mercoledì 27 dicembre 2017

Il mio primo post di preferiti dell'anno!

14:42
Fare le liste mi piace un casino. Ne faccio tantissime dalla dubbia utilità, poi ogni tanto mi cimento in missioni impossibili come questa. Quando devo scegliere le mie cose preferite vado in crisi, mi dispiaccio per gli esclusi, piango un po' in posizione fetale.
Odio le scelte.
Per questo motivo, oggi, sfido il mio problema con le selezioni e faccio la lista delle mie cose preferitissime del 2017.
Se sopravvivo alla pressione della scelta ci vediamo l'anno prossimo!


MUSICA
Su Redrumia non parliamo mai di musica, ma siccome da un po' condivido sulla pagina facebook (che sono certa voi seguite) le mie canzoni preferite, butto giusto giù due righe anche qui.
A dispetto delle millecinquecento cose diversissime e bellissime ascoltate quest anno, la mia mente è sempre e solo andata a lui: Stromae.
Indovinate chi ha mollato la musica, almeno per un po'?
Ecco, appunto.
Se mancasse tantissimo anche a voi come a me, vi linko un'opera d'arte. Buona fortuna poi nel riprendere una vita normale.
La trovate qui.

PAROLE SCRITTE
Se il 2016 era stato per me l'anno dedicato a David Foster Wallace, quest anno un altro brillante signore ha fatto capolino nella mia vita: Philip Roth.
Se non lo avete mai letto, beati voi. Avete la freschezza dell'inizio e la bellezza della sorpresa. Non fate però come dicono tutti, non iniziate con le cose super portentose come Pastorale americana o La macchia umana.
Vi voglio incuriositi fino al midollo, vi voglio con gli occhi sbarrati e la risata costante: si inizia con Il lamento di Portnoy. Si inizia così, e non lo si molla mai più.
Il mio romanzo dell'anno, però, non è stato di Roth. Quest anno su consiglio di una sconosciuta ho comprato Shantaram, ed è stato un viaggio pazzesco nell'umanità più fragile e nel paese più intrigante del pianeta. Ho pensato a lungo che potesse essere lui il mio più amato, ma mentirei sapendo di mentire. Diciamo che si porta a casa la medaglia d'argento.
Il romanzo del 2017, nonché istantaneamente entrato tra le cose più amate di sempre non poteva che esserci Lui: L'Esorcista. 
Ne parlo un pochino più approfonditamente qui.
È un capolavoro punto e basta, e io ammetto che non me lo aspettavo nemmeno per sbaglio. Le parole di Blatty sono lame affilatissime ma guidate dalla mano più delicata possibile. Colpiscono profondamente ma sei talmente ammirato che nemmeno te ne accorgi e quando hai finito ti ritrovi in un angolino a leccarti le ferite.

CINEMA DELL'ORRORE
Quest anno l'ho trascurato. Mi sento come una mamma che compra un cucciolo di gatto e trascura il micione vecchio e grosso che ha da anni. Il genere horror, poi, è davvero stronzo come un vecchio gatto. A volte ti ferisce, a volte ci resti male, poi ogni tanto ti grazia con fusa inaspettate e tu ti senti la persona migliore del pianeta.
Le mie fusa personalizzate quest anno ci sono state eccome. Quasi percependo che io lo stavo ignorando, il cinema ha deciso che era l'anno buono per buttare fuori bombe dell'orrore incredibili.
La mia scelta, però, è la più banale. Il mio horror dell'anno è stato It. Per come è riuscito a farsi strada anche in un cuore inizialmente scettico come il mio, per come si è preso gioco di tutti gli haterz maledetti diventando il film di genere con l'incasso più altro di sempre, per come mi ha fatto un paurone. Per me It è stato magnifico.

CINEMA E BASTA
Che annata sto 2017. Mi gira la testa a dover fare una selezione. Ma voi ve lo ricordate com'ero quando ho aperto questo blog? No, la fantascienza mi fa schifo, no gli alieni che pena, no ma non me ne parlare di Blade Runner che non ne voglio sapè.
Fino a due secondi fa ero in crisi su cosa fosse la mia scelta, ed era tra Blade Runner 2049 e Star Wars: The Last Jedi. Giuro che mi viene da ridere per quanto mi sembra ancora assurdo che questi due possano essere i miei film dell'anno.
Ho scelto Blade Runner 2049 per un motivo: è stato un flop incredibile. La prova è che l'umanità è scema come tutto sommato già sospettavamo, e io invece punto i piedi per terra e lo scelgo come film dell'anno, perché è magnifico.
Forse esservelo perso al cinema è una punizione sufficinete per non averlo premiato quando potevate.

SERIE TV
Sono sempre stata complicata con le serie. Ne guardavo pochissime e le selezionavo come una pazza, non mi piaceva niente. Quest anno mi sono lanciata in certi binge watching a cui preferisco non ripensare. Mi sono ridotta ad un'ameba sul letto, con dolori di schiena lancinanti al solo tentativo di rialzarmi, con scatole di biscotti e una coperta disgustosamente piena di peli di gatto.
È stata un'annata seriale di emozioni enormi e pianti a dirotto, perché io sempre vado a cercare cosine easy e dallo scarso impegno emotivo.
In mezzo a donne maltrattate (e per un po' con la Atwood ho chiuso), la quarta stagione del mio immenso Sherlock e il ritorno dell'altra grande serie della mia vita, Sense8, per me il 2017 è stato l'anno della scoperta di Doctor Who. Ha cambiato il mio immaginario, le mie citazioni, le conversazioni con il mio ragazzo. L'ingresso del Dottore nella mia vita è stato impetuoso e travolgente, ha sbaragliato tutto il resto e mi ha trascinata con sè in un mondo fatto di alieni, viaggi nel tempo e avventure pericolose. Mai nella vita avrei creduto che tutto ciò mi avrebbe conquistata. E invece mi ha fregata. Maledetto Dottore, quanto ti amo.

COSE
Il 2017 è stato l'anno in cui Mari's Red Room è cambiato in aspetto, nome e contenuti. Non sono ancora arrivata al risultato che volevo, ma è un work in progress che mi sta piacendo molto. Ha seguito me e il mio cambiamento e per ora posso ritenermi soddisfatta.
Qualche mese prima, però, Per l'amor di Asgard ha visto la luce. È stata un'emozione incredibile e ancora adesso quando ci penso mi gira la testa perché mentre io sto qua dietro al pc a vivere la mia vita come prima, lui sta lì a farsi la sua vita autonoma in giro per l'internet.
Mi commuove sempre un po'.

In questo ultimo anno i miei gusti sono cambiati in maniera quasi irreale. Ho pianto ogni mia lacrima per la trilogia de Il pianeta delle scimmie, mi sono affezionata a dei robot, ho amato oltre ogni dire un film in cui una tizia comunica con degli alieni, ho guardato molti, ma molti, meno horror della mia media e ho anche letto meno. Però è stato un anno pieno di emozioni giganti e pianti importanti, ho guardato più serie tv di quante ne abbia viste in una vita intera.
Sono contenta di essere diventata un pochino meno snob e complicata e di avere lasciato che tante emozioni inaspettate mi colpissero e mi rendessero un pochino migliore.
Che per tutti il 2018 sia pieno di emozioni così!

lunedì 25 dicembre 2017

Il popolo dell'autunno, Ray Bradbury

16:10
Facciamo che avete mangiato, che siete pieni di cibo fino a farvi scoppiare i capillarini degli occhi. Non avete energie per alzarvi dal divano, ruttate cronometrandovi come una madre in travaglio e se avete superato i 25 bevete tisanine depurative sperando di non passare una notte insonni in piena indigestione.
È il giorno buono per Something wicked this way comes.



Non che esista un giorno sbagliato, per un libro del genere.
È, in pieno stile Redrumianesco, un romanzo in cui due ragazzini sono soli a combattere contro le forze del male. Il male stavolta è sotto forma di un misterioso luna park arrivato in città proprio intorno alla notte di Halloween, e nasconde misteri inquietanti ben oltre ogni immaginazione.

Io non so cosa farci, mi dispiace se spesso posso risultare banalotta e sempre uguale a me stessa nelle scelte, ma cercate di capirmi: ho un debole per queste storie. I protagonisti sono Will e Jim, venuti al mondo praticamente insieme e da allora inseparabili vicini di casa. L'arrivo del luna park nella loro cittadina li insospettisce fin dal primo momento. Ogni segnale indicava di starne alla larga, ma date segnali di pericolo ad un tredicenne e chiedetegli di starne alla larga, cento euro che non vi ubbidirà. L'attrazione che i due provano per il luogo incantato si rivela pericolosa davvero perché, come sempre in questi casi, le cose non sono esattamente quello che sembrano.

Non si ama Neil Gaiman nel modo in cui lo amo io, cioè con tutto il cuore che ho, senza essere passati dalla storia di Will e Jim, due dei personaggi che prenderanno residenza nel vostro immaginario. Le loro avventure sono pericolose e la tensione è reale. La preoccupazione per la loro sorte è quasi più forte del desiderio di scoprire come questa faccenda vada a finire. Sono così reali che sembra di toccarli, così diversi e così vicini come sono. Sono i due modi opposti di affrontare un problema, e sono la dimostrazione di come il nostro modo di affrontare il suddetto problema si allenti, si ammorbisca, si allunghi un po', per andare incontro al modo dell'altro.

Se ne avete una vecchia copia sgualcita in casa disegnateci un cuoricino e passatelo a qualche cuginetto più piccolo affamato di avventura e di brividi, è una favola nera con un cuore grande come un circo e con due protagonisti indimenticabili.
Un pomeriggio passato con loro è quanto di più bello vi auguri per un Natale magico.

mercoledì 20 dicembre 2017

Broadchurch - stagione 3

14:37
Quando è successo lo scandalo Weinstein mi ero ripromessa di tacere. Il milione di opinioni che stavano spuntando in ogni dove mi dava un gran mal di testa. Avevo deciso che non potevo farmi il fegato in pezzi per colpa di chi non capisce e di chi fa della propria non comprensione un vanto.
Incredibilmente, ho taciuto davvero.
Anche quando persone insospettabili postavano immagini ridicole, anche quando perdevo la stima per qualcuno per colpa di questa storia sporca.
Oggi, però, l'argomento della violenza lo tiriamo fuori parlando della terza stagione di una delle serie che più mi aveva toccato: Broadchurch. Questa, almeno, è finta.


Tennant aka la testa più piccina della Gran Bretagna e anche di tutto il Commonwealth
Se nelle prime due stagioni il tema era l'omicidio di un bambino, la terza racconta di uno stupro e delle indagini che seguono. Trish, una donna di 49 anni, è stata violentata alla festa di compleanno della sua migliore amica e ha denunciato l'evento qualche giorno dopo. Il caso viene assegnato alla coppia Miller - Hardy.

Ormai lo sapete, il femminismo è un lato fondamentale di quello che sono e di quello in cui credo. È un tema a cui sono sensibile, sul quale non accetto humor ed è anche uno dei pochi argomenti per cui litigo. Passo sopra a tante cose, per non rompere l'anima, su questo mai.
Mi sono approcciata alla terza stagione con cautela perché so che con Broadchurch le emozioni sono spesso devastanti, e questi otto episodi non sono stati da meno. Se l'omicidio di un bambino è un argomento facile, passatemi il termine, con uno stupro si toccano terreni ben meno lisci. Intendo che lo scalpore, l'orrore e il dolore che si provano per il primo caso sono naturali, e colpiscono chiunque, indistintamente. Se resti indifferente ad un bambino morto hai qualcosa che non va, ed era facile colpire una gigantesca fetta di pubblico.
Lo stupro è molto, molto, molto meno scontato, e in questo la serie conferma la sua intelligenza fine. Non è così ovvio che le reazioni ad una violenza sia unanimi.
In questo sta uno dei punti di forza della stagione. Quello che ho appena detto, sulle reazioni alla violenza, non fa che essere confermato dalla serie. Vediamo se riesco a spiegarmi meglio.

Prima ottima idea: la vittima della violenza non è una strafigona di diciotto anni. È una donna di mezza età, non convenzionalmente attaente. Una donna normalissima, quasi banalotta. Le viene anche fatto notare, con una delicatezza inimitabile, che pare strano sia stata violentata proprio lei, con tutte le donne che c'erano. Eppure, pensa un po', vittime lo possiamo essere tutte. Tutte e tuttI, senza distinzione di età, aspetto, vestiario. La violenza non fa selezione, non ha gusti precisi. Avviene e basta, e non c'è alcuna differenza tra un episodio e l'altro.
Una volta avvenuta la violenza, poi, arriva il peggio: il dopo. La reazione delle persone, le ferite che devono guarire, le indagini, le domande inopportune, l'assenza delle persone care e l'eccessiva presenza di chi invece non si vorrebbe vedere. Iniziano le chiacchiere, le supposizioni, le visite di cortesia. C'è molta cura verso la vittima, in questa serie, che non è solo la poverina violentata ma che è una persona che con grande dignità (niente affatto dovuta) cerca di rialzarsi. È quello che accade intorno a lei che fa schifo. Poliziotti stessi pronti a non crederle solo perché la denuncia non è avvenuta immediatamente dopo la violenza, per esempio. Poliziotti donna pronti a metterla in dubbio. Ricorda qualcosa? Perché io ci ho pensato. Ho pensato a come sarei dopo una violenza. Conoscendomi, sarei incazzata come una vipera. E se invece fossi spaccata in due da un dolore sconosciuto? Se la mia lucidità fosse annebbiata? Se la mia volontà fosse sciolta in un mare di caos acido che non saprei in grado di gestire? E chi ci pensa ad andare dalla polizia? Dovrei rialzarmi, ritirarmi su i pantaloni, togliermi la terra di dosso e andare in caserma? Io non riesco a crederci. È tutto talmente reale che mi sono infilata le unghie nelle mani a forza di stringerle.

C'è stato il 'Beh? È solo sesso, lo aveva già fatto prima!', per esempio. Questo non lo commentiamo, perché siete abbastanza intelligenti da non richiedere un commento a questo. C'è stata la molestia verso la poliziotta, c'è stato l'odio tra donne, c'è stato lo stalking, non è mancata la vigliaccheria, la spavalderia di uomini che credono il sesso sia loro dovuto, gli insulti, le ferite.
C'è l'analisi a 360° di un reato tremendo e di quello che gli gira intorno. Ci sono uomini viscidi e ripugnanti, ragazzotti che meriterebbero sberle in faccia date con la paletta per ammazzare le mosche e poi ci sono gli Hardy. Uomini come Alec che guardano inorriditi alla realtà che li circonda e provano a comprendere, inutilmente.
Di fronte a tante serie in cui i detective erano utili solo a risolvere il caso, Broadchurch spicca per la sua capacità di mostrare come, mantenendo un'indiscutibile professionalità, nemmeno i migliori tra i detective possono restare indifferenti. I casi li colpiscono e spesso le indagini si muovono proprio insieme alle emozioni di chi le sta conducendo. Tennant e Olivia Colman sono stati eccezionali, come attori e come personaggi, colpiti tanto quanto noi dalla realtà terrificante che stava emergendo.
Una realtà fatta di uomini violenti e incapaci di comprendere quanto le donne siano esseri senzienti dotati di una propria volontà, di uomini incapaci di arrendersi ad una relazione finita, di ragazzini irrispettosi del corpo altrui e di donne incapaci di reale solidarietà, quella che non è fatta di pietà ma solo di reale e profonda compassione.
Insieme a loro, persone semplicemente buone, disposte all'aiuto e all'ascolto, in grado di condividere un dolore e di mettersi al servizio degli altri. No, non parlo solo del prete.

Una stagione per me anche superiori alle prime due, strazianti. Reale in un modo quasi doloroso e scritta divinamente, ha fatto la fine che solo le cose così incredibilmente belle fanno.
È finita.

venerdì 15 dicembre 2017

Star Wars - Episodio VIII: Gli ultimi Jedi

14:04
Questo post avrà più premesse che opinioni, accettiamolo com'è e vediamo cosa ne esce.
Premessa 1: non sono (o non ero?) una fan della saga, ho visto solo qualche episodio e sono fidanzata con un appassionato di quelli feroci che prima di ogni visione mi fa i riassuntoni educativi.
Premessa 2: mi sono rotta le palle dei cinefili, quelli che si arrabbiano se gli tocchi il film dell'infanzia, quelli che devono litigare su chi ha torto e chi ha ragione, di chi non vede oltre il proprio naso e soprattutto di chi rompe i coglioni agli altri.
Dico questo perché Gli ultimi Jedi mi è piaciuto da impazzire e non voglio frantumazioni di maroni con critiche che, siamo sinceri, se il film si chiamasse Pistollettate Galattiche non esisterebbero.
Mi è piaciuto più di tutti gli altri che ho visto.
Sì, anche di Una nuova speranza.



Saltiamo senza vergogna la parte in cui di solito parlo della trama per passare alla premessa numero 3. Ognuno di noi ha temi sensibili, che ci colpiscono un po' più forte. Uno dei miei, da sempre, è la rivolta. I ribelli che si oppongono ad un sistema malsano e cattivo, gli eroi che si sacrificano per ragioni più grandi, le sommosse, le rivoluzioni nascoste, i gruppi smaciullati di persone che non perdono la speranza, gli ideali immortali.
Non so argomentare, è solo un tema che mi colpisce dritto al cuore. Credo di dover dare la colpa ad Harry Potter e l'Ordine della Fenice, in cui un altro vecchio gruppo è dovuto tornare a combattere contro un male che si credeva sconfitto. Che bello che è, L'Ordine della Fenice. I grandi che combattono insieme ai giovani, che commozione.
Potrei fermarmi qui e capirete da voi il motivo per cui Star Wars mi è entrato nel cuore. Questi Ribelli sono un sogno per me. Questo ottavo episodio ha fatto l'inimmaginabile: mi ha fatta innamorare di una saga di scienza.
The last Jedi prende questo mio sentimento di amore grande per i rivoltosi e lo espande all'infinito.
Chissenefrega allora di quella scena lì con Leia che mi ha fatto anche un pochino ridere, chissenefrega dei Porg (astenersi battutine, ho amato pure quelli, patatinininini amorininini bellinininini), chissenefrega se in questa saga maledetta tutti trattano male il mio adorato C3PO. The last Jedi è la storia bellissima di un ideale che non muore mai, di una speranza che non accenna ad affievolirsi nemmeno quando l'odore di cacca arriva dritto in faccia, di una fiammella che arde nei cuori e li eleva da umani ad eroici. È una storia di bambini che guardano le stelle e sognano, un giorno, di combattere insieme a chi adesso si sta sacrificando per il bene dell'universo intero.
Io, che prima di qualche anno fa ripugnavo la fantascienza, mi sono commossa per un'astronave in fiamme. Mi è saltato un battito durante quell'altra scena di silenzio profondo. Perché se accetti i difetti e lasci che la guerra stellare ti prenda, sei finito. Esci dal cinema e sei un Ribelle. E il giorno dopo, al lavoro, mentre prepari un cappuccino e cuoci una brioches (parlo in seconda singolare come il Dottor Manhattan), ti accorgi che la testa è ancora tra le stelle.

Ho creduto di avere il cuore in pezzi alla dedica per Carrie Fisher. Non vi dico neanche come mi sono sentita quando ho visto sua figlia. Io, fino a qualche anno fa così scettica, l'ho vista la magia che fa Star Wars, ed è anche in questo. Se non bastasse il solito, meraviglioso, evento per cui generazioni diverse finiscono insieme al cinema con la stessa passione negli occhi, come se non fosse sufficiente vedere bambini e bambini sognare insieme allo zio, alla nonna, al cugino grande, è chiaro quanto non sia solo una saga. È una famiglia enorme, composta non solo da chi nelle guerre stellari ci è finito sul set, ma anche da tutti quelli che le vivono come fossero proprie, da ogni persona che ha dedicato un disegno alla Principessa di tutti quando si è spenta, dalle ragazzine che guardano sempre lei, il Generale Organa, e vedono una forza e una resistenza più dure della roccia, da quelle come me, che ieri sbuffavano al solo sentire la Marcia Imperiale e oggi, invece, piangono come bambine.

E poi, chiaro, ci sono le bombe, i cannoni, i pianeti, le creature, le esplosioni, le strategie, gli Adam TiAmoSempreMolto Driver, i robottini e i robottoni, le navi bellissime e gigantesche e quelle piccole e arrugginite.
Ma più di tutto c'è un ideale straordinario, più forte della sconfitta, più intenso della speranza. È quella fiammella qui che conduce ai momenti finali del film, quegli ultimi due minuti che hanno acceso un cuore arido come il mio di una nuova speranza.
Chi l'avrebbe mai potuto pensare?
Mi sono innamorata.

mercoledì 13 dicembre 2017

The Crown 2

15:29
Correva l'anno 2016.
Tutto il web è esploso per Stranger Things, il fenomeno di Netflix.
Sbagliando?
No, perché Stranger Things è bellissimo e la seconda stagione lo è stata ancora di più.
Questo successo intergalattico, però, ha fatto anche una cosa brutta: ha messo nell'ombra The Crown. 
La serie in questione è una splendida ricostruzione del regno di Elisabetta II, beniamina mia e del mio migliore amico, a partire dalla morte di suo padre, re Giorgio VI fino ad oggi. Il piano è di dedicare un decennio ad ogni stagione.
Ho appena finito il chiusone sulla seconda stagione e confermo: smettetela di sottovalutare The Crown che è superba.


Premetto prima che mi lanciate i sassi che ho una conoscenza veramente limtata della famiglia Windsor e solo alcuni ricordi della storia inglese dai tempi della scuola. Questo per dire che qua si giudica la serie per quello che è: un prodotto di finzione ispirato ad una storia vera. Ma che prodotto d'intrattenimento resta. Ho sentito gente sollevare polveroni inutili su dettagli quali i sottoposti che danno le spalle alla Regina, e ho desiderato solo per un momento l'estinzione della specie.

Questo perché la serie è davvero un incanto. La ricostruzione dei luoghi, degli abiti, dei gioielli ha dell'incredibile. È un sogno ad occhi aperti, con una cura per i dettagli che fa impallidire. I castelli, le residenze, perfino le scene all'aperto sono sensazionali. Elisabetta inginocchiata a tagliare le rose non perde un briciolo di autorità, nemmeno al confronto con l'Elisabetta in tenuta ufficiale con tutto l'armamentario brillante messo in bella vista.

Ah, Elisabetta.
Se la Regina è davvero come è ritratta io vorrei abbracciarla. È una creatura di ghiaccio, in questa stagione molto più che nella prima. Se l'anno scorso l'abbiamo vista imparare il nuovo ruolo strada facendo, in questa stagione non c'è più bisogno di alcun aiuto. Elisabetta è una donna adulta e molto, molto più forte di quanto chiunque avrebbe creduto. È competente e presentissima, circondata delle persone giuste e in grado di gestire ogni situazione. Ha trovato il proprio spazio non solo nel suo Regno ma nel mondo intero, guadagnadosi amore e rispetto.
Ma è nella sfera privata che Elisabetta tira fuori i lati più interessanti. Se nella prima stagione era stata la parte storica ad attrarmi di più, qui gira tutto intorno alla sfera personale. Non che la storia manchi, solo che a me è interessata meno. La relazione tra Elizabeth e Philip è instabile e problematica, e ce ne vengono mostrati anche gli aspetti più dolorosi. Ad onore del vero, sembra che questi ultimi siano molti di più rispetto ai momenti felici, che sono ritratti poco ma molto dolcemente.
Philip, lo ricordiamo, è interpretato da Matt Smith che, ricordiamo anche questo, è destinatario di un amore cieco e appassionatissimo da parte della sottoscritta. Il suo personaggio è atroce, dalla prima stagione si cova nei suoi confronti un risentimento che trascende la parete della finzione. Eppure ogni tanto ci si sofferma su uno sguardo, su una mano che si passa preoccupata tra i capelli, su una battuta, su un sorriso, e ci si ricrede un po'. Forse forse questo matrimonio complesso turba anche lui e non solo per il suo incessante senso di inferiorità. Forse forse in mezzo a battutine evitabili ed un altrettanto evitabilissimo flirtare con ogni creatura femminile che respiri c'è una persona sinceramente affezionata ad Elizabeth. Non credo lo sapremo mai. La parte fragile di me ama pensare che in lui ci sia affetto sincerissimo e solo un'incapacità di gestirlo quasi leggendaria, se fossi un briciolo più pessimista direi che l'amore qua ce lo sogniamo e abbiamo solo due persone che hanno imparato a convivere.
Dall'altro lato, l'Elizabeth della serie prova un amore enorme che traspare in ogni gesto e in ogni scelta, soprattutto in quelle più discutibili. Io, poi, che sono così fumantina, la guardavo incredula. Silenziosa, con occhi che parlavano di un dolore enorme (che brava Claire Foy, che bravissima) e una bocca invece silenziosissima. Mesi di pensieri trattenuti solo per essere tirati fuori con calma frustrante solo all'occasione giusta, foto conservate, dubbi coltivati. Il tutto nel silenzio e nel candore di una conversazione mantenuta forse un pochino fredda ma pressoché identica. Io sarei esplosa, perché manifesto il dolore nel modo più rumoroso possibile, mentre lei non ha versato una lacrima una in tutta la stagione. Io, che la guardavo, fiotti di lacrime furiose e addolorate, lei rigida come una statua di pietra. Il suo sguardo ha spesso bucato lo schermo, però, ed è stato sufficiente.
La posa, la camminata, le braccia delicatamente appoggiate alla borsa, tutto in Claire Foy è stato eccezionale.
Pare la cambieremo nella prossima stagione, e sarà per me molto triste.
Se se ne va pure Matt Smith io tentennerò. La guarderò comunque, ma tentennerò. E con questa minaccia pericolosissima so che Netflix mi ascolterà.

Insieme a regina e principe consorte, però, ci sono anche gli altri membri della famiglia.
Una su tutti Margareth.
Che bene che le voglio, povera creatura.
Folle, fumantina (ricorda qualcuno?), selvaggia, innamorata dell'amore e anche di qualche uomo, ha sofferto come un cane e non ha esitato a comunicarlo ripetutamente a tutto il mondo. Viziata, troppo sicura di sè, a volte detestabile, è stata semplicemente, per la seconda volta, la mia preferita.

Che splendore The Crown.
Giuro, sono seria quando dico che non è solo per Matt Smith.

giovedì 7 dicembre 2017

Survivor's club

18:31
Le aspettative sono la solita brutta bestia che ammazza gli entusiasmi.
Avevo sentito parlare di questo fumetto qualche tempo fa, e l'ho bramato ardentemente. Sempre non disponibile su Amazon, sui siti torrenziali non lo trovavo. Spunta per caso in un sito dalla legalità sospetta. Circumnavigo la mia etica per fiondarmi nella lettura.
Avevo su questo Survivor's club, fumetto del 2015 di casa Vertigo, aspettative stellari.
Risultato? Non mi è piaciuto per niente.
Sono di una tristezza incalcolabile.


No, diciamolo meglio: mi girano proprio le palle.
Il motivo è presto detto. L'idea alla base di Survivor's club è splendida. I ragazzini sopravvissuti agli orrori dei classici anni '80 si sono ritrovati. Non si parla di film esistenti, ovviamente, ma i riferimenti sono ben chiari: c'è la bambola che ammazza, il fantasma orientale, il videogioco della morte...solo non si vedono i due leocorni.
Nell'87 ognuno dei protagonisti di questo breve fumetto sono sopravvissuti ad eventi tremendi e sovrannaturali. Oggi, per mano di una di loro, si ritrovano per sconfiggere definitivamente quello che non era riuscito ad ammazzarli anni prima.
Suona familiare?
Chiaro, ma siccome qua non me ne frega più niente dell'originalità la cosa non mi infastidiva affatto. Speravo in un viaggio nostalgico e cruento, e sarei stata la persona più felice sulla faccia della Terra.
Sul cruento ci siamo. Non ci si può lamentare, tutto il sangue è al suo posto e potremmo anche essere contenti così.

Però però però.
Narrativamente il povero club dei sopravvissuti è un macello incredibile. Le storie del passato sono solo accennate quando ci sarebbe stato spazio sufficiente per mostrarle, e non solo raccontarle indirettamente. La storia del presente è caotica e non solo per i disegni articolati e confusi. Mi sono quasi affaticata a leggere, tornavo indietro per vedere se mi fossi persa qualcosa o se avessi frainteso dei particolari, confondevo i personaggi, e come se il tutto non fosse già penoso per un fumetto così breve, mi sono anche annoiata.
E allora mi girano le palle, perché se hai una buona idea ma non sai svilupparla bisogna che ti fai aiutare, mica che illudi me con una premessa interessantissima e uno svolgimento mediocrissimo.
Mica si fa così.
Una ci resta male.

venerdì 1 dicembre 2017

Alias Grace

16:45
Volevo lasciar passare qualche giorno tra la mega chiusa che ho fatto ieri pomeriggio e il post su Alias Grace, la nuova serie Netflix tratta dal romanzo di Margaret Atwood. Principalmente perché mi servirà ancora qualche giorno per digerirla del tutto e poi perché è il quarto post in quattro giorni, e io faccio o troppo o niente.
Per stavolta vada per il troppo, la Atwood si merita questo e altro.



La Grace del titolo è una donna irlandese, emigrata in Canada da ragazzina, che deve scontare una pena in carcere per omicidio. Il dottor Jordan viene assunto per farle una valutazione psichiatrica, in modo da poter tramutare la sua pena in una diagnosi di isteria, in modo da farla scarcerare. Inizia così una serie di incontri in cui Grace si racconta al medico, dal momento del suo arrivo in Canada fino al giorno degli omicidi di cui è accusata.

Più di una cosa scritta da Margaret Atwood all'anno è autolesionismo. Se The Handmaid's Tale mi aveva lasciata ad un ameba informe di sofferenze, qua non siamo caduti tanto lontano. La narrazione è intima ed emotiva e il percorso di vita di una donna dell'800 è tutto tranne che delizioso intrattenimento. Mettiamoci il carico da mille, però: rendiamola un narratore inaffidabile.
La deliziosa Grace, che dai flashback appare creatura mite e pudica, ignara della malizia del mondo e profonda credente, a noi che la sentiamo parlare non appare proprio così. La comprendiamo corrotta dal manicomio prima e dal carcere dopo, e tanti cari saluti alla ragazzina che si prendeva cura dei suoi fratelli come se fossero figli suoi. La Grace che parla con il dottore è misurata e furba, sa quello che il dottor Jordan vuole sentirsi dire e perché, sa come dirlo e quando dirlo, e quando la situazione si fa più intrigante ecco sopraggiungere la sua lieve stanchezza, che le impedisce di proseguire. È scaltra e anche un'ottima attrice, con i suoi grandi occhioni celesti spalancati sul dottore che ormai ha l'ormone ballerino e se la figura in romantiche immagini sognanti.
Qual è la vera Grace? Quella che noi vorremmo fosse, l'innocente anima candida sporcata da una vita infelice o una donna crudele, indurita dalla vita e colpevole di un omicidio tremendo? L'ultimo episodio, da pelle d'oca e anche un filino di pauricchia di quella che si sente nelle viscere, dà risposte e allo stesso non ne dà, aprendosi ad almeno un paio di interpretazioni.

Le sue protagoniste hanno amiche che inevitabilmente ci spezzeranno il cuore. Laddove la Bledel che urla sul furgone ancora me la sogno la notte, è Mary che questa volta mi ha annientata. Mary la frizzante, Mary folle e libera, leggera come l'aria. La sua fine è stata un incubo. Dolorosissima, attualissima.
Le donne della Atwood non sono mai imbecilli. Magari sono ingenue, con uno sguardo infantile sul mondo, magari sono troppo fiduciose. Neanche tutte, in realtà. Ma ad un certo punto si svegliano, e non sono più cazzi per nessuno. Soprattutto per un motivo: sono spesso e volentieri complici. Non generalizziamo, ci sono le donnacce tremende che le vorresti fare fuori a pedate (ciao Anna Paquin, lo sai che parlo di te e anche a prescindere dalla parte) esattamente come nella vita reale. Ma non è un caso che i personaggi migliori siano quelli che fanno squadra. Le ragazze si consigliano, si mettono in guardia, si aiutano, si adorano. Fanno squadra e quando ci riescono diventano imbattibili.
Prendete esempio.

Se però non potete fare a meno di ammazzare una persona, tranquille: ci pensa Cronenberg a tirarvi fuori di galera.


giovedì 30 novembre 2017

Gift Guide 2017 - DIY

14:40
Opzione 1: avete sperperato tutti i vostri averi nei regali consigliati nelle scorse Gift Guide.
Opzione 2: siete anime creative, il vero regalo viene dal cuore e blablabla.
In entrambi i casi la soluzione è il fai da te.
Se Pinterest non è stato sufficiente ispirazione ecco che intervengo io, che mi sto mettendo con questa premessa umile al di sopra del più grande raccoglitore di idee di Internet.
Raccoglitore dal qule, ovviamente, proviene la maggior parte di queste idee, ma voi sarete carini con me e fingerete che non sia così, vero?


La prima, ovvia, proposta è quella che vi dicevo nel post sulle magliette, che trovate qua: maglietta decorata a mano. Una scritta, una citazione, un disegnetto minimal. Le possibilità sono infinite e tutte vanno in base alla vostra manualità. Se siete come me, less is more. Se invece avete l'upgrade e siete bravissime meglio ancora il ricamo, che sa un po' di vintage e quindi si ama e che non scolorirà mai in lavatrice.
Le magliette tinta unita da Decathlon le trovate da 3 €, inchiostro per tessuti si trova ormai anche da Tiger, strumenti da ricamo sponsorizzati dalla nonna, e il portafoglio sorride.

La seconda è romantica e molto intima, quindi forse se ve la consiglio non vale più tanto perché dovrebbe nascere da ciascuno, ma non stiamo a formalizzarci troppo.
Andate in un mercatino dell'usato. Comprate un libro di poesia che amate. Armatevi di colori o di una basica ma efficace Bic Blu e iniziate a commentare, dedicare, raccontare. Usate la poesia altrui per mandare messaggi che non avete il coraggio di mandare, usate le parole dei grandi che saranno sempre più bravi di quanto possiamo essere noi comuni mortali.
Per me è una cosa pazzesca, ci piangerei tutte le mie lacrime su una cosa così.

Avete qualche eurino da spendere? Ok, vi accaparrate una chiavetta USB. Se la trovate carina, tipo questa di legno che mariavergine l'hipsteria è alle stelle, meglio ancora. La infilate nel vostro pc e la riempite di roba. Canzoni che vi legano, libri, immagini, podcast, quello che vi passa per la testa. File che raccontino una storia, la vostra amicizia o i vostri inside jokes, lettere digitali, video homemade, chi più ne ha più ne metta. Il digitale ci dà possibilità infinite e noi siamo qui oggi riuniti per sfruttarle tutte.

Se sapete disegnare avete prima di tutto la mia invidia nera. In secondo luogo avete il dono di fare regali praticamente gratis. Copiate una foto cara alla persona, fatele un ritratto, una caricatura, una scena da un film che ama, la copertina del suo album preferito in acquarello. Che persone fortunate siete. L'idea arriva dal Lucca Comics, durante il quale mi sono acquistata una finta VHS che era in realtà un insieme di disegni fatti da Alessandro Baronciani a tema Dirty Dancing. Prendete un'immagine significativa, fatela vostra e donatela senza alcuna modestia, che se siete bravi avete motivo di tirarvela.

I kit alimentari mi appassionano oltre ogni dire. All'appassionato di cinema ci sta un pensierino scemo ma per me adorabile. Prendete una scatola e la riempite con: popcorn da fare al microonde (chè il pacchetto è bruttino dai), DVD di film molto amato, caramelle Haribo, altre marche non contemplate, una lattina di Pepsi (non apriamo la discussione, Pepsi >>>>>>> Coca e non si discute). Per me adorabilissimo.

Altro kit ma non alimentare è il fortino. Se nella vostra vita avete un bambino che ama leggere gli dovete regalare questa cosa splendida che mi ha suggerito il sopracitato Pinterest. Solita scatola da riempire con: vecchie lenzuola e/o coperte, una torcia, delle mollette da bucato, un cuscinone comodo e, soprattutto, un libro da leggerci dentro. Che sogno, che idea bellissima. Grazie, Pinterest.

Hama Beads Mania. Avete mille regali da fare, pochi soldi ma un pochino di tempo? Le Hama Beads vengono in vostro soccorso. Cosa sono? Perline, fondamentalmente. Solo che queste perline fanno una cosa magica: voi le componete per fare una figura di vostro gradimento, sulla loro specifica 'lavagnetta'. Dopodichè le coprite con qualcosa, so che la carta forno fa dignitosamente il lavoro, e le stirate, proprio col ferro da stiro. Le perline si sciolgono leggermente e si uniscono, diventando formine che ultimamente nella community geek si vedono un casino. Star Wars, LOTR, perfino Stranger Things hanno i modellini per i loro gadget in Hama Beads. Diventano portachiavi, quadretti, sottobicchieri, soprammobili, le peggio cose. Sono carini da morire, il web è pieno di schemini da seguire per fare i vostri disegni preferiti ed è davvero a prova di scimmia. Provare per credere.
Questo video è a tema Halloween ma si capisce benissimo il modo in cui si usano le Beads.

Ci sono poi ovviamente tutta una serie di cose che sono offtopic con i temi della Redrumia, ma pensate a quanti fantastiliardi di cosine beauty potete fare in casa! Scrub, soprattutto. Ma le ricette per creme e maschere homemade pullulano sul web, non potete sbagliare.
Anche i gioiellini si possono spesso fare in casa con poca spesa, serve solo quel pizzico di manualità che, pensate un po', a me manca.
Le idee sono milioni e io non ne so fare neanche una, ma confido che voi siate molto, ma molto più creativi di me e che siate in grado di regalare almeno un segnalibro ai vostri adorati, meglio se fatto con le vostre abili manine.

mercoledì 29 novembre 2017

Prendiluna, Stefano Benni

17:25
Nella mia personale concezione di paradiso c'è un angolino dedicato a David Foster Wallace. Un posticino vicino a lui è riservato a Stefano Benni (che lo raggiungerà tra tanti, tanti, tantissimi anni). Li immagino vicini, a parlare in un linguaggio tutto loro fatto di neologismi e frasi arzigogolate e parole desuete che comprenderebbero solo loro, e che userebbero con lo scopo ben preciso di prenderci tutti, sonoramente, per il culo.


Prendiluna è il nome di un'ex insegnante, che riceve in visita il fantasma del suo defunto gatto. Il fantasma le suggerisce di trovare locazione presso dieci Giusti ai suoi Diecimici (scritto così). Se la sua missione dovesse fallire, avverrebbe l'Apocalisse.

Non sto mica scherzando, la trama è davvero questa, e se avete mai letto un Benni nella vostra vita lo sapete bene quanto sono seria, e soprattutto quanto lo sia lui.
Prendiluna è breve, duecento pagine scritte in corpo ventimila, e se avete tempo ve lo leggete in un pomeriggio. Eppure, è pieno zeppo.
Mi viene un esempio scemo: è come se in pizzeria prendeste una pizza baby (cosa non prevista dalla legge nella Repubblica di Redrumia) però la prendeste superfarcita, tipo una capricciosa. Piccola è piccola, ma sazia tantissimo. È una fanfara, una banda di paese che suona senza timore di svegliare i vecchi che fanno la pennica, un concerto tenuto da quelle persone che suonano strumenti non convenzionali come le seggiole e i bidoni della spazzatura.
Io, problematica con la comicità come sono, l'ho centellinato. Eppure, per tutti i quattro giorni che mi sono serviti a leggerlo, mi sono sentita come se fossi sollevata da terra di qualche centimetro. Umore alle stelle, testa tra le nuvole, mici da salvare.
La cautela, se siete come me, ci vuole, però. Benni non dà tregua alcuna, ogni pagina, ogni riga, ogni scena, hanno un momento che va immortalato, una parola inventata, una trovata brillante, un gioco di parole. Rimbomba nella testa e riempie i pensieri. Si ride, come sempre, a voce alta, anche di fronte a scherzi caciaroni e battutacce a sfondo sessuale.
Benni è così, prendere o lasciare.
Io prendo, per tutta la vita.



Un democratico Post Scriptum
Il primo che nei commenti nomina l'amicizia tra Benni e quel fascista lì di cui in Redrumia non parliamo viene bannato dal blog ma soprattutto dal mio cuore. Vi ricordo che la Repubblica di Redrumia è un luogo di pace e fraternità in cui affrontiamo le cose brutte nel modo più maturo possibile: ignorandole.

martedì 28 novembre 2017

Guift Guide 2017 - A #BAOTIFUL Wishlist

14:05
Se leggete i fumetti leggete Bao.
Se il destinatario dei vostri regali non legge Bao è ora che qualcuno rimedi alla grave mancanza. So che ora tutte (ma proprio tutte) le case editrici hanno capito che i fumetti vendono e quindi hanno lanciato la propria collana di graphics, ma l'arrivo di Bao in Italia è stato ben antecedente alla puzza di dineros, e oggi il loro catalogo è da versarci su non dico tutte le nostre lacrime ma di sicuro tutti nostri soldi. I volumi sono belli, la scelta è variegatissima e sempre in evoluzione, l'attenzione ai nomi dall'estero è assoluta.
È chiaro che le case editrici che si occupano di fumetti sono numerose, ma Bao ha fatto il passo più lungo delle altre: è capitata a fagiolo nel periodo in cui il fumetto diventava popolare e smetteva di essere di nicchia e ha creato una collezione di titoli che accontentano chiunque. Dalle saghe dal sapore anni '80 ai romanzi illustrati, dai grandi famosissimi nomi ai fenomeni nati sul web, quelli di Bao hanno occhio e naso per gli affari. E poi hanno Zerocalcare, what else?
L'elenco che segue è composto di cose che ho letto ma soprattutto di cose che vorrei leggere, con grande sofferenza.


1) Residenza Arcadia
Seguo Cuello sui social tutti. Mi piace un sacco e dovrebbe piacere anche a voi. Qualcuno mi ha detto che Residenza Arcadia è tanto bello da sembrare un Pennac. Ora, Daniel (Cuello, non Pennac. Che casino), al tuo posto io sarei morta per il solo pensiero di un simile paragone, ma siccome non stento a credere a siffatta ipotesi, ti bramo ardentemente.

2) Paper Girls
Tempo fa ho visto un video della mia youtuber del cuore in cui parlava dei fumetti da leggere per riprendersi dal lutto della fine della stagione di Stranger Things. Tra i titoli, questo. Mi incuriosisce oltre ogni dire e presto lo farò mio.

3) Bone
Ho parlato talmente tanto di Bone che non escludo vi sanguini il naso a sentirlo nominare di nuovo. Ma non è colpa mia se Bone è bellissimo. Bao ha raccolto tutti gli stillati in un volumone da cui separarsi è impossibile, è una storia avventuroa cosparsa di una dolcezza irresistibile, di una comicità brillante e mai, mai, mai ignorantona, di personaggi indimenticabili e cattivi dall'eccelsa stupidità. Bone è un regalo magnifico da fare solo a qualcuno a cui volete davvero tanto tanto bene.

4) Macerie Prime
Ogni volta che esce un nuovo Zerocalcare è Festa Nazionale in Redrumia. Ogni volta che esce un nuovo Zerocalcare per tutti gli italiani si crea l'occasione splendida di regalare qualcosa di questo magistrale autore a qualcuno che ancora non lo conosca, facendo quindi non solo dono di un bel libro ma anche di una conoscenza che diventerà compagna a lungo. Sarà bellissimo. Mandate Zerocalcare nelle vite aride di chi ancora ne è privo.

5) Blueberry Girl
Questa cosa qui l'ha scritta il nome tutelare di questo blog, Neil Gaiman, in occasione della nascita della figlia di Tori Amos. Non ci sono neanche parole per dirlo.

6) Green Manor
Simile per estetica a quel Porto proibito che devo ancora leggere perché il mio moroso non mi presta più i suoi libri per buoni motivi, questo parla di omicidi e casi da risolvere. Lo voglio, chiaramente.

7) Strangers in Paradise
Dopo la sua incostante storia editoriale Bao se l'è presa e gli ha regalato completezza. Mi ispira in modo incredibile, i disegni mi lasciano combattuta su cosa ne penso ma non vedo l'ora di leggerlo. Si parte con un traingolo amoroso e si finisce con un semithriller su passati misteriosi.

8) Ti prego, rispondi
Dovrei detestarlo, viste le premesse e il titolo lacrimevole, eppure per qualche motivo ogni volta che lo vedo lo sfoglio, e mi ritrovo a desiderarlo. Probabilmente ci lascerò il cuore, ma non importa. L'emotività è sopravvalutata.

9) Lumberjanes
Lumberjanes è il nome del campo estivo dove stanno le cinque amiche protagoniste. Come ogni campo che si rispetti sono tormentate da mostri e creature misteriose, e devono cavarsela il giusto per tornare a casa sane e salve. I disegni mi piacciono moltissimo, è un progetto tutto al femminile che mi ispira moltissimo e che vorrei davvero leggere.

10) I segreti di Burden Hill
Amatissimo da Neil Amoremio Gaiman, questo fumetto parla di animali che comunicano con anime di animali e risolvono casi paranormali ed è illustrato da Sua Maestà Jill Thompson, che è la tizia che ha illustrato anche il Little Endless Storybook, quel libriccino con gli Eterni di Sandman ritratti bambini in una storia sul mio adorato cane Barnaba. Lo bramo ardentemente.

E con questo è tutto, fate un veloce saluto alle tredicesime che qua c'è roba da leggere in abbondanza.

mercoledì 22 novembre 2017

Boomstick Award 2017

16:32
In questa annata gloriosa ho finito per prendere non solo un Boomstick, che ricordiamo essere il premio più figo della rete con tanti saluti ai Macchianera Awards, ma per prendere IL Boomstick, quello assegnato da Germano, che del premio in questione è fondatore e detentore assoluto.
Io gongolo dalla contentezza e, con un ritardo che ha del ridicolo, assegno a mia volta il premio in questione a sette adorabili personcine del webbe.
Le regole le conoscete, ma le riportiamo per dovere di completezza.

quel cuoricino lì in basso mi fa morire

1 – i premiati sono 7. Non uno di più, non uno di meno. Non sono previste menzioni d’onore
2 – i post con cui viene presentato il premio non devono contenere giustificazioni di sorta da parte del premiante riservate agli esclusi a mo’ di consolazione
3 – i premi vanno motivati. Non occorre una tesi di laurea. È sufficiente addurre un pretesto, o più di uno, se ne avete
4 – è vietato riscrivere le regole. Dovete limitarvi a copiarle, così come io le ho concepite
Vi ricordo anche che le regole vanno rispettate, perché una panzata di Cavour e il relativo Bitch Please Award non scherzano mica un cazzo.

I premiati, cittadini onorari della Repubblica di Redrumia:
Il Bollalmanacco aka Erica. Perché il suo è il primo blog che ho letto e quindi le sono affezionata. Perché negli anni non si è mai snaturata, rimanendo un punto di riferimento adorabile e divertentissimo, che si muove con dimestichezza tra mille generi, dal più importante film autoriale alla peggio supercazzola senza un minimo di snobismo nè di perculo. tivibbì
Giulia, La Collezionista di Biglietti, perché è una dolciona e mi manda le gif di Duftin. 
Secondo Kara LaFayette, la mia adorata Silvia, è stata una scoperta relativamente recente rispetto a blog che seguo dall'inizio, ma è stato amore a prima vista. In mezzo a post in cui parla di cosine buffe e divertenti, da poco sforzo mentale, ci caccia postoni importantissimi su cose enormi. Uno meglio dell'altro? No, insieme la sintesi di una personalità coloratissima e piacevolissima e tanti altri superlativi assoluti.
Il buio in sala di Giuseppe non è solo un blog di recensioni cinematografiche, è il luogo che meglio di ogni altro sul web mostra come il cinema sia prima di tutto arte e sconvolgimento di sentimenti e dopo, ma solo dopo, anche tecnica. Giuseppe è bravissimo, ne sa moltissimo ed è un incanto da leggere.
Il diario di una dipendenza di Michele è uno di quei blog che leggo praticamente sempre e finisco per non commentare mai, perché sono scema. Però lo adoro, quindi gli scarico addosso montagne di affetto e anche un Boomstick, tiè.
Neanche ve lo dico che uno dei miei Boomstick va a Ilgiornodeglizombi di Lucia. Se la sua enorme competenza e il modo splendido che ha di esprimere l'amore grande che ha per certo cinema e certi nomi non fossero motivi sufficienti (e lo sono), adesso è anche diventata una piratessa. Non glielo dai un premio ad un pirata? Glielo dai, glielo dai.
Ultima ma ovviamente non per importanza è Lisa di In central perk perché ho trascurato colpevolmente il suo blog per un po', ma da che ultimamente io e lei si parla spesso soprattutto di libri sono tornata sui miei passi con la coda tra le gambe e adesso la leggo semprissimo.

A tutti e sette vagonate di cuoroni e abbraccioni volanti, ché almeno con quelli volanti non rischio di riempirvi di peli di gatti.

lunedì 20 novembre 2017

Guift Guide 2017 - Dillo con una maglietta

11:30
Ho uno stile minimal di solito. Mi piacciono i vestiti il più semplice possibile, poi al massimo ci sbatto su una collanazza da 15 kg e mi sento a posto. Però le magliette stampate, quanto mi piacciono. Certo, sono una rompiballe sul tipo di stampa che voglio, quindi internet è l'unico luogo fatato in cui trovo maglie che non siano indecenti come quelle della sezione donna di OVS.



1) Una maglia Melidé

secondo me non ci siamo capiti su quanto è splendida questa cosina qui

Le maglie di Melidè sono speciali per tanti motivi. Sono sostenibili, minimalissime e quindi eleganti da morire, a tema anche cinematografico e, volendo, personalizzabili. Quelle di Stranger Things sono adorabili, ma quella che vi ho messo in foto di It è indescrivibile. E, ultimo ma non per importanza, non sono stampate. Sono ricamate.
Non costano poco, quindi o le regalate ad una persona a cui volete davvero bene oppure, se siete in grado di ricamare (vi invidio molto, ma vi raggiungerò), possono essere d'ispirazione per un regalo diy.
Le trovate qua.

2) La maglietta di Friends.
Stradivarius, 13€, ora.

3) EMP


Emp è un regno di perdizione. Se avete tanti soldi fate quello che faremmo tutti. Se il tappetino d'ingresso con scritto It's bigger on the inside non vi cattura, cari Whovian, c'è la sempre attualissima felpa Tardis che metterei ogni singolo giorno che le divinità mi lasciano su questa Terra infelice.

4) Vedo la gente Joy Division


Se non li seguite su facebook fate male. Se volete invece indurre qualcuno a seguirli perché non farlo con una maglietta pazzesca? Le coppie sono tutte pazzesche e io rido come una dannata. Dai fratelli Gallagher per l'amica stuck in the '90s, a Maria e Maurizio Costanzo per l'amante del trash, quelle cinematografiche sono francamente stupende.
Le trovate qui.

Io mi comprerò quella di Wes, ovviamente, ma guardate che Furio e Magda sono esagerati, esagerati vi dico.





Stavolta la selezione è stata breve perché la soluzione migliore per me è sempre pescare un tema caro e andare sul sicuro. La mia maglietta di Jaws è uno dei miei beni più preziosi e la custodisco con infinito amore.


venerdì 17 novembre 2017

Di quella volta che una sconosciuta mi ha consigliato Shantaram

16:46
Ero nel mio solito posticino dei libri usati con Erre. In una delle claustrofobiche corsie mi blocco in preda ad una crisi profonda. Ho in mano due libri: Shantaram e Il petalo cremisi e il bianco. Io le decisioni non le so prendere quindi conitnuavo a chiedere a Erre: 'Faber o Shantaram?' Credo che alla fine lui avrebbe usato la violenza se non fosse intervenuta una ragazza, che guardava i libri nella nostra stessa corsia.
Mi dice:
'Shantaram, assolutamente, tanto te lo leggi in una settimana.'
(NDR: è lungo più di 1100 pagine.)
Quando qualcuno prende le decisioni per me io sono solo che contenta quindi ho preso il libro tutta feliciona e mi sono diretta in cassa. Euro due e cinquanta. Non finirò mai di combattere la mia battaglia pro libri usati, mai.
Una settimana non ce l'ho messa, ma solo perché ho deliberatamente prolungato l'esperienza di lettura migliore dell'anno.


La storia è quella di Lin, un evaso australiano. Condannato a 20 anni di carcere per rapina a mano armata riesce ad evadere e finisce a Bombay. La sua dovrebbe essere solo una tappa all'interno della sua fuga, ma qualcosa nella città lo convince a restare. Inizia così un viaggio che, nato per condurlo alla libertà, gli regalerà invece radici insperate.
Così, buttata lì in questo modo poco curato, la trama mi aveva portato a stare lontana da questo libro per anni, non me ne fregava niente.
Come sempre sbagliavo.
Ne voglio, però, parlare per punti.

L'India
Se c'è un paese nel mondo la cui iconografia è radicata nella mente della collettività questo è l'India. Basta nominarla e chiudere gli occhi per avere bene impressi i colori, i profumi, gli abiti che la caratterizzano. I media ci hanno aiutato tanto a creare questa immagine così chiara e netta.
Il romanzo di Roberts fa un passo oltre. Giocando con le nostre conoscenze pregresse, ci prende per mano e ci trascina in ogni via che percorre, approfondendola. Insieme a quello che dell'India conosciamo già ci aiuta a conoscerne anche il lato meno turistico. La sporcizia, la povertà, la lebbra. Attraverso i suoi occhi ci mostra ogni singolo aspetto di un paese strepitosamente caratteristico. Senza una ricerca stilistica eccessiva, con uno stile asciuttissimo e senza un uso esagerato (tipo il mio, coff coff) di aggettivi. Non gli servono. L'esperienza di lettura si rivela totalizzante, in un modo che non mi accadeva da tantissimo tempo. Si solleva lo sguardo dal libro e serve qualche secondo per ricordarsi che siamo in occidente. L'India è la protagonista di un viaggio estremo nei meandri di un Paese che sembra così noto a tutti e che invece va ben oltre i ballettini di Bollywood. Leggere Shantaram è un viaggio tridimensionale e avvolgente. Non è un libro che si posa facilmente, non si rinuncia mai del tutto all'atmosfera caldissima che ci pervade durante la lettura. Da tantissimo non mi sentivo così profondamente inserita in un contesto grazie alla narrazione altrui.

Le persone
Quando Lin mette piede a Bombay incontra dei turisti tedeschi in cerca di hotel economici e droga facile. Li asseconda, per entrare senza farsi notare. È pur sempre un fuggitivo. La seconda persona che incontra, però, è Prabaker, e Prabaker è la vera rivoluzione della sua vita. L'accoglienza strepitosa che gli viene riservata non guarda in faccia nessuna. È sfacciata, invadente, calorosa. La parte di Prabu che viene raccontata per tutto il romanzo è il sorriso. Prabu è povero in canna e vive di piccola criminalità, ma ha un cuore grande così. Oh, che frase banale, Mari, direte voi. E invece. Prabu apre letteralmente le porte di casa sua per accogliere uno straniero. Gli offre la sua famiglia, il suo cibo, il suo lavoro. Sapete cosa gli dà Lin in cambio? Niente, se non una mente aperta. Arrivato in città Lin si è schiuso su Bombay, assorbendo come una spugna quanto lo circondava. Lingua, usi, abiti, stile. Nel giro di qualche settimana non solo si è ritrovato a vivere in uno slum, un piccolo quartiere abusivo di baracche, in cui si è ritrovato a casa. Le persone intorno a lui non hanno storto il naso nemmeno per un istante, ma si sono piuttosto private di un bene primario come l'acqua calda per aiutare lo straniero che parla la loro lingua. Lin non ha potuto far altro che osservare come la vita insieme sia fatta principalmente di aiuto. Ciò che è mio è tuo, ciò che ha aiutato me adesso può aiutare te. Lin ha visto persone stanche e affaticate dalla miseria delle proprie condizioni lavorare ossessivamente per proteggersi a vicenda, li ha visti fare squadra per il benessere comune e ha fatto la cosa più difficile di tutte: si è adeguato. È diventato la persona che ha visto gli altri essere.
In questo caso, non c'è complimento più grande.

L'etica
Questo è, per me, il vero punto principale del romanzo. Lin ci viene presentato fin dalle prime pagine come un criminale. Evaso, ex eroinomane a cui è stata portata via la figlia, incurante del pericolo e della legalità. Arriva a Bombay e non sta per un giorno solo lontano dall'illegalità. Si fa beffe delle norme, e se all'inizio del romanzo si limita ad aggirarle leggermente, finisce per diventare vero e proprio membro della criminalità organizzata.
Nella mia militaresca bigottaggine in tal senso, pensavo che sarei finita a destarlo, sto Lin. Lo dico puntando i piedi ogni volta che parlo di quella ciofeca malefica di Into the wild. Qua la situazione è ben diversa: in un Paese che vive in estrema povertà le persone cercano di sopravvivere come possono, spesso girando vagamente intorno alla legge dello Stato.
Nello stesso tempo, però, sono proprio quelle persone che curano gratuitamente i malati che gli ospedali di quello stesso Stato rifiutano, sono quelle persone che guardano in faccia i lebbrosi e li chiamano per nome, sono quelle persone che in vista dei monsoni si tirano su le maniche, sfidano la fatica e sistemano baracche che non sono le loro, sono gli stessi che fanno squadra per proteggere la donna maltrattata dal marito e che usano la pace come metodo di giustizia principale.
Certo, sono anche gli stessi che ti ammazzano per un incidente stradale, ma oh, viste le premesse, io mi astengo dal giudizio.
E forse, ma dico forse, il punto di quel Lucius Malfoy di Gregory David Roberts era proprio questo.

mercoledì 15 novembre 2017

Gift Guide 2017 - Regali per sedicenti scrittori

11:44
Ce l'avete tutti, lo scrittore wannabe. Che sia del tipo hipster che scrive a mano col sangue o che sia un romantico bohémien, bisogna fargli un regalo a tema, per farlo sentire il Philip Roth della nuova generazione e guadagnarsi così il suo eterno amore.


1) La coperta con le maniche

come vedete sorride, è perchè ha caldo
Ragazzi, fa freddo. Io inizio a soffrire il freddo a ottobre più o meno, e lo DETESTO. Voglio 40 gradi tutto l'anno. Per ricreare il microclima tropicale in cui vivo serenamente, la coperta con le maniche ha un ruolo fondamentale. Seduta sul divano, pc sulle gambe (direttamente sulle gambe, che scalda), tè ai frutti rossi e coperta con le maniche. Il paradiso. Potrei stare così fino a farmi venire le piaghe da decupito. Se la coperta è kitch, come il radioso esempio da me riportato sopra, siamo tutti più felici.

2) Una tastiera LoFree

guardatela, la mia bambina. Non è splendida, col suo azzurrino?
Fatta per i dispositivi del nostro tempo ma uguale, per tasti e suono degli stessi, alle tastiere delle macchine da scrivere vintage, la LoFree è il sogno proibito di tutti coloro che, come me, hanno il feticcio mai soddisfatto per le macchine di cui sopra. È una meraviglia. Nata da un kickstarter, la bramo immensamente e la guardo piangendo.

3) Moleskine Smart Writing

tatone del cuore sarai mio, e insieme conquisteremo Salani
Questo è il futuro. Tutti gli sforzi tecnologici, tutta l'evoluzione umana, anni di ricerche e ricercatori sottopagati per portare a questo: un quaderno su cui scrivi a mano e che salva in cloud quello che hai scritto, trasportandolo in digitale. È forse un sogno? È forse il frutto di un prodotto di finzione letteraria? No, è magica, incantevole realtà. E si può comprare.

4) Un segnalibro della Zelda

Immagine rubata selvaggiamente dallo shop della Zelda
Zeldawasawriter non devo certo presentarvela. È una cartolaiah magicah, che vende cose incantate e che ha la grafia più bella del mondo di Instagram. Ha un negozietto online (qui) dove vende non solo malefici articoli di cancelleria (non apritelo maimaimai se siete povere come me amiche, è un vortice di perdizione) tra cui questi adorabili segnalibrini con la barchetta che voglio dire, si descrivono da soli.

5) Una crema mani


Stare al pc tutto il giorno vuol dire dita talmente intorpidite dal freddo da ritrovarsi a scrivere lentamente come un 60enne al primo approccio con i computer. La prima conseguenza dell'intorpidimento, spesso e volentieri, è di avere mani aperte in due. Io uso di violenza l'olio di cocco e tengo su i guantini di cotone, ma siccome sono regali molto poco estetici, interviene Tony Moly con le sue cremine a forma di panda o di banana se volete fare una battuta da 12enne e mettere tutti a disagio. Carine, con un costo limitato e utilissime.

6) Cartelli minacciosi


L'ideale sarebbe vivere in un eremo in cui romanticamente coltiveremmo le nostre verdurine e produrremmo birra artigianale, ma poiché la civiltà moderna ci impone di essere inseriti in società, spesso la razza della Persona Che Scrive si ritrova costretta a dividere il proprio spazio vitale con altri individui. Risultato: tv, video, telefonate, canzoni sotto la doccia, litigate tra coinquilini, con il risultato di sempre troppo casino. Cartello sulla porta, dichiarazione pubblica di Sto lavorando! e dita incrociate nella speranza di essere ascoltati da qualcuno.
Si trovano su questo adorabile negozietto Etsy.

7) Un abbonamento alla Hoppipolla Box


Se il nome adorabile non vi ha convinto a prenderla anche per voi stessi istantaneamente, vi dico cosa fanno gli amici di Hoppipolla (← sì, questo è un link!). Hanno creato una subscription box, che arriva a casa ogni mese, e che contiene materiali che stimolino la creatività. Riviste letterarie, accessori, cancelleria, cosine adorabili e selezionate con originalità spaventosa, prima o poi l'abbonamento da sei mesi me lo regalo!

Quello che ho io nei confronti di queste poderose meraviglie non è desiderio. Il vocabolario italiano non ha ancora tra le sue fila un termine adatto per esprimere lo sconcertante sconforto che mi prende quando realizzo che ancora non sono proprietaria di tuttotuttotutto quello che sta in questa lista.
Fate felice un autore per Natale. Prendetegli queste cose bizzarre e meravigliose. Fate un'opera di bene.

sabato 11 novembre 2017

Borg McEnroe

13:05
Facciamo una pausa nella serie di post di Natale perché ieri sera sono stata nella piccola salettina del mio multisala che proiettava Borg McEnroe e siccome mi è piaciuto tantissimo volevo scriverne qualcosina.

Premesse, sempre le solite premesse.
Non so una mazza chiodata di tennis. Ma zero proprio, so chi è Nadal perchè è stato nel video di Shakira e so chi è Federer perché Erre (che di tennis invece ne sa ben più di me) gli dedica una preghierina tutte le sere prima di dormire. Gli altri grandi nomi li conosco di fama perché posseggo una tv, fine. Non è che non mi piaccia lo sport, ogni tanto ho qualche nome a cui mi affeziono (alle ultime vittorie della Cagnotto potrei essermi quasi emozionata) e guardo quelli belli da vedere tipo i tuffi perché sono pur sempre un'esteta. Ma davvero, in generale non ci capisco niente.

Il film è riuscito a farmi passare una serata intera a googlare la storia e il successo di alcuni campioni enormi.



Il film è prodotto in Nord Europa, quindi non ve lo dico nemmeno su chi è la maggior parte dell'attenzione. Borg è ritratto fin da bambino, all'alba della sua passione. McEnroe, invece, che vi dico subito essere il mio preferito, ha un ruolo leggermente più marginale, ma per me molto d'impatto.
Il racconto ci accompagna non solo nei giorni precedenti alla finale di Wimbledon dell'80 che ha i visto protagonisti i due tennisti del titolo, ma anche in tutto il percorso che li ha condotti fino a lì. Uno numero uno al mondo, in corsa per il suo quinto titolo consecutivo e quindi per il record, l'altro un nome nuovo, celebre per il suo carattere irascibile ma anche per il suo grande talento.

Il cinema sportivo può essere portatore di grandi emozioni. Gli sportivi a livelli così elevati hanno spesso sacrificato una vita intera per raggiungere un risultato fragilissimo. Il tennis poi ha, per me, la tremenda aggravante di essere uno sport individuale. È tutto nelle mani del giocatore, e la sola riflessione che mi viene da fare è che io al posto loro sbroccherei al primo punto subito.
Non è un caso allora che proprio i più grandi si siano rivelati, concedendo anche una patina di finzione cinematografica, persone molto complesse. Trattenuto come Bruce Banner, che se esplode succede un macello, uno, privo di ogni limite l'altro. Solo nel carattere, però, perché a quanto pare nel giocano erano all'opposto. Il martello e la lama, come vengono chiamati nel film. Possente e martellante l'uomo di ghiaccio e talentuoso e tecnico il ribelle, che in modo molto imbarazzante viene spesso chiamato monello. Monello, con tutte le parole che il vocabolario italiano offre.
È stato interessantissimo vederli partire all'opposto e avvicinarsi, nel corso del racconto, sempre più uno all'altro. Studiandosi a vicenda, incuriositi l'uno dall'altro, il loro avvicinamento non è stato durante la scena in aereoporto, e nemmeno durante la partita. È stato nelle camere d'albergo, nelle quali a distanza non facevano altro che pensarsi. Analizzarsi, valutarsi, prepararsi. Tutto quello che si è giocato nella partita è iniziato molto prima.

Alla fine, poi, la partita arriva. E arriva magnificamente. In una scena lunga e adrenalinica, tutto quello che è successo prima si annienta. Se McEnroe per buona parte del film è stato messo in secondo piano da Borg, come fa anche giustamente notare almeno due volte ai giornalisti, è nella partita che si prende lo spazio che merita. Non solo quello che urla in campo e con l'aria da ribelle, ma il giocatore sopraffino in grado di mettere in estrema difficoltà il numero uno del mondo. Una personalità bestiale, che mi ha profondamente commosso nel suo essere perfettamente in grado di esprimere la rabbia e soprattutto di sfruttarla per nascondere tutto quello che ci sta dietro.
Meglio arrabbiati che tristi, e dio solo sa se ti capisco, John.

È da ieri sera che guardo video di tennis su Youtube. Se questo film voleva incrementare l'aura del mito intorno a due nomi leggendari, con me non solo c'è riuscito, ma c'è riuscito benissimo. È stato bellissimo.

venerdì 10 novembre 2017

Guift Guide 2017 - Libri a pioggia

16:24
Se l'anno scorso mi sono lanciata in un solo post per i regali di Natale, che trovate qui, quest anno mi sono lasciata un po' prendere la mano e i post saranno ben più di uno. Motivo per cui, in effetti, comincio così presto. Così li leggete (spero) tutti e decidete se qulcosa vi va, lo prendete e non rischiate di arrivare in ritardo con le spedizioni, chè tanto lo so che cercate tutto su Amazon.

Io non so se ci sia qualcosa di più bello che regalare un libro (invece lo so e la risposta è no). Come dicevo l'anno scorso, però, i libri sono complicati, bisogna conoscere bene il lettore e andare a botta sicura per non rischiare la guerra santa. La soluzione, per me, è una e una soltanto: edizioni speciali. Colori, nuove traduzioni e soprattutto illustrazioni.
Se abitualmente la grafica delle copertine italiane è assai più bella di quella inglese (di quella americana per piacere non parliamo nemmeno), per quanto riguarda le collezioni speciali abbiamo ancora qualche passettino da fare. Per questo, alcuni consigli sono per libri solo in inglese. Ma ne vale davvero sempre la pena.


1) All'esteta: un volume a caso della collana Leatherboud di Barnes&Noble.

questo lo bramo con tutte le mie forze

Non sono libri, sono manifestazioni del divino. Grandi, con la carta più piacevole del sistema solare, copertine incantevoli, selezione imperdibile. Da quando ne ho visto un espositore pieno al British Museum non penso ad altro. Mi mancate, bambini miei, un giorno saremo ricongiunti.
Se volete ammirarli e immaginare di accarezzarli nelle lunghe notti invernali, il link è qui.

2) Al evocatore di demoni: Le nuove edizioni Mondadori a tema Lovecraft.

 

Sono possenti e tamarre il giusto. Sono riuscite a far leggere Lovecraft a Erre, laddove io ho fallito per 6 infiniti anni, quindi funzionano.

3) All'illustratrice: la Puffin in Bloom Collection firmata Penguin.


C'è un cofanetto che contiene Heidi, Little Princess, Piccole Donne e Anna dai capelli rossi. Sono SPLENDIDI. Hanno copertine fatate che una ragazza che disegna apprezzerà senz'altro.

4) All'elfo: quella fatata edizione verde illustrata di Bompiani de Lo Hobbit.


C'è in giro un'edizionona grande come una casa tutta dorata e zarra come uno scooterino truccato. Chissà se si dice ancora così. Quella lì la lasciamo stare. Da Bompiani, magiche creature dei boschi che non sono altro, col grafico migliore d'Italia, ne hanno fatta un'edizione più piccina che è bella da piangere. Oh, mi piacciono i libri coi disegnetti. Ma volete mettere la bellezza?

Se invece siete aitanti cavalieri senza paura, lasciate perdere le edizionone e buttatevi sui titoli direttamente.

1) Al ragazzino: la saga di Bartimeus, tutta in un gigapaccone.
È Natale, le scuole sono chiuse, gli amici si vedono poco, è buio alle 4. La soluzione è un libro bello ciccione ma altrettanto divertente, che diventi compagno delle giornate fredde e sconsolate. Bartimeus è un personaggio favoloso che diventerà parte dell'immaginario del fortunato ragazzino, che vi sarà debitore per avergli regalato uno degli inverni più divertenti di sempre.

2) All'appassionato di viaggi: Shantaram.
Sono nemmeno a metà, il che vista la mole vuol dire che è come se avessi letto due libri normodotati. Quando l'avrò finito ne parleremo ovviamente in modo più approfondito, ma se c'è un libro che mi ha catapultata in viaggio è proprio lui. I profumi, gli usi, le persone, una nazione intera, sono ritratti con un approfondimento e un affetto tali da rendere l'esperienza di lettura totalizzante. Mastodontico e non solo per le dimensioni.

3) A quelli come me: Good Omens.
Quelli-Come-Me sono quella categoria di persone a cui piacciono il fantastico, le menti brillanti e gli scrittori sensazionali. Buona Apocalisse a Tutti! è l'unione di due delle menti più importanti del panorama narrativo fantastico contemporaneo, il mio Signore e Padrone Neil Gaiman e Sir Terry Pratchett. In previsione della serie tv con David Tennant (gridolini di gioia), il regalo è d'obbligo, soprattutto perché poi ci cambiano tutte le copertine ed è un casino.

4) Alle persone di fede: Il libro delle cose nuove e strane.
Se c'è un momento in cui si può parlare di fede e spiritualità questo è senz'altro il Natale. Perché allora non farlo attraverso la struggente storia di Michel Faber, in cui i due protagonisti vengono separati proprio in nome di quella cosa tanto grande in cui entrambi credono fermamente? Che siate credenti o meno, il romanzo è splendido e portatore di riflessioni in modo equilibrato, e secondo me può essere molto apprezzato da tutti coloro che questa immensa fede dei protagonisti la condividono.

Infine, carrellata veloce per chi è davvero in crisi profonda e ha bisogno di scelte banali ma efficaci.

  • Agli amanti dei gialli va per forza una trilogia a caso di quelle di Fred Vargas. Per favore, posate quel Dan Brown. Sì, anche quel Glenn Cooper per l'amor del cielo.
  • Se volete donare un fumetto e ancora non sono riuscita a convincervi che non c'è altro dio all'infuori di quello del Sogno, Sandman, allora ci vediamo presto col post a tema comics.
  • All'adolescente dello scientifico va regalato Douglas Adams. Uno deve pur ridere su quello che fa, e se non ride con La guida galattica dell'autostoppista allora per lui non c'è più niente da fare.
  • A tutti gli altri: il libro che più di tutto dovremmo regalare, secondo me, è Stoner. Ci meritiamo tutti nella vita il momento in cui i nostri occhi si posano sulle prime righe del romanzo di John Williams. È un momento che cambia la vita e non c'è regalo migliore.

La cosa per me più significativa, però, ai miei occhi, è regalare un libro che si è amato tanto. Le storie che ci entrano dentro fanno parte di noi e di quello che siamo e diventiamo ogni giorno. Regalare questo pezzettino di noi con qualcuno non è solo un modo di regalare noi stessi, cosa che Erre non capisce mai quando gli dico di leggere American Gods, è anche estremamente generoso, perché non c'è niente di più difficile, almeno per me, di condividere un grande amore.

sabato 4 novembre 2017

A Monster Calls - Sette minuti dopo la mezzanotte

17:31
La vita dell'influencer la desideriamo un po' tutti. Guadagnare, e bene, con un lavoro allìapparenza semplicissimo e appassionante, la fama sul web...
Gli influencer, però, sono tali quando spostano gli acquisti, quando inducono qualcuno, con la fiducia, a provare o meno uno o più prodotti.
Io, oggi, desidero più di ogni altra cosa essere influencer, perché se dopo questo post avrò convinto una e una sola persona a vedere questo incanto, allora saprò di avere fatto qualcosa di buono con questo posticino sperduto nel web.



La mamma di Conor sta morendo. Il cancro la sta consumando e lui lo sa, anche se maschera il tutto con una forza insospettabile. Una notte, però, sette minuti dopo la mezzanotte, un mostro gli fa visita. È un grosso albero, che promette al ragazzino di raccontargli tre storie, al termine delle quali vorrà sentire la sua, di storia. La storia dell'incubo che lo tormenta tutte le notti.

Non starò nemmeno qui a dirvi quanto sia tremendo il cancro al cinema. Ci vuole una maestria leggendaria per non scendere nel braccialettirossismo. Bayona non solo ce l'ha, ma rende insostenibile qualsiasi cosa al suo confronto. Non sarà nemmeno necessario sottolineare quanto il bambino solo e bullizzato sia ormai un luogo comune.
Però, però, però.
Però diciamolo che ogni volta che sembra entrare in gioco la mente dei bambini allroa scatta la magia. Ricordiamo anche come l'incanto del Cinema stia anche nello stravolgere i sentimenti in maniera inaspettata. Sottolineiamo soprattutto che spesso e volentieri gli autori bravissimi ma bravissimi davvero sanno usare le materie complicate per parlare delle nostre anime e dei nostri cuori e mentre ci fanno piangere allora ci fanno anche tanto pensare e, tra un singhiozzo e l'altro, ci fanno uscire migliori dalla visione.

Questa specie di enorme, spaventoso Groot, arriva nella vita di Conor nel suo momento più fragile, quando la sua vita viene stravolta. A sua volta, invece di collaborare a farlo stare meglio, lo tortura, lo mette spalle al muro per fargli affrontare la più dura delle realtà. Lo spinge ad azioni incontrollate, lo punisce. Non è certo l'amico immaginario dei sogni.
Alla fine, però, lo aiuta a perdonarsi. E non esiste cosa più importante.
Un bambino, ancora incapace di comprendere come sia complessa e profonda la mente degli uomini, come l'amore si manifesti in modi che spesso non ci piacciono e che sono difficili da accettare, viene accompagnato dal mostro in un viaggio per perdonarsi e lasciarsi andare all'umanità del dolore, anche se è insostenibile.
Per noi, invece, è magico, e commovente, e indimenticabile, e tutta un'altra lunga serie di aggettivi che in ogni caso non gli renderebbero un briciolo solo di giustizia.

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