per poterlo fare deve lasciar spazio al passato nel suo presente. Bisogna sempre ripercorrere i propri passi per chiudere tutto quello che è stato lasciato aperto e poter proseguire facendo della propria storia un mattone su cui costruire un presente, e Josh ha bisogno di rimettere in discussione il proprio ruolo come genitore per poter davvero diventare una persona diversa nella vita del figlio.
Una bella conclusione, molto coerente con i messaggi dati nei film precedenti e con il percorso dei suoi protagonisti, sono rimasta molto soddisfatta.




Era qualche mese che mi volevo rivedere Shutter, uno dei film che mi fa più paura di sempre, quindi una sera in cui Riccardo era al lavoro me lo sono concessa. Lo ricordavo bene: fa parecchia paura. 
Non ho molto da dire di nuovo, perché ne ho parlato spessissimo su ogni piattaforma, ma per me è un ottimo rappresentante del cinema orientale, con la caratteristica fantasma vendicativa; un racconto importante su cosa sia la colpa e su cosa ci rende complici della sofferenza altrui. Per me ha uno dei finali più spaventosi e significativi di sempre. 
Per rivederlo aspetterò altri 4 o 5 anni, però, che vorrei evitare la prematura dipartita.




Altra uscita piuttosto chiacchierata del periodo è Nessuno vi salverà, variazione dell'home invasion che vede gli alieni al posto dei noiosi invasori umani. È un film senza dialoghi, che gestisce a mio parere molto bene questa sua caratteristica che risulta sempre molto naturale e mai forzata, coerente con la situazione iniziale che il film ci racconta: la sua protagonista è una giovane donna rimasta sola, in cattivi rapporti col vicinato per via di qualcosa accaduto nel suo passato e che una notte riceve una visita indesiderata. Anche in questo caso per me il punto di forza è il finale: una riflessione su solitudine, colpa e disperazione, in cui il diverso può essere l'unica soluzione per sopravvivere. Non ho amato il creature design degli alieni che un po' troppo spesso mi ha fatto sorridere e il mistero su cosa la nostra protagonista abbia combinato non ha nulla di misterioso. Non che per me la prevedibilità sia necessariamente un difetto, ma lo segnalo per chi in effetti la consideri tale.
Una visione comunque interessante che, se vi va, trovate su Disney+.


martedì 19 settembre 2023

Redrumia Summer Compilation 2023

10:57
 Non c'è niente che mi metta più amarezza della fine dell'estate, di solito. Non voglio sentire discorsi sul caldo e il sudore: noi rettili stiamo bene così, grazie tante. 
Questa, però, è stata senza dubbio alcuno l'estate peggiore della mia vita e sebbene i prossimi mesi non si prospettino migliori sono contenta di essermela messa alle spalle. Poiché la Vita Vera ha preteso che io le dessi tempo e attenzioni, in questi mesi sono riuscita a leggere e guardare pochissimo. La verità è che quando le cose vanno malemale non è solo il tempo a mancare, ma anche e soprattutto la testa. Il tempo libero che ho avuto l'ho sprecato scrollando i social senza sosta perché lo scorrimento di video veloci e leggeri mi ha distratto più di quanto facessero in quel momento i film e i libri. Questa fruizione rapida e che non richiede niente è stata un rifugio, ma non le permetterò più di prendersi così tanto tempo perché, come penso possiate ben immaginare, è solo un modo di scappare, ed è una cosa che non voglio più concedermi, non così.
Nonostante questo, qualcosa sono riuscita a godermi, e ve ne parlo un po'.
Sarà lunga, mettete su il caffè.

Foto di Dakota Roos su Unsplash



CINEMA

Questo è l'argomento che mi dà più dispiacere e quindi ce lo leviamo subito. Ho guardato così pochi film che mi sono sentita svuotata di ogni motivazione. Sono a mia discolpa uscite molte poche cose che mi interessassero davvero, e quelle poche che ho visto non mi hanno fatto strappare i capelli dalla gioia. Non ho neppure partecipato al fenomeno Barbenheimer, nel senso che non ho ancora visto nessuno dei due e sono interessata a recuperare solo Barbie a giorni.
Mi sono principalmente dedicata a riguardare pellicole già viste per un progetto di cui non comincio a parlare ora solo perché nei prossimi mesi vi ammorberò, ma mi ha fatto piacere perché riguardare cose già note è spesso di comfort e un bell'esercizio di analisi. Devo farlo più spesso, la fomo mi spinge sempre verso la ricerca di cose nuove quando invece anche prendersi del tempo per riguardare cose già note è molto gratificante.
Tra le pochissime prime visioni vi cito solo L'esorcista del papa - così odiato dal web ma così squisitamente autoironico che io mi sono divertita come una pazza - ma anche The Blackening, una horror comedy che parla di poc, molto meta e scanzonata ma che secondo me manca del mordente che avrei voluto avesse, e infine The Borderlands, un found footage inglese del 2013, così spaventoso e curato che mi ha confermato per l'ennesima volta che i ff sono proprio i film della vita mia. È ambientato in una piccola comunità, in cui due sacerdoti sono invitati dal Vaticano ad investigare perché all'interno della chiesa si sono verificate delle attività sospette. Quindi, ricapitolando: piccola comunità, film minimal con pochissimi ambienti e altrettanti personaggi, ambientazione religiosa. Ha tutti gli ingredienti necessari per diventare uno dei film del cuore della Redrumia e infatti sono certa che sarà uno di quelli che tornerò spesso a vedere.

E, con mio sommo sgomento, mi tocca riconoscere che per il cinema è tutto qui.

LIBRI

Un pochino meglio è andata per quanto riguarda le letture. Involontario fil rouge è stato il lutto, e anche se ammetto che non è il periodo giusto per me per letture di questo tipo, ho trovato in questi mesi dei romanzi davvero eccezionali.
Il primo è  Appunti sulla tua scomparsa improvvisa, di Alison Espach. È il racconto, in prima persona, di una sorella minore che sopravvive alla morte della maggiore. Non è solo una narrazione molto intensa sul lutto e su come si è costretti a sopravvivere, ma anche un racconto così lucido dell'infanzia che è per me stato sconvolgente scoprire che non si trattasse di un'autobiografia. Il modo in cui la protagonista, Sally, racconta alla memoria della sorella Kathy che cosa sia accaduto dopo la sua morte in un incidente stradale, non è pornografia del dolore. È un dolcissimo modo di raccontare come si rimane, come il mondo prosegue anche se una sua piccola parte si è cristallizzata nel tempo. Un romanzo molto doloroso ma onesto con il lettore, che non sfrutta facilonerie letterarie per infliggere sofferenza non necessaria. Mi è piaciuto tanto.
Sempre di lutto parla How to sell a haunted house, l'ultimo romanzo di Grady Hendrix, in cui due fratelli che si sono allontanati col tempo devono ritrovarsi dopo la morte accidentale di entrambi i genitori per gestire le questioni burocratiche e in particolare la vendita della loro casa. Parla di sorelle maggiori che per tutta la vita si sono sobbarcare il peso del loro ruolo e di come crescendo devono scontrarsi con chi la difficoltà del ruolo in questione non la comprenda. Hendrix parla sempre in qualche modo di prigionia, e anche questo non è da meno: la prigione familiare è quella da cui non ci si scrosta mai, e che lascia segni e cicatrici che durano per sempre. Qui, a restare indietro, non sono solo i segni, ma anche delle inquietantissime bambole di pezza da ventriloquo, che la mamma dei due fratelli ha cucito con passione per tutta la vita e che hanno uno spietato attaccamento alla vita.
Cito in velocità Maeve, il libro di Germano che sicuramente conoscete già e che io mi sono comprata a Vinci alla Festa dell'Unicorno. Si tratta di uno spin off di Girlfriend from Hell, il suo primo romanzo sulla Pandemia Gialla, e mi è piaciuto tanto quanto. Sono libri pieni di una disperazione cruda, che anche in questo caso non ha tempo di piangersi addosso: sono degli apocalittici privi di speranza ma non per questo privi di umanità. Le persone sono autentiche, l'empatia totale. 
Forse il libro dell'estate però è stato per me Sirene, di Laura Pugno, che mi ha consigliato la mia amica Silvia (grazie!). È un testo breve ma spietato, completamente diverso da qualsiasi cosa io mi aspettassi. Siamo in un mondo in cui l'umanità è annientata da un cancro causato dal sole, e i pochi sopravvissuti ora allevano sirene, la cui prelibata carne viene sfruttata in ogni modo possibile. Pugno non ha paura di essere estrema: sesso e cibo si fondono in un ibrido in cui tutti i desideri della carne vengono soddisfatti da creature il cui livello di autocoscienza non è chiaro. In un mondo finito sono comunque gli uomini a farla da padroni, piegando la natura a proprio piacimento, plasmando la realtà in modo da trarne in ogni caso il maggior profitto possibile. La criminalità organizzata comanda quello che resta della società, il potere è corrotto, le donne sono merce di scambio e le sirene tutto quello di cui un uomo ha bisogno per sopravvivere. Un grande lavoro che, tra le altre cose, è profondamente antispecista. Sirene è un testo spietato, esplicito, crudissimo: per me un lavoro eccellente davvero. 
Infine, un consiglio piccino piccino che arriva sempre da una mia amica. Martina, infatti, mi ha prestato Quel che resta delle case, un racconto di Emanuela Canepa uscito con la nuova casa editrice Tetra, che pubblica ogni mese quattro racconti in un formato piccino picciò, quadrati e a soli quattro euro. Questo parla di folklore, stregoneria, legami familiari, eredità, assenze, case affamate. Lo fa senza mai esplicitare nulla, solo il dispiacere della mancanza e la paura del nuovo. L'ho trovato molto affascinante e ne avrei voluto molto di più. Esplorerò meglio Canepa, nella speranza che decida di farlo diventare un romanzo intero.

MIX

Soli due podcast hanno caratterizzato la mia estate: Tredici, il racconto curato da Il Post sulle rivolte nelle carceri di marzo e aprile 2020 e Dove nessuno guarda, il lavoro di Pablo Trincia sulla vicenda di Elisa Claps. Sono entrambi lavori professionali la cui qualità non è in discussione, ma diciamo che tendo a preferire il tono più giornalistico e analitico del Post a quello di Trincia che a volte trovo un po' melò, soprattutto quando si parla di true crime. I due casi, però, sono ovviamente frustranti e dolorosi, e hanno in comune la totale assenza di empatia, il disinteresse per l'altro, la mancanza di cura e premura per gli esseri umani. E poichè siamo in un periodo storico in cui questa mancanza di premura ci pare legittimata da chi invece le persone dovrebbe proteggerle, ecco che ascolti del genere diventano più importanti che mai. 
Quest'estate, poi, ci ha lasciato Michela Murgia. Poiché il suo uso delle parole mancherà molto, sto recuperando tutti gli episodi di Buon vicinato, la piccola rubrica che durante la pandemia ha tenuto sul suo canale Youtube insieme a Chiara Valerio. Valerio è la mia girl crush del momento, una mente che trovo strabiliante. Vederle fare, insieme, questo esercizio di argomentazione e pensiero è incredibilmente stimolante. Due menti brillanti che giocano con pensiero e parola, per me bellissimo e arricchente.
Infine, il recente viaggio in Irlanda. Ci siamo concessi di partire, io e Riccardo, nonostante il periodo non fosse ideale per allontanarsi da casa, perché dopo i due mesi precedenti io ero a tanto così da un esaurimento nervoso. Avevo bisogno di andare via, e questo viaggio, che in teoria è stato il nostro viaggio di nozze, era già stato rimandato dopo l'evento molto spiacevole di questa primavera. Ci siamo regalati due settimane in cui dedicarci solo a cercare di riempirci gli occhi di bellezza e leggerezza, ed è stato fondamentale. L'Irlanda si presta molto a viaggi anche piuttosto introspettivi, di quelli che si fanno quando c'è bisogno di prendere davvero contatto con quello che si affronterà una volta tornati a casa, e per me è stato davvero così. Abbiamo passeggiato tra abbazie abbandonate e immensi prati verdi, toccato l'oceano e rallentato i ritmi di una vita che non concede tregue. È stato salvifico, e l'Irlanda è così bella che si è presa un pezzetto del cuore. 

Ora si riparte con una delle parti belle della vita, quella in cui parlo di cinema dell'orrore su internet con degli sconosciuti. Sono tornata su Instragram, su TikTok, su Twitch. A breve tornerà anche Nuovi Incubi, e chissà che in questa stagione io non riesca ad essere più costante anche con il mio amato vecchio blog. Il resto, piano piano, si sistemerà.


mercoledì 16 agosto 2023

Notte Horror 2023 - in ritardo: Darkman

14:22
 Avevo giurato a me stessa che, qualunque cosa fosse successa, il mio blog non lo avrei mollato. Poi è successo il 2023, l'anno che sento di poter definire il peggiore della mia vita - eppure di competizione ne ha avuta parecchia, eh - e le cose si sono un po' rimesse in un ordine diverso. Al lento e pacifico processo di scrivere dei post ho preferito l'immediatezza dei social, che mi hanno permesso di comunicare comunque quello che volevo ma richiedendomi meno tempo. L'introspezione che Redrumia mi richiede quest'anno non sarei stata in grado di gestirla.
Mi ero ripromessa che sarei stata in grado almeno di partecipare alla Notte Horror 2023, evento mitologico della blogosfera, ma sono riuscita a toppare pure quello, e il post arriva infatti con più di 12 ore di ritardo. Chiedo scusa ai colleghi, sono stata poco rispettosa.
Cerco di farmi perdonare chiacchierando di uno dei film dimenticati di Raimi, che sebbene sulla carta non sia un horror duro e puro, è pur sempre figlio del suo papà, e qualche elemento a noi caro ce l'ha lo stesso.




Darkman è la tragica storia di Peyton Westlake, uno scienziato alla ricerca del segreto per restituire una pelle a chi l'abbia persa col fuoco che finisce invischiato in una brutta faccenda di mafia che gli porterà via il lavoro, l'amore e proprio la pelle, lasciandogli solo sete di vendetta.
Esce nel 1990 e questo lo colloca esattamente a metà tra le due saghe che hanno reso il regista il mito che è, Evil Dead e Spiderman. Non solo a metà temporalmente, però, perché è facile individuare nel primo capitolo di questa ulteriore saga tutti gli elementi che abbiamo imparato a conoscere negli altri lavori. È un film di supereroi che arriva molto prima del suo Uomo Ragno, e che uscendo insieme ai Batman di Tim Burton se ne porta appresso le tracce: è un film tragico, desolante, in cui allo sconforto di due vite distrutte non corrisponde alcuna catarsi. Allo stesso tempo è pur sempre un film del tizio di Evil Dead 2, e quindi è quasi barocco: elicotteri, danze davanti ai gatti, facce intinte nell'acido, nasi che si sciolgono, mitragliatrici nascoste nelle gambe di legno, Bruce Campbell. 
Eppure, neppure la componente ironica - che qui è comunque centellinata rispetto agli standard a cui ci ha abituato - riesce a compensare la grande sofferenza di un film come Darkman, in cui nessuno ne esce vincitore e la crudeltà dei cattivi è qualcosa da cui non c'è scampo. Sceglie, Raimi, di unire il supereroe all'entieroe tipico del cinema del decennio precedente, regalando al mix una triste sorte, privandolo della sua identità e del suo futuro. 
Dopo l'attacco al laboratorio in seguito al quale tutti lo credevano morto, Westlake finisce tra le mani di medici che pur di salvargli la vita gli distruggono proprio la cosa che per uno scienziato è più importante: la mente. Peyton, infatti, comincia ad avere allucinazioni e a perdere il controllo sulle proprie reazioni, è suscettibile e facilmente infiammabile. Il suo desiderio di vendetta lo porta a diventare un eroe brutale, incontrollabile. Si burla della mente delle sue vittime, assumendo il loro aspetto per creare un crudele gioco con la loro identità, lasciando emergere un lato dark dell'eroismo che forse solo Raimi ha fatto così esplicitamente. L'incidente non causa al protagonista solo la perdita del proprio aspetto, ma di tutto quello che lo identificava: la mente, il carattere, il lavoro. Privato di tutto può mostrare al mondo il vero aspetto dell'uomo qualunque, proprio come si identifica nel finale. 
Un vero uomo invisibile, quello di Liam Neeson, che priva il mondo del suo aspetto per mostrare solo quello di cui è capace. Se nel caso dell'uomo invisibile originale, quello di Wells prima e di Whale dopo, la scelta di annullare il proprio aspetto è volontaria, in questo caso è una conseguenza che però porta allo stesso risultato: sporche bende a coprire il viso e una mente che non è più quella che era. Privando il protagonista dell'elemento della volontarietà, però, Raimi crea un mostro ancora più disperato, frutto dell'avidità e non dell'ambizione. Pur omaggiando così chiaramente i classici Universal cambia le carte in tavola, smettendo di attaccare la scienza che non è più la responsabile ma che al tempo stesso risolve le cose lasciando comunque dei danni. Darkman non diventa un supereroe che mette i propri simil - superpoteri al servizio della comunità, quello che ne viene tratto non è un felice insegnamento di straordinaria generosità: quello che vuole è solo un modo per piangere la vita perduta, eliminando uno ad uno quelli che gliel'hanno tolta. 
Nei cinecomic di oggi questa è la perfetta origin story di un cattivo MCU. Raimi, invece, che è sempre stato più coraggioso, ne ha fatto il protagonista, che non ha eroi ufficiali con cui scontrarsi se non la realtà della nuova vita che gli è stata imposta. Ne ha fatto quello che ha potuto, il povero Westlake, e ha scelto la strada più generosa e difficile insieme: dare alla donna perduta la possibilità di un futuro normale, relegando se stesso ai margini, dove non c'è luce.

Un film che gioca con le etichette e i generi, che rimescola in tavola le carte della consuetudine e approccia in modo nuovo qualcosa che è vecchio come la storia del mondo. Raimi ci ha abituati ad un cinema in cui niente è una realtà consolidata e tutto è modificabile, aggiornabile, sempre nuovo.
Questa volta ce lo ha fatto capire in un modo più intenso, in un film che oggi è quasi sparito dal discorso pubblico perché ci siamo abituati a supereroi più vitaminici, colorati e pop. Questo, invece, con la sua oscurità e la sua malinconia, ce lo teniamo nascosto come si fa con le cose più preziose. 


A settembre andrò, se tutto va bene, in vacanza, e finalmente mi lascerò alle spalle questa estate da dimenticare. Dalla seconda metà del mese, però, torno ovunque: qui, twitch, instagram, tiktok e anche con Nuovi Incubi. Che sia un nuovo inizio per tutto!
A voi auguro una felice fine estate, bella lenta e malinconica come piace a noi!

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