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venerdì 4 dicembre 2020

I 200 di Rue Morgue: The Mothman Prophecies

11:37

 Rue Morgue è una di quelle mitologiche riviste di cinema che non hanno mai visto la luce nelle edicole italiane. Internet, però, è una fonte illimitata di sapere e quindi anche i numeri di Rue Morgue sono lì che aspettano di essere letti mentre vi fate asciugare lo smalto, come la sottoscritta. Nel 2012 se ne sono usciti con un numero speciale, con 200 horror meno noti ma che vale la pena vedere. Poiché la sottoscritta ne ha visti un numero vergognosamente basso, eccomi qua a recuperare col capo cosparso di cenere.

Se foste interessati a vedere l'elenco di tutti i film che Rue Morgue ha selezionato, me ne sono fatta una lista su Letterboxd, la trovate al mio profilo, che sta qui di fianco. 


Ho iniziato con l'uomo falena per una ragione ben specifica, anzi due: è su Prime e quindi non ho dovuto smanettare per cercarlo (è diventata più dura la vita dei frequentatori di torrenti da quando ci sono mille servizi di streaming legale) e soprattutto perché dopo avere ascoltato la storia del Mothman in Bouquet of Madness (uno dei miei podcast preferiti, ne parlano all'episodio 13) mi ci sono appassionata.




Richard Gere è John, un giornalista del Washington Post. Ha una vita meravigliosa e un matrimonio felicissimo con Mary. Si trova proprio in auto con lei quando qualcosa la spaventa e le fa perdere il controllo dell'auto. In seguito all'incidente i medici le diagnosticheranno un gravissimo tumore che lascerà John vedovo nel giro di pochi giorni. Il pensiero della cosa che ha spaventato Mary, e che lui non ha visto, però, lo tortura, e due anni dopo, in circostanze del tutto separate, vi rientrerà in contatto. 


Ora, io sono la più scettica del pianeta e non credo a niente però insomma a me sto uomo falena piace un sacco ed è forse una delle poche cose al mondo su cui mi faccio delle domande. Io e R ne parliamo spesso perché anche lui è affascinato e devo dire che il film si è rivelato una piacevole sorpresa su cui non avrei scommesso neppure i 2,50€ che ho nel portafoglio in questo momento. 

Mi verrebbe da dire che mi sarebbe piaciuto comunque perché è proprio la storia ad affascinarmi ma ripensandoci non è così: sono super intrigata dal caso del passo Dyatlov ma il film che ne parla (su Prime anche lui) è orrido comunque, quindi forse non sono nemmeno troppo di parte. Solo che il mio scetticismo e Richard Gere mi avevano fatto partire ingiustamente prevenuta.


The Mothman Prophecies parla sì di apparizioni di un gigante con gli occhi rossi proprio prima di eventi disastrosi, però parla anche di elaborazione del lutto e di come ricostruirsi. John ha perso la moglie e ha cercato di ritrovare se stesso buttandosi nel lavoro, ma non si è mai "risolto" fino a che non ha risolto il tarlo che lo torturava. Avrebbe potuto lasciarsi tutto alle spalle e continuare in qualche modo a vivere, ma quella pulce nell'orecchio lì lo avrebbe torturato per tutta la vita. Ci si è ritrovato in mezzo quasi involontariamente ma ha poi scelto di andare fino in fondo, di affrontare una cosa dolorosa e spaventosa.  

Non c'erano finali giusti o sbagliati alla storia di John. Risolvere il caso non avrebbe potuto comunque riportargli la moglie (e quelli morti nel frattempo) e lasciar perdere non lo avrebbe fatto vivere sereno. 

L'ho trovato molto onesto nel suo scegliere di non dare una conclusione netta. Gli eventi accaduti a Point Pleasant sono reali e il film sceglie di ripercorrerli, ma avrebbe potuto non farlo e dare una fine più definitiva alla faccenda. Non lo fa, e con questa scelta prosegue la linea inquietantissima che ha percorso tutto il film. Salvo un paio di momenti di spaventello divertenti, il film è più in generale un manto freddo di inquietudine, una sensazione che a quelli come me piace sempre tantissimo ritrovare al cinema. Vediamo la creatura poco e male, ma vediamo sempre il terrore negli occhi di chi lo ha visto, e tanto basta. Come sempre accade quando si parla di credenze del folklore locale, non è importante che siano reali o meno, è il solo credere che siano possibili a fare paura, e il Mothman non è da meno. In più lui è una figura controversa: avvisa dei disastri o li causa? Ci aiuta o ci ammazza? 
Potrei parlarne per giorni. Ho guardato persino un film con Richard Gere pur di parlare ancora dell'uomo falena.

Perché falena, poi? Perché non gufo, barbagianni, arpia? (quella dell'arpia è ancora la mia teoria, ma Erre me la smonta sempre perché non sono animali notturni. Porto avanti con forza la mia tesi.) So che ha qualcosa a che fare con un nemico di Batman ma la scelta mi lascia perplessa comunque. Perché proprio lì, poi? So che è poi stato visto in tutto il mondo ma perché cominciare proprio lì?

Sono intrigatissima.

E il film è pure stato bellino.

mercoledì 30 ottobre 2019

Horrornomicon: Smells like the Nineties

14:24
Il 1990 è l'anno che ha visto nascere la sinceramente vostra. In un eccesso di egomania che non credevo mi appartenesse ho deciso quindi di dedicare l'horrornomicon del mese del mio compleanno al decennio più temuto da tutti gli amanti del genere del mondo: gli odiatissimi anni '90.

diapositiva di miniredrumia all'epoca in cui uscivano gli horror brutti

Per appagare il mio senso di ordine ho deciso che questo post sarà diviso in categorie, quelle nelle quali potremmo racchiudere i film del decennio maledetto.



I CULT GENERAZIONALI

Che non può piovere per sempre se lo sono scritti sul diario tutti i millennials con la smemo, e secondo me se guardiamo nei diari dei giovani dark e delle ragazze di tumblr di oggi ancora lo troviamo, da qualche parte. Ora, io Il Corvo non lo rivedo da anni, e potrebbe anche essere invecchiato malissimo, ma l'aura mitologica che circonda lui e il suo protagonista sono passati alla storia e non sarà certo un'eventuale rivalutazione postuma ad eliminarla. Viviamo felici nel ricordo di quanto lo abbiamo amato, e sarà per sempre un bellissimo film. Insieme a lui, ci sono tanti altri che possiamo includere in un post sull'orrore che hanno segnato anche quelli che l'orrore di solito lo scansano.
Parlo di It? Parlo di It. 
Io non voglio fare paragoni impietosi con quello che ha fatto Muschietti nel 2017 prima e nel 2019 poi, e di certo non possiamo negare che Tim Curry ha traumatizzato una quantità infinita di bambini che si sono trovati a guardarlo nei panni di Pennywise. Quando ero piccola io guardare It era come giocare a "Ce l'hai". Lo guardavi, ti spaventavi, dovevi obbligare qualcun altro a guardarlo, che si spaventava, lo passava a qualcun altro, e così via. Non c'era immunità, però, da quel gioco qui. Il film lo si guardava tutti quanti, e si aveva tutti quanti paura. Poco importa in realtà che sia proprio una robetta mediocre, non ce lo dimentichiamo perché ha fatto paura a tutti, e ha segnato una generazione, e tanto basta, in realtà. Se poi vogliamo un bell'adattamento di quel tesoro inestimabile che è il romanzo allora c'è Andy Muschietti.
Insieme a loro Il sesto senso, Intervista col vampiro, Dracula di Bram Stoker,, Il silenzio degli innocenti, The Blair Witch Project...Sono film dal valore variabile, ma che è indubbio siano stati rappresentativi di una decade. Il film di Shyamalan lo voglio rivedere, perché non ne ho un bel ricordo e mi sento quella scema che in una conversazione non capisce perché tutti ridano. Dei vampiri di Coppola e Neil Jordan abbiamo già parlato, sono iconici per aspetto e magnificenza. Io li amo entrambi, proprio del bene sincero che si vuole a volte ai film e che va oltre il valore oggettivo.
Il BWP è un fenomeno incredibile. Lo posso dire che a me pare il Saw degli anni '90? Buona idea, fenomeno di culto, amato alla follia, straordinario lavoro di marketing. L'alone di mistero che lo circondava lo ha reso enormemente più noto di quanto meritasse per valore oggettivo, anche se a me piace, però  Solo che negli anni '90 ci si accontentava di meno, un fenomeno durava molto di più, tanto è vero che la strega di Blair ha avuto solo due sequel di cui uno a distanza di parecchio, è del 2016 e io non l'ho visto.
Oggi abbiamo bisogno di più stimoli continui, ci dimentichiamo le cose che vediamo alla svelta, per cui arriveremo a Saw 15 e non ci ricorderemo nulla di quello che è successo nei 14 precedenti. Uso la prima persona plurale ma io con la saga dell'Enigmista mi sono fermata al 2. Prima o poi mi metto in pari.
O forse no, e andrà bene così.

I CULT DI NICCHIA

A volte sembra che mi impegni per tirarmela, ma portate pazienza, perché questo è materiale santo.
Gli anni '90, così maltrattati, così odiati, sono quelli che hanno visto nascere Scream. 
E io qua potrei essere in errore, perché non sembrerebbe di nicchia, il film del Nostro Signore e Salvatore Wes Craven. Eppure, io che degli anni '90 sono figlia e quindi queste cose le ho viste dopo, lo vedo che Scream oggi è ricordato male. I sequel e soprattutto le stramaledette parodie gli hanno fatto un pochino di ombra, e se tutti oggi si ricordano di quel Bellaaaaaaaaaa, se lo ricordano davvero, che bomba è la sequenza iniziale di Scream?
Non fa niente, ragazzi, non sono arrabbiata con voi. Siamo alle porte del Natale della Redrumia, Halloween: guardate Scream e fate un favore a me e anche a voi.
Craven, però, gli anni '90 li ha battezzati con La casa nera, che è un film bellissimo e di cui si parla sempre troppo poco al di fuori del mondo del cineblogging. Parla di disparità sociale con la cruda onestà di chi la deve avere conosciuta, e lo fa con un film che non molla un attimo, che parla di follia e crudeltà senza avere paura di niente e che è bello e basta. A volte ci si perde nel cercare i grandi significati reconditi delle cose, il che è sacrosanto, ma ci si dimentica che i film devono anche essere belli. La casa nera è un bel film, con temi importanti che non dimentica di essere di intrattenimento. Che bene gli si vuole, a quel Fool, lì.
Non metterei nei cult popolari nemmeno Allucinazione perversa, il trip micidiale di Adrian Lyne, che nel sottosuolo ha una sua fanbase e che a me piace sempre tanto.
Insieme a lui una delle mie cose preferite al mondo: Dellamorte Dellamore, che potrebbe o non potrebbe essere il film che mi ha fatto venir voglia di parlare di anni 90. Un titolo strepitoso, un film indimenticabile, un fumettone dolceamaro a cui ripenso sempre con affetto sconfinato. Se vi dimenticate di Gnaghi non possiamo essere amici.
Non metterei tra i popolari nemmeno Il seme della follia. Uscisse oggi sarebbe uno di quei film che la gente googla dopo averlo finito, tipo "il seme della follia finale" oppure "spiegazione il seme della follia". Ma che gliene frega a John Carpenter di spiegare a noi, lui dichiara e noi sudditi diciamo di sì e chiediamo anche scusa se non lo diciamo bene. Non potrei mai dire quale sia il superiore tra questo e La cosa, e forse nemmeno serve, perché il Maestro è tale punto e basta, e in una decade in cui le cose straordinarie si contano col contagocce, Il seme della follia sta in cima, salutando tutti dall'alto con anche un pochino di supponenza.
Parentesi sull'amore della mia vita: Guillermo del Toro negli anni 90 ha fatto, insieme a Mimic che è l'unico suo film che non ho mai visto, quella gemma rara di Cronos, un film sui vampiri che è delicatissimo e che rispecchia tutta quella che sarà la poetica dell'uomo che amo e la sua estetica. Da guardare e amare per piangere un po'.

BRILLANTI TEENAGERS

Questa è sempre la mia categoria preferita. Non posso farci niente, mi divertono da matti anche quando sono orrendi.
Non credo ci sia niente di più anni '90 di The Faculty. C'è Josh Hartnett, non riesco ad argomentare meglio di così. Ah, sì, 'spè. Anche Elijah Wood. E poi c'è una forma aliena che prende possesso dei professori di un liceo, io più di così non so cosa dirvi per farvelo guardare.
Ah, sì, una cosa c'è: dirige Robert Rodriguez.
Ma è in generale tutta la categoria che ci mostra nomi che poi diventeranno il simbolo del loro tempo. So cosa hai fatto, per esempio, un adorabile slasher con Jennifer Love Hewitt e Sarah Michelle Gellar (ve lo avevo detto), che a me fa una simpatia rara, oppure Urban Legend, con Jared Leto, Pacey di Dawson's Creek, che non ha un nome proprio ma conserva quello del suo personaggio per indicare quanto sia rappresentativo degli anni '90, e Michael Rosenbaum. Io mentre guardavo Urban Legend ero consapevole di stare guardando qualcosa di brutto. Mi sono comunque divertita? Sì, non faccio nemmeno finta di pensarci. Se non lo avete mai visto è adeguato per Halloween: si scommette su quali saranno le leggende urbane tirate in ballo e si beve. Ammetterò con umiltà che io sarei stata ubriaca persa a metà visione.
Infine, un film che avrebbe dovuto essere in ogni categoria di quelle finora elencate: Giovani Streghe. Io l'ho visto tardi, perché è uscito quando io facevo la prima elementare, ma se io avessi visto questo film al liceo sarei impazzita. Non che non mi sia piaciuto, anzi, ma posso solo immaginare a quale livello di ossessione sarebbe arrivata la Mari teenager. Che bello, Giovani Streghe.

LE COMMEDIACCE

Ah, questi sono i film da mettere ""per sbaglio"" a Natale alla tavolata con i parenti. Quelli che fanno indignare le vecchie zie e divertono il cuginetto.
Peter Jackson è un fuori di melone ed è buona cosa che noi non ce lo si dimentichi mai. Ah, strepitoso eh quello che ha fatto con Il signore degli anelli, proprio niente da dire davvero. Ma dalla fine degli anni 80 fino, appunto, alla Compagnia dell'anello, si è sfogato. Ha dato il meglio di sè. Nello specifico, Bad Taste è dell'87 quindi sto giro lo saltiamo, ma Splatters - Gli schizzacervelli è del 92 e io non riesco a capire come possiate non volerlo vedere già dal titolo. Poi nel 96 ha fatto un'adorabile commedia sui fantasmi che non è bella marcia come piace a noi ma senz'altro divertente, Sospesi nel tempo. E poi c'è Michael J. Fox.
Certo, è degli anni 90 anche la regina di tutte le horror comedy: L'armata delle tenebre. Devo ammettere con la morte nel cuore che non è la mia preferita ma l'iconicità di Ash Williams che viaggia nel tempo è passata alla storia (ahah) e non sarò certo io a lamentarmene.

TIM BURTON

Questo blog è nato nel 2012, ed è iniziato con una serie di post dedicati a quel signore qui, che all'epoca amavo come fosse un padre. Nel tempo i miei gusti sono talmente cambiati che il Tim Burton Special non è mai stato finito (come praticamente tutte le rubriche di questo blog, ehm) e io e lui ci siamo allontanati tantissimo. Sono stati gli anni 90, però, a darmi quei film che me lo avevano fatto amare tanto, partendo proprio nel 1990 con Edward mani di forbice. Mars Attacks!, Ed Wood, Sleepy Hollow, sono di quella decade qua, e anche se oggi io e Burton non siamo più vicini come un tempo, mi piace ricordare che belle cose ha fatto e quanto me lo sia sentito vicino.


Un horrornomicon un po' diverso, questo mese. Nessuna notizia seria ma solo una raccolta di cose belle da vedere, giusto in tempo per la serata di domani.
Buon Halloween a tutti!



venerdì 6 settembre 2019

It: Capitolo 2 e di gente al cinema

11:17
Festa Nazionale in Redrumia!
Pennywise è tornato e lo aspettavamo da due anni che sono sembrati giusto 27.
Serve un post dedicato.


La storia è quella dei Perdenti adulti che, richiamati da Mike, tornano a Derry 27 anni dopo gli eventi del primo film, perché It è tornato. Fine di quello che vi dirò sulla trama.

Una volta Neil Gaiman (sempre sia lodato) ha detto che nel booktour di Coraline gli era diventato chiaro quanto adulti e bambini abbiano percezioni diverse e quindi paura in modo diverso. I bambini non erano preoccupati per Coraline: lei era l'eroina e senza dubbio ce l'avrebbe fatta. Gli adulti, invece, consideravano la storia inquietante e spaventosa, preoccupati per l'anima giovane e in pericolo.
Ecco, per me It è stata la stessa cosa. La prima parte, quella del 2017, mi aveva fatto una paura che non ve la raccomando (e invece forse sì, che qua si parla pur sempre di orrore). I Losers sono un gruppo strepitoso di ragazzini coraggiosissimi, e il film aveva reso loro giustizia in modo quasi insperato. Però erano i miei bambini, no? Ero preoccupata per loro e il film era più spaventoso del suo sequel. Questa volta ho avuto meno paura, ma il cuore straripante di emozioni.

Il ritorno a Derry è stato emozionante e commovente, il ritrovo di amicizie perdute ma mai dimenticate è sempre delizioso da vedere e questi attori sono stati i Perdenti che volevo. Il cast dei bambini era perfetto nel primo film e si conferma tale, ma quello degli adulti non ha temuto il confronto, non solo per quel McAvoy e quella Chastain che sono la conferma che al mondo c'è qualcosa di buono e porta i loro nomi, ma per l'insieme, l'affinità che traspare, l'affetto palpabile, le battute sulla mamma grassa dopo 30 anni.
Tutto è come prima e niente lo è.
Nemmeno It.
Il più spaventoso dei clown smette di essere solo un pagliaccio e diventa la materializzazione di un trauma terrificante, diventa paura concreta in forme diverse, diventa la forma fisica di un terrore durato trent'anni, che sembrava dimenticato e invece stava sempre lì, nascosto ma pronto a rifarsi vivo. Cambiano le sue sembianze, a volte, ma non cambia l'effetto che ha sui ragazzi, paralizzati dal terrore eppure, passato il peggio, pronti a tutto, pronti soprattutto a scherzarci su. E quel comic relief lì, che è presentissimo e che funziona da dio (mi sono divertita un sacco) non è servito solo ai Perdenti, ma anche a noi, perché va bene che ho detto che il film spaventa meno del primo, ma il mio vicino al cinema ha fatto un paio di salti sulla sedia che non so come ha fatto a sopravvivere fino alla fine.
It è spaventoso e magnifico al tempo stesso e Skarsgard il migliore che si potesse chiedere per dargli il volto.

I puristi del libro avranno mille cose da recriminare alla fine di questa storia, e va anche bene così. Però Muschietti è riuscito nelle cose più importanti: farci un paurone dell'accidenti ed emozionarci tantissimo, come solo chi ha molto amato il libro avrebbe potuto fare. E quindi non solo va bene così, va esattamente come avrei voluto andasse. Ed è magnifico.
Io mi rileggo pure il libro, che mi mancano già, maledetti Losers.

Dicevamo, il mio vicino. Si è fatto proprio la cacca addosso, porello. Come lui, buona parte della sala. Come lo so, vi chiederete. Perché quando la gente ha paura parla. E ride, fa caciara, sgomita. Deve alleggerire la tensione. Mica fanno sto casino quando vanno a vedere altro, di solito, è proprio l'horror che tira fuori quell'aspetto qua, l'horror estivo magari leggero ma che comunque fa strizzare le chiappe.
Ecco, io prima ero pronta ad entrare in sala col lanciafiamme. Pago il biglietto, entro in sala, mi voglio godere il mio benedetto film. Ieri sera ero carica, avrei soffocato quello dietro di me con il mio sacchetto unto di caramelle, porco cane non ha taciuto un minuto. Ti ringrazio per avere letto a voce alta il contenuto dei biglietti dei biscotti della fortuna, sei una gioia ma non solo siamo tutti alfabetizzati, i personaggi stanno già facendo da soli, tu non servi, taci, prendi fiato, strozzati nella tua saliva.
Poi però sono uscita dalla sala ed ero esaltata. Avevo visto una cosa che aspettavo da tempo, non vedevo l'ora di vederlo, mi è piaciuto tanto ed ero tutta uno scodinzolio. E alla fine, forse, quel tizio logorroico là l'ho perdonato.
Eri contento, tatone, perché a volte il cinema fa anche quelle cose qua, e a me l'horror gasa (che termine vintage) tanto quanto stava gasando te. Sei comunque uno stronzo irrispettoso, ma siccome ti capisco sorrido un po', se ci penso.
E ti perdono.
Guarda te Muschietti che effetto mi fa.

sabato 6 aprile 2019

Noi

12:29
 Perciò, così parla l’Eterno: Ecco, io faccio venir su loro una calamità, alla quale non potranno sfuggire. Essi grideranno a me, ma io non li ascolterò. (Geremia, 11:11) 

Non ero sicura di scrivere un post sul nuovo film di Jordan Peele, perché ormai le recensioni singole su questo blog scarseggiano, ma mi sono innamorata, e questo posto qua è nato proprio per celebrare un amore grande, quindi eccoci qua.

Saltiamo la parte in cui vi dico la trama per passare al sodo.
Facciamo che sei un giovane regista. Facciamo che il tuo primo lavoro non è solo un esordio travolgente ma in generale un film che sarebbe incredibile anche in mani esperte. Facciamo che riesci a portarti a casa pure un Oscar alla sceneggiatura originale (che per un horror non è un buon risultato, è un miracolo) che guarda caso è pure il primo per un regista afroamericano.
Altro, Jordan?
Altro, perché quelli come te, se ho capito che tipo sei, non si accontentano. Quelli come te hanno milioni di cose da dire e nessuna paura di farlo.
Allora arriva Us, Noi, che ci è stato presentato con un titolo intrigante, una serie di poster da bava alla bocca e un trailer gustosissimo. Ti abbiamo aspettato come si aspetta l'arrivo del messia.
E tu, che sei un uomo di parola, non hai tradito né noi né le nostre aspettative, perché Noi è uno di quei film che si imprimono negli occhi e non se ne vanno più.


Potremmo stare qui ore a disquisire del vero significato del film, del suo finale e del suo sottotesto. Di cose da dire ce ne sarebbero. Il web è pieno raso di post, podcast, articoli di gente illustrissima che titola 'Us: Ending Explained', ma a me così sembra di fare un torto al film e al suo regista.
Non c'è proprio un bel niente da spiegare, c'è da sedersi sulle poltroncine di un cinema (disonore su di voi, sulla vostra famiglia e sulla vostra mucca se non andate al cinema per Jordan) e lasciarsi trasportare in un racconto magnifico.
Jordan Peele tutto quello che serve sapere l'ha messo nel film. Teorie, congetture, analisi, non fanno altro che sporcare l'esperienza, che invece è così genuinamente spaventosa che è un peccato incrinarla. Perché Us fa anche paura. Dando in mano le parti ad attori capaci e con un po' di luci sistemate a modino, ce la si fa discretamente sotto, per via di quell'inquietudine viscerale che solo occhi convincenti sanno trasmettere.
Non sono certo io a dovervelo dire, ma nel film ci sono Lupita Nyong'O ed Elizabeth Moss. Capirete da voi che a due come loro basta dare il la e queste diventano belve. Bastano gli occhi. La Moss ha poco tempo in scena ma le basta perché lei è una bomba e tutto quello che tocca diventa oro, come una specie di re Mida delle scene cinematografiche. Davanti allo specchio è spaventosa. Lupita è tutto il film. Pur essendo circondata di comprimari altrettanto brillanti, tra cui due ragazzini spaziali da tenere d'occhio, lei proprio viene da un altro pianeta. Eccezionale. Il suo viso fa mille minuscoli movimenti che la rendono enigmatica e complessa, basta un piccolo accenno di cambiamento e non si sa più chi è cosa. Nessuna parola le renderà giustizia.
Intorno a lei, i colori. Il film è molto, molto rosso, ovviamente. Poi però a volte è blu, e bianco, e beige e ogni singola inquadratura è stoppabile per diventare un quadro. Il paesaggio della spiaggia, la casa in penombra, quella sequenza finale...ha un gusto estetico il regista che incontra così tanto il mio da aver reso la visione del film simile ad un giro in un museo.
Alcune sequenze di Noi sono da esporre nelle pubbliche piazze. La scena di Fuck the police è da annali, ho dovuto combattere contro l'istinto di battere le mani. Il finale è da alzarsi in sala con la mano sul cuore.


Stateci voi a farvi domande sul Vero e Profondo Significato del Film, io sono impegnata a goderne.

domenica 8 aprile 2018

A quiet place - Un posto tranquillo

14:26
Mi ero un po' stancata (lo dico nel caso non si fosse capito) delle semplici recensioni cinematografiche. Ho in mente post di tipo diverso, sempre sul cinema.
Ieri sera, però, sono stata al cinema a vedere A quiet place.
Sciagura a voi se lo cercate in streaming.


In un futuro vicinissimo, la società è stata distrutta dall'arrivo di creature mostruose. Queste creature sono cieche ma dotate di un udito finissimo, e si prendono chiunque produca il minimo suono.
In questo scenario vivono mamma Emily Blunt, papà John Krasinski e tre figli.

La figlia maggiore è sorda. Il primo merito del film è proprio il trattare la disabilità con la naturalezza che ci vuole. Non è messa lì per includere le diversità, non è trattata con commiserazione. Piuttosto, è facile intuire come proprio la famiglia con un sordo sia sopravvissuta fino a quel punto: conoscono tutti il linguaggio dei segni, con quello comunicano e restano zitti.
La sordità scatena anche la dinamica del pericolo: difficile non produrre un suono se tu i suoni non li senti. La ragazzina è in costante pericolo, pur essendo sveglia. Da qui, però, nasce anche la sottotrama della figlia adolescente che si sente poco amata e poco considerata perché fraintende i tentativi di tutela del padre.
Se parliamo del padre, poi, ecco che spunta il problema di due genitori che si trovano a dover proteggere dei figli da una condizione estrema, tra enormi difficoltà e tentativi di riportare almeno qualche stralcio di normalità in una situazione che normale non lo sarà mai più.
Insieme al padre ci sta la madre, ritratta nel momento, quello della gravidanza e del travaglio, di maggiore fragilità, costretta a sfoderare una forza inumana e un coraggio quasi divino per proteggere la cosina piccina che sta nella sua pancia e che di mostri e brutture non ne sa niente.
E che piange.

Mille temi diversi, mille aspetti di un mondo in rovina raccontati attraverso la storia di una famiglia normale, costretta dalle circostanza all'anormalità e ad un eroismo mai esercitato prima. Il film di Krasinski è pieno di cose di cui parlare, e lui non ne trascura una. Niente che sia solo accennato o buttato lì con noncuranza.
Il tutto in un film che conterà un centinaio di parole al massimo.
La tensione del silenzio non l'avevo mai provata prima. Ogni passo più rumoroso, ogni respiro più pesante, ogni movimento azzardato, mi hanno fatta sobbalzare sulla poltroncina del cinema.
La sala era nel silenzio più totale, così silenziosa non l'avevo mai trovata. Si tagliava l'aria con il coltello. Non era solo preoccupazione sincera per una famiglia a cui ci si affeziona al minuto due, ma la più grande tensione degli ultimi mesi.

Cose così si vedono in sala, non solo per contribuire al successo di un film frutto del lavoro di centinaia di persone, ma perché l'esperienza di una sala intera soggiogata ad un film e in cui non vola una mosca è impareggiabile.
Non mi ricapita mai più.

lunedì 12 febbraio 2018

Aspettando The Shape Of Water: Il mostro della laguna nera

14:22
Ci siamo quasi.
Sono andata contro le promesse che mi ero fatta e ho resistito: non ho guardato in modo illegale La forma dell'acqua. 
Non è la prima volta che aspetto un film di Del Toro in sala, ma l'attesa di Crimson Peak è stata niente di fronte al travaglio che è stato attendere questo film.
Ogni premio, ogni recensione estasiata, sono stati pugnali nel cuore. Questi ultimi giorni saranno interminabili e non riesco a dirvi quanto entrerò in sala gonfia di tutta l'emozione di vedere il mio regista del cuore, quello ignorato, quello snobbato, quello che non fa soldi manco a chiederglielo per cortesia, finalmente trionfare come merita e ha sempre meritato.
Vorrei davvero che provaste l'emozione che ho provato io ascoltandolo a Venezia, che provaste tutti un'emozione gigante come quella che ho provato ascoltandolo nominato per tutto il possibile ai prossimi Oscar.
Se una passione non vi rende felici così, non è quella giusta.


Per celebrare la settimana di La forma dell'acqua, allora, torniamo insieme alle origini del Gill-Man.
Lo so che tutti avremmo voluto la storiellina d'amore per Abe Sapien, ma non è così, mettiamocela via.

Il mostro della laguna nera è una creatura marina, il Gill-Man, appunto, che vive in Amazzonia. Nuota felice nella sua laguna, indisturbato fino all'arrivo di un gruppo di scienziati.
Esattamente come il mio gatto Elia, non si infastidiscono le creature selvagge.
Mai.

Sono passati più di 60 anni dalla comparsa sul grande schermo del Gill-Man.
Sarà anche invecchiato, ma è uno di quegli anziani che sembrano vecchiotti appena li conosci poi quando inizi a farci due chiacchiere li scopri più attivi e arzilli di te che a 27 anni hai la cervicale e le ossa rotta e le mani spaccate.
L'uso della seconda persona singolare a sottolineare che non stavo assolutamente parlando di me.

In questi giorni ho visto molti film, perché sto preparando il post sulle speranze per questi Oscar in arrivo. Ho visto film splendidi e un paio un po' meno.
La conclusione a cui sono giunta è che se mi ha commosso di più la storia di un anfibio che ama da sott'acqua una splendida scienziata in costumino bianco rispetto ad una (dolcissima, lo riconosco) storia d'amore estivo tra due bellissimi giovani, o io sono una creatura di ghiaccio che si scongela solo con i mostri oppure Il mostro della laguna nera è un film capace di parlare di mostri umanizzandolo come ormai nemmeno più gli umani veri.

Il povero, tragico, Gill-Man, che vuole sfiorare Julie Adams e invece si trattiene, che osserva da lontano, che nuota sinuoso sotto di lei, mi ha emozionato più dei due ragazzi di Guadagnino.
Non sappiamo nemmeno chi sia, da dove venga, se sia l'unico della sua specie. Sappiamo solo che vive nella laguna nera da cui nessuno sembra mai avere fatto ritorno e che, in quella laguna, ci muore.

Non è che non li capisca, sti umani. Al loro posto sarei semplicemente morta dallo spavento lasciandogli modo di mangiarmi e tanti cari saluti. Ma da spettatori non amarlo è impossibile, e non soffrire per la sua morte altrettanto.

Non lo so se Del Toro gli renderà la giustizia che merita o se, per la prima volta in vita sua, prenderà una sola. Non ve lo dico nemmeno cosa credo succederà, ma sto provando ad essere oggettiva.
Dovesse anche, questa Forma dell'acqua essere un film deprecabile, avremo almeno l'occasione di vedere per la creatura un minimo di riscatto, e ne sarà comunque valsa la pena.

Non crederei comunque ad un brutto film di Del Toro nemmeno se ce lo avessi davanti agli occhi, tanto per mettere le cose in chiaro.

lunedì 29 gennaio 2018

So cosa hai fatto

12:53
Quando l'atmosfera dentro la mia testa è pesante cerco consolazione negli horror scemi, se sono con gli adolescenti più scemi ancora meglio. Sono facili da guardare, sollevano il morale, soddisfano la ricerca di un po' di gore che è sempre un buono sfogo, funzionano, anche quando sono brutti.
Netflix lo sa, e come quell'amica alla quale non hai bisogno di dire cosa ti serve, mi ha proposto So cosa hai fatto.
Sorpresa, è più bello del previsto.




Gli adolescenti scemi questa volta sono due coppiette innamorate. Di ritorno da una festa investono un uomo e lo uccidono. Preoccupati per i loro radiosi e ormai segnati futuri decidono di liberarsi del corpo e fingere che non sia mai successo niente.
Spoiler: le cose non vanno mai come vorremmo.
In particolare se ammazziamo una persona.

Io questo l'ho adorato, un nuovo mio piccolo cult personale.
Sarebbe bello dire che riserva magnifiche sorprese e sputa in faccia a tutti i suoi simili, che a fine anni '90, dopo Scream, saranno spuntati nel prato come tante felici margheritine. Invece è solo uno slasher onestissimo, con il suo villain mascherato (che tanto dimenticherete dopo dieci minuti), le sue scelte sbagliate e il suo finale da spaventello inaspettato. Ha tutte le carte in regola per essere detestabile, io invece dopo cinque minuti innamorata di questi quattro che dio solo sa come siano amici perché davvero una fauna più diversa di così l'ho vista poche volte.

La cosa che più mi ha convinto, però, è il tanto famigerato futuro dei nostri giovini sognatori.
Il povero defunto è stato trattato con una freddezza quasi bestiale, da qualcuno più che da altri, perchè l'incidente avrebbe rovinato il loro futuro. Sport, moda, scienza...percorsi tutti in discesa a quanto pare.
Peccato che invece no.
Ognuno di loro, in un modo o nell'altro, ha visto le proprie illusioni svanire in una nuvola di cenere, nessuno è arrivato nemmeno vicino ai propri desideri e chi c'è arrivato li sta mandando in niente. Tutti bloccati in quel paesino da cui tanto sognavano di scappare, tutti disincantati, svegliati dalla delusione, accomodati nella classica vita borghesotta paesana dalla quale tanto sembravano voler fuggire. La netta sensazione è che sarebbe finita così a prescindere dall'incidente.
Non sono una cinica, non più, ma quel piccolo tocco amarissimo mi ha colpita molto e mi ha fatto pensare che sì, stavo guardando un filmettino dai meriti forse non eccezionali, ma che con me aveva fatto centro.

Mi affeziono con poco, pare.
Datemi un assassino di adolescenti e quattro cretini e io niente, parto per la tangenziale dell'amore.

lunedì 8 gennaio 2018

E così l'horror è morto

13:26
Questi primi giorni dell'anno hanno fatto schifo, io ve lo dico già. Ci sono state brutte notizie e postumi di brutti eventi che mi sono trascinata e che mi hanno fatto vorticare i cosiddetti come girandole impazzite.
Ho pensato quindi di iniziare l'anno almeno nella Redrumia con un post pieno di speranze per il futuro e pernacchie sbavanti ai nostri nemici cinici.
Quindi sì, il titolo è ironico.


L'horror non solo sta benissimo, ma fa i soldoni alla faccia vostra, dove con voi intendo le mammolette frustranti che incrociano le braccia, scuotono la testa e dicono che no, signora mia, gli horror come una volta mica si fanno più.

Partiamo con il re indiscusso dell'anno: IT.
Spernacchiato, boicottato, insultato ancora mentre il buon Muschietti stava chinato a firmare il contratto. Lui si è messo i paraocchi da cavallo, ha fatto un film bellissimo e ha deciso di fare anche il colpaccio: It è diventato uno degli horror con l'incasso più alto di SEMPRE. Fa quasi ridere, oggi, ripensare ad ogni battuta, ad ogni lamentela, ad ogni rottura di maroni. Il film è costato 35 milioncini di paperdollari (che sono tantissimi) e se ne è presi in tutto il mondo quasi venti volte tanto.
Ora, io sono certa che i più competenti di me potranno stare qua ore a fare statistiche e calcoli con l'inflazione e i successi degli anni passati, ma io sono una tipa elementare: se spendo 1€ per fare una cosa e ne guadagno 20, sono stata bravissima. (Per i dettagli, comunque, io uso sempre Box Office Mojo, il link sta qua.)
Quindi, chi è stato bravissimo?
Muschietti, e tutti quelli che con lui si sono portati a casa un risultato incredibile.
Chi non è stato bravissimo, invece?
Voi, che avete frantumato l'anima e adesso meritereste di assistere ad ogni doccia in cui Andy Muschietti si lava le ascelle con le banconote da 500.

Prima di lui, però, un altro signore era stato proprio proprio bravo. Jordan Peele ha esordito alla regia con un film interessantissimo come Get Out. Il suo modo innovativo ed originalissimo di parlare di razzismo non si avvicina nemmeno lontanamente agli incassi di It, ma questo non significa nulla. Costato nemmeno 5 milioni di dollari, ne ha portati a casa venticinque. Un risultato ottimo per un film che se lo merita tantissimo, che avrebbe potuto portare in sala anche persone molto lontane dall'orrore e farle uscire soddisfattissime dalla sala.
Gli sono piovuti addosso nominations e premi di varia natura, come se i soldoni non bastassero. Perché lo so, vi vedo già carichi a scrivere che gli incassi non sono sinonimo di qualità.
Lo so bene, bestiacce. Siete gli stessi che non sono andati a vedere Blade Runner 2049?
Sicuramente soldi è diverso da qualità. Ma se il 2017 è stato evidentemente un anno preziosissimo per l'orrore principalmente per la bellezza di certe uscite, è importante anche notare che è stato l'anno in cui la gente l'horror l'ha visto, e l'ha visto al cinema. Ci serve che si vada in tanti al cinema a vederlo, altrimenti non ci distribuiscono più niente e noi dobbiamo darci all'illegalità.
È quello che vogliamo?

Passiamo poi a tempi più recenti.
Al Lucca Comics la città era tappezzata delle locandine per Happy Death Day
Midnight Factory deve essere scesa da cielo per il bene di noi italiani. Non sto dicendo che amo alla follia ogni prodotto distribuito in sala da loro, ma che la selezione delle uscite in home video è notevolissima e che il modo massivo in cui pubblicizzano è tale da volerli abbracciare tutti. Auguri per la tua morte, per esempio, me lo ritrovavo anche sulla carta igienica, ma ne è valsa la pena. Il film è stato internazionalmente un successo, con un budget di manco cinque milioni e 55 intascati. Un horror di quelli teen classici, ma carinissimo, che si è meritato ogni centesimo portato a casa e forse anche qualcuno di più.

Per motivi a me assolutamente sconosciuti la gente va ancora al cinema a vedere Saw. Nel 2017 è uscito il trentacinquesimo capitolo (in Redrumiano vuol dire l'ottavo) e si è portato a casa la sua dignitosa centinaia di milioni di euro. A me fa un po' ridere, ma siccome non voglio smentire quanto detto sopra, gioisco del suo successo e confido quei soldi vengano investiti bene e non, per esempio, in Saw 36.
Prima o poi, però, la maratona la faccio e indago. Indago sul motivo del suo successo. Divento un indagatore dell'incubo, laddove l'incubo è chiaramente il successo e non la saga.

Annabelle: Creation è stato costosino. 15 milioni investiti in un film che diviso un po' le opinioni. A me, ve lo dico sinceramente, ha fatto un paurone del dodici. Al box office se l'è cavata niente affatto male, più di 300 milioni in tutto il mondo. Immagino miriadi di ragazzini in sala a ridere come dannati, a lasciare in giro le scatole dei popcorn e a stare al cellulare illuminando a giorno la sala e poi dormire con la luce accesa.
Vi conosco, siate maledetti voi e la vostra prole.

Al di là degli incassi, però, il 2017 è stato una ventata d'aria fresca. Di fianco alle immancabili aggiunte a saghe millenarie (Rings, Leatherface, Cult of Chucky, Amityville il risveglio, Jeepers Creepers 3...) ci sono state certe chicche che, incasso o meno, sono state un sollievo per i miei vecchi occhi secchi.
Il progetto XX mi era piaciuto molto, un horror antologico tutto al femminile che ci ricorda che i filmacci li facciamo anche noi ragazzine e che li facciamo anche bene.
Di Gerald's Game è stato detto già tutto: un romanzo che sembrava impossibile si è trasformato in un film micidiale. Bello bello e ancora bello. E d'altronde, con Flanagan al timone non mi aspettavo niente di meno.
Sono solo due esempi, questi, perché come vi dicevo nel post dei preferiti ho visto davvero poca, poca roba dell'orrore quest'anno. Proprio l'anno più figo del decennio.
Ma recupero, eccome se recupero.

martedì 31 ottobre 2017

Halloween Watchlist 2017

09:03
La cosa veramente importante è che stasera si sia tutti al cinema a vedere Shining, giusto?
Giusto.
Mettiamo però che ci sia un nebbione del dodici (espressione mantovana o si dice in tutto il paese?). Che vi si sia bucata una gomma (vi auguro comunque di no). Che vi sia venuta la diarrea, che con sto clima un attimo di freddo al pancino ed è fatta.
Insomma, non potete andare in sala. Siete bloccati a casa. Non guardare un horror per Halloween, però, mi perdonerete, ma è uno spreco terrificante. Ecco, quindi, un'umilissima guida su cosa potreste guardare in base alla vostra compagnia per la serata. Tisana caldissima che fa già un freddo detestabile, coperta con le maniche, popcorn fatti al microonde, che sono anche più sani di quelli del cinema. Preferibile aggiunta felina sulle gambe che permette di risparmiare sulla borsa dell'acqua calda.


Con il fanatico di Netflix
Il vostro amico ha appena fatto l'abbonamento ed è in quella fase in cui snobba la pirateria? Intanto state sereni: passerà. Nel frattempo non temete, Netflix non ha il catalogo horror migliore in circolazione ma ci sono alcune cosine che danno grandi soddisfazioni. Siccome ho già consigliato Crimson Peak nel mio post dell'anno scorso, che trovate qui, quest anno ci buttiamo su Scream. Non è l'unico titolo di valore del catalogo, ma potendo scegliere non c'è altro dio all'infuori di lui. Se vi butta bene, poi, maratona: ci sono anche il due e il tre. Serata risolta. Mi ringrazierete dopo.

Con il moroso geek
Ah, qua potete fare i grossi. Trovate la chicca con cui vantarvi per il resto dei vostri giorni. The Wicker Man. Sir Christopher Lee, paladino della United Nerds, sovrano della cultura geek, signore e padrone dei cuori impavidi dei giovani ingegneri, in un gioiello dimenticato che quando viene rispolverato poi non si dimentica più.
Preparate il cellulare per riprendere i volti dei poveri alla prima visione, il finale è memorabile.

Con il moroso della vostra amica, quello che fa il grosso e che voi detestate
Ci piacciono gli sboroncelli, in Redrumia? No che non ci piacciono. Costoro vanno puniti e ridimensionati. Ora, non dico di usare I spit on your grave, che suona minaccioso e noi siamo più eleganti di così. Sarebbe anche troppo facile usare i filmacci supergore, ma lui continuerebbe a fare il grosso e dire che non gli dà fastidio nulla. Noi, invece, lo vogliamo in lacrime angosciate sul divano questo qua. È per questo che il signorino si coccherà il film di fantasmi su cui ho versato più lacrime in assoluto: The orphanage.

Con l'appassionata di serie tv
Il panorama seriale ci offre diverse possibilità per la sera di Halloween. La scelta più ovvia sarebbe la seconda stagione di Stranger Things, ma confido che una buona fetta di voi se la sia guardata nel weekend. Potremmo buttarci su una cosina come Santa Clarita Diet, sul classico American Horror Story o su quelle serie che riprendono i grandi film tipo Bates Motel o Scream.
Non guardare Ash vs Evil Dead, però, è uno spreco imperdonabile.

Con l'amica femminista
Bisogna ogni tanto trovare il modo di riflettere sulla violenza e di parlare della stessa con qualcosa di diverso. I documentari, i film tematici, i saggi, sono fondamentali e sacrosanti. Quando una persona è intelligente, però, i principi base del rispetto della donna li infila anche in un filmaccio dell'orrore. Sapete chi è molto intelligente? Due nomi, un solo prodotto: Stephen King e Mike Adorato Flanagan, uniti nella creazione di quello che ad oggi è uno dei miei prodotti Netflix preferiti: Gerald's Game. Un film intelligentissimo, un'attrice protagonista portentosa, una scena tremendamente dolorosa e un finale indimenticabile.
Nessuno che avesse letto il romanzo credeva ne avrebbero mai fatto un film. Flanagan ci ha riso in faccia e infatti non ha fatto un film, ha fatto un filmone alla faccia nostra.

Con il gruppo di amici che guarda sempre CSI
Agli appassionati di crime verrebbe semplice suggerire Session 9, che oltre alla sempre appassionante presenza di Horatio Caine è anche un bellissimo film. Se però vogliamo andare più a fondo nella scala del disturbo, proviamo con The Poughkeepsie Tapes. Per una volta che vediamo la faccenda dal punto di vista del serial killer.

Con l'amica gelosa
Ce l'abbiamo tutte: quella che guai a guardare il suo moroso, quella gelosa anche dell'aria che lui respira. Ecco, secondo me se le fate vedere Nina Forever o le piglia l'angoscia e le passa oppure ci ride su, che è sempre un gran bene.

Con quello che 'guardo solo cinema d'autore'
Ah, sì? Con lo snobbetto di sta cippa lippa c'è solo una soluzione: Salò o le 120 giornate di Sodoma. 
Autoriale è autoriale.

Con la cugina animalista
Cannibal Holocaust.
Film di denuncia, un'importante analisi dei media e della loro influenza anni luce prima dei social e della rivoluzione digitale.

Per l'amore di dio scherzo, non fate vedere Cannibal Holocaust ad un animalista qualsiasi che non voglio omicidi sulla coscienza.

giovedì 19 ottobre 2017

It

08:33
Avevo accolto la notizia di un nuovo It quasi tiepidamente. Non che fossi scettica, solo che non ero partita a mille, ecco.
Poi il film è uscito all'estero, con un anticipo ridicolo rispetto all'Italia, ed è uscito con il B O T T O.
Cifre astronomiche. Per un horror, quasi fantascienza.
Dopo lacrime di commozione e sempre crescente frustrazione legata all'attesa, il mio spirito, che nell'intimo è ancora un pochino cinico, ha immaginato che almeno il 60% del pubblico fosse composto da haters preimpostati pronti ad assaltare lo schermo con le balestre al grido di 'Tim, this is for you', citando la Donatella Versace nell'omaggio al fratello.
Invece anche questa volta la soluzione era la più facile: sono andati a vederlo tutti perché It è bellissimo.

Quando ho visto il titolo uscito così volevo piangere di bellezza


Dando per ovvio che conosciate almeno a grandi tratti la storia, passerei direttamente oltre. Se per caso invece non la conosceste, per favore, non cercatela. Lasciate che l'esperienza vi entri sotto la pelle perché vi garantisco che una volta sguinzagliato il pagliaccio, non ve ne libererete mai più.
It rappresenta un rito di passaggio nella vita dei lettori. Letto da giovanissimi, poi, è proprio un momento di separazione, perché dopo il romanzo di King la vita da lettori non è più la stessa. Chi l'ha letto da giovane ricorda distintamente il prima It e il dopo It. Io ricordo il primo giorno che ho visto il volumone in biblioteca, l'ho guardato per mesi prima di trovare il coraggio. Il punto veramente eccezionale, però, è che quando lo si rilegge (perché lo si rilegge...) magari si presta più attenzione ai dettagli, si va più in profondità, si analizza di più, ma delle cose importanti non cambia niente. E con cose importanti del mattone da combattimento kinghiano intendo la paura e l'amore.
Fingendo che la serie 1990 non esista, il film aveva tre possibilità: topparle entrambe, perché il rischio c'era, prenderne una e mollare l'altra, oppure, in una sorta di miracolo mariano, azzeccarle entrambe regalando un'esperienza impareggiabile.

Muschietti è al suo secondo film. Potevamo tutti tremare all'idea che toppasse, l'esperienza non era dalla sua. Invece Andy ci insegna che a volte non sono l'età o il curriculum a fare la differenza, ma l'intelligenza. Se già con Mama (fatta eccezione per la fine) a me aveva intrigata molto, adesso sono alla sua mercè. Fai di me quello che vuoi Andy, perché io ti amo. Ha ballato alla perfezione nell'equilibrio perfetto di un romanzo magistrale, che non solo faceva paura, ma che dava un calore impareggiabile. Il gruppo dei Perdenti è il vero punto di forza del romanzo. Bambini e basta, di un realismo che solo King, nel suo sempre splendido modo di parlare dell'infanzia, avrebbe potuto creare.

Nel film di Muschietti i Perdenti sono eccezionali. Oltre ad essere dei faccini da tenere sotto controllo singolarmente, perché sono stati tutti davvero bravi, sono stati un gruppo eccezionale. Bambini senza alcuna pretesa di eroismo, che hanno sincera paura e motivazioni non sempre altissime (la vendetta è molto presente), che vengono feriti, malmenati, sconquassati, sottomessi. Ma che si rialzano sempre, benda a coprire la faccia masticata e si torna a combattere. Sono bambini imperfetti, pieni di ansie e prese in giro sulla mamma, ma si vogliono un bene grande, tanto grande da superare l'istinto di sopravvivenza base. E il fatto che siano così cristallini dentro non era affatto scontato, perché come King fa sempre, e come Muschietti ha rispettato, tutti loro hanno alle spalle adulti di riferimento ben poco funzionali al loro ruolo di educatori. Gli adulti di It sono inesistenti, inutili, oppure dannosi. Non servono a niente nel caso, a cui comunque non crederebbero, e non sono di alcun supporto a dei bambini che stanno vivendo un'esperienza tremenda.

Ecco, l'esperienza tremenda. Quella, non preoccupatevi, la vivrete anche voi. Peché Muschietti non ha alcuna intenzione di farvi uscire sereni dalla sala: It fa una paura del demonio. Se già avevamo capito che Skarsgard era bello bello in modo assurdo dalle foto promozionali, qualcuno si era scordato di dirci che è anche mostruosamente bravo. Il suo Pennywise ha una mobilità eccezionale, un volto indimenticabile e, nel complesso, tende a farti salire una pellicina d'oca che te la levi forse forse la mattina dopo. Se dormi bene.
Siccome sappiamo da esperienze precedenti che una buona performance da sè non conta troppo se la sporchi di cacca tutto intorno, qui Pennywise viene quasi lodato. Il film ruota intorno a lui, viene valorizzato ogni suo piccolo sguardo, ogni suo movimento è sacrosanto. Intorno a lui è ricamata un'atmosfera spaventosa, che non fa niente per portare sollievo, neanche durante i momenti leggeri tra i ragazzi. Pennywise è sempre sullo sfondo e si fa proprio in modo di non farcelo dimenticare mai.
La scena del primo ingresso dei Perdenti nella casa di Neibolt Street è una scena lunghetta e piena, PIENA, di tensione. Non si molla un colpo, le sequenze spaventose sono una successione infinita che non dà un istante di tregua. È perfetta.

Si ride tanto, con questi Perdenti, e se non gli si voleva bene prima si esce dalla sala col cuore colmo di affetto. Poi, però, quando ti avvicini al corridoio luminoso del multisala è inevitabile voltarsi indietro preoccupati, It ha fatto il suo lavoro e ha fatto paura.
Tutto quello che gli serve per sopravvivere.

lunedì 11 settembre 2017

Vampires! - I ripescati

13:47
Abbiamo concluso la prima parte della rassegna, quella dedicata a Dracula. Prima di proseguire con tutti gli altri succhiasangue, però, mi pareva giusto dare una ripassata a quei film che sono già stati recensiti sul blog e che hanno voglia di tornare ad essere chiacchierati.



ONLY LOVERS LEFT ALIVE - Jim Jarmush



Ai tempi della visione mi aveva folgorato. Lento, tormentato, con una colonna sonora da peli rizzati sul collo, Only lovers left alive è uno dei miei film preferiti, perché sono ancora l'emo maledetta che ero a 15 anni.
I vampiri del film di Jarmush (che dopo Paterson si è confermato una delle mie persone preferite al mondo) sono artisti, amanti dell'arte e del bello, e si procurano il sangue in modo tutto sommato etico. Adam, però, il vampiro di Hiddleston, non riesce a convivere serenamente con la sua condizione, valuta il suicidio, e richiama a sè Eve, una Swinton allarmata. La coppia Swinton - Hiddleston è una di quelle che non si scordano, lei perfetta ovunque la metti e lui di una bellezza di quelle che mi cavano il fiato, in questo film soprattutto.
Intorno a loro, un mondo in cui gli umani sono ormai tutti contaminati e dal sangue imbevibile, una parente pericolosamente vivace e Christopher Marlowe. Sì, quel Marlowe lì. È tutto strepitoso.
Quindi, ascoltate me: se il fatto che Only lovers sia un film splendido non vi convince a vederlo (e dovrebbe, è davvero un incanto, in cui il tormento della condizione di vampiro viene assaporato in ogni doloroso istante), lasciate che con una immagine vi convinca di quanto sia il film di cui avete senz'altro bisogno:

Non ringraziatemi.

LASCIAMI ENTRARE - Tomas Alfredson



Altro giro, altro preferito.
Let the right one in, visto la prima volta quasi per caso, mi ha scavato una buca nel cuore e lì è rimasto da allora. Devo essere particolarmente sensibile ai vampiri colmi di senso di colpa, altrimenti non si spiega.
In questo caso la vampira è Eli, una ragazzina che vive in Svezia con suo padre e che fa amicizia con Oskar, un vicino di casa della sua età. Suo padre la aiuta a procurarsi di che sopravvivere, ma la condizione in cui vivono li sta mettendo a dura prova entrambi. Oltretutto, gli omicidi che lui commette per nutrire lei non passano inosservati, e la faccenda di complica.
Non che Oskar sia messo meglio, comunque. Tormentato dai bulli a scuola, sogna di ucciderli per avere vendetta. Ecco che allora, nel glaciale clima nordico, il calore arriva solo dalla nascita di qusto rapporto, così profondo e genuino da annebbiare il resto.
Eli è una vampira piuttosto convenzionale, non tollera la luce, può volare e ovviamente non entra nelle stanze se non è invitata a farlo. Quando Oskar la sfida e lei soffre terribilmente io ho sofferto con lei. Il coinvolgimento è totale, l'affetto tra i ragazzini è tale che anche noi ne restiamo coinvolti in un modo che prosegue dopo la fine della visione, quando si riaccendono le luci e si torna alla normalità.
Purtroppo non ho letto il romanzo da cui è tratto nè ho visto il remake americano, ma vorrei davvero che in mezzo a vampiri mostruosi, ad assetati assassini senza scrupoli, trovaste il tempo per calmare le acque con questo gioiello.
Il cuore ne uscirà appagato.

30 GIORNI DI BUIO - David Slade



La mia reazione a caldo sul film di Slade era stata non dico entusiasta ma quasi soddisfatta.
I 30 giorni di buio del titolo sono quelli che colpiscono il Circolo Polare e che vengono intelligentemente sfruttate dai vampiri per andare a fare le scorte per l'inverno. La cittadina colpita è Barrow, in Alaska. I cittadini sono quasi tutti andati via, e i pochi che restano (tra cui lo sceriffo Josh Hartnett e sua moglie Melissa George) devono sopravvivere all'attacco dei succhiasangue.
Dimenticate la finezza dei vampiri dei due film sopra: qua le creature sono macchine da guerra, mostri assetati di sangue e con nessun rimasuglio di umanità. Tra le due tipologie, quindi, quella che mi piace di meno.
La soddisfazione iniziale è andata lentamente scemando nel corso del tempo, facendo finire il film nel Dimenticatoio dei Film Mediocri. C'è dell'azione, dei vampiri sanguinari che magari a qualcuno possono soddisfare, ma col tempo mi ha lasciato molto poco.
Adatto magari ad una serata cazzona con pizza e birra, che vengono sempre completate come si deve dalle botte da orbi. C'è però poco altro.

CRONOS - Guillermo Del Toro




Il primo incontro di Sua Maestà GDT con i vampiri ha prodotto un film particolarissimo. Non che la cosa sia sorprendente, ma come di consueto Del Toro ha deciso che a lui i vampiri comuni non interessavano granchè e quindi ne ha creati di nuovi. Ciò che porta alla necessità di assumere sangue, in Cronos, è un antico dispositivo in grado di dare a chi lo utilizzi la vita eterna. Siccome i regali non si fanno mai per niente, però, ecco che le lievi cointroindicazioni del dispositivo emergono: vita eterna ok, ma da vampiri. Jesus, un antiquario che ha trovato il dispositivo per caso, ne fa uso e ne trae istantaneo beneficio. Dispositivi di questo genere, però, restano al sicuro per molto poco tempo, e infatti Jesus viene presto cercato da qualcuno di interessato alla vita eterna.
Qui del vampiro canonico manca tutto, se non la sete di sangue e l'intolleranza alla luce. Questi elementi che ci sono, però, ci vengono raccontati in scene indimenticabili, buttati lì come un accenno e invece tatuati nella mente.
GDT fa così, senza gridare si impone al mondo con questo primo film, finendo inevitabilmente, come merita un talento sfacciato come il suo, nel panorama dei Grandi.
E il tutto con una blatta d'oro che ti rende immortale.
A voi l'onore di riuscire a replicare.

THE HAMILTONS - The Butcher Brothers



Se dopo avere visto 30 giorni di buio ancora non avete sonno e vi va ancora qualcosa di sanguinario, ecco che i Butcher Brothers vi servono The Hamiltons. 
Gruppo di fratelli alquanto bislacchi si rivela ancora più bislacco di quanto già non ci sembrasse ad una prima visione. Quasi quasi il fatto che siano vampiri è il meno.
Indifferenza totale verso questo film, che dopo la visione è finito inesorabile nell'oblio.

A GIRL WALKS HOME ALONE AT NIGHT - Ana Lily Amirpour



Ho aperto la carrellata di film già presenti nel catalogo gentilmente offerto dalla casa con due incanti. In modo diverso, il film di Jarmush e quello svedese mi avevano sciolta, volando alti alti nell'Olimpo delle Belle Visioni. Non ci finiscono tutti i bei film, badate bene, solo quelli belli belli in modo assurdo.
Accanto a loro sta questo piccolino qui, un film iraniano in bianco e nero, che è passato quasi inosservato tranne che agli occhi attenti dei grandi appassionati.
È stata una visione inaspettata, quasi casuale, ma preziosissima. La Amirpour è delicata ma decisa, come la sua vampira, coperta da un enorme chador che assume tutt'altro significato.
Indimenticabile.

Tutto sommato negli anni scorsi ero caduta sul morbido. Mi sono lanciata quasi sempre in visioni confortanti, che per qualche motivo sapevo mi sarebbero piaciute e sono di rado uscita dalla comfort zone.
Che vita facile.
Poi è arrivato Nosferatu, e la facilità è scappata dalla finestra.

martedì 5 settembre 2017

George Romero Day - Il giorno degli zombi

15:41
C'era una volta George Romero.
C'era, e oggi non c'è più. Ci ha salutati a luglio. Lui e la sua deliziosa faccetta andavano commemorati, e quando con gli altri blogger ci si è organizzati per questa giornata non mi sono tirata indietro.
Pausa ai vampiri, quindi, per oggi.
C'è un Maestro da omaggiare.



Il giorno degli zombi narra di un mondo completamente in rovina. Non abbiamo assistito all'apocalisse z, ne vediamo solo le conseguenze. Gli zombie sono ormai padroni del mondo e i pochi umani superstiti vivono sottoterra. Conosciamo gli abitanti di una base militare, in cui un gruppo di scienziati, con l'aiuto di alcuni militari, sta lavorando sulla possibile soluzione al problema dei ritornanti.


Per questa recensione commemorativa avrei potuto scegliere La notte dei morti viventi. Sarebbe stato facilissimo perché sarebbe stato niente più che un altarino di parole ad uno dei miei film preferiti di sempre. La cattiveria del finale de La notte, però, è stata presa, dilatata un po', aggiustata qua e là, e messa ne Il giorno degli zombi. 
Davvero, se è una brutta giornata, se non vi sentite benissimo, se avete perso la fiducia, guardate altro per l'amor di dio che non voglio avervi sulla coscienza.  Perché il terzo film del ciclo degli zombi è di un pessimismo estremo. Non pensate che vi siano segnali di miglioramento, di speranza, di happy ending. Non c'è NIENTE, NIENTE di positivo in questo film maledetto. Non un momento di respiro, di leggerezza (e quelli che ci sono, brevissimi, sono di un'amarezza spaventosa), mai uno spiraglio di luce. Il mondo è perduto e noi con lui.

I due grandi mondi ritratti nel film ne escono annientati. La scienza, che diventa ossessione, non guarda più in faccia nessuno, si fa beffe di qualsiasi etica e punta dritta all'obiettivo, regalandoci con il personaggio di Bub una delle scene più strazianti mai viste in un film sui ritornanti. Se però è chiaro che gli uomini di scienza ci vengono comunque presentati come 'i buoni' (ammesso che simile scemenza esista), per i militari davvero non c'è pietà. Sono barbari, sporchi, malvagi, egoisti fascistelli con un chiaro microcefalo, un po' troppa patata in testa per il contesto in cui sono e ben poco rispetto per il prossimo. Avesse potuto avrebbe diretto il film con ACAB scritto in fronte col sangue finto.

Estremo, di un gore notevolissimo che non lascia indifferenti, con un inizio storico e una posizione precisissima e nessuna paura di urlarla al mondo, Il giorno degli zombi mi pareva il modo migliore per salutare George Romero.

Negli ultimi 50 anni abbiamo avuto un film sugli zombi di Romero indicativamente (molto indicativamente) ogni 10 anni. Ha visto la società cambiare, non sempre in meglio, e, con lo sguardo acuto dei più intelligenti tra noi, l'ha criticata violentemente, con secchiate di sangue e viscere allo scoperto. Vederli oggi è interessante non solo perché sono film eccezionali, ma perché conosciamo la storia avendola vista da occhi esterni, quelli del futuro.
Avere la possibilità di guardare il marcio di oggi attraverso i suoi occhi sarebbe impareggiabile.
Un privilegio di cui siamo stati privati.
C'è una sola fortuna, in tutto ciò.
Gli uomini non cambiano mai.






I miei amici che insieme a me oggi ricordano quello che GR ci ha lasciato:

Delicatamente Perfido - La notte dei morti viventi

White Russian - La terra dei morti viventi

Non c'è paragone - La città verrà distrutta all'alba

Combinazione casuale - Martin

Una mela al gusto pesce - Bruiser

Pietro Saba World - Monkey Shines - Esperimento nel terrore

The Obsidian Mirror - George of the dead

Bollalmanacco - La metà oscura

lunedì 24 luglio 2017

The Craft

12:27
La cosa più importante di Netflix è guardare le cose al primo desiderio, altrimenti il balordo le toglie dal catalogo e tu resti a bocca asciutta. Seguendo questa fondamentale regola per vivere bene, mi sono vista Giovani streghe, prima che fosse troppo tardi.



Le giovani streghe del titolo italiano (che sembra studiato apposta per non farsi prendere sul serio) sono tre amiche che frequentano una scuola cattolica di Los Angeles. Quando Sarah si trasferisce nella scuola le tre amiche capiscono subito che lei è la persona adatta a diventare il quarto membro necessario a chiudere il cerchio. Bonnie, Nancy e Roshelle, infatti, sono appassionate di stregoneria, e il quarto membro è necessario per acquisire a tutti gli effetti dei poteri.

Sense8, stagione due. Al matrimonio della sorella, Nomi tiene un discorso in cui blasta furiosamente la madre, e se ne esce con un notevole 'Be careful what you wish for, mum.', che secondo me è il riassunto perfetto di The Craft. Le ragazze sono, appunto, solo ragazze, con desideri comunissimi e che cercano il mezzo più semplice per realizzarli.
Ognuna di loro ha un problema, che chiede a Manon, la divinità di riferimento, di risolvere. Amori non corrisposti, problemi fisici, acerrime nemiche da punire. Non voglio sminuire i problemi che sembrano così assurdi quando si hanno sedici anni. A quell'età e in quel contesto (le solite scuole americane), un compagno che non ricambia è la fine del mondo. Un lieve difetto fisico diventa invadente, come se non ci fosse altro. Ci sta allora che le richieste principali delle ragazze siano di natura leggera.Però c'è anche, come nel caso di Nancy, una vita disastrata da ricostruire. Non è un caso allora che sia proprio Nancy quella più legata a Manon e alla possibilità che quest ultimo ha da offrirle, perchè se per le altre si tratta di problemi più legati all'adolescenza, quelli di Nancy sono problemi di una vita intera. Fallire significa perdere ogni speranza in un futuro sereno, e lei non può permetterselo. Il cerchio è la sua unica chance.
Vedere quindi l'ultima arrivata, Sarah, noiosa e conformista, essere dotata di potere reali, e sprecarli per avere le attenzioni di un microcefalo, non deve essere stato facile. Eppure, quando come previsto il microcefalo ha mostrato a Sarah la sua microcefalia, Nancy è stata l'unica a prendere il due e andare a rivoltargli la faccia. Perché di solito è così, è proprio chi soffre di più a voler risparmiare ad altri la sofferenza. E Nancy, oltre che per gli scopi personali, è la prima a credere nell'importanza dell'unione con le amiche, stregoneria o meno.

Non è che Roshelle e Bonnie fossero inutili, è che è parso evidente dal primo momento come il centro del film fosse la 'diatriba' tra la buona e potente Sarah e la carismatica e problematica Nancy. Non crederò mai, MAI, che un solo spettatore abbia potuto mai tifare per Sarah.

lunedì 3 luglio 2017

The devil's candy

16:06
Oh, Sean. La blogosfera lo diceva che eri tornato, ma io li ignoravo. Li ignoravo perché sono scema, e oggi sono qui a pentirmi del mio essere scema prostrandomi ai tuoi piedi con questo post.
Ti vogliamo tutti molto bene e siamo molto grati tu esista.




Lo Sean con cui parlo è Sean Byrne, che qualche anno fa mi ha causato una bella notte insonne con il suo The Loved Ones, e che a quanto pare fa solo film (belli) con titoli bellissimi.
In questo, Liz di Roswell è sposata con un pittore, con il quale ha una figlia, Zooey. I tre comprano una casa nuova, ma fin dalla prima sera la loro tranquillità è disturbata da un omone che si presenta alla loro porta, sostenendo di essere il figlio della coppia morta in quella stessa casa tempo prima.

Poco tempo fa, parlando di The town that dreaded sundown, ho detto cosa mi piace di alcuni horror recenti. Dicevo che amo come qualcuno (quelli più intelligenti) prenda elementi classici e canonici per rifinirli, risistemarli, smussarli, per regalarci un'esperienza tradizionale ma allo stesso tempo innovativa.
Ecco, abbiamo un nuovo nome da aggiungere all'elenco.
The devil's candy parte da una premessa che conosciamo come le nostre tasche: famiglia compra casa, in casa c'è stata una tragedia, papà è quello che la 'sente' di più.
Amityville, certo, ma anche quel signorino sconosciuto di Shining.
Ora, non è che adesso mi metto a fare paragoni giganteschi, ma il film di Byrne mi ha commossa tantissimo, e un horror non mi commoveva (?) da tempo.
Andiamo con ordine, però.

La casa nuova. Elemento principale di questo sottogenere, a volte è quasi un personaggio del film. L'Overlook lo era, era protagonista. Qua no, la casa è solo un pretesto. Non è una di quelle incantevoli magioni vittoriane per le quali la sottoscritta perde la testa in tempo record, no no. È una bella casona, ma anonima, senza alcun valore se non quello di essere una gran fonte di gioia che poi si trasforma in disgrazia.
La famiglia. Ogni recensione di questo film che esista nel web parla di quanto incantevole sia questa famiglia. A costo di ripetermi, i tre sono uno spettacolo. Imperfetti, uno schiaffo in faccia agli ideali borghesotti che ci vengono spesso schiaffati in faccia, ma pieni di un amore limpido e genuino, legati da un rapporto quasi amicale. Empatizzare e non soffrire con loro è impossibile.
Elemento demoniaco, perché c'è. Partendo dal presupposto che se anche solo si fa intuire alla lontana che Big S è coinvolto io me la facio addosso preventivamente, il film è furbo e lo usa solo come 'voce nella testa'. Conseguenza? Ancora più paura. Sipario.
Cattivo e violenza sono inversamente proporzionali. Tanto più il personaggio Pruitt Taylor Vince è ripugnante e colmo di disagio, allo stesso tempo Bryne si prende la libertà di non mostrarci niente di sconvolgente dal punto di vista del sangue. Non che non ce ne sia, ma lui non ha bisogno di farci sbarrare gli occhi dallo sgomento.
Ci ha fatto spalancare il cuore, e quello è molto, molto più difficile.

lunedì 12 giugno 2017

The town that dreaded sundown

11:17
Ogni volta che negli ultimi mesi ho aperto un sito di streaming, per scegliere il film da vedere, sono incappata in questo. Mi dicevo che il titolo era un gran bello ma poi lo lasciavo lì, e mi lasciavo prendere da altro.
Oggi mi sono decisa.



Texarkana è una città che si trova sul confine tra Texas e Arkansas. Negli anni 40 era stata vittima di una serie di brutali omicidi, per mano di un serial killer chiamato Il Fantasma. 60 anni dopo Il Fantasma è tornato.

Ho questa impressione, che potrà essere confermata o smentita dagli amanti del cinema in senso più 'tecnico' di me: negli ultimi anni sono spuntate pellicole che hanno una grossa caratteristica comune e che alla fine della fiera si sono rivelati alcuni tra gli horror migliori del periodo. Prendono gli elementi 'canonici' di un particolare sottogenere (lo slasher regna incontrastato), li mettono tutti bene in fila su un tavolo, poi si lanciano sul tavolo e fanno l'angelo con le braccia e le gambe per spostare tutti questi elementi e rimescolarli, dando loro nuova luce, nuovi significati, pur rimanendo fedeli alla loro natura.
Il primo film che ho notato (nella mia ignoranza) fare questo giochino è stato Quella casa nel bosco, osannato come l'horror dell'anno del 2012 (che aveva comunque altre uscite interessanti). Ci sono stati poi It follows, The final girl, e, oggi, The town that dreaded sundown. Dove con oggi intendo tre anni fa, ma ci siamo capiti. Quest ultimo, in particolare, non è solo una rivisitazione di un genere che sembra essere il più diffuso anche tra chi gli horror non li guarda, ma è anche un monumento al film di cui è remake e che io, colpevole, non ho visto. Il film del 1976 è in tutto e per tutto un personaggio fondamentale del suo remake, rendendo quello del 2014 un film intrigantissimo. È metacinema felicissimo di esserlo. 
Oltre a ciò, è anche uno slasher con tutti i crismi, con il villain con la maschera, le morti violente e tutto il resto, sempre per quel discorso che gli elementi classici non vengono toccati ma solo riadattati. 
Ma la cosa più importante, che se vogliamo essere onesti nel mio cuore batte tutto il discorso sopra, è che The town that dreaded sundown è un film bellissimo, pieno di colori e movimento, 
E tanto mi basterebbe. Se poi c'è anche il resto, beh, io non mi lamento.

lunedì 22 maggio 2017

Get out

11:25
È successo di nuovo. È arrivato il film chiacchieratissimo, pompatissimo, discussissimo, il film fulcro del 2017, senonlovediseinessuno.
La cosa più importante della massiva campagna pubblicitaria che ha anticipato l'arrivo di Get Out è che il film è bello per davvero.



A meno che non viviate sulla Luna (fortunelli), la trama la conoscete. Agli alieni in ascolto la racconto: Chris è un ragazzo che deve sottoporsi alla tortura di andare un weekend a conoscere la famiglia della fidanzata Rose. Come se questa non fosse già una trama sufficiente ad un grande film dell'orrore, ecco che la famiglia si rivela ancora più bizzarra della media delle famiglie comuni.

Dal trailer buona parte della questione è comprensibile, ma non fatevi ingannare: la vera storia è meno prevedibile del previsto, soprattutto nella sua parte conclusiva. La cosa davvero bella, però, è che il film è disseminato di frecciatine, riferimenti, doppi sensi, divertentissimi e intriganti. È impossibile restare indifferenti, giocare a chi capisce prima cosa succeda è inevitabile. Guardarlo a casa è quasi consigliabile, soprattutto in compagnia e soprattutto con soldi da scommettere. Io perderei tutti i miei averi perché non capisco mai niente, ma tant'è.
Si parte con un cervo investito, e da lì è tutto in discesa. La tensione inizia ben prima di arrivare a casa della famiglia di Rose, un po' perché ci si arriva carichi delle immagini di cui siamo stati sommersi e un po' perché effettivamente il film è molto rapido nel dirti che qualcosa non andrà bene.
Il cervo è solo il primo dei presagi di malasorte.
Guardato poi con occhi provati dall'aspettativa, ogni frase, ogni immagine, ogni scena è una guida verso il male che accadrà, e il film non fa proprio niente per impedirlo. Chris vive la situazione dall'interno e ci mette un po' a vedere che qualcosa di storto c'è, ma noi siamo lì proprio per aspettarlo, e vediamo il marcio in ogni cosa.
Non che ci sbagliamo, comunque.
Questo gioco tra la consapevolezza dello spettatore e quella del protagonista, che abitualmente mi fa venire in mente nomi ben più conosciuti di quello di Peele, che è al primo film, a me ha soddisfatto tantissimo. Da tempo non mi attaccavo allo schermo con uno sguardo così coinvolto, da tempo non volevo urlare al protagonista di non andare da quella parte.
Con l'inserimento dei due servitori di colore, poi, ho toccato le stelle. Inquietanti il giusto senza mai scadere nello strepitio del 'Ehi! Lo vedi che qualcosa non va? Non siamo proprio normali!', ma con il giusto equilibrio di normale bizzarria umana e lieve eccesso della stessa.
Ad un certo punto, poi, mentre già ero lì che sfregavo le mani dalla soddisfazione, ecco che compare Caleb Landry Jones. E allora, in quella sala mezza vuota, avrei voluto alzarmi in piedi ad applaudire, perché é BRAVO BRAVO BRAVO e a me quelli bravi bravi bravi rendono felice.

La cosa migliore, però, e mi rendo conto che qui si toccano i gusti personali, è che il film sceglie di non farci vedere le mazzate in testa, ma di deviare in qualcosa di simil-paranormale, in una delirante conclusione che però, a me, è piaciuta da impazzire. Inaspettata e folle, prende per il collo i nostri privilegi bianchi e, prendendoci abbondantemente per il sedere, li rispedisce al mittente, senza privarci di un po' di sana umiliazione.
Con It a ottobre è difficile parlare di film dell'anno, almeno tra quelli che usciranno in sala, ma oh, io son proprio contenta.

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