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venerdì 9 maggio 2014

Contracted

13:07
(2013, Eric England)



Ogni tanto il mio dito preme play su certi film che proprio non so in base a cosa ho scelto.
Se ne stanno lì, in mezzo al mio elenco dei film da vedere, zitti zitti, e per qualche strano gioco del karma finisco per sceglierne uno che mi chiedo come ci fosse finito nella lista, perché mi rifiuto di credere di avercelo messo io, di proposito.

Contracted, in particolare, mi fissava curioso, con quella sua stramba locandina e il titolo corto e conciso come piace a me. Ho deciso di dargli una possibilità, e mi sono ritrovata a guardare la storia di Sam, ragazza dal naso a punta e in crisi con la sua compagna, che una sera ad una festa si ubriaca e ha un rapporto non protetto con uno sconosciuto.

Anni di evoluzione, ci facciamo chiamare sapiens sapiens e tu hai un rapporto non protetto con uno sconosciuto. Brava, avanti così.
A onor del vero, non si capisce proprio benissimo se sia un rapporto consenziente o uno stupro, sta di fatto che la mattina dopo lei si sveglia e comincia a marcire.
Non sto scherzando, marcisce davvero, con anche i vermicelli e tutto.
Vediamo il deterioramento rapidissimo (il film la accompagna per 3 giorni) del suo corpo che inevitabilmente porta con sè anche una mente che pian piano dice ciao alla salute.
Ma andiamo con calma e analizziamo insieme questa perla cinematografica che quantomai non l'ho vista prima.


Prima dei titoli di testa si vede una scena in cui qualcuno fa qualcosa con un cadavere femminile. Fortunatamente la scena non è mostrata direttamente perchè io avevo appena fatto colazione.
Che poi è una scena che non verrà più nominata, citata, nemmeno intravista, come se non fosse mai esistita, quindi anche se arrivate due minuti dopo non succede niente.
Immagino servisse a spiegare perché quel tale BJ ha trasmesso alla tale Sam il germe del marciume, ma non era assolutamente necessario.
Poi ci sono dei gran bei titoli di testa, coi fiorellini, molto romantico.
Una prima parte è dedicata al pre-marciume. Conosciamo Sam, i suoi amici Alice e Riley, sua mamma, la sua odiosissima, spocchiosa e indifferente compagna, la vediamo prendersi una di quelle scimmie che ti lasciano i postumi per una settimana e la intravediamo divertirsi (?) con BJ.
Si sveglia, un lago di sangue. Ma sì, mi saranno venute le mie cose, andiamo a lavorare. Fa la pipì al lavoro e altro lago di sangue. Va dal dottore, il quale le chiede:
'Ti sono venute?'
Domanda a cui lei risponde:
'Sì, ho pensato che fosse quello.'
Figlia mia se tu quello lo chiami ciclo mestruale devi avere grossi, grossi problemi ormonali.
ENORMI probemi ormonali.

Andare a fine film lei rimane senza ciocche intere di capelli, senza qualche dente, senza qualche unghia, con un intenso e sexy sguardo magnetico dato da due occhi completamente rossi, ma soprattutto con litri e litri di sangue che le escono da ogni poro.
Va dal medico un paio di volte tanto per, e il medico è talmente allarmato dai sintomi che le dice:
'Eh ma tipa finchè non ho i risultati degli esami non so cosa dirti.'
Poi lamentiamoci della sanità italiana, questo si trova di fronte una creatura mostruosa che non sembra stare affatto bene ma non gli viene manco in mente di ricoverarla.
E non è l'unico a fregarsene altamente dello stato di salute di sta poraccia, visto che la sua morosa la vede concia come uno zombie e la molla solo perché questa si è fatta un uomo, la sua amica la vede con un herpes labiale che ha la circonferenza del Texas e nonostante ciò ci sta quando lei prova a baciarla e quel povero smidollato di Riley ha pure un rapporto con lei.


Poi su questo rapporto possiamo anche dirne d'ogni.
Lei brutta come la morte ingorda (non so se si dica così in tutta Italia, ma non credo) il giorno prima lo aveva accusato di stalking, intimandogli di starle alla larga, il giorno dopo lo chiama vogliosa e lui corre. Quindi già sei uno smidollato, come ho detto su.
Non aspettava altro.
Durante questo benedetto rapporto lui lamenta bruciore e pizzicore.
Ora, io non sono una di voi, masculi cari, ma ho il sospetto che bruciore e pizzicore non siano esattamente sintomi di un rapporto sessuale sano. Ma lui continua tutto felice e contento.
Poi però sono cavoli tuoi, perché sei un cretino di quelli belli potenti.
Qua è proprio l'IGIENE di base che manca.
Basti narrarvi che la Sam, quella che marcisce, crede sia sufficiente usare due strappi di carta igienica per pulire un water pieno all'orlo di sangue. Eh insomma, chissà che casa bella pulita devi avere.

Adesso, a parte che le stupidate, i film non va. E mi dispiace, perché avrebbe anche spunti non male, in potenza, è la resa in atto che proprio arranca. E' una specie di teatro dell'assurdo, in cui il gestore di un ristorante permette di cucinare e servire ai tavoli ad una dipendente che ha delle unghi disgustosamente rovinare e gli occhi di chi si è appena fumato un bong di dimensioni umane pieno di incenso da messa. Le reazioni umane non sono proprio concepibili, non è credibile che una ragazza innamorata di un'altra, come si rivela essere Alice, non si preoccupi di portare di peso al Pronto Soccorso la sua amata che sta quasi cascando a pezzi.
Quello che mandi a pezzi facendo così è tutta la credibilità.
Poteva essere interessante la regressione mentale di Sam, se non me la fai limonare con la sua amica quando ha quella cosa disgustosa purulenta sul labbro. Che orrore e che disgusto.
E che brutto film.

Certo che è che almeno a fine film mi sono guardata allo specchio e mi sono trovata bellissima.

domenica 27 aprile 2014

Il fenomeno Amityville - parte II

18:48
Proseguiamo il nostro discorso sulla faccenda Amityville, che avevamo iniziato qui.
Ero stata preventivamente avvisata da Frank di Visione Sospesa sul fatto che il secondo episodio della saga avrebbe fatto paura, ma ormai saprete quanto sono coraggiosa e temeraria.


Comunque, questo secondo film è pure lui tratto da un libro, Murder in Amityville scritto da Hans Holzer. Però George Lutz, che con sta questione della casa maledetta ci stava facendo su le palanche, ha detto:
'No, Dino (DeLaurentiis, il produttore), per piacere, ascolta ammè che di ste cose ne so, ispirati a Amityville Horror Part II!'
Ma Dino, che qualcosina sapeva pure lui, ha risposto:
'Senti bello, resta nel tuo che qui comando io e questa è casa mia.'



Tribunali e mica tribunali, per decidere che Damiani poteva ispirarsi a quello che gli pareva a lui a patto che specificasse che il film non c'entrava nulla con lui.
Ma appurato che il film è ambientato PRIMA dell'arrivo dei Lutz, come poteva c'entrare con lui?
Megalomane.

AMITYVILLE POSSESSION - 1982 - Damiano Damiani

Prima dei Lutz con tutti i loro casini, nella casa di Ocean Avenue ci stavano i DeFeo.
Che in questo caso si chiamano Montelli.
I quali, poveri Montelli, non partono da una base gioiosa ed equilibrata. Papà Montelli è uno schifo di uomo. Mamma Montelli è un'isterica senza palle. Figli Montelli Senior sono dei precursori della moda Lannisteriana e Figli Montelli Jr non contano niente, però sono teneri perché sono fratelli anche nella realtà e sono tanto carini.
Arrivano in quel fenomeno di casa, non fanno in tempo a disfare le valigie che inizia a scorrere sangue dai lavandini, scritte sataniche sul muro, è una velocissima discesa verso gli inferi che non lascia un attimo di respiro.


Amityville Possession è un prequel che supera abbondantemente il predecessore, facendogli anche mangiare la polvere del sorpasso. E' un film teso, angosciante, spaventoso. Fa davvero paura, come mi aveva detto Frank. Siamo da subito consapevoli che nella casa qualcosa non va, ma ci viene spontaneo non dare troppo peso alla questione perchè siamo belli coinvolti nei problemi famigliari. Padre violento, madre succube, figli incestuosi. E' pieno di spunti, al punto che quasi quasi ci dimentichiamo che qua c'è un figlio posseduto di troppo.
La vicenda è bella divisa in due, con una prima parte più umana, che poco ha a che vedere con il soprannaturale. Si arriva poi alla seconda che ha inizio con lo scoppio vero e proprio della possessione, in una scena che ha dell'incredibile.
Sonny, il figlio maggiore, è solo in casa, in un periodo nel quale cominciava a sentire un po' di inquietudine e malessere. Si aggira angosciato per casa, consapevole di non essere solo. Si volta qua e là, guardando in faccia qualcosa che a noi è celato. Cresce la tensione, fino a quando questo 'qualcosa' lo inchioda disteso a letto e fa continue e costanti pressioni sulla sua pancia. Come se la possessione non fosse più una cosa 'spirituale' ma una vera e propria possessione fisica, con la presenza che entra letteralmente nel tuo corpo e lo fa proprio.
Un punto di vista interessante e poco sviluppato altrove, anche nello stesso Esorcista che Daminìani così spesso cita.


Ho poi adorato il modo in cui la storia è strutturata.
Tutto gira intorno al momento in cui Sonny uccide la famiglia. (Non è uno spoiler, il film racconta la storia dei DeFeo morti ammazzati dal figlio.) Tutto quello che succede gira intorno a quella scena. Eppure il film non finisce lì. Non è il momento finale, non è che da lì parte il crescendo finale cum esorcismo cum esplosione.
Muore la famiglia, ma continua l'esplorazione della mente di Sonny, continuano le scene (spaventose) in cui il demone si manifesta.
Continuo a farmela sotto.

A fine film, però, rimane un dubbio amaro sulla natura umana.
Tra padre bastardo e violento e figlio - suo malgrado - posseduto, chi è il vero demone, lì dentro?



martedì 22 aprile 2014

Eden Lake

16:10
(2008, James Watkins)


Un giorno come un altro uscite dal lavoro, trovate una macchina ad aspettarvi, salite e c'è MICHAEL FASSBENDER.
Niente, la giornata assume una piega diversa.
Come se la sua presenza non fosse sufficiente accade che MICHAEL FASSBENDER vi dice: 'Andiamo in campeggio?'
E voi tutte così:


Ma ricominciate a respirare, perché quelle che andranno in campeggio con MICHAEL FASSBENDER non siete voi.
Manco io.
E' una tipa bellissima di nome Kelly Reilly.

Insomma, Kelly e MICHAEL FASSBENDER vanno in campeggio insieme. Tutto bello, tutto paradisiaco, se non fosse che un gruppetto di ragazzini comincia a infastidirli, fino a trasformare questo weekend romantico in un incubo.

E no, il fatto che questo post abbia un incipit così cretino non è affatto casuale.
Sto cercando di sdrammatizzare, perché ad un giorno dalla visione tutte le sensazioni negative che Eden Lake mi ha trasmesso sono ancora lì.


Watkins mi ha fatta arrabbiare, anzi mi ha proprio resa rabbiosa, sbattendomi in faccia il totale nonsense di alcune azioni umane. Di tutto quello che vediamo non esiste un perché. Ed è questo a rendere la vicenda, che di per sè non ha niente di nuovo o eccezionale, un incubo.
Gli aguzzini ci vengono mostrati da subito, non sono altro che ragazzetti, più o meno dell'età di mio fratello, preadolescenti. Se ne stanno lì a bighellonare, importunano un altro ragazzetto timidino, niente di eclatante.
Non sono ragazzini demoniaci, fantasmi, mostri.
Sono solo ragazzini.
Questo è un elemento destabilizzante, tanto quanto in Them, ma senza l'elemento sorpresa finale. Non c'è niente di sorprendente, loro sono lì fin dal principio, quello che è surreale è quanto noi restiamo di sasso nel vedere quanto si spingono in là.

Se in Them alla fine mi sentivo il freddo dentro, alla fine di Eden Lake ho sentito solo una calda, caldissima rabbia.
Siamo in un bosco apparentemente senza fine, sempre di giorno (c'è solo qualche scena finale di sera, ma ormai il grosso era fatto). Eppure, anche senza il grande aiuto del buio ci sentiamo opprimere, siamo all'aperto ma la pressione è tale che sembra manchi l'aria alla gola.
Loro sono ovunque, non puoi nasconderti, non puoi scappare a lungo.
Ma soprattutto sono disposti a tutto.
E gli equilibri di questo gruppetto di microcefali sono così netti che sembra di stare leggendo uno studio antropologico anzichè stare guardando un film horror. Tutti sono sottomessi alla figura carismatica e sicura di sè di Brett, il piccolo boss, tutti desiderosi di soddisfarlo e incapaci di contraddirlo. Figura leader che si manifesta per quello che realmente è (un vero mostro) nella scena, a mio parere una delle più tremende, in cui massacra di botte uno dei suoi stessi amici.
Niente ha più importanza, è solo una folle esplosione di violenza fine a se stessa, in uno scoppio di rabbia furiosa che ha il potere di surriscaldare anche lo spettatore.
Una scena terrificante davvero.


Tanto quanto sono interessanti le interazioni tra i giovani, altrettanto interessanti sono i due personaggi adulti, che in una sola ora e mezza scarsa si evolvono al punto da scambiarsi i ruoli.
Apparentemente forte e sicuro di sè lui, apparentemente timida e dolce lei, a metà visione li troviamo uno mezzo morto e l'altra sporca, stanca e sudata, ma aggressiva e determinata a non lasciarci le penne.
L'istinto di sopravvivenza la riempie di una grinta che non è mai assurda o insensata. Non passiamo da Pollyanna a Wonder Woman, badate bene. Lei rimane la stessa donna di sempre (come si vede nel momento di senso di colpa che ha quando uccide il ragazzino sbagliato), ma vuole vivere e se qualcosa si mette in mezzo tra lei e la sopravvivenza allora lei elimina quel qualcosa. Punto.
Anche se quel qualcosa avesse le sembianze di una bambina.

Per il post numero 100 di MRR non potevo trovare film migliore. Uno dei più intensi visti ultimamente, uno di quelli che imprimono la loro forma nel cuore prepotentemente, uno di quelli per cui la parola capolavoro non è usata a sproposito.

PS. Posso garantire ancora per un po' per mio fratello, coetaneo dei bulletti. E' un po' cretino, ma la gente non la ammazza.
Credo.

giovedì 17 aprile 2014

The Ward

12:40
(2010, John Carpenter)


Immaginate di invitare i vostri amici una sera a cena.
Magari una sera speciale, come il vostro compleanno.
Passate ore a cucinare, a preparare tutto alla perfezione, e i risultati sono grandiosi.
I piatti sono buonissimi, hanno un successo incredibile e i vostri amici vi eleggono ufficialmente chef della cumpa, ormai siete segnati e vi toccherà cucinare per ogni singola occasione futura.
E' una soddisfazione, per carità, ma da quel momento tutti quanti si aspetteranno che dalle vostre manine fatate escano dei manicaretti straordinari, anche se magari voi avete lo scazzo e volete cucinare solo i sofficini.

E' un po' una palla, vero?
Le aspettative sono rognose.
Perché magari una cosa vi viene pure buona, ma se non è buona come quel risotto zafferano e gamberetti che avete fatto per Santo Stefano del 1998 allora non è buona abbastanza.


Pensate quindi a quella povera bestia che ha girato Il seme della follia.
Non andrà mai più bene niente, se non raggiungerà quei livelli.
Poi lui ce lo mette a tutti nel sedere quando gira Cigarette burns, ma quello è un altro discorso.

Insomma, dopo 10 anni di meritato riposo, Big J torna a narrarci una storia, quella di Kristen, una giovane che dopo aver dato fuoco ad una casa viene ricoverata in un ospedale psichiatrico, da cui ogni tot spariscono delle ospiti ma pare che nessuno ci badi troppo.
La ricetta prevede Carpenter+ospedale psichiatrico.
Dite quello che volete ma io già godo.


A fine visione la mia goduria è un pochino calata, perché quello che abbiamo tra le mani è un film tutto fuorchè perfetto. La trama (ma soprattutto il finale) sa di già visto, la sceneggiatura non è sto granchè e nemmeno l'atmosfera è delle migliori.
MA.
E' tutto sommato un buon film, si fa guardare tranquillamente, non annoia, presenta personaggi magari poco sviluppati ma con spunti interessanti e a me quel salone lì con le colonne ricorda l'Overlook quindi gli voglio un bene grande.
In più, voi che ne parlate male, che sparate cacca su uno dei Grandi solo per un film buono-ma-non-perfetto, avete il diritto di farlo solo se sapete fare delle inquadrature così, altrimenti tutti zitti ad imparare.

La Gloria non si tocca, non sarà un filmetto a rovinare l'immagine di chi ha cambiato irrimediabilmente la storia e la qualità del cinema horror.
E poi alla fine ho preso uno spavento di quelli atomici.




(Big J, parlo a te. So che sei un uomo e di queste cose non te ne curi - giustamente - ma la prossima volta che vuoi ritrarre le chiappe di una bionda in doccia ricordati di farle togliere le ciglia finte che se no si rovinano. Tanto lo so che non le guardi gli occhi, mandrillone.)

sabato 12 aprile 2014

La casa muda

17:32
(2010, Gustavo Hernandez)


Ma voi lo chiedereste mai ad un morto 'Cosa ti è successo?'
Dopo 25 minuti di film, il dialogo migliore è questo, una tipa che chiede al papà morto cosa sia successo.
Stellina, se ti risponde finisce che dobbiamo cambiare il tema principale del film, da home invasion (?) a zombie.
L'interrogatorio prosegue con 'Che cosa ti hanno fatto?'
Pare scontato che la domanda migliore da fare sarebbe stata 'CHI ti ha fatto questo?' dal momento che, sapete, Laura e suo papà erano in casa da soli.

Ma facciamo un passo indietro.
Laura e Daddy vanno in questa casa per fare dei lavori di ristrutturazione e ci passano la notte.
Cioè, ce la passa lei, perché lui tempo 10/15 minuti schiatta, per farci assistere alla scena di cui sopra.
Iniziano poi una serie di rumori strani, movimenti bizzarri, in casa c'è qualcuno che sembra voler fare del male a Laura e lo scopo è sopravvivere.


Ogni tanto a qualche regista vengono delle belle idee.
Cose interessanti, innovative, che potrebbero far spiccare il suo film al di sopra della media delle pellicole che vediamo in sala.
A volte gli va bene, come in The Blair Witch Project, che è imperfetto e tutto quello che vuoi ma dopo anni ancora se ne parla. A volte gli va benone, come a Cronenberg con La Mosca, che ha pensato bene di far trasformare un uomo in una mosca e gli è uscito un film che fa una paura dannata. A volte succede come al regista di ESP - Fenomeni paranormali 2 che poverino aveva avuto una bella idea e alla fine gli è uscito un FDC.
Indoviniamo insieme a quale categoria appartiene La Casa Muda?

Come al solito io poi me la prendo sul personale, ma è stata una delusione cocente.
Il film è girato in un unico piano sequenza.
In parole poverissime panesalamissime è un'unica 'scena'. Non ci sono stacchi, non ci sono spostamenti di ambientazione (anzi, a fine film quella casa lì, che tutto è meno che muta, vi farà venire la nausea), nè tantomeno spostamenti temporali.
Seguiamo Laura dal suo ingresso in casa e il tempo del film è il tempo reale, come nella serie 24. Viviamo insieme a lei quei 70/80 minuti, secondo dopo secondo. Un secondo suo è un secondo nostro.
E, insieme a lei, ci annoiamo da MORIRE, roba da invidiare il papà che quantomeno lui è morto per davvero. E a inizio film, che si è risparmiato tutto il patatrac.
Il punto saliente doveva essere ovviamente la tensione più che la paura fine a se stessa, ma a me sono mancate entrambe. Ricordate una delle scene finali de La finestra sul cortile? Il protagonista è seduto in casa, al buio, e si sentono dei passi nel corridoio. Noi sappiamo esattamente chi entrerà dalla porta, ma ragazzi che brividi quella scena. Una tensione quasi insostenibile, roba da mandare tutti gli altri registi del mondo a scuola.


Poi non entro nei dettagli tecnici di come abbiano realizzato una pellicola in questo modo, ma sul web girano leggende metropolitane sulle occhiaie del cameraman dopo 4 giorni di riprese no-stop.
E' proprio l'aspetto tecnico che rende il film così 'ma uffa'.
Se da un lato premio il coraggio del giovinotto regista al suo primo lavoro, che si è buttato subito in un progetto così inusuale e intrigante, dall'altro devo riconoscere, a gran malincuore, che il risultato è un filmettino mediocrissimo, in cui tra l'altro tutto ruota intorno ad una sola attrice che recita male.
Il colpo di grazia poteva essere dato dal finale, che poteva svoltare, dare nuovi significati al film.
Effettivamente li dà, ma in peggio.

A seguito di tale successone, indovinate che ideona hanno avuto gli americani?
Il remake è uscito l'anno dopo.

lunedì 24 marzo 2014

The last will and testament of Rosalind Leigh

09:13
(2012, Rodrigo Gudino)



Ho da poco iniziato a lavorare in una casa di riposo.
Appena gli anziani hanno un po' di tempo per parlare (o meglio, appena IO ho un po' di tempo da dedicare all'ascolto) le parole più frequenti sono 'mio figlio', 'mia figlia', 'i miei figli'.
Spesso si lamentano della loro mancanza, di quanto poco gli fanno visita, spesso raccontano aneddoti, spesso li lodano.
Ma quella dei figli, anche di quelli che non vedo venirli mai a trovare, è una presenza tangibilissima.

Per questo, quando ho visto Rosalind Leigh non ho fatto altro che pensare ai miei amati nonnini, e a tutti i nonnini che non conosco ma che nutrono la stessa adorazione per i propri figli che spesso sono troppo presi dalla loro vita per rendersene conto.


Come Leon, per esempio, un uomo la cui madre viene a mancare dopo molto tempo che i loro rapporti si erano allentati.In seguito al decesso il figlio erediterà tutti gli averi della defunta e si reca nella casa di quest ultima per gestire le varie questioni.

Un'ora e mezzo di film che ruota interamente intorno ad un solo attore (nemmeno troppo bravo, ad essere sinceri) e una sola location. C'è poi, a nuotargli attorno, la presenza di questa strana madre, personaggio che si rivelerà per quello che realmente è solo alla fine.
Inizialmente ci viene fornita l'immagine di una fanatica religiosa, appartenente ad una setta che idolatra l'immagine degli angeli, ed anche un po' fuori di testa (che poi per me lo siano tutti gli estremisti religiosi è un altro discorso), nonchè pessima madre. Abbastanza agghiacciante è il racconto del gioco delle candele a cui sottoponeva il povero figlio già da piccolo dichiaratamente ateo.


Su questa immagine costruita della iperreligiosità della madre, la casa è un ambiente spaventoso, pieno di statue, icone, immagini sacre, candele, scura, cupa, fa una paura dannata. Ed è in questo ambiente inquietante che anche il figlio rivela di non stare troppo bene, le conseguenze di un siffatto genitore si fanno sentire nelle sue debolezze che emergono man mano che la sua permanenza trascorre.

La luce del sole si vede poco e niente, è tutto buio e scuro, come se la solitudine schiacciante di queste due persone non lasciasse scampo alla luce della speranza. Perché è intorno a questo che ruota tutto il film. Se si stia parlando di fantasmi o di persone che non stanno troppo bene con la testa non è mai troppo chiaro, il confine è volutamente annebbiato. E questo non fa altro che incrementare la paura in quei due o tre spaventi ben assestati che il regista ci infligge. 


Certo, i film perfetti sono sicuramente altri, ma forse quando un film ti ricorda che un 'ti voglio bene' può salvare una vita, allora ha sicuramente fatto un gran bel lavoro.

mercoledì 12 marzo 2014

Come out and play

14:25
(2012, Makinov)

HO SBAGLIATO FILM.
Ma si può?
Volevo vedere The Children, ma non mi ricordavo il titolo.
Come si fa a dimenticarsi un titolo scontato come The Children?
Niente, ho visto questo, allora vi parlo di questo.

Una coppia in vacanza decide di fare una scampagnata su un'isola. Arrivati sul posto si accorgono che l'isola sembra abbandonata da chiunque abbia più di 12 anni, non ci sono tracce di adulti, ma di bambini pullula. Chissà come mai?

La premessa sul regista stavolta è obbligata. Il signore in questione si chiama Makinov. No, non davvero, è un nome d'arte. Comunque, questo bizzarro personaggio gira SEMPRE (agli eventi pubblici almeno, spero che non si conci così anche per andare al gabinetto) con un cappuccio in testa. Il che mi fa pensare a The Orphanage e allora piango un po'. Ha un account Youtube dal nick che lo proclama a nostroeternosignore e ha girato un video in cui espone il suo pensiero. Guardate tutti ammirati.


Tutto sto personaggio per girare cosa?
Un remake.
Ma non un remake normale, no no, praticamente la copia sputata ripresa per ripresa di un film con la piccola fama del cult come Ma come si può uccidere un bambino?
Tipo Quarantena con Rec, per intenderci.
E se vi è scappato il va a cagare, non siete soli.

Appurato che per motivi ovvi non poteva uscirgli male, bisogna riconoscere che nemmeno gli è uscito benissimissimo, rendendone difficilissima qualsivoglia recensione.
Quanto piacciono a me i superlativi assoluti, a nessuno.
La vicenda ha inizio con Francis, che a scanso di equivoci è l'uomo della coppia, che cerca in un bar  una barca a noleggio per allontanare la moglie incinta dal luogo un po' troppo caotico in cui sono in vacanza. Lo fa con un'espressione talmente strana che per tutto il tempo della scena ho pensato che fosse uno di quei film in cui all'inizio mostrano la fine e lui, traumatizzato, cercasse una barca per fuggire. E invece no, quindi temo fosse vittima di coliche renali.


I due arrivano sull'isola, la trovano deserta fatta eccezione per i bambini e non sembrano affatto preoccupati. Anzi, prendono da bere e da mangiare aggratis (ok, questo l'avrei fatto pure io), fanno foto, vanno all'hotel e blablabla. Poi vedono una bambina far fuori un nonno e non gli passa manco per l'anticamera del cervello che non sia una coincidenza.
Eppure non mi sembrava ci fosse bisogno di Adam Kadmon per svelare il mistero.

Il problema grosso grosso è che non succede proprio niente. Fuga, pausa, fuga, pausa, fuga, un morto o due, un morto inaspettato, fuga, fine. Certo la trama non è il punto forte del film. E nemmeno l'azione, ecco.
Mi dispiace soprattutto perché ci sono vari aspetti del film che potevano essere davvero interessanti e invece sono buttati lì in modo pressapochista. Per esempio il rapporto di coppia. Se incentri tutto il film su due personaggi soli hai la possibilità di approfondire, di perlustrare, di rendere intrigante, invece sono buttati lì, sulla pellicola, a scappare dai bambini malefici. Peccato.
Ecco, a parte il momento in cui lui, Francis, lascia DA SOLA la moglie INCINTA DI 7 MESI a fare la guardia all'hotel con in giro dei KILLER.
Vile!


Ammettiamo però che certe positività ci sono. La violenza non è mai (o quasi) mostrata platealmente, è solo lasciata supporre, come piace a me. Il tutto è ambientato di giorno, quindi non ci sono giochi di luci ed ombre, ma solo musicali, che tutto sommato sono buoni. E poi va beh, ogni film con i bambini cattivi si presta a varie riflessioni, uccidere, non uccidere, sono solo bambini, ok ma anvedi tu che bambini infami, cose così. Non è un merito di questo film in esclusiva, ma è bene ricordarlo.

Insomma, dopo questa visione Makinov mi sembra solo un gran montato, soprattutto dopo aver visto l'uscita del suo nome a caratteri cubitali e ben scanditi nei titoli di coda.
Evitatelo pure, poi magari qualche giorno ci spariamo tutti insieme l'originale.

venerdì 7 marzo 2014

Suspiria

09:57
(1977, Dario Argento)


Premetto che di Darione non parlo. Leggo molto, ho visto qualcosa ma troppo poco per avere un'opinione precisa, quindi piuttosto che dire cose incomplete e sbagliate lascio da parte il giudizio sul regista per concentrarmi sulla perla che probabilmente gli è valsa già da sola la fama che lo accompagna(va?).

Susy è una ballerina che si trasferisce a Friburgo per frequentare la prestigiosa Accademia di danza. Sul luogo, però, scopre che una delle studentesse è stata appena uccisa e insieme all'amica di quest'ultima indaga sugli eventi strani che accadono nell'istituto.

Nell'ordine Suspiria vanta:
un cast che non offre la sua performance migliore (Miguel Bosè nei suoi giorni di gloria, ragazzi, una specie di visione mistica),
una sceneggiatura imperfetta,
un doppiaggio (im)pietoso,
effetti speciali diciamo agé,
un ritmo abbastanza lento,
e qualche personaggio da prendere a schiaffoni a due a due finchè diventan dispari.

Eppure è IL film simbolo di Argento, una perla dell'horror italiano quando sapevamo come farlo, riconosciuto universalmente come un capolavoro, come uno dei film di cui possiamo andare internazionalmente fieri.
Possibile?
Eccome, perché è così.


Quindi, cosa rende un film così di valore, se pur con i suoi difetti?
Dall'arrivo di Susy a Friburgo c'è nell'aria qualcosa che non va, a partire da quella ragazza che scappa dall'Accademia, a partire da quella porta chiusa, ma lei è appena arrivata, non dà troppo peso a queste cose, poi c'è un tempaccio, trova un posto per la notte e torna il giorno dopo. Il giorno dopo, con il bel tempo e la luce del sole, infatti, tutto sembra meno drammatico, le persone dell'istituto sono accoglienti, le ragazze alla mano, e chi si ricorda più di quella ragazza che scappava?
Peccato che lei sia morta, e che ogni passo all'interno della scuola sembri più strano del precedente. Sguardi troppo lunghi, questo strano malessere, l'essere costretta a stare lì. Non è normale, ma Susy non ci pensa troppo. Si gode la sua occasione. L'amicizia con Sarah, che queste stranezze le vede e sente da più tempo, le aprirà gli occhi, a Susy come a noi, che stiamo continuando a fidarci dell'ambiente, perché sarà sì bizzarro, ma noi siamo innocentisti fino a prova contraria, giusto? Sappiamo per certo che ci sarà qualcosa che andrà storto, perchè sappiamo cosa stiamo guardando, ma cosa, quando e come accadrà, ma soprattutto per mano di chi, sono cose che ovviamente non sappiamo, quindi, di chi fidarsi?
Eppure qualcosa peggiora continuamente, i segreti che Sarah rivela all'amica sono inquietanti, gli eventi sfuggono di mano, la completa comprensione dei fatti arriva quando forse è troppo tardi.

Abbiamo di fronte un film abbastanza lento, ma quando si arriva alla fine ci si chiede 'Ma come, già finito?'. Argento ci butta all'interno dell'Accademia, senza paura che ci facciamo male. Colora tutto di rosso, gioca con i colori come un bambino, ma con il risultato che ogni cosa è meno chiara ma sicuramente amplificata. E accende la musica, questa musica dei Goblin (la cosa ci sorprende molto) che sembra uscita da un carillon, che peraltro è abbastanza pertinente con l'ambiente della danza, e che sembra volerci rassicurare, quando invece avremmo bisogno di qualcuno che ci metta in guardia.


Va poi affrontato un aspetto che riguarda non solo Suspiria ma una bella fetta dei film vintage. Nel 1977 gli effetti speciali non prevedevano uso di pc, computer grafica, niente del genere, E qui viene tutto mostrato, niente è lasciato all'immaginazione dello spettatore, qualche bella scena splatter ce la troviamo. E sono anche fatte bene, nel loro essere agé, come dicevo prima. Questo mi ha fatto riflettere su quanto girare un film horror qualche anno fa dovesse essere molto più difficile. Non solo per il regista che doveva immaginare, studiare, inventare metodi nuovi o sistemi per utilizzare metodi già conosciuti, ma anche per gli stessi attori che sicuramente erano messi più alla prova rispetto ai contemporanei. La strega era una nonnina di 94 anni. Sono partiti avvantaggiati sul trucco, ok, ma capite cosa vuol dire arrangiarsi? Darione si è arrangiato con quello che aveva, l'ha sistemato in modo ottimale e ha ottenuto scene pressochè perfette. Troppo facile mettere un omino davanti al computer a simulare un omicidio, una creatura mostruosa, una scena sanguinolenta. E troppo facile per le persone dire 'Ma si vede che è un manichino!'.



Insomma, mentre riflettevo sui massimi sistemi siamo arrivati a fine film. La spinosa questione streghe (non è uno spoiler, Suspiria è il primo capitolo della trilogia delle madri e sapevate già che parla di streghe quindi non arrabbiatevi con me) viene toccata con una grazia incredibile, non si scade mai nel banalotto o nel fastidioso, soprattutto perché la famigerata parola esce ben dopo la metà del film. La storia viene narrata con semplicità, e io sono contenta che sia stato così.

Dario, vogliamo ricordarti così.

lunedì 17 febbraio 2014

Livide

16:27
(2011, Julien Maury e Alexandre Bustillo)
RECENSIONE CUM SPOILER.



I nomi Maury e Bustillo rimandano alla mente dei più il film A l'intérieur.
Meno che alla mia, che quel film ancora non l'ho visto.
Pare sia una visione tosta, quindi me la prendo comoda.

Livid(e) invece è più tranquillino, parla di Lucy che sta facendo il tirocinio come infermiera, seguendo alcuni anziani a domicilio. Tra questi c'è Jessel, una ricchissima ex insegnante di danza in coma irreversibile, che si dice nasconda in casa un gran tesoro. Lucy lo va a raccontare al fidanzato con precedenti per furto, il quale, per conservare la sua natura cleptomane, propone una gita nella casa dell'anziana signora a cercare il tesoro.
Poteva un piano così geniale finire bene?


Ma soprattutto, si poteva evitare di metterci 40 MINUTI per entrare in casa?
La prima metà di film ci mostra Lucy al lavoro, Lucy al porto, Lucy con moroso e amico curioso, Lucy che litiga con papà, Lucy che litiga con papà. Nonostante ciò, se dovessi dire che tipo sia sta Lucy, non saprei come descriverla, così come i due ragazzi, poco approfonditi.
Non capisco quindi perché metterci così tanto, se poi il risultato è un incipit noioso e prolisso.

Quel che è peggio è che, come spesso succede, la messinscena è bella assai. La casa, la situazione, i ragazzi che pensavano di andare sul sicuro visto che la nonna se la dorme bellamente, ma soprattutto i colori e gli ambienti mi sono piaciuti un sacco. Ma non migliorano l'atmosfera.



I 40 minuti alla fine passano e i tre entrano in casa, dove succede che..
BOH.
Inizia un gran caos, scene confuse, vicenda poco chiara, ancora adesso se dovessi dirvi qual'è il tema principale del film avrei qualche dubbio. Vampiri? Fantasmi? Entrambi?
Di certo, alcune immagini sono efficacissime, come quelle della figlia ballerina, per esempio.
Ma non è sufficiente a renderlo una valida visione, però, perché io sono esigente, non è che posso accontentarmi di una zombie-vampira-cadavere-inveceno.
Nemmeno se è la figlia della signorina Rottermeier.
La confusione poi è una cosa che mi manda in bestia. Se vuoi fare il misterioso allora ometti, nascondi, cela. Non miscelare tutto, che lo sanno anche i bambini che a mischiare le cose poi non si digerisce bene.
Anzi, se qualcuno mi può fare un riassunto di cosa ha capito meglio, che magari a mettere insieme le nostre esperienze ne esce un film con una sua logica.
Ho anche pensato di essere io la cretina perchè non avevo capito.


E invece no, maledetti francesi, siete voi che avete un film del piffero.
Non orribile, ma del piffero.

martedì 4 febbraio 2014

HATES - House At The End Of The Street

14:00
(2012, Mark Tonderai)


Io sono una persona che l'invidia non sa proprio cosa sia.
Invidia? Per chi poi, Jennifer Lawrence?
Una ragazza che ha la mia età e nel suo curriculum conta:
  • il segno particolare di essere una gnocca atomica
  • un premio Oscar
  • collaborazioni con Bradley Cooper, Robert De Niro, Hugh Jackman e Ian McKellen
Non capisco davvero cosa ci sia da invidiare.

MA in tutto ciò, la cosa da rimproverarle è che decisamente non sa sceglersi i film horror. Va beh dai, hai tempo, ma rivediti, perchè hai una carriera da tenere alta.

Elissa (la J.Law) e sua madre vanno a vivere in una casa nuova. Sul posto scoprono che i loro dirimpettai sono morti uccisi dalla figlia Carrie Ann e che nella loro casa vive ora il figlio, Ryan. Quando tra Ryan e Elissa nascerà del tenero, la madre di lei indagherà sul suo conto.

La prima cosa che mi sembra giusto dirvi è che la casa non è at the end of nessuna street, perché le due case sono collegate dalla boscaglia, mal che vada c'è un sentiero, ma strade manco immaginate. Quindi perché l'abbiano chiamato così è una cosa che non ho capito, immagino sia per il sImPaTiCiSsiMo!!11!1 acronimo.


La seconda cosa che mi sembra giusto dirvi è che 'La casa at the end of quella supposta street' è un FDC. Diviso in due parti, entrambe di cacca. Una prima metà, utile come le piscine a gennaio, dove ci vengono presentati i personaggi, di cui una buona metà potete già dimenticarveli perché non servono a niente. E comunque è anche noiosa. La seconda parte ci conferma che il film è scritto da cani, perchè vedremo i personaggi meno utili fare azioni inspiegabili, e sappiate che si arriverà a fine film senza capire perchè cavolo se l'erano presa così tanto. E continua ad essere noiosa.

Oltretutto poche volte ho visto un film scritto così male, con personaggi con così poco spessore, così buttati lì a caso, senza un minimo di approfondimento, di spiegazione. Esempio: Ryan è orfano, solo, nessuno si prende cura di lui. I vicini di casa lo trattano come un lebbroso disadattato. Perché? Quello che loro sanno è solo che i suoi genitori sono stati uccisi da Carrie Ann, quindi perchè trattare male lui? Ah, se non vi ricordate il nome della sorellina, è Carrie Ann. CARRIE ANN. Carrie Ann. Lo pronunciano una media di 72 volte a fotogramma.
E il finalone shockante non era nè finalONE nè shockante.


Il tutto condito da interpretazioni dimenticabilissime (sì, anche quella della Lawrence, il che è un peccato, perché lo so che lei è brava davvero), scene d'azione pressochè assenti e tensione che manco con il lanternino. Davvero. Perchè è importante che teniate a mente, leggendo, che il film in questione è classificato come horror.
Appurato che paura non fa, spaventi non ce ne sono, mostri inquietanti nemmeno, personaggi ambigui dovrebbero esserci ma a casa mia l'ambiguità è altra, non c'è suspance, quindi proprio boh.

Ma la cosa peggiore è che si lascia guardare, capite? Ha un tono generale talmente leggero che pare di guardare una commedia teen, una cosa come Cinderella Story, o Freaky Friday.
Pensate sia un complimento?
No, non lo è.


PS Offtopic: Frank, se leggi, guarda, mi fa i collegamenti con Combinazione Casuale! Ma solo con questo post!:D Per carità, ti faccio anche pubblicità volentieri, ma come lo sistemo?

mercoledì 29 gennaio 2014

V/H/S

12:55
(2012, registi vari)



Io non so come uscirne da questa cosa che i found footage mi piacciono da impazzire.
Lo so che è sbagliato, avete ragione. Sto cercando di smettere, ma è difficile.
Se poi ti prende la Ti West fever con la scusa che tra 'solo' 4 mesi esce il suo nuovo film, me lo spiegate come fa una ragazza debole come me a non guardare V/H/S?
Appunto.

Episodio cornice: Tape 56, di Adam Wingard


Alcuni vandali vengono assoldati per entrare in casa di un anziano signore a recuperare una videocassetta. Sul posto scoprono che il signore è morto e iniziano a vedere alcune videocassette per trovare quella giusta.
Come 'episodio cornice' fa schifo.
Pardon, argomentiamo.
L'idea è buona e funzionale. Ci introduce l'argomento 'vhs' in modo non forzato, perchè poi i vari episodi che vedremo sono il contenuto delle varie vhs. Peccato che poi sia fatto male.
La cosa che ho detestato più d tutte, e che coinvolge anche alcuni degli episodi, è che evidentemente i registi credono di essere gli unici in grado di maneggiare macchine da presa senza tremori da Parkinson. Mi spiace, non è così. Anche le macchinette da profani possono avere movimenti abbastanza fluidi, non c'è bisogno che mi facciate venire la nausea per dare un senso di realtà.
Troppo caotico e poco chiaro, nemmeno i dialoghi sono a posto, e non penso che ci sia bisogno di spaccare la televisione per attirare l'attenzione.

Episodio 1: Amateur Night, di David Bruckner


Tre amici conoscono due ragazze in un locale e decidono di portarsele a casa. E a letto. Non finisce come speravano.
Personaggi idioti al limite dell'inumano, per un episodio che parte anche divertente, perché questi tre sono davvero davvero sfigati, e che si conclude davvero bene, in modo forse non originalissimo, ma che con la sola interpretazione della ragazza dall'aria poco lucida che vedete qui sopra riesce a essere inquietante ma anche triste e tenero, in una certa maniera.
Certo, la sua amica era di sicuro meno lucida di lei.

Episodio 2: Second Honeymoon, di Ti West


Un lui e una lei vanno in vacanza, ma pare che qualcuno li segua.
Ti hanno pagato poco, vero, Ti?
Episodio bruttino, ma tu nel 2011 avevi da fare con The Innkeepers, non avevi tempo da dedicare a questa cosa, io ti capisco, lo so.
Non fa niente.
Il mock più insensato di tutti, camera accesa SEMPRE. Per nessun motivo. Avrei apprezzato che ci fosse solo la camera del 'seguitore', per esempio, avrebbe avuto senso, forse. Visto poi come si conclude la vicenda (colpo di scena sì, ma nemmeno troppo grosso), l'ho trovato davvero inutile. Soprattutto visto che non mi dai una spiegazione UNA CHE SIA UNA.
C'erano soluzioni molto meno drastiche, mica c'era bisogno di fare tutto sto casino.
Peccato.

Episodio 3: Tuesday the 17th, di Glenn McQuaid


Quattro amici vanno in campeggio, per poi scoprire che proprio quel posto è la dimora di un assassino. Citazionista fino al plagio, ma solo per le caratteristiche iniziali.
Anche qui, videocamera inutile, sviluppo poco divertente o stimolante, un episodio che passa inosservato, non dà fastidio, sicuramente non è bello.
Per salvare il salvabile, l'assassino che non si può riprendere non è una brutta idea.
Per il resto, dimenticabilissimo.

Episodio 4: The Sick Thing That Happened To Emily When She Was Younger, di Joe Swanberg


Emily ha da qualche giorno dei fastidi. Prima un gonfiore al braccio senza apparente ragione, poi rumori sospetti in casa. Di queste preoccupazioni parla con il suo ragazzo su Skype.
PER-FET-TO.
Tutto l'episodio è visto dalle conversazioni Skype della coppia (geniale! geniale! geniale!), in un rapido crescendo di tensione fino allo shockante e amaro finale. Scritto bene, interpretato bene (Emily è adorabilmente brava, tanto complicato e tenero il personaggio quanto pacata e intelligente lei nella resa), riesce a toccare diversi argomenti in poco tempo senza risultare incasinato o esagerato.
Bello davvero, un pochinino doloroso alla fine.

10/31/98, di Radio Silence


This is Halloween, this is Halloween.
Essendo Halloween (mica cito Jack per niente, io) alcuni amici vanno in cerca di una festa, e ne trovano una.
Oddio, non proprio.
Anche questo ultimo episodio non è male, ricorda molto alcune leggende metropolitane che non vi dico perché ho lo spoiler facile di questi giorni. Devo dire che la mia concentrazione alla fine è andata scemando, quindi forse non me lo sono goduta come merita. Ho trovato alcune cose un pochino senza senso, o comunque non particolarmente chiare, ma nel complesso si gode bene, sembra un po' più ragionato di altri e questo è sicuramente un complimento.

Alla fine della fiera, V/H/S non è affatto male, se si fa una media simil-matematica una bella sufficienza se la porta a casa.
E di questi tempi è una cosa più unica che rara.




giovedì 23 gennaio 2014

The Pact

10:23
(2011, Nicholas McCarthy)


Annie è costretta a tornare nella casa della sua infanzia dopo molto tempo per assistere al funerale dell'odiata madre. Dopo la scomparsa della sorella, però, si troverà ad affrontare fantasmi (reali o metaforici?) del suo passato.

Avete presente quando guardate un film horror e pensate: 'Ma come si fa a reagire così? Ma io sarei già corsa fino in Azerbaijan!'?
Fastidioso, vero? Toglie molti punti al film.
Ecco, il primo, grandissimo, punto che rende The Pact il bel film che è, è il fatto che la protagonista ha una paura maledetta. Talmente paura che si sveglia da un incubo e corre fuori di casa in mutande, cerca di accendere la moto per scappare il più lontano possibile. Che è la reazione che, dettaglio della moto a parte, avrei io e penso anche una buona parte di voi.
FINALMENTE.
Non è che si trasforma in una supereroina in borghese, è una tipa normale, che se la fa addosso, ma fa il possibile per liberarsene. Continuando iperterrita a farsela addorso.
Bravò, Nicolà.


A parte ciò, un dato oggettivo è che sto film fa una gran paura. Ho contato un minimo di tre salti sulla sedia di quelli che manco un campione olimpico, e una costante d'ansia dall'inizio alla fine. Certe scene toccano picchi di tensione allucinanti. Me la sono fatta sotto insieme alla povera Annie,e forse anche più di lei. All'arrivo della medium ho sentito l'inquietudine incombere su di me come una spada di Damocle che mi sono cercata da sola.

Ecco, ho trovato qualche problemino di sceneggiatura, quello sì. Senza rivelare troppo, non mi hai spiegato dove finisce la bambina per tutto il film. Ogni volta che Annie scappava io pensavo 'Ti sei scordata la piccina', invece a quanto pare no. Ma dov'era? Sembra una piccolezza, ma è una mancanza. Così come non rivela altre cose che si capiscono tranquillamente, ma senza la spiegazione finale sembrano quasi irrisolte.
Ma siccome McCarthy ci sa fare, perdono tutto.


Da guardare rigorosamente canticchiando Lady Gaga.


venerdì 17 gennaio 2014

Wolf Creek

15:19
(2005, Greg McLean)



Ultimamente ho MILIONI di pensieri per la testa, sono in un semi costante stato di nervosismo, tristezza e arrabbiatura. Detto chiaramente, mi girano le balle.
Volevo quindi vedere un film che fosse leggero, per quanto lo può essere uno dei filmacci che guardo io, ça va sans dire, almeno per distrarmi un po'.

'Guardati uno slasher tranquillino, dai!' mi sono detta.
'Sta cretina.

 Liz, Kristy e Ben hanno in programma una vacanza in giro per l'Australia. Quando la loro auto rimarrà bloccata nel bel mezzo del deserto, sarà un cacciatore, Mike, ad andare in loro soccorso. Se così si può dire.


La mia idea di pomeriggio sereno è andata lentamente scemando, in modo inversamente proporzionale col crescendo di tensione e fastidio che mi hanno presa durante la visione.
Si parte in un modo per nulla originale dal punto di vista del plot, tre amici partono per una vacanza, attraversano in auto una di quelle strade nel deserto da film cult, poi arriva un signore (il numero di signori è variabile, in questo caso uno basta e avanza) e li fa fuori tutti. (O no?)
Dall'arrivo del villain il film è una discesa, dal clima sereno e spensierato della prima parte, si arriva a un senso di angoscia e disgusto che sono talmente forti in certi punti da farti venir voglia di spegnere.
Non pensiate al dsgusto nel senso di scene di tortura e similia, perché in quel senso Wolf Creek è quasi un film pulito, niente viene mostrato, perché non è quello l'obiettivo. Qui sono molto più forti il senso di smarrimento, l'isolazione, la disperazione, un attimo di speranza, il coinvolgimento.
Non dei personaggi, il nostro, da spettatori.

Questo perchè fin dall'inizio ci sono dei dettagli che portano noi stessi insieme ai ragazzi. Per esempio:
  1. Sono ragazzi normali. A onor del vero sono scritti molto meglio della media dei personaggi da slasher, ma comunque niente figoni senza cervello, niente sgallettate, gli attori non sono nemmeno bellissimi.
  2. Il viaggio in macchina. I ragazzi guidano, parlano, cantano, ma la cosa migliore è che noi non li sentiamo perché quel genio di McLean ha coperto il tutto con la musica. Musica che è perfetta perché prima di tutto impedisce agli sceneggiatori di far dire delle cagate ai ragazzi, così noi possiamo continuare a volergli bene indisturbati, ma anche perché crea un clima più intimo, e ci sembra di essere in auto con loro a ballare.
  3. Quando i ragazzi si fermano a parlare la macchina non è mai ferma, fa movimenti quasi da filmino amatoriale, come se ci fosse proprio lì con loro un quarto amico che li riprende. (Chiaro che c'era, una persona a riprenderli, ma avete capito il senso, vero?) Quando poi si fermano a fare il pieno e Ben tira fuori la videocamera, beh, lì avrei applaudito. Non so se sta cosa abbia dato la stessa impressione anche a voi. Vederli così disperati e in pericolo quindi ha fatto malino al cuore.

Già la cura dei dettagli mette questo film al di sopra della media dei suoi contemporanei, ma anche il contrasto fortissimissimo tra la bellezza (sconvolgente, lasciatemelo dire, il mondo è un posto meraviglioso) dei paesaggi nella prima parte e i luoghi sporchi e crudeli della seconda fa la sua parte.

Come fa la sua parte l'interpretazione di John Jarratt, che riesce a creare un cacciatore da brividi, uno di quei personaggi che sicuramente non si dimenticano alla svelta. Mi ha lasciato un senso di rabbia ingiustificata (come lo sono i suoi omicidi, del resto, altra cosa cattiva fino al midollo).


Wolf Creek è cattivo. Uno dei migliori film degli ultimi anni, ma cattivo, cattivo, CATTIVO. Un maledetto infame.

La prossima volta che sono presa male io mi dò ai film di Eli Roth, ve lo dico.

domenica 29 dicembre 2013

I film più chiacchierati dell'anno che non ho recensito proprio perchè erano troppo chiacchierati

14:25
Il 2013 sta andando, amici, time to say goodbye.
Siccome, come avrete notato, su MRR non ci sono quasi mai classifiche di fine anno o similia, ho deciso di chiudere il mio anno raccontandovi la mia opinione sui film che hanno generato più rumore sulla blogosfera.
Non ci saranno tuttituttitutti i film dell'anno, e nemmeno tutti quelli più chiacchierati, semplicemente perchè il mio 2013 è stato all'insegna del 'recupero i grandi classici che finora non ho guardato'. Ho quindi snobbato senza ritegno le uscite in sala, perchè, onestamente, quest anno sono stati davvero pochi i film che mi hanno fatto venir voglia di spendere soldini al cinema.
Annata vintage quindi, per me, che si è rivelata formativa, interessante, curiosa, diversa.
Con questa piccola carrellata vi auguro un 2014 felice, stimolante e divertente e con tanti bei film da vedere. (Il nuovo film di Ti West, il nuovo film di Ti West, il nuovo film di Ti West!!)

The Bay.



Colpire gli Stati Uniti nel loro giorno speciale con un'epidemia a base di bestiacce che ti divorano da dentro e Oren Peli. La cosa più incredibile di tutto ciò è che nonostante queste premesse il film funziona, funziona davvero. Nel senso che dopo averlo visto per almeno un paio di settimane ogni singolo scarafaggio diventa un mostro inaffrontabile, come mia mamma quando la sveglio di notte per uccidere il suddetto scarafaggio. Finalmente qualcuno ridà gloria ai mockumentary, diventati così mainstream, ma pur sempre uno dei miei primi amori.

Django Unchained.  (divagazione dovuta, perchè amici, è Quentin)



POSSIAMO PER PIACERE DARE UN OSCAR A DI CAPRIO? Non il Tarantino della vita, ma una sparatoria così figa l'ho vista poche volte. E al 'Ciao piccola peste' sono svenuta con lei. Tenerone di un Quentin che non sei altro!

The ABCs of death.



26 corti di 4 minuti l'uno per mostrare 26 modi per morire. Il progetto sulla carta è davvero interessante, peccato che in pratica con quel poco tempo a disposizione i registi sono costretti a puntare sull'effetto shock o sul disgusto, in quella che sembra essere una gara a chi sfrutta meglio il tempo. Il mio amore grande Ti non delude e shocka davvero, il maledetto. I giapponesi hanno qualche problema grosso nella testa e io una visitina gliela consiglierei. Ah, non ho capito benissimo C for Cycle, se qualcuno me lo vuole spiegare, prego! 
(Si ringrazia very much col corazon Erica del Bollalmanacco che mi ha indirizzato verso i torrenti a cui attingere!)

The Conjuring – L'evocazione.



La più sfigata delle abitazioni d'America diventa la nuova dimora dei Perron che poracci dovranno combattere insieme ai Warren (Sì, quelli di Amytiville, sempre loro) per scacciare fantasmi/demoni/entità/streghe. Un mucchio di gente. Bambola immancabile (dimmi, One, la mamma ti ha nascosto i giocattoli quando eri piccolo? Perché stai così in fissa?) ma soprattutto: NON MI HAI DETTO COSA HA VISTO LORRAINE NEGLI OCCHI DEL POSSEDUTO.
Però sei sempre bravo, mannaggia a te.

La notte del giudizio.



La premessa è credibile come Silvio che annuncia il ritiro dalla politica, ma il risultato è un home invasion quasi da cardiopalma, che riesce a inquietare con giochi d'atmosfera ben fatti e con personaggi (la squadra dei giovani 'assalitori') che si divertono e fanno bene quello che serve. Interessanti anche le piccole sottotrame emotivo-morali, ma secondo me le persone erano troppo spaventate per badarci realmente.

John dies at the end. 



La carissima Beatrix Kiddo di Cinquecentofilminsieme quando ha parlato di questo film l'ha definito 'un luna park dell'assurdo incredibile'. Mai definizione fu più perfetta, perchè Coscarelli aveva a disposizione poco più di un'ora e mezza ed è riuscito a metterci: una droga chiamata SALSA DI SOIA (è un genio, sì?), dei baffi volanti, gente che parla attraverso gli hot dog, mostri fatti di carne surgelata, creature che chissà cosa sono, Marconi che fa scoppiare il mostro di carne attraverso il telefono, gli alieni, una tipa che è alta e bionda, anzi no, è bassa e mora. Questo non è un film, è una visione mistica. E John è il mio personaggio dell'anno, ma non vi dico se muore davvero o meno. 

Evil dead. Ah, no, di quello ne ho parlato. Tutti qui.


Carrie, ti aspetto al varco, e ti conviene stare attenta, perchè lo sguardo di Satana sarà il mio.

lunedì 23 dicembre 2013

Zombi

12:03
(1978, George Romero)
 


Guardate questo signore, che faccia adorabile che ha.
Gli lascereste i vostri figli, vero? Come ad un nonno adorabile e affettuoso.
Ecco, vorrei farvi ricredere perché, parlando per modi di dire, l'abito non fa il monaco.
O la fisionomia non fa la bontà d'animo, vedetela come volete.
Perchè sapete, pare che gli piacciano le cose spaventose.

Una volta , infatti, mi ha raccontato una storia.
Una storia in cui il mondo così come lo conosciamo non esiste più. Mi ha parlato di morti che ricominciano a camminare e si nutrono della carne dei vivi. E mi ha parlato del tentativo disperato di quattro persone di sopravvivere quanto gli è possibile in questo casino.

Su Romero (che per chi non lo sapesse, è il signore della foto) si potrebbero scrivere enciclopedie, trattati, saggi, e comunque non sarebbe sufficiente. Il cinema horror così come lo conosciamo deve buona parte del suo essere alla mente geniale nascosta dietro a tutti quegli zombie.
Zombie che sono qui espressi nella loro forma migliore e originaria. Sono lenti, poco furbi, guidati solo dalla fame. Non è che spaventano, perchè li vedi arrivare un quarto d'ora prima. Fanno paura, perché con tutta la capacità, la forza di volontà e il coraggio che i pochi superstiti possono dimostrare, la situazione è tale che è cristallino che il mondo è giunto al capolinea.

 
Questo è il valore aggiunto che distingue Zombi da qualsiasi altro film, non solo di zombie, ma in generale. Non c'è speranza, non c'è futuro, ma nemmeno ci sono accenni al passato, perchè pensare a quello che si è perso potrebbe essere troppo doloroso, ma soprattutto perchè non c'è spazio per la nostalgia, bisogna pensare solo a sopravvivere.
Per questo il personaggio che amo di più è quello di Roger. Più di tutti lui è pieno di entusiasmo, si diverte quasi. Se solo si fermasse a pensare un secondo perderebbe ogni briciola di voglia di vivere, ma è costretto a godersi ogni minuscolo successo, perché è questa 'allegria' che gli dà lo spirito di continuare a combattere.

Certo, poi troviamo scene in cui tutti staccano il cervello per un momento, godendosi il centro commerciale in cui si sono rinchiusi. Scene che, nel loro essere gioiose, rappresentano probabilmente il momento più drammatico. Persone apparentemente qualsiasi che 'giocano' con i vestiti, per poi tornare ad affrontare la fine del mondo.
Perché se c'è un film in cui il termine 'apocalisse' suona appropriato è proprio questo, e nessuno quanto lui. Non si parla mai di come uscirne, di come raggiungere altri superstiti. Si convive col fatto che questo è il termine di tutto, e si cerca di andare avanti finchè si può, toccando livelli di dramma che porterebbero alle lacrime anche i sassi.



Simulazioni di una quotidianità che non tornerà, ma che si cerca di far rivivere per non impazzire completamente che conducono al crescendo finale, che è lasciato incerto ma che in realtà poi così incerto non è. Di sicuro, è crudele. La natura umana svelata nella sua vera essenza. Non dico di più.
Così come è crudele il fatto che non sappiamo da dove abbia origine tutto ciò. Che poi rappresenta la vita meglio di ogni altra 'metafora' di qualsiasi altro film.
A volte le cose succedono, e basta.

Quello che mi chiedo, guardando pellicole come queste è: i film a noi contemporanei invecchieranno mai così bene? O diventeranno tutti aceto?

Ah, poi volevo dire una cosa su Savini, che secondo me ha capito tutto, mica come noi che non sappiamo nulla. Perché gli zombie devono essere sempre decompostissimi? Se uno è appena morto mica cade a pezzi. Quindi, ci sono sì alcuni ritornanti messi male, qualcuno ha solo una brutta cera, altri son bluastri, ma mica tutti. Alcuni son bellini.





P.S.: Buon Natale, ragazzi!

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